Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5697 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5697 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
sul ricorso 16308/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
BANCA NAZIONALE DEL LAVORO rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di BARI n. 663/2020 depositata il 11/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza 663/2020 depositata l’11.5.2020 la Corte di appello di Bari, pronunciando sul gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE nella sua veste di cessionaria di un credito riconducibile alla indebita percezione di somme di denaro corrisposte in applicazione di clausole contrattuali nulle regolanti i rapporti tra la cedente e la Banca Nazionale del Lavoro, ha nuovamente confermato il rigetto delle istanze attoree, già decretato dal giudice di primo grado, sull’assunto che dell’asserita cessione e, dunque, della legittimazione attiva dell’istante, non era stata data una prova certa, sì che la specie doveva per questo essere definita in applicazione dell’art. 2697 cod. civ. con la conseguente soccombenza della parte gravata dell’onere probatorio.
Disaminando la vicenda la Corte territoriale si è sentita inizialmente in obbligo di sconfessare l’argomento della non contestazione -a cui si era votato l’appellante osservando che nell’atto di costituirsi in giudizio, a fronte dell’avvenuta produzione tra i documenti inseriti nel proprio fascicolo dell’originale dell’atto di cessione, la banca convenuta si era limitata ad eccepire che la cessione, non essendole stata notificata, non le era opponibile e che solo nella seconda memoria dell’art. 183, comma 6, cod. proc. civ. aveva eccepito che la cessione non era documentata -opponendo che la non contestazione si rende ravvisabile solo in relazione ad un fatto noto, ove al contrario nel caso in disamina la cessione era un fatto che, essendo intervenuto solo tra cedente e cessionario e non essendo stato notificato alla banca in veste di creditore ceduto, era rimasto ignoto a costei; ha poi obiettato -di contro al fatto, parimenti evocato dall’appellante, che di seguito allo smarrimento dell’originale dell’atto di cessione, era stata prodotta una copia fotografica della stessa priva di conformità e non contestata da controparte -che non
vi era un onere di disconoscimento in capo alla banca in quanto esso si configura solo in relazione ad un documento proveniente dalla parte contro cui è prodotto, mentre non opera nel caso di un documento proveniente da un terzo, che ha solo efficacia indiziaria; e quindi, indagando il merito della vicenda, ha ritenuto di motivare il visto giudizio di incertezza considerando che, essendo stata la cessione resa nota alla banca a distanza di oltre dieci anni dalla chiusura di ogni rapporto con la cedente, non sarebbe stato agevole per essa appurare presso la cedente l’esistenza della cessione, così come d’altro canto dell’asserita cessione non era stata data neppure una prova testimoniale, mentre privo di significato era risultata la produzione in giudizio degli estratti conto, non essendo questi in grado di supplire la carenza dei documenti originali, dovendo per questo dubitarsi dell’esistenza della cessione.
La cassazione di detta sentenza è ora reclamata da COGNOME con due motivi di ricorso, illustrati con memoria e resistiti dall’intimata con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il primo motivo di ricorso -con cui si censura l’impugnata decisione per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 167, 183 e 221 e segg. cod. proc. civ. anche in riferimento agli artt. 1260 e 1264 cod. civ. per avere il decidente di appello ritenuto inapplicabile alla specie il principio di non contestazione quantunque, nel costituirsi, la banca si fosse limitata ad eccepire che la cessione non le era opponibile e solo nella seconda memoria dell’art. 183, comma 6, cod. proc. civ. avesse eccepito che la cessione era stata ritualmente documentata; e quantunque, ancora, si prestasse a censura anche l’ulteriore argomento in punto al disconoscimento della copia dell’atto di cessione consentendosi in tal modo la sua contestazione senza limiti di tempo -è inammissibile poiché esso
difetta di specificità in quanto non si confronta con le ragioni che hanno indotto il giudice di appello a ricusare l’argomento della non contestazione.
Quand’anche, per esserne legittimato in ragione della natura dell’errore denunciato, il collegio procedesse alla disamina della comparsa di costituzione e risposta depositata dalla banca costituendosi nel giudizio di primo grado e potesse per gli esiti di tale disamina dubitarsi dell’affermazione operata dal primo giudice -di cui riferisce il motivo -che sin dalle prime difese la banca avesse eccepito il difetto di prova dei fatti costitutivi posti a base della domanda ed, in particolare, del contratto di cessione del credito, ciò pur giustificando la declinazione dell’odierna censura -non essere stata cioè tempestivamente contestata la dedotta cessione del credito -non impedirebbe di dover prendere atto che la Corte di Appello non ha inteso sindacare se nella specie vi fosse stata o meno la contestazione di tale fatto, ma ha, più risolutamente, escluso che nella specie si potesse dare applicazione al principio di non contestazione in quanto il fatto della cessione non era conosciuto dalla parte contro cui esso era stato invocato.
Il principio così affermato -che riflette un punto fermo nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui infatti l’onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto quando i fatti controversi siano noti alla parte ( ex plurimis , Cass., Sez. III, 8/05/2023, n. 12064), a cui segue la precisazione che spetta a chi denunci la violazione del principio allegare che la controparte era a conoscenza della circostanza assunta come controversa, non essendo altrimenti configurabile a carico della predetta un onere di contestazione (Cass., Sez. III, 15/02/2023, n. 4681) -è rimasto inattaccato dato
che il motivo non ne confuta la fondatezza, né contesta altrimenti l’applicabilità nel caso di specie.
Il motivo manca dunque di quella specificità che si desume dal fatto che la censura che si introduce per suo tramite deve tenere conto delle ragioni della decisioni, deve confrontarsi con esse e deve sottoporle ad una critica argomentata all’esito della quale possa dubitarsi della legittimità della decisione impugnata.
Nulla di tutto questo è ravvisabile nell’illustrazione del motivo di che trattasi, vero che la ricorrente nella sua illustrazione mostra di volersi dolere solo dell’apprezzamento in fatto condotto dal giudice d’appello, insistendo in definitiva solo perché esso venga rinnovato in questa sede.
3. Il secondo motivo di ricorso -con cui si censura l’impugnata decisione per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116, 167, 183 e 215 cod. proc. civ. anche in riferimento agli artt. 1260, 1264 e 2712 cod. civ. per avere il decidente di appello omesso di esaminare i fatti costitutivi rappresentati dalla incontestata allegazione della cessione e dalla prova documentale di essa, dalla produzione degli estratti conto e dai numerosi elementi che avrebbero consentito di ritenere almeno provata per presunzioni la cessione del credito -è inammissibile perché, una volta debitamente riqualificato il vizio denunciato in rapporto al suo contenuto, esso, da un lato, incorre nella preclusione posta dall’art. 348-ter, comma 5, cod. proc. civ. -applicabile ratione temporis -, atteso che la ricorrente, ravvisandosi nella specie l’ipotesi di doppia conformità, non ha assolto lo speciale onere probatorio gravante su di sé di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., Sez. III, 28/02/2023, n. 5947),
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico della ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115..
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in euro 6200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 29 gennaio 2025.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME