Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23229 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23229 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/08/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
nel ricorso n. 17465/2024 R.G.
promosso da
NOME COGNOME , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente
contro
Ministero dell’Interno , in persona del Ministro pro tempore , e Questura di Milano , in persona del Questore pro tempore
intimati con atto di costituzione
avverso il decreto del Giudice di Pace di Milano adottato all’udienza del 31/07/2024 con il quale è stato convalidato il decreto di accompagnamento coattivo alla frontiera, adottato e notificato dalla Questura di Milano in data 30/07/2024, in esecuzione del provvedimento di espulsione amministrativa adottato e notificato in pari data;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2024 dal Cons. NOME COGNOME
letti gli atti del procedimento in epigrafe;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In data 30/07/2024 il ricorrente riceveva la notificazione del decreto di espulsione, emesso ai sensi dell’art. 13, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 286 del 1998 in quanto gli era stato rifiutato il rinnovo del titolo di soggiorno da parte della Questura di Milano con provvedimento del 25/07/2024, anch’esso notificato il 30 /07/2024, per cui risultava irregolarmente soggiornante sul territorio nazionale.
Per l’effetto , la Questura di Milano adottava il decreto di accompagnamento coattivo alla frontiera, non essendovi disponibilità di posti nei C.P.R., con autorizzazione al trattenimento in locali idonei per il tempo strettamente necessario al rimpatrio coatto, immediatamente trasmesso al Giudice di Pace di Milano per la relativa convalida.
L’udienza di convalida si teneva mediante videoconferenza e il cittadino straniero , sentito con l’ausilio di un interprete , dichiarava quanto segue: «Sono entrato in Italia il30 ottobre 2013 e sono arrivato a Trapani via mare. Non ho parenti in Italia. Ho un lavoro adesso. Lavoro a Milano da due anni. Ho un contratto dall’aprile 2024 con termine sino al 2025. Vivo a Sesto San Giovanni. on sono titolare di un contratto di affitto. Risiedo in INDIRIZZO a Milano. Ho dei problemi nel mio Paese di natura economica. Non ho più nessuno nel mio Paese in quanto mia mamma è deceduta.»
Il difensore del cittadino straniero deduceva quanto segue: «La difesa eccepisce la inespellibilità ex art. 8 Convenzione Europea Diritti dell’Uomo con riferimento alle sentenze della Cassazione n.19815/22 19826/22 – 7124/22 e precisa che il proprio assisto avanza domanda in data odierna di protezione internazionale e per cui chiede dichiararsi l’incompetenza di questo Giudice con trasmissione degli atti al Tribunale di Milano competente per materia.»
Il Giudice di Pace convalidava il decreto di accompagnamento coattivo alla frontiera, autorizzando la temporanea permanenza dello straniero sino all’esecuzione dell’effettivo allontanamento in strutture diverse, dichiarate idonee dalla Questura, nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza, e invitava la Questura a formulare eventuali nuove richieste in caso di intervenuta impossibilità di procedere all’imbarco immediato.
In relazione alla dichiarazione del difensore in ordine alla presentazione della domanda di protezione internazionale, il Giudice statuiva quanto segue: « … preso atto preliminarmente che lo straniero ha risposto alle domande sottoposte dal Giudice e dal difensore con ciò dimostrando di comprendere sufficientemente le ragioni per le quali è stato adottato il provvedimento di accompagnamento alla frontiera; rilevato che lo straniero è privo di un permesso di soggiorno, che non risulta documentata l’esistenza di un reddito derivante da fonte lecita; che lo stesso non ha una rete famigliare in Italia; che è privo di un contratto di locazione e di stabile residenza; che la domanda di protezione internazionale non risulta documentata né avviato il relativo procedimento, che lo straniero ha dichiarato di non avere altro famigliare nel paese di origine e di avere nel paese di origine problemi di natura economica, che sussistono i presupposti di cui all’art. 14, co. 4, TUI; che non sussistono cause di inespellibilità ex art. 19 TUI.»
Per la cassazione di tale decreto, il cittadino straniero ha proposto ricorso per cassazione, articolando un solo motivo di censura.
Il Ministero e la Questura non si sono difesi con controricorso ma hanno depositato un atto di costituzione ai fini della partecipazione alla eventuale udienza pubblica.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è formulata la seguente censura: «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 13, comma 2, lett. b) del
D. Lgs. nr. 286/98 e 14, comma 1 bis e 5 del D. Lgs. n. 286/98, art. 6, comma 5 del D. Lgs. nr. 142/15, art. 28-bis D. Lgs. nr. 25/08 ed art. 6, paragrafo 1, secondo e terzo comma della direttiva 2013/32 UE come interpretato dalla Corte di Giustizia UE in causa C-36/20 PU , in relazione agli artt. 13, 24 e 111 della Costituzione, art. 5 della C.E.D.U. ed art. 6 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’U.E. ex art. 360 nr. 3 c.p.c. Violazione di legge e difetto di motivazione, in parte contraddittoria e in parte apparente, in ordine alla verifica dell’adempimento degli obblighi informativi di cui agli artt. 4 e 5 del Regolamento UE 604/2013.»
Con tale motivo di doglianza, il ricorrente ha, in particolare, affermato che il Giudice di Pace ha violato il principio di diritto eurounitario, affermato dalla Grande Camera della Corte di Giustizia con sentenza del 25/06/2020, in causa C-36/20, secondo cui è possibile manifestare la volontà di presentare una domanda di protezione internazionale anche innanzi ad un’autorità giudiziaria, con obbligo di immediata trasmissione alle autorità competenti a ricevere la relativa domanda secondo il diritto nazionale, aggiungendo che tale principio è stato prontamente recepito in alcune pronunce di questa Corte (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 20028 del 13/07/2023; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 20034 del 13/07/2023; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 20070 del 13/07/2023).
Il motivo di ricorso pone una questione che in assenza di precedenti specifici, per le difficoltà interpretative derivanti da ll’assenza di una espressa disciplina che regoli la fattispecie, ed anche per l ‘esteso ambito applicativo , richiede la fissazione di una pubblica udienza, in modo che il Pubblico Ministero possa rassegnare le proprie conclusioni e le parti possano procedere alla discussione orale della causa.
Com’è noto, il comma 3 dell’art. 13 d.lgs. n. 286 del 1998 prevede che «l’espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell’interessato» .
Il successivo comma 4 dello stesso articolo individua i casi in cui l’espulsione è eseguita mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, il quale, tuttavia, deve essere convalidato da parte dell’autorità giudiziaria.
Il comma 5 bis del medesimo articolo, nel testo vigente ratione temporis , stabilisce quanto segue: «5-bis. Nei casi previsti al comma 4, ad eccezione della lettera f), il questore comunica immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione, al giudice di pace territorialmente competente il provvedimento con il quale è disposto l’accompagnamento alla frontiera. L’esecuzione del provvedimento del questore di allontanamento dal territorio nazionale è sospesa fino alla decisione sulla convalida. L’udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito. L’interessato è anch’esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l’udienza. Lo straniero è ammesso all’assistenza legale da parte di un difensore di fiducia munito di procura speciale. Lo straniero è altresì ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice nell’ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all’articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonché, ove necessario, da un interprete. L’autorità che ha adottato il provvedimento può stare in giudizio personalmente anche avvalendosi di funzionari appositamente delegati. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive,
verificata l’osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dal presente articolo e sentito l’interessato, se comparso. In attesa della definizione del procedimento di convalida, lo straniero espulso è trattenuto in uno dei centri di identificazione ed espulsione, di cui all’articolo 14, salvo che il procedimento possa essere definito nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento di allontanamento anche prima del trasferimento in uno dei centri disponibili, ovvero salvo nel caso in cui non vi sia disponibilità di posti nei Centri di cui all’articolo 14 ubicati nel circondario del Tribunale competente. In tale ultima ipotesi il giudice di pace, su richiesta del questore, con il decreto di fissazione dell’udienza di convalida, può autorizzare la temporanea permanenza dello straniero, sino alla definizione del procedimento di convalida in strutture diverse e idonee nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza. Qualora le condizioni di cui al periodo precedente permangono anche dopo l’udienza di convalida, il giudice può autorizzare la permanenza, in locali idonei presso l’ufficio di frontiera interessato, sino all’esecuzione dell’effettivo allontanamento e comunque non oltre le quarantotto ore successive all’udienza di convalida. Le strutture ed i locali di cui ai periodi precedenti garantiscono condizioni di trattenimento che assicurino il rispetto della dignità della persona. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 14, comma 2. Quando la convalida è concessa, il provvedimento di accompagnamento alla frontiera diventa esecutivo. Se la convalida non è concessa ovvero non è osservato il termine per la decisione, il provvedimento del questore perde ogni effetto. …»
L’art. 14, comma 2, d.lgs. n . 286 del 1998, sempre nel testo vigente ratione temporis , stabilisce quanto segue: «Lo straniero è trattenuto nel centro, presso cui sono assicurati adeguati standard igienico-sanitari e abitativi, con modalità tali da assicurare la necessaria informazione relativa al suo status, l’assistenza e il pieno
rispetto della sua dignità, secondo quanto disposto dall’articolo 21, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. Oltre a quanto previsto dall’articolo 2, comma 6, è assicurata in ogni caso la libertà di corrispondenza anche telefonica con l’esterno.»
La convalida giudiziale è necessaria perché la giurisprudenza costituzionale ha chiarito che, non solo il trattenimento amministrativo, ma anche l’accompagnamento forzato alla frontiera costituiscono misure che operano una privazione della libertà personale e, pertanto, soggiacciono alle riserve di legge e giurisdizione dettate dall’art. 13 Cost. (Corte cost., Sentenza n. 222 del 15/07/2004).
