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Protezione internazionale: basta la PEC per fermare l’espulsione

Un cittadino straniero, dopo aver ricevuto un decreto di espulsione, ha manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale tramite PEC. La Corte di Cassazione ha stabilito che questa semplice manifestazione di volontà, anche se non immediatamente formalizzata, è sufficiente a sospendere l’efficacia del provvedimento di espulsione. La decisione del Giudice di Pace, che aveva rigettato l’opposizione, è stata annullata perché errata, in quanto non ha distinto tra la presentazione della domanda e la sua successiva registrazione formale.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Protezione Internazionale: la Richiesta via PEC Sospende l’Espulsione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale in materia di immigrazione: la semplice manifestazione della volontà di chiedere protezione internazionale, anche se comunicata tramite Posta Elettronica Certificata (PEC), è sufficiente a sospendere l’efficacia di un decreto di espulsione. Questa decisione chiarisce la distinzione cruciale tra la presentazione di una domanda e la sua successiva formalizzazione burocratica.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un cittadino straniero destinatario di un decreto di espulsione emesso nel dicembre 2021. Circa un mese dopo, nel gennaio 2022, lo straniero inviava una PEC alle autorità competenti, manifestando la sua intenzione di richiedere la protezione internazionale. Pochi giorni dopo, veniva emesso un secondo decreto di espulsione per la violazione dell’ordine di allontanamento precedente. Lo straniero si opponeva a entrambi i decreti davanti al Giudice di Pace.

La Decisione del Giudice di Pace

Il Giudice di Pace di Milano rigettava le opposizioni. La sua decisione si basava sulla constatazione che, nonostante la PEC inviata, lo straniero non aveva poi formalizzato la domanda di protezione recandosi fisicamente presso la Questura e compilando l’apposita modulistica. Secondo il giudice di merito, la sola PEC non era sufficiente a rendere inespellibile il cittadino straniero.

L’importanza della richiesta di protezione internazionale

Contro la decisione del Giudice di Pace, il cittadino straniero proponeva ricorso per cassazione. Il motivo del ricorso era centrato sulla violazione delle norme che regolano la presentazione della domanda di protezione internazionale. Il ricorrente sosteneva che la sua manifestazione di volontà, espressa chiaramente tramite PEC, doveva essere considerata valida e sufficiente a sospendere, e potenzialmente annullare, gli atti espulsivi, in attesa della definizione della sua richiesta di protezione. La legge, infatti, prevede che la volontà possa essere espressa anche in forma orale, e a maggior ragione tramite un mezzo formale come la PEC.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. I giudici hanno chiarito che la decisione del Giudice di Pace era errata perché non aveva correttamente distinto tra la ‘manifestazione della volontà’ di chiedere protezione e la successiva ‘formalizzazione’ della domanda.

Secondo la normativa vigente (in particolare il d.lgs. 142/2015), si è considerati ‘richiedenti protezione internazionale’ dal momento in cui si manifesta, in qualsiasi forma, tale volontà. L’invio di una PEC è una forma scritta e tracciabile che esprime in modo inequivocabile questa intenzione.

La Corte ha affermato che l’Amministrazione Pubblica ha il dovere di ricevere tale manifestazione di volontà e di avviare il procedimento, astenendosi da qualsiasi misura di espulsione. Il Giudice di Pace, quindi, non avrebbe dovuto rigettare l’opposizione, ma avrebbe dovuto sospendere l’efficacia del decreto di espulsione fino alla conclusione del procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale. Qualsiasi ritardo nella formalizzazione burocratica da parte delle autorità non può ricadere sul richiedente.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio di garanzia fondamentale per i richiedenti asilo. Stabilisce che il diritto a chiedere protezione e a non essere espulsi sorge nel momento stesso in cui la volontà viene espressa, indipendentemente dalle tempistiche burocratiche per la registrazione formale. L’utilizzo di strumenti moderni come la PEC è riconosciuto come un mezzo valido ed efficace per avviare tale procedura. La decisione impone alle autorità amministrative un obbligo di diligenza nel ricevere e processare le richieste, e ai giudici di merito di tutelare il richiedente sospendendo ogni provvedimento espulsivo pendente.

È sufficiente inviare una PEC per manifestare la volontà di chiedere protezione internazionale?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la manifestazione della volontà di chiedere protezione internazionale può essere espressa in qualsiasi forma, inclusa una comunicazione via PEC, e tale manifestazione è sufficiente per essere considerati ‘richiedenti’.

La presentazione di una domanda di protezione internazionale sospende un decreto di espulsione già emesso?
Sì. La Corte ha stabilito che il Giudice non deve rigettare l’opposizione al decreto di espulsione, ma deve sospenderne l’efficacia fino a quando la domanda di protezione internazionale non sia stata definita.

Quale obbligo ha l’Amministrazione Pubblica quando riceve una richiesta di protezione internazionale via PEC?
L’Amministrazione ha il dovere di ricevere la richiesta, inoltrarla alle autorità competenti per le determinazioni del caso (come la Questura), e astenersi dall’adottare misure di espulsione che possano impedire il corso della procedura di richiesta di protezione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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