Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26935 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26935 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21728/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in proprio e nella qualità di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO del foro di RAGIONE_SOCIALE, come da procura speciale a margine del ricorso, ed elettivamente domiciliati all’indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Stato ed elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO presso gli uffici della stessa Avvocatura;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 1022 depositata il 30 aprile 2019 e notificata il 14 giugno 2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 gennaio
2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Osserva in fatto e in diritto
Ritenuto che :
con ricorso depositato il 21.02.2018, dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, in proprio e quale legale rappresentante pro tempore di RAGIONE_SOCIALE, proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione n. 014100 -10 del 29.11.2017 con la quale l’RAGIONE_SOCIALE gli intimava il pagamento della sanzione amministrativa di euro 16.000,00 per la violazione dell’art. 19, primo comma del d.lgs n. 374 del 1990, per aver eseguito alcune costruzioni in prossimità della linea doganale nel Comune di Mattinata, località Punta Grugno, in assenza della prescritta autorizzazione dell’Autorità Dogale, eccependo il decorso del termine quinquennale di prescrizione decorrente dalla data di commissione della violazione, accertata il 12.07.2012 ed il 16.07.2012, nonché l’omessa notifica dell’invito al pagamento agevolato inoltrato in data 10.12.2012 e dunque oltre il termine di 90 giorni. Nel merito, deduceva l’illegittimità della contestazione non limitando le costruzioni oggetto di accertamento l’esercizio di vigilanza per essere poste ad almeno 10 metri dalla costa;
-instaurato il contraddittorio, nella resistenza dell’RAGIONE_SOCIALE, il giudice adito, con sentenza n. 2781 del 2018, accoglieva l’opposizione, in particolare l’eccezione di prescrizione, e per l’effetto annullava l’ordinanza ingiunzione;
-in virtù di impugnazione interposta dall’Amministrazione pubblica, la Corte di appello di Bari, nella resistenza di parte appellata, con sentenza n. 1022 del 2019, accoglieva il gravame, riformando la
decisione di prime cure e rigettando l’opposizione proposta dagli originari intimati.
A sostegno della decisione adottata la Corte distrettuale rilevava che la prescrizione in caso di violazione avente ad oggetto un illecito con natura permanente, come nella specie, decorreva dalla data di cessazione della permanenza ai sensi dell’art. 28 della legge n. 689 del 1981e non già dal giorno della sua commissione. Inoltre, nel sistema dell’illecito amministrativo l’interruzione della permanenza per cause diverse dalla materiale cessazione della condotta vietata si verificava soltanto con la notificazione dell’ordinanza -ingiunzione irrogativa della sanzione. Nella specie non era ravvisabile la cessazione della permanenza per non essere state demolite le opere abusive, accertamento che fondava anche il merito della contestazione;
il NOME, in proprio e quale legale rappresentante pro tempore di RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, affidato a tre motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c.;
-l’RAGIONE_SOCIALE inizialmente non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità;
il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio nell’adunanza fissata al 13.06.2023 in esito alla quale, con ordinanza interlocutoria n. 22878 del 2023 depositata il 27.07.2023, è stata disposta la rinnovazione della notificazione del ricorso all’RAGIONE_SOCIALE presso l’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE Stato, con rinvio a nuovo ruolo, rinvenuta nel prosieguo la difesa dell’Amministrazione con controricorso notificato il 24.09.2019;
-in prossimità dell’ulteriore adunanza camerale fissata ha depositato memoria illustrativa la sola parte ricorrente.
Atteso che :
– con il primo motivo parte ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 28 legge n. 689 del 1981 in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. per non avere la Corte di merito considerato che l’illecito era cessato nel momento in cui era divenuto definitivo, ossia allorché l’RAGIONE_SOCIALE aveva concluso le indagini tecniche, in particolare le operazioni di stima RAGIONE_SOCIALE opere abusive avvenute in data 12.11.2012 e notificato il provvedimento con cui era stato richiesto il pagamento in via agevolata in data 10.12.2012. Di converso il successivo atto, l’ordinanza ingiunzione impugnata, era stata notificata al destinatario solo in data 23.01.2018, ben oltre il termine quinquennale.
Il primo motivo attiene al tema del carattere istantaneo o permanente dell’illecito e del conseguente rapporto con il regime temporale di applicazione RAGIONE_SOCIALE previsioni poste a fondamento della sanzione amministrativa irrogata dall’RAGIONE_SOCIALE.
