Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8738 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8738 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1964/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO e QUESTURA DI TORINO
– intimati
–
avverso il decreto del Giudice di pace di RAGIONE_SOCIALE in R.G. n. 11176/2022 depositato il 2/9/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME, sbarcato presso l’isola di Lampedusa il 28 agosto 2022, era destinatario di un decreto di respingimento adottato dal Questore di Agrigento in data 31 agosto 2022, eseguito con trattenimento presso il C.P.R. di RAGIONE_SOCIALE.
Il Giudice di pace di RAGIONE_SOCIALE convalidava il provvedimento di trattenimento, osservando, in particolare, che dal foglio notizie
allegato in atti risultava che lo straniero era venuto in Italia per trovare lavoro e non aveva richiesto la protezione internazionale; escludeva, inoltre, che l’espulsione fosse collettiva, essendo stata valutata singolarmente la situazione personale del trattenuto.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione di tale decreto, adottato in data 2 settembre 2022, articolando due motivi di censura.
Il Ministero dell’RAGIONE_SOCIALE e il Questore della Provincia di RAGIONE_SOCIALE non hanno svolto difese.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Considerato che:
Il primo motivo del ricorso n. 1025/2023, sotto la rubrica ‘ violazione dell’art. 360, n. 3), c.p.c. in relazione agli artt. 10, c. 4, 10-ter, D. Lgs. 286/98, 8, Direttiva 2013/32/UE -manifesta illegittimità del decreto di respingimento presupposto -mancata informativa in merito alla possibilità di richiedere la protezione internazionale ‘, assume che il giudice di pace abbia erroneamente ritenuto che la mancata manifestazione della volontà di chiedere asilo al momento dello sbarco avesse sanato l’omessa informativa in materia di protezione internazionale, quando invece tale informazione costituiva un adempimento preliminare ed essenziale all’adeguata raccolta delle informazioni dallo straniero e un onere imprescindibile ai fini di garantire la regolarità della procedura e l’effettività dei suoi diritti.
Il motivo è fondato.
4.1 L’art. 8 della direttiva 2013/32/UE del 26 giugno 2013 prevede che ‘ qualora vi siano indicazioni che cittadini di paesi terzi o apolidi tenuti in centri di trattenimento o presenti ai valichi di frontiera, comprese le zone di transito alle frontiere esterne, desiderino presentare una domanda di protezione internazionale, gli Stati membri forniscono loro informazioni sulla possibilità di farlo. In tali
centri di trattenimento e ai valichi di frontiera gli Stati membri garantiscono servizi di interpretazione nella misura necessaria per agevolare l’accesso alla procedura di asilo ‘.
L’art. 1, comma 2, del decreto legislativo
seguito dell’entrata in vigore degli artt. 1, comma 2, e 3 d. lgs. 142/2015 (di attuazione della Direttiva del Consiglio CEE 26/06/2013 num. 32 art. 8) va perciò adeguata all’evoluzione normativa nel frattempo intervenuta, dovendosi affermare competenti hanno il dovere di fornire, ai sensi dell’
le autorità informazioni sulla
; ciò a pena di nullità dei conseguenti decreti di respingimento e trattenimento, posto che questa attività è funzionale ad assicurare il diritto del migrante di ottenere informazioni sufficienti a consentire di avere un accesso effettivo alle procedure di asilo, dato che proprio la mancanza di informazioni costituisce uno dei principali ostacoli all’accesso a tali procedure (cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 23 febbraio 2012, ric. n. 27765/09 NOME ed altri c. Italia, § 204). Il provvedimento impugnato non è coerente con i principi appena illustrati, perché, là dove ritiene che la rappresentazione, da parte del migrante, della volontà di trovare lavoro in Italia abbia esentato le autorità competenti dall’obbligo
In altri termini, nella prospettiva delineata dal quadro normativo sopra delineato non è concludente quanto osservato dal giudice di pace nell’ordinanza impugnata, sia perché è irrilevante che nel foglio notizie si prospetti una ragione di espatrio (quella per motivi di lavoro) diversa da quella dell’asilo, giacché il citato art. 10 -ter , comma 1, impone comunque di fornire l’informativa quanto alla procedura di protezione internazionale, sia perché tale prescrizione obbedisce a una logica ben precisa, non potendosi escludere che chi sia alla ricerca di un’occupazione in Italia si trovi nella condizione che la legge valorizza ai fini del riconoscimento del diritto di asilo (il che spiega l’esigenza di rimuovere l’ostacolo costituito dalla mancata conoscenza della procedura attraverso cui conseguire il pertinente titolo di soggiorno).
Ancora più inconsistente è il rilievo fondato sulla mancata
proposizione della domanda di protezione internazionale; tale evenienza non può, difatti, mai giustificare la reticenza dell’amministrazione quanto ai ragguagli di cui al citato art. 10 ter , comma 1: e ciò in quanto, proprio in base a detta norma, la scelta dello straniero di non proporre domanda di protezione internazionale deve essere una scelta informata (supportata, quindi, dall’acquisita cognizione sia dell’esistenza di un diritto di as ilo riconosciuto dall’ordinamento italiano, sia degli strumenti pro cedimentali attraverso cui tale diritto riceve concreta tutela).
4.3 Non vi dubbio, poi, che una simile nullità del decreto di respingimento potesse essere rilevata, ove fosse stata manifesta, anche in sede di convalida del trattenimento.
Invero, il sindacato giurisdizionale nel giudizio di convalida del decreto di trattenimento di un cittadino straniero presso un centro di identificazione ed espulsione, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 14 d. lgs. 286/1998, in relazione all’art. 5, par. 1, CEDU (che consente la detenzione di una persona, a fini di espulsione, a condizione che la procedura sia ‘regolare’), involge incidentalmente, ai fini della decisione da assumere, anche la «manifesta illegittimit à̀ » del provvedimento di espulsione o respingimento (si vedano in questo senso, ex multis , Cass. 18404/2023, Cass. 18128/2022, Cass. 7829/2019, Cass. 5750/2017, Cass. 24415/2015).
L’ordinanza di convalida del giudice di pace, pertanto, risulta viziata a causa dell’errore di diritto rappresentato dall’aver la stessa trascurato il valore precettivo della richiamata disciplina circa l’informativa sulla procedura della protezione internazionale, che il giudice ha escluso definendo in diritto -in maniera errata, come detto -la questione sollevata dalla difesa del trattenuto.
Infatti, poiché l’avvenuta presentazione di una domanda di protezione internazionale è ostativa al respingimento, quest’ultimo è illegittimo, in quanto disposto senza il rispetto di tale preventivo
dovere d’informazione, che ostacola di fatto il tempestivo esercizio del diritto a richiedere la protezione internazionale; tale illegittimità si riverberera anche sul conseguente provvedimento di trattenimento, inficiandolo a sua volta (cfr. Cass. 5926/2015, in motivazione).
Il primo motivo di ricorso avverso il primo provvedimento di convalida dev’essere, dunque, accolto.
Ne consegue l’assorbimento del secondo motivo di ricorso (con cui è stata lamentata la violazione degli artt. 10, comma 4, e 10ter , d. lgs. 286/98 8 direttiva 2013/32/UE e 4, protocollo 4, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, perché il giudice di merito ha erroneamente escluso la natura seriale del respingimento adottato nei confronti del NOME insieme agli altri connazionali con lui sbarcati), su cui è oramai superfluo provvedere.
Il provvedimento impugnato deve essere cassato.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, è possibile decidere la causa nel merito, ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ., non convalidando il trattenimento, stante l’intervenuta scadenza del termine perentorio per disporre la convalida previsto dal disposto dell’art. 14, comma 4, d. lgs. 286/1998.
Poiché il ricorrente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato (ai sensi degli artt. 14, comma 5, d. lgs. 286/1998 e 6, comma 5, d. lgs. 142/2015) in un giudizio in cui è parte soccombente un’amministrazione statale, non vi è luogo alla regolazione delle spese.
Qualora la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato sia vittoriosa in una controversia civile promossa contro un’amministrazione statale, infatti, il compenso e le spese spettanti al difensore vanno liquidati ai sensi dell’art. 82 d.P.R. n. 115/2002 , ovvero con istanza rivolta al giudice del procedimento, e più precisamente, ai sensi del successivo art. 83, comma 2, nel caso di giudizio di cassazione, al giudice che ha pronunciato la sentenza
passata in giudicato, ovvero, in ipotesi di cassazione senza rinvio, al giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (v. Cass. 11028/2009, Cass. 23007/2010, rese in fattispecie di cassazione con decisione nel merito).
L’art. 133 del medesimo d.P.R. n. 115, a norma del quale la condanna alle spese della parte soccombente non ammessa al patrocinio va disposta in favore dello Stato, non può, invero, riferirsi all’ipotesi di soccombenza di un’amministrazione statale (Cass. 18583/2012, Cass. 22882/2018, Cass. 30876/2018, Cass. 19299/2021, Cass., Sez. U., 24413/2021).
Le spese processuali, relative al giudizio sia di merito che di legittimità, andranno, pertanto, liquidate dal giudice di merito che ha emesso il provvedimento qui impugnato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa il decreto di convalida del Giudice di pace di RAGIONE_SOCIALE del 2 settembre 2022 e, decidendo nel merito, non convalida il decreto di trattenimento.
Così deciso in Roma in data 21 dicembre 2023.