Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17702 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17702 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15597/2024 R.G. proposto da :
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in CATANIA INDIRIZZO DIG, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che l a rappresenta e difende
-ricorrente-
MINISTERO DELL’INTERNO, QUESTURA DELLA PROVINCIA DI CATANIA,
-intimato avverso PROVVEDIMENTO di RAGIONE_SOCIALE COGNOME CATANIA n. 5833/2024 depositata il 30/05/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La ricorrente, cittadina brasiliana, propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso il decreto con cui il GdP di Catania ha convalidato l’ordine di accompagnamento alla frontiera emesso dal Questore di Catania il 30.5.2024 a seguito del decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Catania e notificato in pari data.
2.- In sintesi la vicenda in fatto riferita è la seguente:
la ricorrente ha ricevuto un primo decreto di espulsione il 15.04.2024 per il suo soggiorno irregolare, convalidato dal GdP, cui non ha ottemperato ed ha chiesto al Questore un prolungamento per aver presentato ricorso avverso la espulsione via pec, senza esito;
il 30.5.2024 la predetta è stata prelevata da personale di polizia dell’ufficio immigrazione presso il domicilio ed ha ricevuto un altro decreto di espulsione dal Prefetto di Catania e un ordine di accompagnamento alla frontiera dal Questore di Catania;
nel pomeriggio dello stesso giorno si è celebrata la convalida del decreto di accompagnamento coatto alla frontiera nei locali della Questura, dinanzi al Giudice di Pace di Catania, senza la presenza di un funzionario di cancelleria dell’ufficio;
in quella sede, la ricorrente ha formulato una domanda di protezione internazionale e, né il Questore né il GdP hanno permesso la sospensione del rimpatrio per poter dar corso alla sua richiesta e trasmettere gli atti alla Competente Commissione Territoriale, per dar corso anche ad una procedura accelerata, ed il GdP ha dichiarato che la domanda era tardiva e strumentale ad evitare il ritorno nel paese di origine.
3.- Il GdP ha rilevato che
la ricorrente era stata destinataria di altro provvedimento tradotto in lingua inglese, scelta dalla ricorrente, che appariva legittimo ancorché l’interessata non lo avesse sottoscritto asserendo che non ne aveva compreso il contenuto, affermazione
giudicata non credibile perché, anche in fase di procedura di convalida, la ricorrente rispondeva alle domande poste in italiano pur in presenza dell’interprete brasiliano;
b) quanto alla richiesta di protezione internazionale ha rilevato che la ricorrente era in Italia da parecchio tempo ed era stata assistita, anche in fase di convalida del provvedimento del 15.4.2024, da un difensore senza mai manifestare la volontà di chiedere la protezione internazionale, e ha, pertanto, considerato la richiesta strumentale, aggiungendo che laddove il presunto compagno italiano del quale non era stata fornita alcuna attestazione anagrafica, ottenesse la cessazione degli effetti civili del matrimonio e volesse contrarre nuovo matrimonio con la cittadina straniera, la stessa avrebbe potuto fare immediato rientro in Italia.
3.Il Ministero dell’Interno e il Prefetto della Provincia di Catania sono rimasti intimati. La parte ricorrente ha presentato memoria
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare va respinta la richiesta avanzata nella memoria di riunione per connessione del presente procedimento a quello n. 6359/25 depositato il 17.3.25 dinnanzi alla Corte di Cassazione penale – che ha inviato gli atti alla sezione civile -proposto da altro cittadino extracomunitario stante l’identità del petitum e della causa petendi, « per avere una rapida risposta al quesito », non essendo ravvisabile nella fattispecie alcuna opportunità di siffatta riunione tanto più in vista della celerità della decisione del presente ricorso laddove una diversa pronuncia comporterebbe l’individuazione di una nuova udienza camerale cui chiamare entrambi i ricorsi.
-Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione delle norme del giusto processo relative art 111 cost. nel corso dell’udienza camerale del giudice di pace; violazione dell’art.13 c. 3 cost. e nullità della convalida in quanto la stessa si è
svolta presso i locali dell’ufficio immigrazione senza la presenza di un assistente giudiziario o cancelliere; reputa la ricorrente che laddove l’art. 13 comma 5 ter TUI consente « al fine di assicurare la tempestività del procedimento di convalida dei provvedimenti di cui ai commi 4 e 5, ed all’articolo 14, comma 1 », stabilisce anche che « le questure forniscono al giudice di pace, nei limiti delle risorse disponibili, il supporto occorrente e la disponibilità di un locale idoneo », e la locuzione «supporto occorrente» non significa che l’udienza debba svolgersi senza la presenza di un assistente o cancelliere che supporti il giudice di pace nella redazione del verbale di udienza e negli atti successivi di comunicazione, giacché la convalida penale si svolge con la presenza del cancelliere o dell’assistente giudiziario secondo le disposizioni del c.p.p. proprio per la delicatezza del diritto compromesso che riguarda la libertà personale e il suo trattenimento temporaneo; perciò sarebbe stato violato il disposto dell’art. 13 comma 3 cost.
1.1- Il motivo è infondato. La ricorrente deduce la violazione dei principi del giusto processo e dell’articolo 13 comma 3 cost. in quanto l’udienza di convalida si sarebbe svolta senza la presenza di un cancelliere. Va premesso che a fronte di atti di limitazione della libertà personale la presenza del cancelliere non è imposta da alcun articolo della Costituzione – tantomeno dall’articolo 13 comma 3 -il quale prevede che la restrizione della libertà personale possa avvenire solo per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge, salva la possibilità, in casi eccezionali di necessità urgenza indicati tassativamente dalla legge, che l’autorità di pubblica sicurezza adotti provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro 48 ore all’autorità giudiziaria e convalidati nelle successive 48 ore (art. 13 commi 2,3 cost.)
Ciò detto va aggiunto che la violazione delle diposizioni di cui agli artt. 57 e 58 c.p.c. non è suscettibile di produrre alcuna nullità come stabilito con principio consolidato risalente agli anni ’70 da
questa corte (« La Mancanza dell’assistenza del cancelliere nella formazione del processo verbale d’udienza, nonché il difetto di sottoscrizione, da parte dello stesso, del verbale, non comportano la inesistenza o la nullità dell’atto, in quanto la funzione del cancelliere ha soltanto natura integrativa di quella del giudice, essendo esplicata in concorso con essa, ne, comunque, le predette mancanze incidono sull’idoneità dell’atto al concreto raggiungimento degli scopi cui e destinato », Cass. n. 924/1978, confermata da innumerevoli decisioni successive v. per tutte, tra le massimate, Cass. 9389/2007). Né la ricorrente ha indicato quale pregiudizio il mancato rispetto della prevista presenza di un cancelliere avrebbe arrecato alle esigenze difensive o alle garanzie previste dalla legge tutte osservate.
2.Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione delle norme relative al foglio notizie e all’art.8 direttiva 33/2013 UE. La ricorrente censura la decisione laddove il GdP ha ritenuto che il formulario predisposto in inglese fosse legittimo, poiché la ricorrente non era in grado di leggere e comprendere l’inglese; perciò il foglio notizie doveva essere compilato in portoghese giacché i decreti di espulsione e del Questore possono essere formulati nelle tre lingue ufficiali quando vi è la giustificazione dell’impossibilità di reperire un interprete di madre lingua. In sintesi evidenzia l’illegittimità dell’operato dell’organo amministrativo e, di conseguenza, della convalida operata dall’organo giudicante che avrebbe errato nel valorizzare la circostanza secondo cui ella aveva risposto alle domande poste in italiano pur in presenza dell’interprete dato che la comprensione della lingua scritta diverge ed è autonoma dalla capacità di formulare frasi orali.
2.- Il motivo è fondato.
La ricorrente deduce la violazione del diritto di difesa e del contraddittorio in ragione della mancata traduzione degli atti in una lingua a lei conosciuta.