Al riguardo, le previsioni che vengono in rilievo sono: a) l’art. 31, comma 4bis, d.p.r. 19 dicembre 2001, n. 380, introdotto dall’art. 17, comma 1, lett. qbis ), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 (‘L’autorità competente, constatata l’inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell’articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario
inadempiente.’); b) l’art. 15, comma 3, L. Reg. Lazio 11 agosto 2008, n. 15 (‘L’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire definisce la consistenza dell’area da acquisire, previo frazionamento catastale effettuato dall’ufficio tecnico comunale, ovvero, in caso di carenza di organico e/o RAGIONE_SOCIALE necessarie strumentazioni topografiche, da tecnici esterni all’amministrazione. L’atto di accertamento dell’inottemperanza, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che ai sensi dell’articolo 31, comma 6, del d.p.r. n. 380/2001 e successive modifiche è eseguita gratuitamente. L’accertamento dell’inottemperanza comporta, altresì, l’applicazione di una sanzione pecuniaria da un minimo di 2 mila euro ad un massimo di 20 mila euro, in relazione all’entità RAGIONE_SOCIALE opere’). Le previsioni in questione presentano carattere distinto rispetto all’originario illecito di abuso edilizio, in quanto -come anche opinato dalla giurisprudenza amministrativa – la loro finalità è quella non di reprimere l’abuso stesso – già autonomamente destinatario di un meccanismo sanzionatorio- bensì di sanzionare la distinta ed autonoma condotta di inottemperanza al provvedimento di ingiunzione a demolire precedentemente adottato, una volta accertato l’abuso, dall’autorità amministrativa.
Esse, quindi, hanno lo scopo, semmai, di incentivare la rimozione dell’abuso edilizio già commesso, e manifestano, perciò, una finalità di rafforzamento della tutela ripristinatoria -finalità specifica ed autonoma rispetto repressione dell’abuso edilizio in sé -nell’ottica della tutela dell’interesse generale ad un ordinato e programmato assetto urbanistico.
A tali funzioni, peraltro, si cumula nel caso dell’art. 31 d.p.r. n. 380/2001 – anche la funzione – contemplata al comma 4ter (‘i proventi RAGIONE_SOCIALE sanzioni di cui al comma 4bis spettano al comune e
sono destinati esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino RAGIONE_SOCIALE opere abusive e all’acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico’) – di finanziare economicamente i comuni che provvedano direttamente alla demolizione e rimessione in pristino, in modo da evitare che il precedente abuso venga a presentarsi come fonte di un ulteriore danno economico per la collettività, danno consistente nel drenaggio di risorse pubbliche, sottratte ad altri scopi per procedere alla materiale eliminazione degli abusi.
L’autonomia degli illeciti in questione pone, evidentemente, il problema del loro carattere istantaneo o permanente, problema la cui soluzione si deve mantenere nel solco dei principi già enunciati in materia da questa Corte, a cominciare da quello per cui in tema di sanzioni amministrative occorre distinguere il momento perfezionativo dell’illecito (che nel caso di specie va individuato nella scadenza del termine di novanta giorni per ottemperare all’ingiunzione di demolizione) dal momento consumativo, che nell’illecito permanente è caratterizzato da una situazione giuridica già realizzata ma che si protrae nel tempo finché perdura la condotta illecita del contravventore (Cass. n. 21190 del 2006; Cass. n. 28652 del 2011).
Tale indirizzo interpretativo, del resto, trova conferma nell’affermazione della regola per cui in tema di sanzioni amministrative, la permanenza dell’illecito omissivo proprio è configurabile solo con riferimento a quelle condotte che l’autore avrebbe potuto porre in essere utilmente anche dopo la prima omissione (Cass. n. 15025 del 2019).
Alla luce di tali principi, si deve ritenere che gli illeciti contestati ai ricorrenti abbiano carattere permanente, sulla scorta di almeno due considerazioni.
La prima è che l’interesse tutelato dalle previsioni sanzionatorie in questione (ossia assicurare l’ottemperanza all’ingiunzione a demolire e, in ultima analisi, tutelare l’interesse generale ad un ordinato e programmato assetto urbanistico) non viene certamente meno una volta decorso il termine per procedere alla demolizione, ed anzi subisce un vulnus costante, se non crescente, dal protrarsi nel tempo dell’inottemperanza.