È per questo motivo che l’art. 13, comma 5 bis , d.lgs. n. 286 del 1998 prescrive che il Questore comunichi immediatamente, e comunque entro quarantotto ore dalla sua adozione, al giudice di pace territorialmente competente, il provvedimento con cui è disposto l’accompagnamento alla frontiera, che, quindi, è provvedimento autonomo e consequenziale rispetto al decreto di espulsione.
L’esecuzione dell’allontanamento è sospesa fino alla decisione sulla convalida, il giudice di pace provvede con decreto motivato entro le quarantotto ore successive alla ricezione degli atti in cancelleria, la convalida determina l’esecutività del provvedi mento di accompagnamento alla frontiera, mentre la mancata convalida comporta la cessazione d’ogni effetto dello stesso provvedimento, senza far venir meno, ovviamente, l’esecutività del presupposto provvedimento di espulsione o di respingimento, stante l’ autonomia dei due provvedimenti.
Il motivo di censura pone la questione degli effetti della manifestazione della volontà di chiedere la protezione internazionale, espressa dal cittadino straniero (nella specie, tramite il difensore) nel corso dell’udienza di convalida del decreto di accompagnamento alla frontiera, dispos to ai sensi dell’art. 13 d.lgs. n. 286 del 1998.
5. Secondo la definizione offerta dal diritto unionale, il richiedente protezione internazionale è «il cittadino di un paese terzo o apolide che abbia presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva» (art. 2, paragrafo. 1, lett. b, direttiva 2013/33/UE).
La presentazione della domanda di asilo è attività che non richiede alcuna forma, come ulteriormente chiarito dal considerando n. 27 della direttiva 2013/32/UE, a tenore del quale «i cittadini di paesi terzi e gli apolidi che hanno espresso l’intenzione di chiedere protezione internazionale sono richiedenti protezione internazionale» .
È dunque la manifestazione di volontà a radicare lo status di richiedente, poiché l’azione di «presentare» una domanda di protezione internazionale non presuppone alcuna formalità amministrativa, in quanto dette formalità devono essere rispettate al momento dell’ «inoltro» della domanda.
La direttiva procedure distingue, infatti, le nozioni di presentazione della domanda (ossia la manifestazione della volontà) e di registrazione della stessa da parte dell’autorità pubblica (art. 6, paragrafo 1, direttiva 2013/32/UE).
La presentazione della domanda è un comportamento materiale, a forma libera, a cui l’ordinamento collega l’immediata acquisizione di uno statuto protettivo, le cui principali manifestazioni sono la temporanea inespellibilità, salvo possibili eccezioni, e il diritto all’accesso alle misure di accoglienza .
Necessario corollario della manifestazione della volontà di chiedere la protezione internazionale è l’obbligo di ricezione da parte delle autorità statali.
La direttiva procedure, peraltro, distingue tra autorità competenti a registrare una domanda di asilo e autorità competenti alla mera ricezione -tra le quali, a titolo esemplificativo, annovera le guardie di
frontiera, le autorità competenti per l’immigrazione e il personale dei centri di trattenimento -fermo restando che «Gli Stati membri provvedono affinché chiunque abbia presentato una domanda di protezione internazionale abbia un’effettiva possibilità di inoltrarla quanto prima» (art. 6, paragrafo 2, direttiva 2013/32/UE).
La registrazione, che nell’ordinamento nazionale è attribuita alla Questura territorialmente competente per il luogo di dimora, deve avvenire entro il termine di 3 giorni lavorativi dalla presentazione, che diventano 6 nel caso di presentazione «ad altre autorità preposte a ricevere tali domande ma non competenti per la registrazione a norma del diritto nazionale» , oltre alla possibile estensione di ulteriori 10 giorni lavorativi in caso di «domande simultanee di protezione internazionale da parte di un numero elevato di cittadini di paesi terzi o apolidi» (art. 6, paragrafo 1, direttiva 2013/32/UE).
6. La distinzione tra presentazione e registrazione della domanda di protezione internazionale, appena evidenziata, si ritrova nella giurisprudenza di questa Corte, ove si è più volte precisato che, in ambito eurounitario coesistono due nozioni di richiedente protezione internazionale: in senso sostanziale, intendendosi come tale la condizione del soggetto che ha manifestato la volontà di chiedere la protezione, e in senso formale, intendendosi come tale la condizione del soggetto la cui domanda sia stata recepita e formalizzata dall’autorità competente. Le due condizioni, onde evitare deficit di tutela, devono essere portate ad unità nel più breve tempo possibile anche se, in linea di massima, rileva, ai fini delle garanzie procedimentali e dell’adozione delle misure di accoglienza, l ‘ acquisizione della qualità sostanziale di richiedente asilo, fermo restando che taluni adempimenti , ove è necessario l’esame della domanda, sono legati necessariamente alla formalizzazione della stessa (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 35190 del 31712/2024; Cass., Sez.
1, Sentenza n. 32765 del 16712/2024; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 3273 del 16/12/2024).
Sulla scorta di tali considerazioni, questa Corte ha ritenuto che il diritto del cittadino straniero ad un ricorso effettivo e -sussistendone i presupposti -alla protezione internazionale, deve essere contemperato con il diritto-dovere dello Stato di valutare attentamente le condizioni per la permanenza dello straniero sul suolo nazionale, anche al fine di non svilire e inflazionare un istituto di fondamentale importanza quale l’asilo, di cui non possono essere consentite utilizzazioni strumentali (v. ancora Cass., Sez. 1, Sentenza n. 35190 del 31712/2024; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 32765 del 16712/2024; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 3273 del 16/12/2024).
7. L’art. 2 d.lgs. n. 142 del 2015, che ha dato attuazione alla direttiva 2013/33/UE e alla direttiva 2013/32/UE, espressamente stabilisce che, ai fini di detto d.lgs. s’intende per richiedente la protezione internazionale o richiedente «lo straniero che ha presentato domanda di protezione internazionale su cui non è stata ancora adottata una decisione definitiva ovvero ha manifestato la volontà di chiedere tale protezione» , mentre per domanda di protezione internazionale o domanda s’intende «la domanda presentata ai sensi del decreto legislativo 28 gennaio 2008 n. 25, e successive modificazioni, diretta ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria»
Proprio il d.lgs. n. 25 del 2008, all’art. 7, stabi lisce che il richiedente asilo è autorizzato ex lege a rimanere nel territorio dello Stato fino alla decisione della Commissione territoriale, precisando che tale disposizione non si applica «a coloro che: a) debbono essere estradati verso un altro Stato in virtù degli obblighi previsti da un mandato di arresto europeo; b) debbono essere consegnati ad una Corte o ad un Tribunale penale internazionale; c) debbano essere avviati verso un
altro Stato dell’Unione competente per l’esame dell’istanza di protezione internazionale; d) hanno presentato una prima domanda reiterata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di una decisione che ne comporterebbe l’imminente allontanamento dal territorio nazionale; e) manifestano la volontà di presentare un’altra domanda reiterata a seguito di una decisione definitiva che considera inammissibile una prima domanda reiterata ai sensi dell’articolo 29, comma 1, o dopo una decisione definitiva che respinge la prima domanda reiterata ai sensi dell’articolo 32, comma 1, lettere b) e bbis).»
Come già anticipato, n ell’ordinamento italiano, l’autorità competente a ricevere e formalizzare la domanda è il Questore, che provvede ai sensi dell’art. 26, comma 2, d.lgs. n. 25 del 2008 a verbalizzare le dichiarazioni del richiedente e ad allegare la documentazione rilevante ai sensi dell’art. 3 d .lgs. n. 251 del 2007.
La domanda può essere presentata anche alla Polizia di frontiera ma, in questo caso, è disposto l’invio del richiedente presso la Questura competente per territorio, perché venga redatto il menzionato verbale con i descritti allegati.
L’art. 26, comma 2 bis , d.lgs. n. 25 del 2008, precisa, poi, che il verbale è redatto entro tre giorni lavorativi dalla manifestazione della volontà di chiedere la protezione ovvero entro sei giorni lavorativi nel caso in cui la volontà è manifestata all’Ufficio di polizia di f rontiera, con la precisazione che i termini sono prorogati di dieci giorni lavorativi in presenza di un elevato numero di domande in conseguenza di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti.
Il legislatore nazionale, in sintesi, ha individuato unicamente la Questura territorialmente competente per il luogo di dimora e la Polizia di frontiera quale autorità addetta alla ricezione delle domande di protezione.
8. La Corte di giustizia dell’Unione europea, tuttavia, in sede di rinvio pregiudiziale, ha dichiarato che l’art. 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32/UE deve essere interpretato nel senso che un giudice istruttore chiamato a pronunciarsi sul trattenimento di un cittadino di un Paese terzo in situazione irregolare ai fini del suo respingimento rientra nel novero delle «altre autorità» contemplate da tale disposizione, preposte a ricevere domande di protezione internazionale, ma non competenti, a norma del diritto nazionale, per la registrazione, precisando che il giudice istruttore, in qualità di «altra autorità» , deve, da un lato, informare i cittadini di paesi terzi in situazione irregolare delle modalità di inoltro di una domanda di protezione internazionale e, dall’altro, qualora un cittadino abbia manifestato la volontà di presentare una siffatta domanda, trasmettere il fascicolo all’autorità competente ai fini della registrazione di detta domanda affinché tale cittadino possa beneficiare delle condizioni materiali di accoglienza e dell’assistenza sanitaria previste all’articolo 17 della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. Inoltre, la stessa Corte ha aggiunto che l’articolo 26 della direttiva 2013/32/UE e l’articolo 8 della direttiva 2013/33/UE devono essere interpretati nel senso che un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare che abbia manifestato la volontà di chiedere la protezione internazionale dinanzi a un’altra autorità, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32/UE, non può essere trattenuto per un motivo diverso da quelli previsti all’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2013/33/UE (CGUE, Quarta Sezione, VL, causa C-36/20 PPU, sentenza del 25 giugno 2020).
Occorre precisare che l ‘art. 8, paragrafo 3, della direttiva 2013/13 stabilisce quanto segue: «3. Un richiedente può essere trattenuto
soltanto: … d) quando la persona è trattenuta nell’ambito di una procedura di rimpatrio ai sensi della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, al fine di preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento e lo Stato membro interessato può comprovare, in base a criteri obiettivi, tra cui il fatto che la persona in questione abb ia già avuto l’opportunità di accedere alla procedura di asilo, che vi sono fondati motivi per ritenere che la persona abbia manifestato la volontà di presentare la domanda di protezione internazionale al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione della decisione di rimpatrio …» , con la precisazione che i motivi di trattenimento sono specificati nel diritto nazionale.
In motivazione, la Corte di giustizia ha evidenziato che, come si evince dall’espressione «autorità competente a norma del diritto nazionale» , che figura all’articolo 6, par. 1, della direttiva 2013/32/UE, quest’ultima lascia agli Stati membri il compito di designare l’autorità competente a registrare le domande di protezione internazionale. Invece, nella parte in cui fa riferimento alla nozione di «altre autorità preposte a ricevere tali domande ma non competenti per la registrazione a norma del diritto nazionale» , la direttiva non rinvia assolutamente al diritto nazionale e non impone quindi agli Stati membri di designare tali altre autorità. Dal tenore letterale di tale disposizione risulta chiaramente che il legislatore dell’Unione ha inteso accogliere una concezione ampia delle autorità che, senza essere competenti a registrare domande di protezione internazionale, possono tuttavia ricevere queste stesse domande. Infatti, la scelta dell’aggettivo ‘altre’ dimostra la volontà di optare per una definizione aperta del perimetro delle autorità che possono ricevere domande di protezione internazionale. L’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, di
tale direttiva conferma peraltro detta accezione estensiva imponendo a tutte le autorità che siano soltanto preposte a ricevere domande di protezione internazionale di riceverle effettivamente quando sono presentate.
Pertanto, ad opinione della Corte di giustizia, giacché è plausibile che un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare presenti una domanda di protezione internazionale a un’autorità giurisdizionale chiamata a pronunciarsi su una domanda di trattenimento presentata dalle autorità nazionali, in particolare ai fini del suo respingimento, si deve ritenere che la nozione di ‘altra autorità’, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32/UE, includa un siffatto giudice, aggiungendo che non si può trarre argomento dal fatto che l’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2013/32 /UE menzioni, nell’ambito delle autorità che possono ricevere le domande di protezione internazionale, soltanto la polizia, le guardie di frontiera, le autorità competenti per l’immigrazione e il personale dei centri di trattenimento, poiché tale elencazione è chiaramente non esaustiva. Anzi, il fatto che l’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32/UE non indichi la natura, giurisdizionale o amministrativa, che tali altre autorità devono rivestire, costituisce un indizio della volontà del legislatore dell’Unione di ricomprendere, con la scelta di tale nozione, una pluralità di autorità, eventualmente giurisdizionali, e non solo amministrative.
Tale soluzione è, per la Corte di giustizia, avvalorata da un’interpretazione contestuale, poiché uno degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2013/32/UE è quello di garantire un accesso effettivo, ossia un accesso più facile possibile, alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale, come risulta in particolare dai considerando 8, 20, 25 e 26 di tale direttiva. Al fine di garantire un siffatto accesso, l’articolo 6, par. 2, di detta direttiva menziona l’obbligo
per gli Stati membri di provvedere affinché chiunque abbia presentato una domanda di protezione internazionale abbia un’ «effettiva possibilità di inoltrarla quanto prima» . Inoltre, tale interpretazione discende anche dal considerando 25 della medesima direttiva, secondo cui un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare dovrebbe disporre di sufficienti garanzie procedurali per far valere i propri diritti in ciascuna fase della procedura: in procedimenti assai rapidi, nei quali, da un lato, la decisione di allontanamento è emanata entro le 24 ore successive all’arrivo del cittadino di un paese terzo in situazione irregolare e, dall’altro, tale cittadino è ascoltato da un giudice istruttore il giorno successivo, detta audizione, che si svolge in presenza di un avvocato e di un interprete che parla una lingua compresa dall’interessato, costituisce il momento opportuno per presentare una domanda di protezione internazionale. Detta audizione può anche rappresentare, in funzione delle circostanze, la prima occasione di avvalersi del diritto di presentare una siffatta domanda. In circostanze come quelle appena evidenziate, in sintesi, vietare a un’autorità giurisdizionale di ricevere domande di protezione internazionale ostacolerebbe la realizzazione dell’obiettivo di garantire l’accesso effettivo alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale.
