Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4777 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4777 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5525/2024 R.G. proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ avv. NOME COGNOME
ricorrente –
contro
Ministero dell ‘ Interno e Questura della Provincia di Salerno
intimati –
avverso la ordinanza n. rep. 1009/2023, depositata dal Giudice di Pace di Salerno il 19.12.2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30.1.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente, cittadino bengalese, sbarcato presso il porto di Salerno, chiede la cassazione della ordinanza indicata in epigrafe, con cui il Giudice di Pace di Salerno ha rigettato l ‘ opposizione avverso il decreto di respingimento con accompagnamento alla frontiera emesso dal Questore della Provincia di Salerno, sul presupposto della illegittima permanenza del ricorrente in Italia, non essendo egli in possesso, né avendo fatto richiesta, di permesso di soggiorno.
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
L ‘ Amministrazione non si è difesa con controricorso, essendosi limitata a produrre un tardivo atto di costituzione al fine della
partecipazione all ‘ eventuale udienza di discussione.
È stata disposta la trattazione camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia « Violazione e falsa applicazione degli artt. 13, comma 7, del d.lgs. n. 286 del 1998 e 24 Cost., in relazione all ‘ art. 360, co. 1, nn. 3 e 4 cod. proc. civ., nonché omessa/carente/contraddittoria motivazione, travisamento di fatti oggetto di contestazione e omesso esame di elementi istruttori in relazione all ‘ art. 360, co. 1, n. 5, cod. proc. civ .».
In particolare, il Giudice di Pace avrebbe errato confermando, con motivazione apodittica, la correttezza formale del decreto di respingimento tradotto in lingua inglese, da considerarsi lingua veicolare, senza tenere conto del fatto che sul foglio notizie compilato dal ricorrente non era indicata alcuna preferenza sulla lingua con cui ricevere le notificazioni e senza approfondire le ragioni per le quali il provvedimento non fosse stato tradotto in lingua bangla, l ‘ unica conosciuta dal ricorrente.
Con il secondo motivo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato per « Violazione di legge e falsa applicazione degli artt. 29 e 29-bis d.lgs. 25/2008, in relazione all ‘ art. 360, co. 1, n. 3, cod. proc. civ. ».
Il giudice del merito, nel rigettare la richiesta di sospensione dell ‘ efficacia del decreto di espulsione, avrebbe errato nel dichiarare inammissibile la domanda di protezione internazionale in una fase successiva, in quanto avrebbe operato al di fuori dei tre casi tassativi di inammissibilità di cui agli artt. 29 e 29bis del d.lgs. n. 25 del 2008.
Con il terzo motivo, viene denunciato il vizio di « Violazione di legge in relazione all ‘ art. 10-bis, co. 6, d.lgs. 286/1998, in relazione all ‘ art. 360, co. 1, n. 3, cod. proc. civ. ».
Il Giudice di Pace avrebbe disatteso la previsione dell ‘ art. 10-
bis , comma 6, del d.lgs. 286 del 1998 (T.U.I.), che fa conseguire in modo automatico alla presentazione della domanda di protezione internazionale la sospensione dell ‘ efficacia del provvedimento espulsivo. Sarebbe dunque incorso in un errore di diritto ritenendo che, in pendenza del procedimento di espulsione, la presentazione della domanda di protezione internazionale, cui viene ancorata la richiesta di sospensione del decreto di espulsione, « sarebbe caratterizzata dalla strumentalità con finalità dilatoria ».
Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia « Omesso esame del rispetto degli obblighi di legge in capo all ‘ amministrazione di cui agli artt. 10, co. 4, 10-ter, D.Lgs. 286/98, e 8, Direttiva 2013/32/UE in relazione all ‘ art. 360, co. 1, n. 5, cod. proc. civ .».
Il Giudice di Pace avrebbe omesso una istruttoria circa le modalità con cui l ‘ obbligo di informazione sulle procedure per chiedere la protezione internazionale è stato adempiuto dalla amministrazione e sull ‘ idoneità della comunicazione rispetto allo scopo di essere effettivamente compresa dal ricorrente. Non sarebbe infatti stata presa in considerazione la circostanza per cui nel foglio notizie mancava la verbalizzazione dell ‘ avvenuta informativa.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
L ‘ art. 13, comma 7, del d.lgs. n. 286 del 1998 (T.U.I) prevede che « Il decreto di espulsione e il provvedimento di cui al comma 1 dell ‘ articolo 14, nonché ogni altro atto concernente l ‘ ingresso, il soggiorno e l ‘ espulsione, sono comunicati all ‘ interessato unitamente all ‘ indicazione delle modalità di impugnazione e ad una traduzione in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola ». Interpretando tale norma, questa Corte ha affermato che, laddove il provvedimento di espulsione sia tradotto in lingua veicolare, per l ‘ affermata irreperibilit à immediata di un traduttore nella lingua conosciuta dallo straniero, il provvedimento è nullo, salvo che l ‘ Amministrazione non affermi, ed il giudice ritenga plausibile, l ‘ impossibilit à di predisporre un testo in
detta lingua, per la sua rarit à , ovvero l ‘ inidoneit à di tale testo alla comunicazione della decisione in concreto assunta (Cass. n. 5837/2022). In tali ipotesi, grava sull ‘ amministrazione l ‘ onere di provare l ‘ eventuale conoscenza della lingua italiana o di una delle lingue veicolari da parte del destinatario del provvedimento, quale elemento costitutivo della facolt à di notificargli l ‘ atto in una di dette lingue; l ‘ accertamento in concreto se la persona conosca la lingua nella quale il provvedimento espulsivo sia stato tradotto compete al giudice di merito, il quale, a tal fine, deve valutare gli elementi probatori acquisiti al processo, tra cui assumono rilievo anche le dichiarazioni rese dall ‘ interessato nel c.d. foglio notizie, ove egli abbia dichiarato di conoscere una determinata lingua nella quale il provvedimento sia stato tradotto (Cass. n. 24015/2020).
5.1. La clausola dell ‘ art. 13, comma 7, T.U.I., riferita alla impossibilità di procedere a traduzione in lingua conosciuta dallo straniero, consente un sindacato di ragionevolezza e plausibilità della sua applicazione in concreto ad opera del giudice, senza che con questo si travalichi l ‘ area riservata alla pubblica amministrazione (Cass. n. 3678/2012).
Nel caso di specie, sebbene con formula standardizzata, dal provvedimento impugnato risulta un accertamento fattuale sulla conoscenza della lingua veicolare inglese da parte dell ‘ odierno ricorrente: va dato infatti atto che, contrariamente a quanto affermato nel ricorso, nel foglio notizie, quanto alla lingua scelta per la notifica, risulta cerchiata l ‘ opzione « inglese », con annesse firme dell ‘ interprete, dell ‘ interessato e dell ‘ operatore di pronto soccorso. Il che destituisce di fondamento la censura del ricorrente, le cui allegazioni sono smentite dai risultati dell ‘ accertamento giudiziale.
Stante il carattere logico antecedente rispetto agli altri, va ora trattato il quarto motivo di ricorso, con cui viene invocata la violazione dell ‘ art. 10 -ter del d.lgs. n. 286 del 1998.
Il motivo è fondato.
La disposizione da ultimo citata, al primo comma, prevede uno specifico obbligo informativo a carico dell ‘ amministrazione in ordine alle procedure di protezione internazionale in favore dello straniero rintracciato in occasione dell ‘ attraversamento irregolare della frontiera interna o esterna ovvero giunto sul territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare (come nel caso di specie). Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l ‘ informazione che va fornita allo straniero deve essere completa ed effettiva, trattandosi di un obbligo che sussiste anche nel caso in cui l’immigrato non abbia manifestato l ‘ esigenza di chiedere la protezione internazionale, posto che il silenzio ovvero una eventuale dichiarazione incompatibile con la volontà di richiederla, che deve in ogni caso essere chiaramente espressa e non per formule ambigue, non può assumere rilievo se non risulta che la persona è stata preventivamente compiutamente informata. Non è quindi sufficiente, al fine di ritenere assolto l ‘ obbligo di informativa di cui all ‘ art 10 ter del d.lgs. n. 286 del 1998, che nel decreto di respingimento o di trattenimento si indichi genericamente che il soggetto è stato compiutamente informato, se, a seguito della contestazione dell ‘ interessato, nulla emerge in ordine alla informativa dal foglio notizie o da altri atti, documenti o mezzi di prova offerti dall ‘ amministrazione, in particolare dovendosi apprezzare, al fine di consentire una verifica sulla comprensibilità delle informazioni fornite, i tempi e le modalità con cui l ‘ informativa è stata somministrata, con specifico riguardo alla lingua utilizzata e alla presenza di un interprete o mediatore culturale (Cass. n. 32070/2023). Il mancato assolvimento nei termini anzidetti all ‘ obbligo di informativa si traduce in una causa di nullità dei provvedimenti di respingimento e di trattenimento (Cass. n. 4223/2024).
Atteso il carattere funzionale di queste attività informative a garantire un accesso effettivo alle procedure d ‘ asilo, non può
ritenersi soddisfacente la constatazione, effettuata dal Giudice di Pace, tra l ‘ altro con formula tralaticia, che il ricorrente fosse giunto in Italia per motivi di lavoro « tralasciando la richiesta di protezione internazionale ». Si imponeva invero una istruttoria che verificasse l ‘ effettivo adempimento dell ‘ obbligo informativo, tenuto conto degli atti impiegati, dei tempi e delle modalità di somministrazione dell ‘ informazione. Ciò in linea con l ‘ orientamento di questa Corte, la quale ha puntualizzato che l ‘ obbligo di informativa previsto dall ‘ art. 10ter T.U.I. prescinde dalla preventiva rilevazione della volontà di chiedere la protezione internazionale e rende sostanzialmente irrilevante un eventuale dichiarazione fatta «al buio» e cioè prima di essere adeguatamente informato sulle possibili alternative che assicura l ‘ ordinamento in esito all ‘ accertamento della identità del migrante e delle ragioni della migrazione (Cass. n. 5797/2024). Né carattere dirimente può assumere, come invece ha ritenuto il giudice del merito, la dichiarazione contenuta sul foglio notizie che riporta, come motivo del viaggio, la ricerca di lavoro: trattasi di dichiarazione che non esclude che il soggetto abbia comunque necessità di protezione internazionale e che nel contesto della misura protettiva egli intenda lavorare.
6.1. Pertanto, riflettendosi l ‘ adempimento dell ‘ obbligo di informativa sulla legittimità del respingimento e del trattenimento, il Giudice di Pace, in quanto tenuto a rilevare incidentalmente, per la decisione di sua competenza, la manifesta illegittimità del provvedimento espulsivo (Cass. n. 18404/2023), avrebbe nel caso di specie dovuto accertare se vi erano prove sufficienti del fatto che il ricorrente avesse ricevuto adeguate informazioni nei termini previsti dall ‘ art. 10 -ter e, in difetto di tale prova, non convalidare il provvedimento di trattenimento.
I motivi secondo e terzo possono essere trattati congiuntamente, in quanto entrambi afferenti al tema della presentazione della domanda di protezione internazionale e
all ‘ effetto sospensivo che essa produce sulla efficacia del provvedimento di respingimento emesso dalla amministrazione.
I motivi sono fondati.
