Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 472 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 472 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2025
SEZIONE TERZA CIVILE
composta dai signori magistrati:
Oggetto:
dott. NOME COGNOME
Presidente
RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE (GEOMETRI)
dott. NOME COGNOME
Consigliera
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere
Ad. 22/11/2024 C.C.
dott. NOME COGNOME
Consigliere relatore
R.G. n. 20269/2022
ha pronunciato la seguente
Rep.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 20269 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto
da
NOME (C.F.: GRD GCR 46T23 C412S)
rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (C.F.: DPR CODICE_FISCALE
-ricorrente-
nei confronti di
COGNOME NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE COGNOME NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE) avvocato NOME COGNOMEC.F.: RAGIONE_SOCIALE
rappresentati e difesi dall’ 72B50 L364J)
-controricorrenti-
nonché
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
COGNOME NOME (C.F.: SCT CODICE_FISCALE
-intimato- per la cassazione della sentenza della Corte d’a ppello di Venezia n. 1139/2022, pubblicata in data 19 maggio 2022; udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 22 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno agito in giudizio nei confronti dei geometri NOME COGNOME e NOME COGNOME per ottenere l’accertamento negativo del credito da questi
vantato in relazione allo svolgimento di prestazioni professionali aventi ad oggetto, rispettivamente, la progettazione e la direzione dei lavori eseguiti in un immobile di proprietà degli attori (per il primo), nonché una perizia asseverativa di stima e la cura di una pratica per un contributo (per il secondo), nonché l’ accertamento della responsabilità professionale del COGNOME per i vizi e le difformità riscontrati n ell’immobile realizzato, con condanna al risarcimento dei conseguenti dei danni.
I convenuti, in via riconvenzionale, hanno chiesto la condanna degli attori al pagamento dei compensi dovuti per le prestazioni professionali rese in loro favore.
Il Tribunale di Verona, operata la compensazione tra l ‘ ammontare dei compensi pretesi dal COGNOME e l’importo dei danni riconosciuti e liquidati, in quanto al medesimo imputabili, lo ha condannato a corrispondere agli attori la somma residua, pari ad € 19.458,75 ; ha, invece, condannato gli attori a pagare l’intero compenso dovuto allo COGNOME, pari ad € 3.657,52 .
La Corte d’a ppello di Venezia ha confermato la decisione di primo grado, rigettando tutti gli appelli proposti, sia in via principale che in via incidentale, dalle parti.
Tale sentenza è stata cassata con rinvio da questa Corte, con ordinanza n. 24981 del 2020, in parziale accoglimento del ricorso per cassazione proposto dal COGNOME
All’esito del giudizio di rinvio, la Corte d’a ppello di Venezia ha nuovamente condannato il COGNOME a pagare al COGNOME ed alla COGNOME l’importo di € 19.458,75 oltre accessori.
Ricorre il COGNOME, sulla base di sei motivi.
Resistono con controricorso il COGNOME e la COGNOME. Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’ altro intimato.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo del ricorso si denunzia « 1) Violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360 n. 3 in relazione all’ art. 384 c.p.c. -Reiterazione della violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’ art. 696 c.p.c. correlato all’ art. 694 c.p.c.: 1a) Della statuizione della Corte Suprema in ordine ai criteri di rivalutazione del materiale probatorio agli atti; 1b) del thema decidendum riproposto in sede di rinvio, alla luce della sentenza di legittimità; 1c) della motivazione della sentenza di rinvio; 1d) Violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360 n. 3 in relazione all’ art. 384 c.p.c.; 1e) Reiterazione della violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’ art. 696 c.p.c. c orrelato all’ art. 694 c.p.c. ».
Il ricorrente deduce che la corte d’appello, in sede di rinvio, avrebbe sostanzialmente fondato la propria decisione proprio sulle risultanze de ll’ accertamento tecnico preventivo che, in sede di legittimità, era stato dichiarato a lui non opponibile, non essendo stato chiamato a partecipare al relativo procedimento, anche mediante l’acquisizione, a suo dire illegittima e, comunque, inattendibile, della deposizione testimoniale del tecnico che lo aveva svolto e dei suoi collaboratori, in relazione a questioni di natura tecnica, di per sé non demandabili alla prova testimoniale o presuntiva.
Il motivo è infondato.
1.1 Nell’ordinanza di questa Corte che ha disposto il giudizio di rinvio è stato statuito che l’accertamento tecnico preventivo svolto anteriormente al giudizio non era di per sé opponibile al COGNOME in quanto tale, vale a dire quale mezzo istruttorio formato nel procedimento in corso, non essendo stato lo stesso COGNOME chiamato a partecipare al relativo procedimento,
Ric. n. 20269/2022 – Sez. 3 – Ad. 22 novembre 2024 – Ordinanza – Pagina 3 di 11
ferma restando la possibilità del giudice di merito di valutare prudentemente, ma esclusivamente quali prove atipiche e, quindi, con il limitato valore probatorio riconoscibile a tali elementi istruttori, anche gli accertamenti svolti in altri processi, tra le stesse o altre parti.
1.2 La corte d’appello, di conseguenza, nel pieno rispetto delle indicazioni emergenti dalla suddetta pronuncia, dato atto che erano state depositate dalle parti una serie di relazioni tecniche, tra cui proprio quelle redatte nel corso ed all’esito del proced imento di accertamento tecnico preventivo non direttamente opponibile al convenuto COGNOME le ha prese in considerazione quali prove scritte atipiche e, valutando i suddetti documenti unitamente agli altri elementi istruttori disponibili, tra i quali l’ulteriore documentazione prodotta dalle parti e le deposizioni testimoniali assunte (ivi incluse quelle degli stessi tecnici che avevano redatto le relazioni in questione), ha ritenuto sufficientemente provati i vizi e le difformità dell’opera oggetto de lle allegazioni di parte attrice.
1.3 È, d’altra parte , appena il caso di osservare che la possibilità di valutare liberamente le cd. prove atipiche è ormai principio acquisito nella giurisprudenza di questa Corte, anche con riguardo a quelle formatesi in giudizi diversi, tra le stesse o altre parti e, pertanto, anche con riguardo agli esiti di un procedimento di accertamento tecnico preventivo cui non abbia partecipato una delle parti del giudizio (cfr., con espresso riguardo all’accertamento tecnico preventivo : Cass., Sez. 3, Sentenza n. 8496 del 24/03/2023, Rv. 667109 -01: « la relazione conclusiva di un accertamento tecnico preventivo, se ritualmente acquisita al giudizio di cognizione, entra a far parte del materiale probatorio regolarmente prodotto e sottoposto al contraddittorio anche se una delle parti del giudizio di merito non ha partecipato al procedimento di istruzione preventiva e, perciò, è liberamente apprezzabile e utilizzabile, quale elemento di prova
idoneo a fondare il convincimento del giudice nel raffronto con le altre risultanze istruttorie acquisite, nei confronti di tutte le parti del processo; nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza della Corte territoriale che aveva ritenuto inutilizzabile, nei confronti della compagnia assicuratrice, la consulenza tecnica d ‘ ufficio prodotta nel giudizio di merito, ma resa nel procedimento di a.t.p. al quale l’assicurazione non era stata chiamata a partecipare »; nel medesimo senso, tra le tante: Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 5947 del 28/02/2023, Rv. 667202 -02; Sez. 3, Sentenza n. 31312 del 03/11/2021, Rv. 662952 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 25162 del 10/11/2020, Rv. 659777 -01; Sez. 3, Sentenza n. 8459 del 05/05/2020, Rv. 657825 -01; Sez. 3, Sentenza n. 13229 del 26/06/2015, Rv. 636013 -01; Sez. 3, Sentenza n. 11555 del 14/05/2013, Rv. 626416 -01).
1.4 Né, in quest’ottica, possono condividersi le contestazioni del ricorrente in ordine alla mancata acquisizione integrale degli atti del procedimento cautelare di istruzione preventiva ante causam , proprio perché tale procedimento non è stato ritenuto processualmente efficace, in quanto tale, nel presente giudizio di merito e, di conseguenza, la corte d’appello si è, correttamente, limitata a valutare la documentazione prodotta dalle parti, quale prova scritta atipica.
1.5 Tanto premesso, tutte le censure formulate dal ricorrente, si risolvono, all’evidenza, nella contestazione di accertamenti di fatto operati dai giudici del merito sulla base della prudente valutazione degli elementi di prova disponibili, sostenuti da adeguata motivazione, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede, nonché, soprattutto, nella sostanziale richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito nel giudizio di legittimità.
Con il secondo motivo si denunzia « Violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360 n. 3 in relazione agli artt. 244 e 253 c.p.c. ».
Il ricorrente sostiene che « i ‘testi’ recte i tecnici -hanno deposto non su fatti oggettivi bensì su valutazioni e giudizi dagli stessi effettuati », ciò che non sarebbe ammissibile oggetto di prova testimoniale.
Il motivo è infondato.
Non sussiste alcun divieto, in linea di principio, all’assunzione della prova testimoniale dei soggetti che abbiano redatto consulenze, anche direttamente in favore delle parti del giudizio, contenenti valutazioni in ordine agli aspetti tecnici rilevanti ai fini della decisione della controversia.
D’altra parte, per quanto si evince dallo stesso contenuto della decisione impugnata, considerata nel suo complesso (e come in definitiva emerge dallo stesso ricorso), le predette deposizioni testimoniali (al di là del loro integrale contenuto) sono state sostanzialmente valutate dalla corte d’appello al solo fine dell’acquisizione di una diretta conferma, da parte dei soggetti che li avevano accertati, dei fatti oggetto delle valutazioni tecniche operate nelle relazioni di consulenza, il che -contrariamente a quanto sostenuto dalla parte ricorrente -deve ritenersi senz’altro oggetto ammissibile della prova per testi.
Con il terzo motivo si denunzia « Violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360 n. 3 in relazione agli artt. 116-115 -252 c.p.c. nonché in relazione all’ art. 2702, 2729 e 2697 c.c. in correlazione all’ art. 167 c.p.c., anche in ordine alla mancata valutazione della attendibilità del geom. COGNOME, con conseguente omessa pronuncia su fatto decisivo ex art. 360 n. 5 , nonché in ordine alla asserita ‘non contestazione specifica’ della quantificazione dei vizi e/o difetti ».
Il motivo è infondato.
Il ricorrente ribadisce, nella sostanza, le sue contestazioni relative alla valutazione del complessivo materiale probatorio operata dalla corte d’appello, sostenendo che le deposizioni del tecnico che aveva redatto la relazione dell’accertamento tecnico preventivo non avrebbero potuto considerarsi attendibili.
Nonostante il richiamo di una serie di disposizioni normative di cui si assume la violazione, in realtà anche in questo caso le censure formulate si risolvono nella contestazione di accertamenti di fatto operati dai giudici del merito sulla base della prudente valutazione degli elementi di prova disponibili, sostenuti da adeguata motivazione, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede, nonché nella sostanziale richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito nel giudizio di legittimità.
D’altra parte, la valutazione dell’attendibilità dei testimoni costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito e non sindacabile in sede di legittimità.
Sotto tale profilo, con le censure in esame vengono formulate contestazioni relative a lle valutazioni sull’attendibilità de i testi escussi certamente inammissibili, in considerazione del consolidato indirizzo di questa Corte, che il ricorso non offre ragioni idonee ad indurre a rimeditare, per cui « la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti; tale attività selettiva si estende all’effettiva idoneità del teste a riferire la verità, in quanto determinante a fornire il convincimento sull’efficacia dimostrativa della fonte -mezzo di
prova » (Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16467 del 04/07/2017, Rv. 644812 -01; conf., ex multis : Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448 -01; Sez. L, Sentenza n. 42 del 07/01/2009, Rv. 606413 -01; Sez. L, Sentenza n. 12747 del 01/09/2003, Rv. 566437 -01; nel medesimo senso: Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019, Rv. 655229 – 01).
Con il quarto motivo si denunzia « Violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360 n. 3 in relazione agli artt. 1667 e 1669 c.c. -Nullità della sentenza per ultra/extrapetizione nella misura in cui appare aver riconosciuto la risarcibilità anche ex art. 1667 c.c. -Violazione del giudicato ».
Il motivo è infondato.
Dal complesso della motivazione della decisione impugnata emerge con chiarezza che la corte territoriale non ha affatto mutato e/o esteso il titolo giuridico della responsabilità contrattuale già riconosciuta in capo al COGNOME nella prima sentenza di appello, oggetto di cassazione esclusivamente per essere stato considerato validamente svolto un procedimento di accertamento tecnico preventivo cui una delle parti non aveva preso parte.
Essa si è limitata a valutare nuovamente il complesso del materiale probatorio a sostegno degli assunti in fatto di parte attrice, sulla base delle indicazioni fornite nella pronuncia di questa Corte che aveva disposto il rinvio, ed è semplicemente giunta alla conclusione che tale materiale probatorio era sufficiente, anche a prescindere dalla diretta valutazione degli esiti del procedimento di accertamento tecnico preventivo quale efficace mezzo istruttorio espletato nel giudizio in corso, a sostenere le suddette allegazioni di fatto.
Ha, pertanto, confermato la precedente decisione esclusivamente sulla base della rinnovata valutazione dei fatti alla base della stessa, senza alcun mutamento del titolo giuridico della responsabilità.
Tale decisione si sottrae, quindi, alle censure formulate con il motivo di ricorso in esame.
Con il quinto motivo si denunzia « Nullità della sentenza per violazione del diritto al contraddittorio ex art. 111 Cost. anche in relazione al rigetto della istanza di CTU ».
Il motivo è infondato.
Le censure con esso formulate si risolvono, in buona parte, nella sostanziale reiterazione di quelle contenute nei precedenti motivi di ricorso e già disattese, con riguardo alla ammissibilità ed alla valutazione del materiale probatorio preso in considerazione dalla corte d’appello. Esse sono in parte infondate ed in parte inammissibili, per le medesime ragioni sin qui esposte.
Altrettanto è a dirsi con riguardo alla doglianza di mancata ammissione della consulenza tecnica di ufficio richiesta dal ricorrente: poiché le prove legittimamente acquisite e valutabili risultavano sufficienti ai fini della decisione, la consulenza richiesta dal ricorrente deve ritenersi correttamente ritenuta irrilevante dai giudici del merito e, per tale ragione, la relativa istanza è stata legittimamente disattesa.
Con il sesto motivo si denunzia « Nullità della sentenza ex art. 360 n. 4 in relazione all ‘ art. 112 c.p.c. per extrapetizione/ultrapetizione in relazione alla nuova liquidazione in misura aumentata delle spese di gravame – Violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 329 c.p.c. in relazione all ‘ art. 385 c.p.c. anche in combinato disposto con l ‘ art. 112 c.p.c. -Liquidazione delle spese con finalità irritualmente ‘ punitiva ‘ ».
Anche questo motivo è infondato.
La liquidazione delle spese è stata operata correttamente dalla corte d’appello, con riguardo alle sole fasi del giudizio che dovevano essere oggetto di rinnovata valutazione in tal senso (vale a dire il primo giudizio di appello, quello di legittimità e quello di rinvio, con esclusione quindi delle spese del giudizio
del primo grado, che, del resto, sono state integralmente confermate), come sostanzialmente riconosce lo stesso ricorrente. La liquidazione di tali spese risulta operata, sulla base del corretto criterio dell’esito finale della controversia, nei limiti dei limiti minimi e massimi della tariffa e, come tale, essa non è sindacabile in sede di legittimità.
È appena il caso di osservare che non può configurarsi, in tale pronuncia, alcuna violazione di un (preteso) divieto di reformatio in peius , come paventato da parte ricorrente, dal momento che il capo della originaria sentenza di secondo grado relativo alle spese processuali, in quanto accessorio, è rimasto integralmente caducato dalla cassazione con rinvio del capo principale della pronuncia e la corte d’appello, all’esito del giudizio di rinvio, era certamente tenuta a rinnovare la pronuncia in ordine all a regolamentazione delle suddette spese, sulla base dell’esito complessivo della controversia, senza alcun vincolo.
La decisione di parziale compensazione di dette spese, per un terzo, con condanna del COGNOME al pagamento dei residui due terzi, in considerazione del solo parziale accoglimento della domanda originariamente proposta dai committenti e della parziale reciproca soccombenza, risulta, pertanto, pienamente legittima, ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c..
7. Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-rigetta il ricorso;
-condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, liquidandole in complessivi € 4.300,00, oltre € 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-