La giurisprudenza ha esaminato estesamente il tema degli effetti della manifestazione della volontà di richiedere la protezione internazionale nel corso dell’udienza di convalida del trattenimento disposto ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n. 28 del 1998 .
9.1. Guardando alla disciplina normativa di tale procedimento, occorre richiamare il disposto dell’ art. 6 d.lgs. n. 142 del 2015, nel testo vigente ratione temporis , il quale, al comma 2, individua i casi in cui è consentito il trattenimento del richiedente la protezione internazionale, aggiungendo al comma 3, che «Al di fuori delle ipotesi
di cui al comma 2, il richiedente che si trova in un centro di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in attesa dell’esecuzione di un provvedimento di respingimento o di espulsione ai sensi degli articoli 10, 13 e 14 del medesimo decreto legislativo, rimane nel centro quando vi sono fondati motivi per ritenere che la domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione del respingimento o dell ‘ espulsione.»
Il successivo comma 5 dello stesso articolo, nell’ultimo periodo, sempre nel testo vigente ratione temporis , precisa che «Quando il trattenimento è già in corso al momento della presentazione della domanda, i termini previsti dall’articolo 14, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si sospendono e il questore trasmette gli atti al tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea per la convalida del trattenimento per un periodo massimo di ulteriori sessanta giorni, per consentire l’espletamento della procedura di esame della domanda.»
9.2. In argomento, fondamentale rilievo assume la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 212/2023 (Corte cost., Sentenza n. 212 del 04/12/2023).
Con tale pronuncia, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità dell ‘ art. 6, comma 5, d.lgs. n. 142 del 2015, in riferimento all ‘ art. 13 Cost., nella parte in cui tale norma (richiamando la disciplina dell’art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998 per la convalida del provvedimento che, ai sensi dell’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 142 del 2015, dispone il trattenimento del soggetto richiedente già trattenuto) non prevede che il termine di quarantotto ore per investire l’autorità giudiziaria del controllo sul provvedimento di trattenimento decorra dall’acquisizione della qualità di richiedente
asilo in capo al trattenuto, ma dal l’adozione del decreto di trattenimento del Questore.
Tuttavia, n ell’adottare tale statuizione, la menzionata Corte ha svolto una serie di considerazioni, in merito all’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015, di cui si deve necessariamente tenere conto.
La Corte costituzionale ha, infatti, chiarito che l’ultimo periodo dell’art. 6, comma 5, si premura, di stabilire che i termini di restrizione della libertà personale dello straniero previsti dall’art. 14, comma 5, d.lgs. n. 286/1998 (e, dunque, effetto di un primo provvedimento dell’autorità di pubblica sicurezza già convalidato) sono sospesi, e non caducati, fino a quando non sopraggiunga la decisione sulla ulteriore convalida, che ne può permettere la protrazione per un massimo di altri sessanta giorni.
In particolare, la Corte ha affermato che «Il giudice al quale spetti la competenza a verificare la sussistenza o la persistenza di un legittimo titolo restrittivo della libertà personale dello straniero già trattenuto non può, pertanto, che confrontarsi con tale previsione normativa, con la quale il legislatore ha inteso disciplinare lo status libertatis nel tempo che intercorre tra la presentazione della domanda di protezione internazionale e il preliminare esame di essa da parte dell’autorità amministrativa, quanto alla eventuale protrazione, nei casi indicati dalla legge, del restringimento in corso. Se, infatti, da un lato la norma non permette all’autorità giudiziaria di rilevare la carenza del titolo restrittivo per tale periodo (che nella prassi può durare a lungo, sebbene ciò non sia accaduto nel caso oggetto del giudizio principale), dall’altro lato resta integro il potere del giudice non certo di disapplicarla (come accadrebbe se, nonostante tale previsione, si ritenesse cessata l’efficacia del primo provvedimento restrittivo, a seguito della presentazione della domanda di protezione internazionale), ma, invece, di valutarla, nei limiti delle proprie
competenze, con riferimento al fascio delle garanzie assicurate dall’art. 13 Cost., e, in particolare, alla regola che impone alla legge di determinare i termini massimi dei trattenimenti disposti in via preventiva, allo scopo di evitare che essi si prolunghino indefinitamente, anche a causa di prassi applicative distorte.» .
Ne consegue che, nel caso in cui il cittadino straniero legittimamente sottoposto a trattenimento ex art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998 manifesti la volontà di richiedere la protezione internazionale, il Questore, ove ravvisi che la domanda sia stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione del respingimento o dell’espulsione, deve adottare uno specifico provvedimento di trattenimento ex art. 6, commi 3 e 5, d.lgs. n. 142 del 2015, che si pone in diretta continuità con il precedente provvedimento restrittivo convalidato dal Giudice di pace ex art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998, la cui legittimità ed efficacia non cessa, essendone solo sospesi i termini a decorrere dalla data di adozione del nuovo provvedimento di trattenimento, emesso dal Questore sulla base delle condizioni di legge stabilite dall’art. 6 d.lgs. n. 142 del 2015, che deve essere trasmesso al Tribunale sede della sezione specializzata per la convalida.