Il ricorrente dà atto di avere trasmesso a mezzo PEC, successivamente all’adozione del decreto del Questore, la richiesta di essere convocato innanzi ai competenti uffici per formalizzare la domanda di protezione internazionale e di avere per questo avanzato, nel ricorso al Giudice di Pace, domanda di sospensione degli effetti del provvedimento di respingimento e di accompagnamento alla frontiera. La domanda è stata rigettata dal giudice del merito sul duplice assunto che essa « sarebbe caratterizzata dalla strumentalità con finalità dilatoria » e che « la presentazione della domanda di protezione internazionale in una fase successiva è inammissibile ».
Tali assunti del Giudice di Pace sono in evidente contrasto con l ‘ orientamento di questa Corte, solida nell ‘ affermare che, in tema di protezione internazionale, sussiste il diritto del cittadino extracomunitario, giunto in condizioni di clandestinit à sul territorio nazionale e come tale suscettibile di espulsione, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 286 del 1998, di presentare istanza di protezione internazionale e di rimanere nello Stato fino alla definizione della relativa procedura. Quantunque l ‘ istanza sia inoltrata a mezzo di PEC, cui non segua la presentazione di una formale domanda, l ‘ Amministrazione ha dovere di riceverla (inoltrandola al Questore per l ‘ assunzione delle determinazioni di sua competenza), astenendosi da alcuna forma di respingimento e da alcuna misura di espulsione che impedisca il corso e la definizione della richiesta dell ‘ interessato innanzi alle Commissioni designate (Cass. n. 21910/2020). In altri termini, anche attraverso l ‘ invio di una PEC all ‘ Amministrazione, lo straniero può manifestare la volontà di chiedere la protezione internazionale, non rilevando previe dichiarazioni rese, in senso eventualmente negativo, sul foglio-
notizie sottoscritto. In effetti, se è vero che la presentazione della domanda di protezione internazionale dopo l ‘ adozione del decreto di espulsione non inficia la validità del predetto decreto, tuttavia ne sospende l ‘ efficacia (Cass. n. 5437/2020; Cass. 24296/2021; Cass. 26633/2023; Cass. Cass. 22561/2024). Tale conclusione è in linea con quanto affermato dalla Grande Sezione della Corte di Giustizia dell ‘ Unione europea nel procedimento C-601/15, secondo cui « lo straniero che abbia presentato domanda di protezione internazionale non richiedere la caducazione del provvedimento espulsivo emesso in precedenza ai propri danni, giacch é questo contrasterebbe con l ‘ esigenza, ricavata dalla giurisprudenza della Corte UE, di assicurare la pronta ripresa del procedimento attuativo dell ‘ espulsione a seguito del rigetto della domanda stessa »; di talché, in presenza della proposizione di questa, il decreto di espulsione gi à̀ emesso non pu ò̀ ritenersi affetto da un ‘ inedita forma di invalidit à̀ « sopravvenuta » che ne giustifichi l ‘ annullamento, ma è solo privo temporaneamente di efficacia.
7.1. Ne consegue che sono destituiti di fondamento gli argomenti del provvedimento impugnato, con cui il Giudice di Pace ritiene la richiesta, espressamente formulata, di sospensione dell ‘ efficacia del provvedimento di respingimento, in attesa della formale presentazione della domanda di protezione internazionale, strumentale a ritardare l ‘ esecuzione del decreto del Questore, e perfino inammissibile la domanda di protezione in una fase successiva all ‘ adozione del decreto di espulsione.
Di conseguenza, dichiarato inammissibile il primo motivo e accolti i restanti motivi, l ‘ ordinanza impugnata deve essere cassata, con rinvio al Giudice di Pace di Salerno, perché, in persona di altro magistrato onorario, decida anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il ricorso limitatamente ai motivi secondo, terzo e quarto, dichiarato inammissibile il primo, cassa l ‘ ordinanza impugnata e rinvia al Giudice di Pace di Salerno, per decidere, in persona di un diverso magistrato onorario, anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 30.1.2025.