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Protezione internazionale: basta la PEC per fermare l’espulsione

La Corte di Cassazione ha stabilito che la semplice manifestazione di volontà di richiedere la protezione internazionale, anche se espressa tramite una PEC inviata dall’avvocato, è sufficiente a sospendere l’efficacia di un decreto di espulsione. Il caso riguardava un cittadino straniero che, dopo aver tentato più volte di formalizzare una domanda di asilo reiterata, si era visto notificare un provvedimento di allontanamento. La Corte ha cassato la decisione del Giudice di Pace, che non aveva considerato la richiesta inviata via PEC come un fatto decisivo, ribadendo che il diritto a rimanere sul territorio sussiste fino alla decisione sulla richiesta.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Protezione internazionale: la volontà espressa via PEC ferma l’espulsione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio fondamentale in materia di immigrazione: la semplice manifestazione della volontà di chiedere la protezione internazionale è sufficiente per garantire al richiedente il diritto di rimanere sul territorio italiano fino alla decisione, bloccando l’efficacia di un eventuale decreto di espulsione. Questa pronuncia chiarisce che anche una comunicazione informale, come una PEC inviata da un avvocato, costituisce un atto idoneo a far sorgere tale diritto.

I Fatti del Caso

Un cittadino straniero, la cui prima domanda di asilo era stata respinta anni prima, aveva tentato più volte di presentare una nuova istanza basata su nuovi elementi. Inizialmente, si era recato presso una Questura che, rilevando un domicilio in un’altra regione, lo aveva invitato a rivolgersi all’ufficio territorialmente competente. Dopo aver incontrato difficoltà nel farsi ricevere da quest’ultimo, si era trasferito e, tramite il proprio legale, aveva inviato una Posta Elettronica Certificata (PEC) a un’altra Questura per richiedere un appuntamento al fine di formalizzare la sua domanda reiterata di asilo.

Nonostante questa chiara manifestazione di volontà, diversi mesi dopo gli veniva notificato un decreto di espulsione emesso dalla Prefettura. Il cittadino impugnava il provvedimento davanti al Giudice di Pace, sostenendo l’illegittimità dell’espulsione proprio perché aveva già manifestato l’intenzione di chiedere asilo. Tuttavia, il Giudice di Pace rigettava il ricorso, ritenendo decisiva la mancata formalizzazione della domanda.

L’importanza della manifestazione di volontà per la protezione internazionale

Il caso è quindi giunto all’attenzione della Corte di Cassazione. Il ricorrente ha lamentato che il Giudice di Pace avesse completamente ignorato un fatto decisivo: la PEC inviata dal suo avvocato mesi prima del decreto di espulsione. Tale comunicazione, secondo la difesa, provava in modo inequivocabile la sua volontà di avviare la procedura per il riconoscimento della protezione internazionale.

La Suprema Corte ha accolto pienamente questa tesi. I giudici hanno chiarito che, secondo la normativa nazionale ed europea, è ‘richiedente protezione internazionale’ chiunque abbia manifestato la volontà di chiedere tale protezione, non solo chi ha già presentato una domanda formale. Di conseguenza, l’amministrazione ha il dovere di ricevere tale manifestazione di volontà e di astenersi da qualsiasi atto, come l’espulsione, che possa impedire il corso della procedura.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha sottolineato come il Giudice di Pace abbia errato nel non attribuire il giusto peso alla PEC del 14/09/2022. Questo documento non era un mero dettaglio, ma la prova cruciale che il cittadino straniero, ben prima di ricevere il decreto di espulsione, aveva attivato i canali istituzionali per formalizzare la sua richiesta. Ignorare tale circostanza ha viziato la decisione di primo grado.

Citando propri precedenti, la Cassazione ha ribadito che il diritto di rimanere sul territorio dello Stato sussiste anche nel caso di una domanda reiterata. Un provvedimento di espulsione non può essere legittimamente emesso in pendenza di una domanda di concessione della protezione internazionale, finché la Commissione territoriale non si sia pronunciata. Il giudice di merito avrebbe dovuto, quindi, considerare la manifestazione di volontà come un atto idoneo a sospendere l’efficacia del decreto di espulsione, in attesa della definizione del procedimento di asilo.

Conclusioni

La decisione in commento ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, rafforza la tutela dei richiedenti asilo, stabilendo che la loro volontà, una volta espressa, deve essere rispettata dall’amministrazione, indipendentemente dalle lungaggini burocratiche per la formalizzazione della domanda. In secondo luogo, chiarisce che qualsiasi forma di comunicazione tracciabile, inclusa una PEC, è uno strumento valido per manifestare tale intenzione. Infine, vincola i giudici di merito a considerare attentamente tutte le prove che dimostrino i tentativi del richiedente di accedere alla procedura, valutando la condotta degli uffici amministrativi che potrebbero aver ostacolato tale accesso. La Corte ha quindi cassato con rinvio la decisione, ordinando a un nuovo giudice di riesaminare il caso alla luce di questi principi.

Per bloccare un’espulsione è necessario aver già depositato formalmente la domanda di asilo?
No, secondo la Corte di Cassazione è sufficiente aver manifestato in modo chiaro la volontà di chiedere la protezione internazionale. Tale manifestazione di volontà fa sorgere il diritto di rimanere sul territorio nazionale fino alla decisione sulla richiesta.

Una PEC inviata dall’avvocato per chiedere un appuntamento in Questura è considerata una valida manifestazione di volontà?
Sì, la Corte ha stabilito che una comunicazione via PEC, in cui si chiede un appuntamento per formalizzare la domanda di asilo, è una circostanza decisiva che prova l’intenzione del richiedente e che deve essere presa in considerazione dal giudice.

Un decreto di espulsione può essere emesso se una persona ha già presentato una domanda di asilo (anche reiterata) che non è stata ancora esaminata?
No, il provvedimento di espulsione non può essere legittimamente emesso in pendenza di una domanda, anche se reiterata, di concessione della protezione internazionale. Il diritto del richiedente a rimanere in Italia è tutelato fino a quando la Commissione competente non abbia deciso sulla sua istanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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