L’art. 13, comma 7, del d.lgs. n. 286 del 1998 prevede che « Il decreto di espulsione e il provvedimento di cui al comma 1 dell’articolo 14, nonché ogni altro atto concernente l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione, sono comunicati all’interessato unitamente all’indicazione delle modalità di impugnazione e ad una traduzione in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola ». Interpretando tale norma, questa Corte ha affermato che, laddove il provvedimento di espulsione sia tradotto in lingua veicolare, per l’affermata irreperibilità immediata di un traduttore nella lingua conosciuta dallo straniero, il provvedimento è nullo, salvo che l’Amministrazione non affermi, ed il giudice ritenga plausibile, l’impossibilità di predisporre un testo in detta lingua per la sua rarità ovvero l’inidoneità di tale testo alla comunicazione della decisione in concreto assunta (Cass. n. 5837/2022, Cass. n. 11887/2018 Cass. n. 2865/2018; Cass. n.14733/2015; Cass. n. 3676/2012).
In tali ipotesi, grava sull’amministrazione l’onere di provare l’eventuale conoscenza della lingua italiana o di una delle lingue veicolari da parte del destinatario del provvedimento, quale elemento costitutivo della facoltà di notificargli l’atto in una di dette lingue, dunque al giudice di merito spetta l’accertamento in concreto se la persona conosca la lingua nella quale il provvedimento espulsivo sia stato tradotto, e deve, a tal fine, valutare gli elementi probatori acquisiti al processo, tra cui assumono rilievo anche le dichiarazioni rese dall’interessato nel c.d. foglio notizie, ove egli abbia dichiarato di conoscere una determinata lingua nella quale il provvedimento sia stato tradotto
(Cass. n. 24015/2020, v. tra le più recenti in conformità Cass. n. 4780/2025).
Nel caso di specie la ricorrente non è stata idoneamente informata, sin dal primo contatto con le forze dell’ordine, della possibilità di chiedere la protezione internazionale essendole stato presentato un formulario di lettura con delle domande predisposte in inglese che la ricorrente si è rifiutata di firmare in quanto non ne aveva compreso il contenuto, ed il Giudice ha ritenuto che ciò non avesse alcun rilievo valorizzando la inconferente circostanza che la cittadina brasiliana aveva risposto in italiano pur in presenza dell’interprete, ed omettendo qualunque considerazione in merito alla legittimità della decisione di predisporre il testo del Foglio notizie nella lingua conosciuta dal destinatario dell’atto.
3.- Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione delle norme di diritto relative al rifiuto di formalizzazione della domanda di protezione da parte del Questore di Catania; violazione della d.l. 25/2008 artt. 3 e 29 e degli artt. 4, 6, 9 della Direttiva 32/2013 e della Direttiva rimpatri 115/2008. Deduce la ricorrente che Il Questore di Catania illegittimamente non ha dato seguito alla richiesta di protezione internazionale formulata dalla straniera al momento della convalida, giacché il Giudice di Pace non può sindacare la richiesta di protezione che sia formulata avanti a sé onde valutare se a questa debba darsi seguito secondo dettato normativo, o meno; ma deve prendere atto della manifestazione di volontà senza emettere valutazioni in merito che riguardano esclusivamente un altro organo. Tanto il Questore che il Giudice di Pace non avrebbero ricevuto una adeguata formazione come previsto dalla direttiva 32/2013, che stabilisce procedure comuni per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale, ed, in particolare: all’art. 4, l’obbligo per gli Stati di provvedere affinché il personale « abbia ricevuto una formazione adeguata e una conoscenza generale dei problemi che potrebbero
compromettere la capacità del richiedente di sostenere il colloquio »; all’art.6 un termine massimo per la registrazione della domanda di protezione internazionale di tre-sei giorni dalla presentazione, prorogabili di dieci giorni lavorativi; all’art.9 il diritto del richiedente a rimanere nello Stato membro fino alla decisione in primo grado, salvo alcune eccezioni in caso di domanda reiterata.
4.- Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione delle norme di diritto relativo al rifiuto di formalizzazione della domanda di protezione da parte del Questore di Catania, violazione del d.l. 25/2008, art 29, e dell’art. 10 direttiva 32/2013 UE, e dell’art.3 d.lgs. 25/2008. Deduce la ricorrente che in ragione dell’art. 10 della Direttiva citata il giudice di pace aveva due opzioni: o convalidare l’ordine del Questore disponendone la inefficacia temporanea sino a quando non fosse stata definita la domanda di protezione davanti alla Competente Commissione Territoriale; o non convalidare l’ordine del Questore di accompagnamento coattivo alla frontiera in quanto vi era stata la manifestazione di volontà di protezione.
5.1 -Il terzo e il quarto motivo possono essere esaminati insieme in quanto evidentemente connessi se non sovrapponibili. Essi sono fondati.
Va confermato in questa sede l’orientamento consolidato di questa Corte per cui « In tema di protezione internazionale, la relativa domanda, in conformità alla previsione dell’art. 6, paragrafo 1, comma 2 della direttiva 2013/32/UE può essere presentata dallo straniero che abbia in corso il trattenimento ai fini dell’esecuzione dell’espulsione o del respingimento ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, anche avanti al giudice di pace nel corso dell’udienza di convalida prevista dall’art. 14, comma 5, del d.lgs. cit.; in siffatta ipotesi, la domanda, immediatamente trasmessa al questore, deve essere registrata nel termine perentorio di sei giorni lavorativi, e sempre dalla domanda deriva la
sospensione dei termini del trattenimento disposto ex art. 14, comma 5, del d.lgs. n. 286 del 1998 come previsto dall’art. 6, comma 5, d.lgs. 142/2015; tuttavia il trattenimento dello straniero richiedente protezione cessa dopo la decisione della Commissione territoriale sulla domanda di protezione internazionale e l’eventuale successiva richiesta di proroga del trattenimento disposto ex art. 6 del d.lgs. n. 142 del 2015, è illegittima, 110 salvo che non vengano dedotti e comprovati dall’amministrazione ulteriori motivi di trattenimento, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998 ».(Cass. n. 20034, 20070 del 2023)
6.- Pertanto il ricorso va accolto con riguardo al secondo, terzo e quarto motivo, respinto il primo.
Ne consegue la cassazione senza rinvio del decreto impugnato, in applicazione dell’art. 382, ult. comma, c.p.c., poiché il processo non può essere proseguito, posto che il provvedimento l’ordine di accompagnamento alla frontiera non è stato validamente convalidato nei termini e non può più esserlo a termini scaduti.
7.- Sulle spese si osserva che il richiedente è ammesso ex lege al patrocinio a spese dello Stato, secondo quanto dispone il D. Lgs. n. 286/1998 (artt. 13 co. 5 bis e 14 co. 4) che prevedono nel giudizio di convalida l’ammissione automatica al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, scelta questa che è stata reputata conforme a Costituzione. (v. Corte Cost. n. 439/2004; v. Cass. n. 24102 del 2022). Pertanto, poiché la parte ricorrente è (tutt’ora) ammessa al patrocinio a spese dello Stato, in un giudizio in cui è parte soccombente un’Amministrazione statale, non vi è luogo alla regolazione delle spese, per il principio secondo il quale, qualora la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato sia vittoriosa in una controversia civile promossa contro un’Amministrazione statale, il compenso e le spese spettanti al difensore vanno liquidati ai sensi dell’art. 82 d.P.R. n. 115 del 2002, ovvero con istanza rivolta al giudice del procedimento, e più precisamente, ai sensi
dell’art. 83, comma 2, dello stesso d.P.R., nel caso di giudizio di cassazione, al giudice che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato, ovvero, in ipotesi di cassazione senza rinvio, al giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (v. Cass. 11028/2009, 23007/2010, rese in fattispecie di cassazione con decisione nel merito); l’art. 133 del medesimo D.P.R., a norma del quale la condanna alle spese della parte soccombente non ammessa al patrocinio va disposta in favore dello Stato, non può, infatti, riferirsi all’ipotesi di soccombenza di un’Amministrazione statale (Cass. 18583/2012, 22882/2018, 30876/2018, 19299/2021, nonché Cass. S.U. 24413/2021). Pertanto, le spese processuali, relative al giudizio sia di merito che di legittimità, andranno liquidate dal Giudice di pace di Catania.
P.Q.M .
La Corte accoglie il secondo, terzo motivo e quarto motivo di ricorso, cassa senza rinvio il decreto di convalida del Giudice di pace di Catania.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione