Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2068 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2068 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/01/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27456/2015 R.G. proposto da: MINISTERO dell’ ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del Ministro pro tempore , domiciliato ex lege in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato (NUMERO_DOCUMENTO), che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE in virtù di procura speciale a margine del controricorso
avverso la sentenza della C orte d’appello di Trento sezione distaccata di Bolzano – n. 136/2014, depositata il 18/10/2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 marzo 2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che, riportandosi alla memoria depositata, ha chiesto la riassegnazione ad altra sezione della presente causa valutaria;
Udito l’avv. NOME COGNOME per l’Avvocatura Generale dello Stato , che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
FATTI DI CAUSA
Il sig. NOME COGNOME propose ricorso in opposizione, ai sensi degli artt. 22 e 22 -bis della l. n. 689/1981, dinanzi al Tribunale di Bolzano, avverso il decreto n. 116088 del 28 maggio 2008, notificato in data 17 settembre 2008, con il quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze -Dipartimento del Tesoro, Direzione Antiriciclaggio, Valutario e Antiusura -(di seguito Ministero o MEF) gli aveva irrogato la sanzione di euro 206.875,00, per avere omesso di dichiarare all’U.I.C. il trasferimento al seguito di denaro contante in entrata ed in uscita dall’Italia, in occasione di sette viaggi transfrontalieri, in violazione dell’art. 3 del d. l. n. 167/1990, convertito, con modificazioni, in l. n. 227/1990.
Per quanto rileva in questa sede, l’opponente eccepì l’estinzione dell’obbligazione al pagamento della somma irrogata a titolo di sanzione, ai sensi dell’art. 32, sesto comma, del d.P.R. 31 marzo 1988, n. 148, per essere stato il decreto ministeriale emesso oltre il termine perentorio previsto di 180 giorni dal momento dell’acquisizione degli atti da parte dell’U.I.C.
Il Tribunale, rigettato detto motivo, così come le ulteriori contestazioni nel merito, accolse tuttavia parzialmente l’opposizione, riducendo la sanzione irrogata ad euro 100.000,00.
Avverso detta sentenza il COGNOME propose gravame con ricorso dinanzi alla Corte d’appello di Trento sezione distaccata di Bolzanoche, con sentenza n. 136/2014, depositata il 18 ottobre 2014, non notificata, accolse l’appello, ritenendo fondato il detto mo tivo di opposizione, riproposto come motivo di appello, rilevando come, a seguito di ordinanza istruttoria con la quale era stato disposto l’ordine di esibizione in giudizio del registro di protocollo, attestante la ricezione da parte del Ministero degli a tti trasmessi dall’U.I.C., l’Amministrazione avesse prodotto copia del protocollo estratta dagli archivi centralizzati del Tesoro e la copia archiviata della nota U.I.C. del 21 novembre 2017, documentazione inidonea, secondo il giudizio della Corte, a fornire la prova certa della data di ricezione, recando la nota U.I.C. timbro di ricezione privo però della sottoscrizione del funzionario ricevente.
Avverso la sentenza della Corte d’appello il Ministero ricorre per cassazione in forza di quattro motivi.
La parte privata resiste con controricorso.
Avviata la causa alla trattazione in pubblica udienza, il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME ha depositato memoria, cui si è riportato, chiedendo disporsi la riassegnazione a sezione ordinaria, non avendo la causa in oggetto natura tributaria, esulando quindi dalla competenza della sezione specializzata tributaria che, ai sensi dell’art. 3 della l. 31 agosto 2022, n. 130, norma avente natura procedimentale ‘è incaricata esclusivamente della trattazion e delle controversie in materia tributaria’.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente rileva il Collegio che non possono essere accolte le conclusioni del Pubblico Ministero, che postulano che il
riparto di affari tra la sezione tributaria della Corte di cassazione e le altre sezioni civili della Corte medesima si ponga in termini di questione di competenza.
1.1. Nell’assetto ordinamentale e processuale anteriore all’entrata in vigore del citato art. 3 della l. n. 130/2022 recante Misure per la definizione del contenzioso tributario pendente presso la Corte di cassazione -secondo il quale:
« 1. Presso la Corte di cassazione è istituita una sezione civile incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie in materia tributaria. 2. Il primo presidente adotta provvedimenti organizzativi adeguati al fine di stabilizzare gli orientamenti di legittimità e di agevolare la rapida definizione dei procedimenti pendenti presso la Corte di cassazione in materia tributaria, favorendo l’acquisizione di una specifica competenza da parte dei magistrati assegnati alla sezione civile di cui al comma 1» – era invero affermata in maniera incontrovertibile dalla giurisprudenza della Corte, nella sua massima espressione, con specifico riguardo alla materia tributaria, l’unitarietà della disciplina processuale del giudizio di cassazione (cfr., in particolare, da ultimo, Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053, che ha ribadito, nell’ambito dell’esegesi del novellato art. 360, primo comma n. 5, c.p.c., l’indirizzo costante della giurisprudenza della Corte, secondo cui il giudizio di legittimità in materia tributari a, alla luce dell’art. 62 del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non ha connotazioni di specialità).
1.2. L’istituzione successiva, ex lege, di una sezione specializzata della Corte riguardo alla trattazione delle cause in materia tributaria trova il suo antecedente storico, quantunque sul piano amministrativo, nel decreto del Primo Presidente del 19 -21 giugno 1999 -di cui condivide pur sempre quelle stesse finalità di tipo organizzativo, volte alla contrazione del contenzioso di natura tributaria che alimenta in misura preponderante l’arretrato in materia civile della Corte, ciò che costituisce uno degli obiettivi
primari del PNRR, nell’ottica di assicurare una ragionevole durata del processo. Può dirsi, pertanto, che essa non abbia inciso sulla natura meramente tabellare di riparto interno degli affari tra la sezioni civili della Corte; ciò, viepiù, ove si consider i che dall’esame dei lavori preparatori all’emanazione della l. n. 130/2022 si evince come, in sede di approvazione della riforma, siano venute meno proprio quelle norme originariamente concepite in termini di diversificazione della disciplina processuale del giudizio civile dinanzi alla Corte di cassazione, con la previsione di rimedi ad hoc , quali il rinvio pregiudiziale o il ricorso del Procuratore Generale nell’interesse della legge con specifico riferimento alla materia tributaria; avendo altresì trovato conferma detto approdo nella c.d. ‘riforma Cartabia’ del codice di procedura civile (d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), con l’introduzione di una norma di carattere generale, l’art. 363 bis c.p.c., in tema di rinvio pregiudiziale, ritenuta significativamente applicabile dalle Sezioni Unite della Corte anche in tema di giurisdizione con riferimento a questione sollevata dal giudice tributario (cfr. Cass. SU 13 dicembre 2023, n. 34851) e con la conferma come norma di carattere generale dell’art. 363 c.p.c., quanto al principio di diritto nell’interesse della legge, come da ultimo sostituito dall’art. 4 del d. lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.
1.3. Ne consegue che -seppur pacificamente la controversia in oggetto esuli dalla materia tributaria, investendo opposizione a sanzione amministrativa in tema di infrazioni valutarie, attribuita, secondo le tabelle attualmente vigenti, ad altra sezione civile della Corte medesima -non essendone stata ivi disposta la trasmissione in sede di c.d. spoglio preliminare del ricorso, la controversia, una volta pervenuta dinanzi a questa sezione della Co rte all’odierna udienza pubblica di discussione nel regolare contraddittorio tra le parti, debba essere decisa, nel solco dei principi già tracciati in materia dalla giurisprudenza della Corte.
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia «iolazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 53, d.P.R. n. 445/2000, recante ‘ Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa’, e del d.m. 14.10.2003 (in G.U. n. 249 del 25.10.2003) portante ‘ Approvazione delle linee guida per l’adozione del protocollo informatico dei procedimenti amministrativi’ e delle medesime Linee guida ad esso allegate, nonché degli artt. 2699 e 2700 c.c., in combinato disposto tra loro ed in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».
Con il secondo motivo la ricorrente Amministrazione finanziaria denuncia «ullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in combinato disposto tra loro ed in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.».
La prima delle due censure evidenzia, in primo luogo, come la Corte d’appello avrebbe potuto e dovuto decidere la controversia in relazione al documento già prodotto, in sede di costituzione, da parte dell’Amministrazione, sin dal primo grado di giudizio, in allegato alla nota dell’U.I.C. del 21.11.2007, relativo al codice a barre ( barcode) apposto in sede di protocollazione da parte del Ministero ricevente, sotto la dizione Documento MEF -I Dipartimento Archivio Centralizzati Tesoro NUMERO_DOCUMENTO, ove era possibile, peraltro, rilevare il timbro del Ministero resistente (nello specifico, del Dipartimento del Tesoro -Direzione V), recante la data del 5.12.2007 ed il numero di protocollo 119598.
Sempre nell’ambito del primo motivo e, come sviluppo consequenziale della relativa argomentazione, nel secondo motivo, l’Amministrazione ricorrente denuncia quindi la nullità della decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto inidonea ad offrire la prova rigorosa della data di ricezione da parte del Ministero degli atti trasmessi dall’U.I.C., la documentazione prodotta dall’Agenzia delle entrate a seguito dell’ordine di esibizione «del registro di protocollo
attestante la ricezione dell’atto contestato», in ragione del fatto che la nota U.I.C. esibita recasse timbro di ricezione privo però della sottoscrizione del funzionario ricevente.
3.1. I due motivi, tra loro strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente e sono fondati.
Come è noto, l’art. 32, comma 5, del d.P.R. 31 marzo 1988, n. 148, prevede che «l decreto di ingiunzione al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria deve essere emesso nel termine perentorio di centottanta giorni dalla ricezione degli atti da parte dell’ufficio italiano dei cambi».
3.2. Orbene, questa Corte (cfr. Cass. sez. 2, 18 aprile 2018, n. 9521, in senso conforme Cass. sez.6-2 ord. 29 luglio 2020, n. 16204), ha già avuto modo di affermare che «a data ricezione da parte del Ministero al fine della valutazione della tempestività del decreto è attestata dal registro di protocollo dell’Ufficio e non vi è alcuna incertezza al riguardo, perché il registro di protocollo di un pubblico ufficio, nel quale vengono annotate in ordine cronologico le corrispondenze in arrivo e in partenza, costituisce atto pubblico di rilevanza esterna e fa fede fino a querela di falso, in quanto destinato a provare la data dell’annotazione e la successione nel tempo delle ricezioni e delle spedizioni, così consentendo di desumere l’esistenza a quella data del documento ricevuto e spedito (Sez. U, sent. n. 759 del 1999).
Tale rilevanza esterna del registro di protocollo vale anche per il protocollo informatico del Ministero dell’economia e delle finanze, che fa fede della data di ricezione dei verbali di contestazione fino a querela di falso».
3.3. La decisione del giudice di appello -nel negare rilevanza probatoria in ordine alla data di ricezione degli atti provenienti dall’U.I.C. alla documentazione riprodotta a seguito dell’ordine di esibizione (copia del protocollo estratto dall’archivio i nformatico centralizzato del Ministero e la copia archiviata della nota U.I.C., già
peraltro rilevabile in forza degli atti prodotti) -si è posta in contrasto con le norme indicate in rubrica nel primo motivo di ricorso, così come interpretate dalla giurisprudenza di questa Corte, incorrendo quindi nel consequenziale error in procedendo denunciato con il secondo motivo di ricorso.
Restano assorbiti, per l’effetto, i restanti motivi, con i quali la ricorrente ha rispettivamente denunciato, con il terzo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, o, in subordine, con il quarto motivo, nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. per motivazione meramente apparente.
La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di appello di Trento -sezione distaccata di Bolzano -in diversa composizione, che, uniformandosi al principio di diritto trascritto sub 3.2. della presente decisione, provvederà a nuovo esame, restando ad essa demandata anche la disciplina delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in relazione al primo ed al secondo motivo, assorbiti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Trento -sezione distaccata di Bolzano -in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 6 marzo 2024