9.3. All’esito d i tale sentenza della Corte costituzionale, questa Corte ha esaminato alcuni procedimenti in cui, nel corso dell’udienza di convalida, il cittadino straniero ha manifestato la volontà di richiedere la protezione internazionale e, convalidato il trattenimento ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998, è seguita la formalizzazione di detta domanda davanti al Questore, il quale ha, poi, disposto il trattenimento ai sensi dell’art. 6 d.lgs. n. 142 del 2015, convalidato dal Tribunale nelle successive 48 ore.
La materia del contendere ha riguardato l’impugnazione de lla convalida del secondo decreto di trattenimento, disposto ai sensi dell’art. 6 d.lgs. n. 142 del 2015 dopo l’adozione del primo
provvedimento di trattenimento ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998, a seguito della effettiva registrazione della domanda.
In tali controversie, questa Corte, respingendo l’impugnazione della convalida di quest’ultimo decreto di trattenimento adottato ai sensi dell’art. 6 d.lgs. n. 142 del 2015, ha affermato i seguenti principi di diritto:
A) L’art. 6 , comma 5, d.lgs. n.142 del 2015, nello stabilire che i termini di restrizione della libertà personale dello straniero previsti dall’art. 14, comma 5, d .lgs. n. 142 del 2015, effetto di un primo provvedimento dell’autorità di pubblica sicurezza già convalidato, sono sospesi nel caso in cui la persona trattenuta presenti domanda di asilo, va intrepretato nel senso che la privazione della libertà personale non resta priva di titolo fino al momento in cui il Questore, dopo avere registrato la domanda, adotti un nuovo provvedimento di trattenimento ai sensi dell’art. 6 , comma 3, d.lgs. n. 142 del 2015, purché il nuovo provvedimento di trattenimento venga trasmesso al giudice competente per la convalida entro 48 ore dalla sua adozione e convalidato nelle successive 48 ore, ferma restando la insuperabilità dei termini massimi di durata della misura previsti dalla legge;
B) L’art. 6, commi 3 e 5, d.lgs. n. 142 del 2015 non è in contrasto con il quadro normativo eurounitario di riferimento e segnatamente con l’art. 8 della direttiva 2013/33/UE, trattandosi di norma che consente il trattenimento del richiedente asilo secondario, in conformità con quanto previsto dall’art. 8 , comma 3, lett. d), di detta direttiva, e finalizzata ad assicurare il diritto-dovere dello Stato di valutare la domanda di asilo, al fine di provare che vi sono fondati motivi per ritenere che lo straniero ha manifestato la volontà di presentare la domanda di protezione internazionale al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione della decisione di rimpatrio (così Cass., Sez. 1, Sentenza n. 32763 del 16/12/2024; v. già Cass., Sez. 1, Ordinanza n.
3874 del 12/02/2024; nello stesso senso Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 9306 del 09/04/2025).
In tali decisioni, la S.C. ha spiegato che la manifestazione della volontà di richiedere la protezione internazionale fa sorgere l ‘ obbligo della amministrazione di registrarla (entro i termini previsti dall ‘ art. 26, comma 2 bis, d.lgs. n. 25 del 2008) e di valutarla, per verificare se può considerarsi strumentale ad evitare l ‘ espulsione o il respingimento. In tal caso, il Questore deve adottare un nuovo provvedimento di trattenimento da inviare entro 48 ore per la convalida alle sezioni specializzata del Tribunale (secondo la legislazione ratione temporis vigente) ed è nel momento in cui viene adottato il nuovo provvedimento di trattenimento che avviene il cd. mutamento del titolo, da trattenimento in attesa di espulsione in trattenimento in attesa di esame della richiesta di asilo ritenuta strumentale dal Questore, provvedimento che deve essere convalidato entro il termine di 48 ore (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 32763 del 16/12/2024).
In sintesi, solo la registrazione della domanda determina uno spostamento della competenza per la convalida del trattenimento, che viene disposto non più ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998 ma dell’art. 6 d.lgs. n. 142 del 2015 , tant’è che il termine di 48 ore per la convalida del secondo trattenimento disposto dal Questore non decorre dalla manifestazione di volontà del ricorrente di richiedere la protezione internazionale, ma dall’adozione del suddetto secondo provvedimento restrittivo (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 32763 del 16/12/2024; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 36522 del 29/12/2023).
È vero che il richiedente asilo deve considerarsi tale nel momento in cui manifesta detta volontà ma, nel periodo compreso tra la presentazione e la registrazione della domanda, lo straniero non è trattenuto “solo” in ragione della richiesta di asilo, non essendo egli un richiedente primario (che presenta la domanda in stato di libertà), e la
sua domanda deve essere formalizzata per poter essere valutata come presentata da persona già (legittimamente) trattenuta in conseguenza di provvedimento di espulsione o respingimento, come consentito dall’art. 8 della direttiva 2013/33/UE.
9.4. Tale principio è stato applicato anche al caso di presentazione della domanda di protezione internazionale dopo la convalida del primo trattenimento disposto ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998, seguita dall’adozione , del nuovo decreto di trattenimento ai sensi dell’art. 6 d.lgs. n. 142 del 2015, convalidato dal Tribunale (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 32765 del 16/12/2024; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 35190 del 31/12/2024).
Il percorso interpretativo appena illustrato trova fondamento nelle disposizioni normative previste dall’art. 6, commi 3 e 5, d.l gs. n. 142 del 2015, che espressamente si interessano del rapporto tra il trattenimento disposto ai sensi dell’art. 13 d.lgs. n. 286 del 1998 e trattenimento consentito, entro limiti normativi ben determinati, dall’art. 6 d.lgs. n. 142 del 2015.
La sospensione dei termini di durata del trattenimento convalidato dal Giudice di Pace, stabilita dall’art. 6, comma 5, d.lgs. n. 142 del 2015, consente al Questore di disporre nuovamente il trattenimento a seguito della presentazione della domanda di protezione internazionale che, se convalidato, fa proseguire l’esecuzione della misura ma in virtù di un nuovo titolo.
C ome sopra evidenziato, a seguito dell’adozione del provvedimento di acc ompagnamento alla frontiera, ai sensi dell’art. 13, comma 5 bis , d.lgs. n. 28 del 1998, il cittadino si trova in una condizione di trattenimento, ma non vi è una previsione normativa analoga al disposto dell’art. 6, comma 5, d.lgs. n. 142 del 1998 , sicché, una volta convalidato, il provvedimento di accompagnamento è immediatamente eseguibile per mezzo del rimpatrio forzato.
12. Occorre, dunque, valutare all’esito d ella discussione in pubblica udienza gli effetti della manifestazione della volontà di richiedere la protezione internazionale (nella specie formulata dal difensore della parte) nel corso dell’udienza di convalida dell’accompagnamento disposto ai sensi dell’art. 13 d.lgs. n. 286 del 1998 .
In primo luogo, occorre tenere conto che la Corte di giustizia dell’Unione europea , con la decisione sopra illustrata ha stabilito che è compito del giudice avanti al quale è manifestata la volontà di presentare la domanda di protezione internazionale, quale autorità preposta alla ricezione (ma non alla registrazione) della domanda, trasmettere il fascicolo all’autorità competente ai fini della registrazione della stessa, verificando se l’omissione di tale adempimento abbia una quale incidenza sulla convalida del provvedimento di accompagnamento alla frontiera adottato ai sensi dell’art. 13 d.lgs. n. 286 del 1998.
Occorre, inoltre, considerare che, comunque, ove si ritenesse che le norme in vigore ratione temporis non consentano di attribuire a tale manifestazione di volontà alcuna incidenza sulla convalida dell’accompagnamento alla frontiera, il provvedimento di espulsione (o respingimento), a seguito della convalida, diventa eseguibile immediatamente mediante rimpatrio forzato, anche prima del decorso dei termini per la formalizzazione della domanda, con una possibile compressione del diritto del cittadino straniero di restare nel territorio italiano, anche se trattenuto, durante il tempo dell’esame della domanda di protezione internazionale, ove si tratti di casi in cui tale diritto sussiste, tenuto conto del disposto de ll’ art. 7, commi 1 e 2, d.lgs. n. 25 del 2008.
Per altro verso, occorre valutare se la mera manifestazione della volontà di presentare la domanda di protezione internazionale in sede di udienza di convalida sia tale da integrare, in sé, una causa impeditiva
dell ‘esecuzione del provvedimento di respingimento o di espulsione, e dunque della convalida del decreto di accompagnamento alla frontiera, poiché, come appena evidenziato, il diritto di restare nel territorio nazionale non opera sempre, non applicandosi alle ipotesi previste dall’art. 7, comma 2, d.lgs. n. 142 del 2015, con la conseguenza che l’ accertamento dei presupposti per ritenere sussistente il diritto di restare nel territorio italiano presuppone l’esame del contenuto della domanda e, dunque, la sua formalizzazione presso gli Uffici della Questura.
Con riguardo a quest’ultimo quesito , occorre, in sintesi, verificare se, ed entro che limiti, dettati dalla natura del procedimento e dell’onere di allegazione e di prova delle parti, è consentito al giudice della convalida del l’accompagnamento alla frontiera ai sensi dell’art. 13 d.lgs. n. 286 del 1998 verificare la sussistenza dei presupposti per ritenere esistente il diritto di rimanere nel territorio italiano, a seguito della manifestazione della volontà di presentare la domanda di protezione internazionale.
Deve, pertanto, disporsi il rinvio del presente procedimento a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.
P.Q.M.
La Corte
dispone il rinvio a nuovo ruolo per la trattazione della causa in pubblica udienza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile