Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8035 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8035 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4933/2021 R.G. proposto
da
COGNOME , elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio de ll’avvocato COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO COGNOMEINDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME
-controricorrente e ricorrente incidentale –
Oggetto:
Contratti
bancari
–
Apertura
di
credito
–
Disciplina
anteriore
alla
Legge n.
154/1992
–
Requisiti
formali – Forma scritta – Esclusione
R.G.N. 4933/2021
Ud. 13/03/2025 CC
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO CATANZARO n. 1056/2020 depositata il 16/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 13/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 1056/2020, pubblicata in data 16 luglio 2020, la Corte d’appello di Catanzaro ha respinto sia l’appello principale proposto da NOME COGNOME sia l’appello incidentale proposto dalla BANCA NAZIONALE DEL RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Cosenza n. 996/2015, depositata in data 16 giugno 2015.
Quest’ultima aveva parzialmente accolto la domanda del medesimo NOME COGNOME dichiarando, in relazione ad un contratto di conto corrente intrattenuto presso la BANCA NAZIONALE DEL LAVORO SPA, la nullità della clausola che prevedeva la capitalizzazione trimestrale degli interessi e condannando la banca alla ripetizione della somma di € 64,132,02, mentre aveva disatteso le ulteriori deduzioni.
La Corte d’appello ha esaminato in primo luogo l’appello incidentale, col quale la BANCA NAZIONALE DEL RAGIONE_SOCIALE si doleva dell’accoglimento dell’avversa domanda deducendo la violazione degli artt. 2033 e 2697 c.c. per non avere il correntista assolto gli oneri probatori su di esso gravanti, avendo omesso di produrre sia il contratto di conto corrente sia l’integralità degli estratti conto dall’apertura sino alla chiusura.
Il gravame è stato disatteso dalla Corte territoriale, la quale, pur rilevando la mancata produzione del contratto di conto corrente, ha osservato che la conclusione dello stesso non era stata contestata dalla banca, la quale anzi aveva dedotto di essersi al contratto medesimo
sempre conformata, ‘così convalidando il contenuto degli estratti conto da cui risulta l’annotazione degli interessi passivi con capitalizzazione trimestrale’ , mentre, in relazione alle dedotte lacune negli estratti conto, ha rilevato che le medesime, in quanto limitate, ben potevano essere colmate, come in effetti era avvenuto mediante l’espletamento di consulenza tecnica d’ufficio.
Anche i motivi di gravame formulati dal correntista sono stati disattesi dalla Corte territoriale la quale ha osservato che:
-il motivo col quale la decisione di prime cure veniva censurata per avere accolto un’eccezione di prescrizione che l’appellante deduceva essere formulata in modo generico risultava infondato, non essendo la banca tenuta ad indicare specificamente le singole rimesse interessate dalla prescrizione;
-il motivo col quale l’appellante si doleva del mancato accoglimento delle deduzioni concernenti l’esistenza di un’apertura di credito a causa della violazione delle regole sulla distribuzione degli oneri probatori risultava infondato, dovendo l’apertura di credito essere provata con atto scritto e non con prove indirette.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Catanzaro ricorre NOME COGNOME
Resiste con controricorso e ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso principale è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 cc. in relazione all’art. 360 3) c.p.c. omessa e insufficiente motivazione circa circostanza decisiva in relazione all’art. 360 5) c.p.c.violazione art. 115 c.p.c.’ .
Il ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui la stessa ha affermato che l’esistenza di un’apertura di credito avrebbe potuto essere provata unicamente per iscritto.
Evidenzia che il rapporto con la Banca è iniziato nel 1991, quando ancora non era stata imposta la forma scritta per i contratti relativi ad operazioni bancarie ex art. 3, l. n. 154/1992, con la conseguenza che la prova dell’apertura di credito poteva esse re fornita anche con altri mezzi, e che nel caso di specie la prova veniva ad emergere dagli stessi estratti conto prodotti in giudizio ed esaminati dal consulente tecnico d’ufficio.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., la ‘contraddittorietà e incongruenza della sentenza’ .
Sempre in relazione alla medesima tematica, il ricorrente censura un’affermazione contenuta nella decisione impugnata ( ‘inoltre, in mancanza di contratto scritto le rimesse solutorie e/o ripristinatorie possono essere individuate nello stesso massimo scoperto consentito di fatto’ ), evidenziandone la contraddittorietà rispetto alla precedente affermazione dell’assenza di prova di un’apertura di credito.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce ‘violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 3) e 5) c.p.c. violazione della disciplina della prescrizione delle rimesse ex cass. n. 24418/2010 – omessa motivazione circa fatto decisivo ex art. 360 5) c.p.c.’
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte d’appello, nell’accogliere l’eccezione di prescrizione sollevata dall’odierna
ricorrente incidentale, ‘sulla scorta dell’erroneo presupposto dell’insussistenza dell’affidamento’ , avrebbe:
-omesso di valorizzare l’atteggiamento di non contestazione della banca;
-erroneamente affermato la necessità che l’apertura di credito sia conclusa in forma scritta;
-ritenuto esclusivamente solutorie tutte le rimesse operate dal ricorrente;
-omesso di considerare che, in presenza di un’apertura di credito, era onere della banca provare la natura solutoria e non ripristinatoria delle singole rimesse.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 2033 e 2697 c.c.
Si censura la decisione impugnata in quanto la stessa avrebbe disatteso il motivo di gravame con il quale si deduceva il mancato rispetto, da parte del correntista, degli oneri probatori su di esso gravanti, avendo l’odierno ricorrente omesso di produrre sia il contratto di conto corrente sia l’integralità degli estratti conto dall’apertura sino alla chiusura.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
Premesso che il rapporto dedotto in giudizio risulta pacificamente essersi instaurato nell’anno 1991, si deve rammentare che q uesta Corte ha già da tempo -e reiteratamente – affermato il principio per cui, nel regime previgente all’entrata in vigore dell’art. 3, Legge n. 154/1992 – il quale ha imposto l’obbligo della forma scritta ai contratti relativi alle operazioni ed ai servizi bancari – era consentita la conclusione per facta concludentia di un contratto di apertura di credito (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19941 del 15/09/2006; Cass. Sez. 1,
Sentenza n. 17090 del 24/06/2008; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 34997 del 14/12/2023).
Principio che, peraltro, questa Corte ha ulteriormente puntualizzato, chiarendo che:
la prova della concessione dell’affidamento, in questo caso, può essere fornita con ogni mezzo, ivi compreso il ricorso alle presunzioni, atteso che il divieto sancito dall’art. 2725 c.c., a cui si riporta l’art. 2729, comma 2, c.c., è inapplicabile ai contratti di apertura di credito conclusi in un periodo in cui i medesimi non dovevano stipularsi per iscritto a pena di nullità (Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 16445 del 13/06/2024);
la prova dell’affidamento può essere fornita per facta concludentia , purché emerga almeno l’ammontare accordato al correntista, essendo invece insufficiente la sola dimostrazione della tolleranza della banca in ordine a sconfinamenti del cliente rispetto al tetto massimo riconosciuto (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 11016 del 24/04/2024).
A tali principi la decisione impugnata non si è pienamente conformata.
Infatti, risulta corretto quanto affermato in premessa dalla decisione impugnata, e cioè che sul correntista, il quale abbia agito per la ripetizione delle somme a suo dire indebitamente corrisposte alla banca ed al quale quest’ultima abbia eccepito la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito per decorso del termine decennale dal pagamento, grava l’ onere di dimostrare il carattere meramente ripristinatorio -e non solutorio -delle rimesse effettuate sul conto corrente, e quindi, ancor prima, l’onere di provare l’esistenza di un contratto di apertura di credito, che consenta di qualificare tutti o alcuni versamenti come mero ripristino della disponibilità accordata (Cass.
Sez. 1 – , Sentenza n. 2660 del 30/01/2019; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 27704 del 30/10/2018).
Tale corretta affermazione, invero, deve essere solo integrata dalla puntualizzazione -operata sempre da questa Corte – per cui il giudice è comunque tenuto a valorizzare la prova della stipula di un contratto di apertura di credito purché ritualmente acquisita, indipendentemente da una specifica allegazione del correntista, perché la deduzione circa l’esistenza di un impedimento al decorso della prescrizione determinato da una apertura di credito, costituisce un’eccezione in senso lato e non in senso stretto (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 31927 del 06/12/2019).
È, invece, del tutto erroneo affermare -come pure ha fatto la decisione impugnata -che ‘l’esistenza del contratto di apertura di credito deve essere provata con la forma scritta e non può essere fondata su altri elementi come prove indirette, quali gli estratti conto, i riassunti scalari, i report della centrale rischi, la stabilità dell’esposizione, l’entità del saldo debitore, la previsione di una commissione di massimo scoperto, oppure voci quali «spese gestione fido» e «revisione fido»’, in quanto, in linea generale, gli elementi in tal modo diffusamente elencati nella decisione impugnata -ed a maggior ragione la compresenza di più di uno di essi -ben lungi dall’essere irrilevanti, possono essere invece valutati e valorizzati dal giudice del merito quali dati fattuali idonei a costituire, in via di presunzione semplice, adeguata prova dell’esistenza di un contratto di apertura di credito nonché – come visto in precedenza – del l’ammontare dell’accordato , secondo un giudizio di fatto che -è bene precisare -è rimesso al giudice di merito e risulterà sindacabile in sede di legittimità nei ristretti limiti entro i quali è tuttora ammissibile un sindacato sulla motivazione o, ulteriormente, nei limiti -parimenti ristretti – entro i
quali è possibile sindacare il ricorso del giudice di merito alle presunzioni.
Ha, quindi, errato la Corte territoriale nel momento in cui, negando pregiudizialmente valenza a qualunque elemento diverso dalla conclusione in forma scritta (si ripete per chiarezza: nel regime previgente all’entrata in vigore dell’art. 3, Legge n. 154/1992), ha radicalmente escluso la possibilità di verificare la presenza e di valutare la significatività di elementi indiziari che consentissero di ritenere comunque provata la conclusione di un contratto di apertura di credito.
L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento sia degli ulteriori motivi del ricorso principale sia del ricorso incidentale.
Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al primo motivo, e la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, la quale si conformerà ai principi qui richiamati e provvederà altresì a regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti secondo e terzo ed assorbito il ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima