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Protezione internazionale: la richiesta di sospensione

La Corte di Cassazione chiarisce che la presentazione di un’istanza cautelare contro un rigetto di protezione internazionale per ‘manifesta infondatezza’ sospende automaticamente l’efficacia del provvedimento di allontanamento fino alla decisione del giudice sulla sospensione stessa. Un richiedente asilo aveva impugnato il diniego della Commissione territoriale, chiedendo la sospensione. Nonostante ciò, il Questore ne disponeva l’accompagnamento coattivo, convalidato dal Giudice di pace. La Suprema Corte ha annullato tale convalida, affermando che, in assenza di una decisione sull’istanza cautelare, il provvedimento di rigetto doveva considerarsi temporaneamente sospeso, tutelando così il diritto di difesa del richiedente.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Protezione Internazionale: Quando la Richiesta di Sospensione Ferma l’Espulsione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nell’ambito della protezione internazionale: cosa accade quando un richiedente asilo si vede respingere la domanda per ‘manifesta infondatezza’ e, impugnando la decisione, chiede al giudice di sospenderne l’efficacia? La semplice presentazione di questa richiesta è sufficiente a bloccare temporaneamente l’allontanamento forzato? La risposta della Suprema Corte è affermativa e stabilisce un importante principio a tutela del diritto di difesa.

I Fatti del Caso

Un cittadino straniero si era visto rigettare dalla Commissione Territoriale la propria domanda di protezione internazionale perché ritenuta ‘manifestamente infondata’, essendo proveniente da un Paese di origine considerato sicuro. Prontamente, lo straniero aveva proposto ricorso al Tribunale competente, depositando contestualmente un’istanza cautelare per chiedere la sospensione dell’esecutività del provvedimento di diniego.

Nonostante la pendenza del ricorso e dell’istanza cautelare, e in assenza di una decisione del Tribunale in merito, le autorità di polizia lo fermavano e, verificata l’assenza di un ordine formale di sospensione, lo trattenevano in un centro di permanenza per il rimpatrio. Successivamente, il Questore emetteva un decreto di accompagnamento alla frontiera, che veniva convalidato dal Giudice di pace.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del cittadino straniero, annullando il provvedimento di convalida dell’accompagnamento alla frontiera. Il nodo centrale della questione era stabilire se, nel lasso di tempo tra la presentazione dell’istanza cautelare e la decisione del giudice su di essa, il provvedimento di rigetto della protezione internazionale dovesse considerarsi sospeso o meno.

La Corte ha stabilito che la tempestiva proposizione dell’istanza cautelare comporta la sospensione del provvedimento impugnato fino a quando il Tribunale non si pronuncia sull’istanza stessa. Di conseguenza, l’ordine di accompagnamento alla frontiera e la sua successiva convalida erano illegittimi, poiché emessi in un momento in cui l’efficacia esecutiva del diniego era sospesa.

Le Motivazioni

La Suprema Corte fonda la sua decisione su un’attenta interpretazione dell’articolo 35-bis del D.Lgs. 25/2008. La legge prevede che, di regola, l’impugnazione di un diniego di protezione sospenda automaticamente l’espulsione. Esistono però delle eccezioni a questa regola, tra cui proprio il caso di rigetto per manifesta infondatezza. In queste ipotesi, l’efficacia esecutiva non è sospesa in automatico, ma il richiedente può chiedere al giudice una sospensione cautelare per gravi motivi.

Il punto cruciale, secondo la Corte, risiede nell’analisi del comma 5 dello stesso articolo. Questa norma elenca specifici casi in cui neanche la presentazione dell’istanza cautelare produce un effetto sospensivo (ad esempio, in caso di domande reiterate). La Corte osserva che il rigetto per manifesta infondatezza non è incluso in questo elenco di ‘esclusioni’.

Da questo ‘silenzio’ della legge, la Corte desume, con un ragionamento logico-sistematico, che in tutti gli altri casi (incluso quello in esame) la presentazione dell’istanza cautelare deve necessariamente produrre un effetto sospensivo temporaneo. In caso contrario, si verificherebbe una palese violazione del diritto di difesa: il richiedente potrebbe essere allontanato dal territorio nazionale prima ancora che il giudice abbia avuto la possibilità di valutare la sua richiesta di sospensione, vanificando di fatto la tutela cautelare prevista dalla legge.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela giurisdizionale dei richiedenti protezione internazionale. Stabilisce un principio chiaro: la presentazione di un’istanza di sospensione contro un rigetto per manifesta infondatezza agisce come uno ‘scudo’ temporaneo, impedendo l’esecuzione di misure di allontanamento coattivo fino a quando un giudice non abbia esaminato e deciso nel merito della richiesta cautelare. Si tratta di una garanzia fondamentale per assicurare che il diritto del richiedente a un ricorso effettivo non venga svuotato di contenuto.

L’impugnazione di un rigetto di protezione internazionale sospende sempre l’espulsione?
No, non sempre. Di norma, l’impugnazione ha effetto sospensivo automatico. Tuttavia, la legge prevede delle eccezioni, come nel caso in cui la domanda sia rigettata per ‘manifesta infondatezza’.

Cosa può fare un richiedente se la sua domanda è rigettata per ‘manifesta infondatezza’ per evitare l’espulsione immediata?
Può presentare al giudice, insieme al ricorso, un’apposita istanza cautelare chiedendo di sospendere l’efficacia del provvedimento di rigetto, adducendo gravi e circostanziate ragioni.

Qual è l’effetto della sola presentazione dell’istanza cautelare, prima che il giudice decida?
Secondo questa ordinanza, la semplice presentazione dell’istanza cautelare sospende temporaneamente l’esecutività del provvedimento di espulsione. Questa sospensione dura fino al momento in cui il giudice si pronuncia sull’istanza stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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