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Protezione internazionale via PEC: la Cassazione conferma

Un cittadino straniero ha impugnato con successo un decreto di espulsione, sostenendo di aver manifestato la volontà di richiedere protezione internazionale tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) prima dell’emissione del provvedimento. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che la manifestazione di volontà è sufficiente, indipendentemente dalla compilazione di moduli formali come il C3. La Corte ha inoltre censurato la mancata traduzione del decreto in una lingua comprensibile al ricorrente e ha ribadito il diritto automatico al patrocinio a spese dello Stato in questi procedimenti, annullando la decisione del giudice di pace e rinviando il caso per un nuovo esame.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Protezione Internazionale via PEC: la Cassazione Annulla l’Espulsione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale in materia di immigrazione: la manifestazione della volontà di chiedere protezione internazionale, anche se comunicata tramite una semplice PEC (Posta Elettronica Certificata), è sufficiente a far sorgere in capo all’Amministrazione l’obbligo di avviare l’iter di valutazione, bloccando eventuali misure di espulsione. Questa decisione ribadisce la prevalenza della sostanza sulla forma e rafforza le tutele per i richiedenti asilo.

I Fatti del Caso

Un cittadino del Ghana, destinatario di un decreto di espulsione emesso il 10 febbraio 2023, ha presentato ricorso avverso tale provvedimento. Il ricorrente sosteneva, tra le altre cose, di aver già manifestato la propria volontà di chiedere asilo tramite una PEC inviata all’Ufficio Immigrazione della Questura. Il Giudice di Pace, tuttavia, aveva respinto il suo ricorso, ritenendo irrilevante la comunicazione via PEC in assenza della compilazione del modello formale C3. Inoltre, il giudice di prime cure aveva considerato valida la traduzione del decreto di espulsione solo in lingua inglese, nonostante il ricorrente fosse ghanese, e aveva ignorato l’eccezione sulla mancanza dell’attestazione di conformità della copia notificata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del cittadino straniero, cassando la sentenza del Giudice di Pace e rinviando la causa per un nuovo esame. La Suprema Corte ha ritenuto errate tutte le conclusioni del giudice di merito, riaffermando diversi principi cruciali a tutela dei diritti dello straniero.

Le Motivazioni: la validità della richiesta di protezione internazionale

Il cuore della decisione risiede nel valore attribuito alla comunicazione via PEC. La Corte ha affermato che qualsiasi manifestazione di volontà di richiedere protezione internazionale, anche se informale, obbliga l’Amministrazione a riceverla e astenersi da misure di espulsione che possano pregiudicare la definizione della richiesta. L’Amministrazione non può respingere la richiesta solo perché non è stata presentata tramite il modello C3. Il diritto di presentare istanza prevale sul formalismo, e l’invio di una PEC è un mezzo idoneo a comunicare tale intenzione. Il giudice di pace, pertanto, avrebbe dovuto indagare sul momento esatto in cui tale volontà era stata manifestata per valutare la legittimità del successivo decreto di espulsione.

Le Motivazioni: Altri vizi del provvedimento impugnato

La Cassazione ha evidenziato ulteriori gravi errori nella decisione del Giudice di Pace. In primo luogo, ha ribadito che il decreto di espulsione deve essere tradotto in una lingua conosciuta dall’interessato o, in subordine, in una lingua veicolare (come l’inglese o il francese), ma solo se viene accertato che lo straniero la comprende. L’onere di provare tale comprensione o l’impossibilità di tradurre nella lingua madre spetta all’Amministrazione. La semplice traduzione in inglese non è sufficiente e costituisce un vizio che determina la nullità dell’atto, non sanabile con la successiva proposizione del ricorso.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che il giudice ha il dovere di pronunciarsi su tutte le eccezioni sollevate, inclusa quella relativa alla mancanza dell’attestazione di conformità della copia notificata. Infine, ha censurato la posizione del giudice sul patrocinio a spese dello Stato, ricordando che nei procedimenti di espulsione lo straniero è ammesso di diritto a tale beneficio, senza la necessità di presentare una specifica istanza.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. Innanzitutto, rafforza il principio secondo cui la volontà di chiedere asilo deve essere sempre presa in considerazione, indipendentemente dal mezzo utilizzato per comunicarla. In secondo luogo, pone un freno a prassi amministrative che non garantiscono pienamente il diritto dello straniero a comprendere gli atti che lo riguardano, imponendo un onere probatorio stringente sull’Amministrazione in merito alla lingua utilizzata per le traduzioni. Infine, consolida il diritto automatico alla difesa tecnica gratuita per gli stranieri nei procedimenti di espulsione, semplificando l’accesso alla giustizia per i soggetti più vulnerabili.

Una richiesta di asilo inviata via PEC è valida per bloccare un’espulsione?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la manifestazione della volontà di chiedere protezione internazionale, anche se comunicata via PEC, è sufficiente a obbligare l’Amministrazione a ricevere la richiesta e a sospendere ogni misura di espulsione fino alla definizione della procedura, anche se non è stato compilato il modulo formale C3.

Il decreto di espulsione deve essere sempre tradotto nella lingua madre dello straniero?
Di norma sì. Il decreto deve essere tradotto in una lingua che lo straniero comprende. La traduzione in una lingua veicolare (es. inglese) è ammessa solo se l’Amministrazione prova concretamente che l’interessato conosce tale lingua o che la traduzione nella sua lingua madre non era possibile per ragioni specifiche.

Lo straniero soggetto a espulsione deve fare una domanda specifica per avere l’assistenza di un avvocato a spese dello Stato?
No. La Corte ha ribadito che nei procedimenti di impugnazione dei provvedimenti di espulsione, lo straniero è ammesso di diritto al patrocinio a spese dello Stato. Non è quindi necessaria una specifica istanza di ammissione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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