Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25015 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25015 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/09/2024
PREFETTURA di MODENA
-intimata –
Avverso la sentenza n. 1333/2020 del Tribunale di Modena, emessa il 4/11/2020, pubblicata il 5/11/2020 e non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 luglio 2024 dalla AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
Oggetto: Sanzioni codice della strada – Cronotachigrafo – Prova.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13168/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio in BariINDIRIZZO INDIRIZZO, è elettivamente domiciliata.
-ricorrente – contro
Con atto d’appello ritualmente notificato, RAGIONE_SOCIALE impugnò la sentenza n. 687/2019 del 26/3/2019, pronunciata dal Giudice di pace di Modena, con la quale era stata rigettata l’opposizione da lei proposta avverso svariati verbali di contestazione elevati dalla Polizia stradale di Modena per la violazione dell’art. 179, comma 3, codice della strada, per avere la stessa consentito la circolazione di un mezzo guidato da conducente non dotato di carta tachigrafica.
Costituitasi in giudizio, la Prefettura di Modena chiese il rigetto dell’appello.
Con sentenza n. 1333/2020, pubblicata il 5 novembre 2020, il Tribunale di Modena respinse l’appello.
Contro la predetta sentenza, la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi. La Prefettura di Modena, è rimasta intimata.
Considerato che :
1.Con il primo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 3, circolare ministeriale del 22 luglio 2011, prot. 17598, in relazione all’art. 13, legge n. 689 del 1981, in relazione a ll’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il giudice di merito reso una motivazione inconferente rispetto al motivo d’appello, col quale era stata lamentata l’illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che, con riferimento alle modalità di estrapolazione dei dati dalla memoria di massa del tachigrafo e, in particolare, all’omessa formalizzazione del download dei dati posti a base dei 21 verbali, il giudice avesse ritenuto corretta l’assenza di fondamento del ricorso relativamente all’affermata obbligatorietà dell’accompagnamento del mezzo presso un’officina autorizzata per certificare il mancato inserimento della carta tachigrafica, non prevedendo alcuna norma tale
incombente se non nei casi di manomissione o cattivo funzionamento del cronotachigrafo, non emerso nella specie. Ad avviso della ricorrente, tale argomentazione nulla aveva a che vedere però con la doglianza, che afferiva, invece, all’omessa formalizzazione del download dei dati prevista dalla richiamata circolare, in virtù della quale avrebbe dovuto essere redatto un verbale di acquisizione delle registrazioni dei dati registrati nella memoria di massa del tachigrafo o nella carta del conducente, dalla cui data avrebbe iniziato a decorrere il termine di 90 giorni per la notificazione al conducente e all’obbligato in solido dell’eventuale verbale di contestazione. L’accoglimento della censura relativa all’omessa redazione del prescritto verbale, peraltro rimasta incontestata, come evidenziato nelle note a difesa, avrebbe dovuto condurre all’accoglimento dell’opposizione, in quanto la contestata infrazione sarebbe rimasta priva di prova, essendo inutilizzabili le stampe dimesse. 2. Con il secondo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 179, comma 6bis codice della strada, d.lgs. n. 286 del 2005, in relazione all’articolo 2697 cod. civ., in relazione a ll’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché il giudice, nell’affermare quanto riportato nel motivo che precede, aveva violato la norma che impone alla Pubblica Amministrazione di dimostrare il mancato inserimento della carta tachigrafica, la cui prova non poteva essere costituita dalla mera stampa dei dati estrapolati dalla memoria di massa del tachigrafo, ma avrebbe dovuto essere tratta dagli accertamenti da compiersi attraverso la conduzione del mezzo nella più vicina officina autorizzata per l’installazione o la riparazione dal cronotachigrafo alterato, manomesso o comunque non funzionante, onde verificare se, nella specie, il mancato inserimento della carta del conducente dipendesse da mal funzionamento dell’apparecchio. In mancanza di tale
accertamento, i verbali di contestazione impugnati non godevano neppure di fede privilegiata e non potevano costituire prova dell’infrazione.
Col terzo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 201 codice della strada e del diritto di difesa della ditta titolare della licenza, in combinazione con l’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito ritenuto che le ragioni della mancata identificazione dei conducenti fossero state esplicitate, in quanto i relativi nomi non erano stati indicati nel tachigrafo, e che l’omessa indicazione dei nomi dei conducenti comprovasse la responsabilità della ditta, non risultando che i viaggi fossero stati compiuti all’insaputa della stessa, benché l’assunto della esplicitazione dei motivi della mancata contestazione immediata, ossia dell’impedimento all’identificazione del conducente, non corrispondesse a verità dei fatti, come, peraltro, pacifico in causa in quanto non contestato ed evidenziato nelle note scritte, posto che soltanto nella prima memoria di costituzione dimessa nel giudizio di primo grado la prefettura di Modena aveva esplicitato i motivi dell’omessa contestazione immediata, in violazione del ridetto articolo 201.
Col quarto motivo, si lamenta la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e l’omessa pronuncia sulla specifica domanda proposta in sede di ricorso in appello in relazione al motivo di censura sub V, proposto in via subordinata e riguardante la violazione dell’art. 2697 cod. civ., l’errata valutazione delle risultanze istruttorie e l’assoluta osservanza, da parte della società, delle disposizioni contenute nel Regolamento CEE n. 561/06, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., in quanto il giudice di merito non si era pronunciato, né nel dispositivo, né nella motivazione, sul fatto che la società, proprietaria del mezzo, avesse impartito le opportune informazioni al conducente,
NOME COGNOME, e avesse verificato la presenza della prescritta e obbligatoria scheda del conducente, come da documento da questi sottoscritto e prodotto in giudizio, posto che l’organo accertatore non aveva verificato se l’impresa avesse violato in concreto o meno gli obblighi posti a suo carico dalla legge, prendendo in esame la documentazione generale relativa alle disposizioni impartite agli autisti o allo specifico trasporto effettuato soggetto ad accertamento, né chiesto alla società di mettere a disposizione tale documentazione, ciò che avrebbe dimostrato come l’illecito fosse stato commesso per autonoma iniziativa e colpa del conducente del mezzo.
Col quinto motivo, infine, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 -bis , legge n. 689 del 1981, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il giudice di merito affermato che l’unificazione della sanzione prevista da quest’ultima disposizione riguardi la commissione di più violazioni della stessa o di diverse disposizioni discendenti da un’unica condotta (concorso formale di violazioni), ma non anche la sussistenza di condotte distinte (concorso materiale di violazioni), senza considerare che a detti fini rileva la contiguità temporale delle singole violazioni e che le violazioni ravvicinate nel tempo, come nella specie, andavano considerate riconducibili ad una programmazione unitaria.
6.Occorre premettere che la rinuncia al mandato, comunicata dal difensore dei ricorrenti, non produce alcuna efficacia nel giudizio di cassazione (oltretutto caratterizzato da uno svolgimento per impulso d’ufficio), applicandosi il principio della cd. perpetuatio dell’ufficio di difensore di cui è espressione l’art. 85 cod. proc. civ. (in questi termini vedi, per tutte, Cass., Sez. L, 29/9/2022, n. 28365).
Venendo al merito, il primo e il secondo motivo, da trattare congiuntamente in quanto vertenti sul medesimo thema
decidendum , ossia la sussistenza della prova dell’infrazione, sono infondati.
L’art. 179, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada), recante ‘Coronotachigrafo e limitatore di velocità’ stabilisce che ‘ 1. Nei casi previsti dal regolamento (CEE) n. 3821/85 e successive modificazioni, i veicoli devono circolare provvisti di cronotachigrafo, con le caratteristiche e le modalità d’impiego stabilite nel regolamento stesso. Nei casi e con le modalità previste dalle direttive comunitarie, i veicoli devono essere dotati altresì di limitatore di velocità. 2. Chiunque circola con un autoveicolo non munito di cronotachigrafo, nei casi in cui esso è previsto, ovvero circola con autoveicolo munito di un cronotachigrafo avente caratteristiche non rispondenti a quelle fissate nel regolamento o non funzionante, oppure non inserisce il foglio di registrazione o la scheda del conducente, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma 2-bis. Chiunque circola con un autoveicolo non munito di limitatore di velocità ovvero circola con un autoveicolo munito di un limitatore di velocità avente caratteristiche non rispondenti a quelle fissate o non funzionante, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma . 3. Il titolare della licenza o dell’autorizzazione al trasporto di cose o di persone che mette in circolazione un veicolo sprovvisto di limitatore di velocità o cronotachigrafo e dei relativi fogli di registrazione, ovvero con limitatore di velocità o cronotachigrafo manomesso oppure non funzionante, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma . 6-bis. Quando si abbia fondato motivo di ritenere che il cronotachigrafo o il limitatore di velocità siano alterati, manomessi ovvero comunque non funzionanti, gli organi di Polizia stradale di cui all’articolo 12, anche scortando il veicolo o facendolo trainare in condizioni di sicurezza presso la più vicina officina autorizzata per
l’installazione o riparazione, possono disporre che sia effettuato l’accertamento della funzionalità dei dispositivi stessi . 7. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni previste dai commi precedenti, il funzionario o l’agente che ha accertato la circolazione di veicolo con limitatore di velocità o cronotachigrafo mancante, manomesso o non funzionante diffida il conducente con annotazione sul verbale a regolarizzare la strumentazione entro un termine di dieci giorni. Qualora il conducente ed il titolare della licenza od autorizzazione non siano la stessa persona, il predetto termine decorre dalla data di ricezione della notifica del verbale, da effettuare al più presto ‘.
Come questa Corte ha già avuto modo di rilevare, la violazione dell’art. 179 C.d.S. ricorre in tre diverse fattispecie, considerate dal legislatore equivalenti per la idoneità di ciascuna ad escludere il controllo costante della registrazione automatica “della velocità e del percorso”, che il Regolamento comunitario 3821 del 1985 (modificato dal regolamento CE, 15 marzo 2006, n. 561), di cui la norma costituisce attuazione, ha inteso perseguire onde “contribuire notevolmente alla sicurezza della circolazione e alla guida razionale del veicolo”, le quali sono date 1) dalla mancanza del cronotachigrafo (nei casi in cui lo stesso è previsto), 2) dalla presenza a bordo di un cronotachigrafo avente caratteristiche non rispondenti a quelle fissate nel regolamento o non funzionante, oppure 3) dal mancato inserimento del figlio di registrazione (sul punto, Cass., Sez 2, 15/6/2010, n. 14440; Cass., Sez. 1, 1/2/2007, n. 2208).
In ognuna di esse, non è possibile “effettuare un controllo efficace” degli elementi riguardanti la marcia del veicoli soggetti a registrazione, la quale richiede, come si legge nel preambolo del Regolamento, non solo che l’apparecchio sia “di sicuro funzionamento, di facile impiego e concepito in modo da escludere al massimo le possibilità di frode”, ma anche e a tale
scopo “che l’apparecchio di controllo fornisca su fogli individuali a ciascun conducente registrazioni dei diversi gruppi di tempi sufficientemente esatte e facilmente identificabili”, documento questo necessariamente individuale e contenente, ai sensi dell’art. 15, l’annotazione di una serie di informazioni (data e luogo di inizio e fine di utilizzazione del foglio, numero della targa del veicolo, lettura contachilometri ecc.), onde garantire la corrispondenza e la correttezza delle complesse registrazioni previste dalla prima parte della norma ed assicurare i controlli su di esse da parte dargli agenti incaricati (in questi termini, Cass., Sez. 2, 15/6/2010, n. 14440).
Le operazioni di accertamento dell’infrazione alle predette disposizioni sono disciplinate dall’art. 13 della legge n. 689 del 1981, il quale stabilisce che ‘ Gli organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono, per l’accertamento delle violazioni di rispettiva competenza, assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica ‘, attività che sono descritte in un verbale, che, ai sensi degli artt. 2699 e 2700 cod. civ., fa piena prova, fino a querela di falso, riguardo ai fatti attestati dagli agenti accertatori come avvenuti in loro presenza o da essi compiuti, mentre gli apprezzamenti e le valutazioni dei verbalizzanti restano soggetti al discrezionale apprezzamento del giudice (Cass., Sez. 1, 28/8/2006, n. 18630; Cass., 13/2/2004, n. 2780; Cass., 1/8/2003, n. 11718; Cass., 8/3/2001, n. 3350).
Orbene, la ricorrente sostiene che la prova offerta nella specie dall’Amministrazione, su cui grava pacificamente il relativo onere (per tutte, Cass., 4/2/2005, n. 2363), non sarebbe idonea in quanto contrastante con la circolare n. 17598 del 22 luglio 2011,
avente ad oggetto ‘ Indirizzi interpretativi relativi alla disciplina in materia sociale di cui al regolamento (CE) n. 561/2006. Decisione della Commissione Europea 2011(C) 3579 del 7.6.2011’, che impone agli agenti accertatori di redigere un verbale di acquisizione delle registrazioni dei dati registrati nella memoria di massa del tachigrafo o nella carta del conducente, nel caso in esame mancante.
E’ però vero che l’art. 13 della citata circolare ministeriale, rubricata ‘ Notificazione delle violazioni al Regolamento (CE) n. 561/2006 accertate dall’esame dei dati scaricati dal tachigrafo digitale’, nello stabilire che ‘ Resta inteso che il download dei dati deve essere formalizzato in quanto atto di accertamento, ex articolo 13 legge 24 novembre 1981, n. 689, e che da tale data decorre il termine di 90 giorni per la notificazione al conducente e all’obbligato in solido dell’eventuale verbale di contestazione’, non può che riferirsi, al di là della sua corretta interpretazione contenutistica, oltreché della efficacia probatoria di un tale adempimento, in questa sede ininfluente, alle fattispecie in cui sia presente a bordo un cronotachigrafo avente caratteristiche non rispondenti a quelle fissate nel regolamento o non funzionante, ma non anche a quelle afferenti alla mancanza del cronotachigrafo o al mancato inserimento del foglio di registrazione, condotte queste rispetto alle quali nessun download può sussistere o ritenersi rilevante, in assenza della stessa apparecchiatura o dell’inserimento della carta personale del conducente.
Pertanto, se per un verso la risposta data dal giudice di merito alla censura sul punto si incentra sulla diversa questione della necessità o meno di accompagnare il mezzo presso un’autofficina autorizzata per certificare il mancato inserimento della carta tachigrafica, restando sotto questo profilo poco centrata, per altro verso rileva sul punto quanto affermato nel prosieguo della
motivazione, allorché è detto che l’accertamento compiuto dal giudice di primo grado non poteva dirsi fondato su risultanze tachigrafiche inammissibili e inutilizzabili e che la condotta realizzata e rimasta provata era quella del mancato inserimento, non dovuto a malfunzionamento, della carta tachigrafica, circostanze queste non soltanto di carattere meritale, ma anche non soggette ad alcuna censura.
Tale accertamento consente, peraltro, di escludere altresì la fondatezza della doglianza contenuta nella seconda censura, posto che, come affermato anche di recente da questa Corte, l’accompagnamento del mezzo presso un’officina di cui all’art. 142, comma 11, del codice della strada è necessario soltanto nell’ipotesi di cronotachigrafo alterato, manomesso o non funzionante, essendo la relativa attività volta ad accertare e a ripristinare la funzionalità del limitatore di velocità o del cronotachigrafo, ex art. 179, comma 6bis del codice della strada (in questi termini, Cass., Sez. 2, 20/12/2022, n. 37179), ma non anche in caso di mancato inserimento della carta tachigrafica, come rimasto accertato nella specie con giudizio di fatto insindacabile in questa sede e ormai passato in giudicato.
Consegue da quanto detto l’infondatezza delle censure.
7. Il terzo motivo è inammissibile.
In tema di violazioni del codice della strada, ove non si sia proceduto a contestazione immediata dell’illecito, il giudice dell’opposizione ad ordinanza-ingiunzione legittimamente dispone l’annullamento del provvedimento sanzionatorio emesso dal prefetto allorché il verbale di accertamento notificato difetti della indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata o sia corredato di una motivazione meramente apparente (Cass., Sez. 1, 1/2/2007, n. 2206; Cass., Sez. 1, 14/9/2006, n. 19777; Cass., Sez. 1, 25/5/2001, n. 7103), atteso che, pur non avendo l’elencazione di cui all’art.
384 del regolamento di esecuzione – contenente le ipotesi in cui è consentita la mancata contestazione immediata dell’infrazione -carattere tassativo, ma solo esemplificativo, e pur potendo, perciò, ricorrere casi ulteriori in cui tale possibilità è ravvisabile, è comunque necessario che la circostanza impeditiva addotta risulti dal verbale di accertamento e abbia una sua intrinseca logica (Cass., Sez. 2, 26/3/2009, n. 7415; Cass., Sez. 2, 28/5/2008, n. 14040).
Orbene, risulta dalla sentenza impugnata che, a fronte di un motivo con il quale si lamentava l’omessa contestazione immediata da parte degli accertatori, il giudice d’appello ha confermato la motivazione di quello di primo grado, che aveva ritenuto la doglianza priva di pregio in quanto dall’esame delle risultanze del tachigrafo non emergeva il nome e/o i nomi dei conducenti nel periodo di tempo in osservazione, ulteriormente evidenziando come non fosse rilevante neppure la contestazione in ordine alla violazione del diritto di difesa derivante dalla mancata indicazione dei motivi per i quali non era possibile l’identificazione del conducente, posto che dette ragioni erano state esplicitate nel verbale, stante la mancata indicazione dei nomi nel tachigrafo, e che l’omessa indicazione dei nomi corroborava la responsabilità della ditta.
Dalla descrizione contenuta in sentenza, la doglianza proposta in appello dalla ricorrente sembra afferire non tanto all’assenza di motivazione sulle ragioni della mancata contestazione immediata, quanto piuttosto all’ assenza di motivazione in ordine alla mancata identificazione dei conducenti, rispetto alla quale era stata evidenziata la loro mancata indicazione nel tachigrafo.
Il divario esistente tra assenza totale della motivazione della mancata contestazione immediata, di cui non è cenno nella sentenza impugnata, e assenza di motivazione su aspetti delle ragioni esplicitate nel verbale induce a ritenere che la doglianza
oggi proposta sia connotata dal carattere della novità, non essendo stata proposta, né descritta nella sentenza d’appello in questi termini, sicché la ricorrente, onde non incorrere nella inammissibilità per novità della censura, avrebbe dovuto non solo allegare l’avvenuta sua deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, indicare in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto, onde dar modo alla RAGIONE_SOCIALE di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (per tutte, Cass., Sez. 6-1, 13/6/2018, n. 15430).
Né può esaminarsi la parte della censura nella quale la questione dell’assenza di motivazione della mancata contestazione immediata era rimasta asseritamente pacifica in causa.
Come affermato, anche di recente, da questa Corte, infatti, il ricorso per cassazione con cui si deduca l’erronea applicazione del principio di non contestazione, ‘non può prescindere dalla trascrizione degli atti sulla cui base il giudice di merito ha ritenuto integrata (o, al contrario, come nel caso in esame, escluso la) non contestazione negata (o, al contrario, invocata) dal ricorrente, quanto meno nella misura necessaria a integrare la specificità del motivo ed a consentirne la valutazione senza necessità di procedere all’esame del fascicoli d’ufficio o di quelli di parte’, sicché colui che ne deduca la violazione, per non essere stata considerata la prova derivante dall’assenza di contestazioni, ha l’onere di indicare specificamente sia in quale atto processuale il fatto, che assume non essere stato contestato, sia stato a suo tempo esposto (Cass., Sez. 5, 6/12/2018, n. 31619), sia il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, e di specificare, dunque, tanto il contenuto dell’atto introduttivo del giudizio, con la puntuale allegazione dei fatti di causa ivi esposta dall’attore (sostanziale), quanto il contenuto dell’atto contenente la risposta
avversaria e degli ulteriori atti difensivi, con la prospettata mancanza o genericità di contestazione in ordine agli stessi (Cass. Sez. 6-2, 17/6/2022, n. 19581), evidenziando in modo puntuale la genericità o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto (Cass., Sez. 6-3, 22/5/2017, n. 12840).
Non avendo la ricorrente provveduto in tali termini, la censura deve essere dichiarata inammissibile.
8. Il quarto motivo è parimenti inammissibile.
Risulta dall’esame della sentenza impugnata che la ricorrente aveva proposto domanda subordinata (motivo esposto sub V), afferente all’assolvimento degli obblighi informativi nei confronti del proprio conducente, e che questa domanda non è stata affatto valutata dal giudice di merito, né nella motivazione, né nel dispositivo.
Orbene, in tema di ricorso per cassazione, la deduzione dell ‘ omessa pronuncia su un motivo di appello integra un error in procedendo che legittima il giudice di legittimità all’esame degli atti del giudizio, in quanto l’oggetto di scrutinio attiene al modo in cui il processo si è svolto, ossia ai fatti processuali che quel vizio possono aver provocato, e tale deduzione presuppone, comunque, che la censura sia stata formulata nel rispetto delle norme di contenuto-forma del ricorso (Cass., Sez. 3, 7/6/2023, n. 16028; Cass., Sez. L, 24/12/2021, n. 41465).
Al riguardo, va innanzitutto premesso come le posizioni del proprietario e del conducente del veicolo cui sia stata contestata l’infrazione prevista dall’art. 179 c.d.s. siano posizioni distinte, contestate a titolo di concorso di persone ai sensi dell’art. 5 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e non già di responsabilità solidale ai sensi del successivo art. 6 (v. Cass. 21000/2004; Cass., Sez. 2, 19/11/2020, n. 26345), e come la semplice colpa sia sufficiente ad integrare l’elemento soggettivo, dovendo il titolare dell’autorizzazione vigilare affinché il veicolo sia messo in
circolazione nelle condizioni prescritte dalla legge (Cass., Sez. 2, 19/11/2020, n. 26345), salvo che dimostri l’incolpevolezza della propria ignoranza dell’illecito, ossia di avere rispettato l’ordinaria diligenza nel preventivo controllo del veicolo tutte le volte che questo venga messo in circolazione (Cass., Sez. 1, 18/9/2006, n. 20110).
Pur potendo a tal riguardo astrattamente assumere rilevanza il fatto che la società abbia impartito al proprio personale dettagliate informazioni in materia di cronotachigrafo (vedi sul punto Cass., Sez. 1, 20/8/2003, n. 12244), la censura pecca, però, di genericità, in quanto non specifica quale fosse il contenuto di tali disposizioni, onde consentire a questa Corte di comprendere la decisività della circostanza, così incorrendo nella inammissibilità.
9. Il quinto motivo è, infine, infondato.
Costituisce principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, quello secondo cui, in tema di sanzioni amministrative, allorché siano poste in essere più condotte realizzatrici della medesima violazione, l’unificazione ai fini della applicazione della sanzione secondo il criterio del cumulo giuridico, presuppone l’unicità dell’azione od omissione produttiva della pluralità di violazioni, non operando nel caso di condotte distinte, sebbene collegate sul piano della identità di una stessa intenzione plurioffensiva, né è applicabile in via analogica l’istituto della continuazione di cui all’art. 81, secondo comma, cod. pen., utilizzabile solo per le violazioni in materia di previdenza ed assistenza, tenuto conto, altresì, delle differenze tra reato ed illecito amministrativo (Cass., Sez. 2, 22/6/2022, n. 20129; Cass., Sez. 2, 7/5/2018, n. 10890; Cass., Sez. 2, 16/12/2014, n. 26434).
La disciplina stabilita dal citato art. 8 non subisce deroghe neppure in base alla successiva previsione di cui all’art. 8bis medesima legge (inserito dal d.lgs. n. 30 dicembre 1999, n. 507,
art. 94, comma 1), che, salve le ipotesi eccezionali del comma 2, ha escluso, sussistendo determinati presupposti, la computabilità delle violazioni amministrative successive alla prima solo al fine di rendere inoperanti le ulteriori conseguenze sanzionatorie della reiterazione (v., per tutte, Cass., Sez. 2, 16/12/2014, n. 26434 e Cass., Sez. 2, 7/5/2018, n. 10890).
Come chiarito da ultimo dalla citata Cass., Sez. 2, 22/6/2022, n. 20129, infatti, l’unificazione, ai fini dell’applicazione della sanzione – nella misura massima del triplo di quella prevista per la violazione più grave – in ordine a plurime trasgressioni di diverse disposizioni o della medesima disposizione, riguarda, ai sensi dell’art. 8, comma 1, in questione, esclusivamente l’ipotesi in cui la pluralità delle violazioni discenda da un’unica condotta e, quindi, non opera nel caso di condotte distinte, quantunque collegate sul piano dell’identità di una stessa intenzione plurioffensiva (al di fuori, in via di eccezione, delle violazioni attinenti alla materia previdenziale ed assistenziale indicate nel comma 2), nella cui ipotesi, perciò, trova applicazione il criterio generale del cumulo materiale delle sanzioni, sicché la previsione di cui al medesimo art. 8bis , comma 1, della legge n. 689 del 1981, relativa alle ” violazioni amministrative commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria “, è dettata al solo fine di escludere l’effetto aggravante che deriverebbe dalla reiterazione e non in funzione di unificazione della condotta (Cass., Sez. 2, 8/8/2007, n. 17347, Cass., Sez. 2, 4/3/2011, n. 5252 e Cass., Sez. 2, 7/5/2018, n. 10890; Cass., Sez. 2, 29/10/2019, n. 27707).
In definitiva, in tema di sanzioni amministrative, l’istituto della reiterazione nell’illecito, previsto dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 8bis , rappresenta il corrispondente in materia amministrativa di alcune forme della recidiva penale (specifica ed infraquinquennale, art. 99, secondo comma, nn. 1 e 2, cod.
pen.), fungendo da circostanza aggravante nei casi espressamente previsti dalla legge, sicché esso non opera quale elemento unificante ai fini della sanzione del precedente art. 8 a guisa di continuazione (art. 81, secondo comma, cod. pen.), e non ha modificato il principio generale, desumibile dal citato art. 8, secondo cui la sanzione più grave aumentata sino al triplo non può essere irrogata, salve le ipotesi eccezionali del secondo comma (violazioni delle norme previdenziali ed assistenziali), che nei soli casi di concorso formale (corrispondente all’art. 81, primo comma, cod. pen.). La previsione di cui alla medesima legge n. 689 del 1981, art. 8bis , comma 4, relativa alle “violazioni amministrative … commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria”, è dettata, in sostanza, al solo fine di escludere l’effetto aggravante che deriverebbe dalla reiterazione e non in funzione dell’unificazione della sanzione (in questi termini, Cass., Sez. 2, 4/3/2011, n. 5252).
I giudici di merito, nel richiamare i suddetti principi, hanno dunque correttamente operato, avendo escluso la pretesa applicabilità degli artt. 8 e 8bis , sul presupposto che la pluralità di violazioni, ancorché avvenuta a breve distanza di tempo e di spazio, corrispondesse ad una pluralità di azioni consistenti nella messa in circolazione del veicolo, che avevano dato luogo a distinte violazioni, come tali inidonee a consentire l’applicazione delle predette disposizioni.
10. In conclusione, dichiarata l’infondatezza del primo e secondo motivo, l’inammissibilità del terzo e del quarto e l’infondatezza del quinto, il ricorso deve essere rigettato. Nulla sulle spese, non avendo la Prefettura di Modena spiegato difese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del