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Giudizio di rinvio: onere della prova e diffamazione

La sentenza analizza un caso di diffamazione in cui, dopo la condanna penale, la Cassazione ha annullato la decisione per un vizio di motivazione, disponendo un giudizio di rinvio in sede civile. La Corte d’Appello civile, riesaminando gli atti, ha respinto la domanda di risarcimento perché i danneggiati non hanno fornito prova sufficiente che l’imputata fosse l’autrice dell’articolo diffamatorio. Il caso sottolinea come nel giudizio di rinvio non siano ammesse nuove prove e come l’onere della prova gravi sempre sulla parte che agisce per il risarcimento, anche se la causa proviene dal processo penale.

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Pubblicato il 5 febbraio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Giudizio di Rinvio: Chi Prova Cosa in Appello?

Quando un processo penale per diffamazione viene annullato e trasferito in sede civile, cosa succede alle prove? Una recente sentenza della Corte d’Appello di Roma fa luce sul delicato meccanismo del giudizio di rinvio, chiarendo che l’onere di provare la responsabilità del presunto colpevole rimane un pilastro fondamentale, anche quando la vicenda giudiziaria ha un passato penale. In questo caso, la mancata prova certa dell’identità dell’autore di un articolo ha portato al rigetto della richiesta di risarcimento.

Il Percorso Giudiziario: Dalla Condanna Penale al Rinvio Civile

La vicenda trae origine da una condanna in primo grado emessa dal tribunale penale nei confronti di una giornalista e del direttore responsabile di un’importante agenzia di stampa per il reato di diffamazione. La Corte d’Appello penale, in un secondo momento, pur confermando le statuizioni civili (cioè il risarcimento del danno), dichiarava il reato estinto per prescrizione.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha annullato questa seconda decisione. Il motivo? La Corte d’Appello non aveva risposto a uno specifico motivo di gravame sollevato dalla giornalista, la quale contestava di essere l’autrice dell’articolo incriminato. La Cassazione ha quindi disposto un giudizio di rinvio davanti alla Corte d’Appello civile, affinché quest’ultima si pronunciasse sul punto specifico della paternità dello scritto.

Il Nocciolo della Questione nel Giudizio di Rinvio Civile

Arrivata in sede civile, la causa aveva un perimetro ben definito. La Corte d’Appello non doveva riesaminare l’intera vicenda, ma solo valutare se, sulla base delle prove già raccolte nel processo penale, si potesse affermare con certezza che la giornalista fosse l’autrice dell’articolo. Questo è il cuore del giudizio di rinvio previsto dall’art. 622 c.p.p.: si riesamina la questione, ma senza poter introdurre nuove prove o richieste.

I danneggiati hanno insistito sulla validità di alcuni documenti, come una nota della polizia di Stato che indicava la giornalista come “autrice” e il verbale di elezione di domicilio. Tuttavia, la Corte ha ritenuto questi elementi insufficienti a costituire una prova piena e certa.

L’Onere della Prova: un Principio Incrollabile

La decisione della Corte si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento: l’onere della prova. Chi agisce in giudizio per ottenere un risarcimento deve provare i fatti a fondamento della sua pretesa. In questo caso, i danneggiati avrebbero dovuto dimostrare in modo inequivocabile il nesso tra la giornalista e l’articolo diffamatorio.

La Corte ha specificato che la mera asserzione di un ufficiale di polizia giudiziaria in una nota, non supportata da altri elementi, non costituisce prova. Allo stesso modo, il fatto che la giornalista non si fosse difesa su questo punto in primo grado non creava una preclusione, poiché nel processo penale le regole sulla formazione della prova sono diverse e non si trasferiscono automaticamente al giudizio civile di rinvio.

Le Motivazioni della Corte

La Corte d’Appello ha motivato la sua decisione richiamando la giurisprudenza della Cassazione, secondo cui il giudizio di rinvio civile è a tutti gli effetti un giudizio d’appello. Ciò comporta l’impossibilità per le parti di modificare le domande o di formulare nuove richieste istruttorie. Il giudice del rinvio deve decidere iuxta alligata et probata, cioè sulla base di quanto già allegato e provato nel giudizio di primo grado.

La Corte ha sottolineato che la scelta di esercitare l’azione civile nel processo penale non solleva il danneggiato dagli oneri probatori tipici del processo civile. Se le prove raccolte in sede penale sono insufficienti a dimostrare un elemento essenziale dell’illecito civile (in questo caso, la commissione del fatto da parte di una specifica persona), la domanda di risarcimento non può essere accolta.

I documenti prodotti dai danneggiati (la nota della questura e il verbale di elezione di domicilio) non provavano, secondo la Corte, la paternità dell’articolo, ma al massimo il coinvolgimento della giornalista nelle indagini. La mancanza di una prova certa e inequivocabile ha quindi portato la Corte ad accogliere il motivo d’appello originario dell’imputata.

Conclusioni

In conclusione, la Corte d’Appello di Roma ha respinto la domanda di risarcimento danni avanzata dagli attori. La sentenza ribadisce un principio cruciale: nel passaggio da un giudizio penale a un giudizio di rinvio civile, le regole processuali civili, in particolare quelle sull’onere della prova e sull’impossibilità di introdurre nuove prove in appello, si applicano con rigore. La parte che chiede il risarcimento deve aver fornito prove sufficienti già nel primo grado di giudizio. In mancanza di tale prova, come nel caso di specie in cui non è stato possibile attribuire con certezza la paternità dell’articolo diffamatorio, la domanda risarcitoria è destinata a essere respinta. Di conseguenza, i danneggiati sono stati condannati a rimborsare alla controparte le spese legali sostenute sia per il giudizio di Cassazione sia per quello di rinvio.

In un giudizio di rinvio civile dopo l’annullamento di una sentenza penale, si possono presentare nuove prove?
No, la sentenza chiarisce che il giudizio di rinvio ex art. 622 c.p.p. è un giudizio d’appello in cui non è consentito modificare le domande o le richieste istruttorie formulate in primo grado. La decisione deve basarsi esclusivamente sul materiale probatorio già raccolto.

Se una persona è imputata in un processo penale per diffamazione, è automaticamente responsabile per i danni in sede civile?
No, non automaticamente. Come dimostra questo caso, anche se c’è un’imputazione penale, nel successivo giudizio civile la parte danneggiata deve comunque provare tutti gli elementi dell’illecito, inclusa la commissione del fatto da parte del convenuto, secondo le regole e gli standard probatori del processo civile.

Chi ha l’onere di provare la commissione del fatto illecito in un giudizio civile per risarcimento danni?
L’onere della prova grava sempre sulla parte che agisce per il risarcimento (l’attore). La sentenza sottolinea che questo principio si applica anche quando la causa civile deriva da un processo penale; il danneggiato deve fornire la prova del fatto costitutivo della sua pretesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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