La seconda è che lo scadere del termine per l’ottemperanza non comporta il venir meno, per il soggetto responsabile, della concreta possibilità di procedere, seppur tardivamente, alla demolizione così come, ancor prima, non fa venir meno il dovere del destinatario dell’ingiunzione a demolire di dare ottemperanza anche tardiva al legittimo ordine dell’autorità, permanendo egli nel possesso dell’immobile abusivo anche dopo l’acquisizione dell’immobile, e dell’area di sedime, ai sensi del comma 3 del medesimo art. 31 e fino al momento dell’integrarsi degli elementi di cui al successivo comma 4 (immissione nel possesso e trascrizione nei registri immobiliari).
Dal carattere permanente della condotta in rilievo deriva, come prima conseguenza, che il termine di prescrizione, sia riguardo alla violazione che alla sanzione, decorre dal momento della cessazione della permanenza – e cioè dalla demolizione del manufatto in ottemperanza all’ingiunzione a demolire – o dal momento della contestazione dell’illecito, la quale vale come atto interruttivo (Cass. n. 6310 del 2020; Cass. n. 2204 del 2003), senza che qui venga invece in rilievo la questione circa la possibilità o meno di conferire all’eventuale successiva protrazione della violazione il carattere di autonomo illecito amministrativo, ulteriormente sanzionabile, come peraltro ammesso in linea di principio sempre dall’art. 31, d.p.r. 380/2001, al suo comma 4 -quater .
Dal carattere permanente dell’illecito contemplato dalle norme in rilievo discende, poi, un’ulteriore conseguenza: esse sono applicabili anche all’inottemperanza ad ingiunzioni a demolire notificate in epoca anteriore all’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE previsioni stesse, subordinatamente ad una condizione, imposta dall’art. 1, l. 689/1981, e cioè al protrarsi dell’inottemperanza per i novanta giorni successivi alla data di entrata in vigore della previsione sanzionatoria.
Se è vero, infatti, che le fattispecie contemplate nella previsione nazionale ed in quella regionale possono operare ed integrarsi solo in relazione a condotte successive alla loro entrata in vigore, è parimenti vero che l’inottemperanza all’ingiunzione a demolire, per il suo carattere permanente, quand’anche sia iniziata in epoca anteriore all’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE suddette previsioni, ben può cadere sotto il loro ambito di applicazione, una volta che, entrate in vigore le norme già richiamate, la condotta permanente venga a ulteriormente protrarsi per il lasso temporale previsto dalle medesime per procedere alla spontanea ottemperanza. Ad essere sanzionata, infatti, non sarà l’inottemperanza anteriore all’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE previsioni – stante la preclusione di cui al già citato art. 1 l. 689/1981 bensì l’ulteriore, protratta, inottemperanza (seppure in continuità con la precedente) che, vigenti ormai le nuove previsioni, si sia prolungata per il lasso temporale rilevante ai fini dell’applicazione di queste ultime.
Dalle considerazioni che precedono discende il rigetto del primo motivo di ricorso, per avere correttamente il giudice del gravame ritenuto la prescrizione decorrere dalla data di cessazione della permanenza, sì da coincidere con la rimozione materiale dell’opera, o con il momento della contestazione dell’illecito, che valendo anche come atto interruttivo, conferisce all’eventuale protrazione della violazione il carattere di autonomo illecito amministrativo,
ulteriormente sanzionabile. Nella specie, non risultano essere state mai demolite le opere abusive realizzate, per essere stata la circostanza del loro abbattimento meramente allegata ma non provata solo in sede di proposizione del ricorso per cassazione (v. pag. 8 del ricorso);
– con il secondo motivo è lamentata la violazione e la falsa applicazione dell’art. 14, comma 2 l. 689/1981 per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per non avere la Corte distrettuale tenuto conto che -come si legge nell’ordinanza ingiunzione -i funzionari dell’RAGIONE_SOCIALE avevano effettuato l’ispezione del 12 e del 16.07.2012, senza provvedere alla contestazione immediata RAGIONE_SOCIALE presunte violazioni poste in essere da parte ricorrente e solo con atto del 29.11.2012, notificato il 10.12.2012, decorsi abbondantemente i novanta giorni, veniva inoltrato invito a definire la violazione stessa in misura ridotta ai sensi dell’art. 16 legge n. 689 del 1981, con contestuale comunicazione degli estremi della presunta violazione accertata, decorso il termine di novanta giorni che comporta l’estinzione di pagamento della somma ingiunta mediante l’ordinanza de quo ex art. 14, comma 6 legge n. 689 del 1981.
Anche il secondo motivo non merita accoglimento.
La Corte di appello ha rilevato come, a prescindere dal rilevare che il verbale di riapertura del pvc del 12.07.2012 -al paragrafo 5, pag. 2 -già conteneva la contestazione della sanzione amministrativa da applicare (violazione dell’art. 19 d.lgs n. 374/1990), si era reso necessario un termine più lungo per l’espletamento di ulteriori attività volte alla determinazione in concreto della sanzione amministrativa da applicare, che aveva richiesto una valutazione RAGIONE_SOCIALE opere realizzate in assenza dell’autorizzazione doganale attraverso la relazione di stima
sommaria di cui al prot. 2012NUMERO_DOCUMENTORI del 12.11.2012 (v. pag. 4 della sentenza impugnata). Si tratta di attività che aveva portato all’acquisizione di nuovi elementi, che come sottolineato dalla Corte di appello, rispetto all’attività ispettiva conclusa, si trattava di informazioni necessarie per completare e corroborare le operazioni istruttorie ai fini della quantificazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
È stato inoltre evidenziato che non erano emersi irragionevoli o artificiosi ritardi.
Secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, in materia di sanzioni amministrative, solo dopo l’esaurimento dell’attività ispettiva e di quella istruttoria, l’ente preposto è in grado di adottare le decisioni di sua competenza, senza che si possa tenere conto di ingiustificati ritardi, derivanti da disfunzioni burocratiche o artificiose protrazioni nello svolgimento dei compiti assegnati ai suddetti organi (Cass., Sez. Un., 9 marzo 2007 n. 5395). Infatti, la «constatazione» dei fatti non comporta di per sé il loro «accertamento»: ne consegue che mentre la redazione della relazione ed il suo esame debbono essere compiuti nel tempo strettamente indispensabile, senza ingiustificati ritardi, occorre, invece, individuare, secondo le particolarità dei singoli casi, il momento in cui ragionevolmente la constatazione avrebbe potuto essere tradotta in accertamento, momento dal quale deve farsi decorrere il termine per la contestazione stessa (Cass. 2 dicembre 2011 n. 25836; Cass. 11 maggio 2017 n. 11559).
Poiché, poi, il momento dell’accertamento, come si è visto, non può essere condizionato da ingiustificati ritardi, compete al giudice del merito valutare la congruità del tempo utilizzato per l’accertamento stesso, in relazione alla maggiore o minore difficoltà del caso, con apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, se correttamente motivato (con riferimento ad altre ipotesi di illeciti amministrativi cfr. ad es.: Cass. 18 aprile 2007 n. 9311; Cass. 21
aprile 2009 n. 9454; Cass. 13 dicembre 2011 n. 26734). Si è osservato, in particolare, che nell’effettuare questa verifica il giudice del merito deve valutare, appunto, la congruità del tempo impiegato per gli accertamenti, non potendo però sostituire le proprie valutazioni, in ordine alla opportunità di porre in essere singole attività di indagine, a quelle dell’autorità amministrativa procedente, a meno che non si evidenzi l’assoluta superfluità RAGIONE_SOCIALE stesse per essere manifestamente già accertati tempi, entità ed altre modalità RAGIONE_SOCIALE violazioni: sicché, in definitiva, il giudice non può surrogarsi all’Amministrazione nel valutare la convenienza di atti istruttori collegati ad altri, senza apprezzabile intervallo temporale (Cass. 8 agosto 2005 n. 16642).
In linea con tale insegnamento si è affermato, altresì, sempre con riguardo alle infrazioni alla disciplina in materia di intermediazione finanziaria, che non è ipotizzabile un sindacato di legittimità in ordine all’opportunità o meno RAGIONE_SOCIALE svolgimento di accertamenti integrativi, implicando una tale valutazione apprezzamenti di fatto incensurabili in cassazione (Cass. 28 novembre 2012 n. 21114).
Avendo riguardo ai suddetti principi, il giudizio espresso dalla Corte di appello -che, per un verso, è fondato sulla valorizzazione di un supplemento investigativo atto a far emergere l’entità RAGIONE_SOCIALE opere abusive e il loro valore – si sottrae a censura;
– con il terzo motivo il ricorrente censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3) e n. 5) c.p.c., per la violazione e la falsa applicazione dell’art. 19, comma 3 d.lgs n. 374 del 1990 anche per omessa pronuncia, per non avere il giudice del merito chiarito ed accertato il concetto di prossimità della linea doganale nel caso di specie, in ordine alla quale deve intendersi un’area circostante di linea stessa, situata in una posizione tale che la presenza in essa di costruzioni o di opere di ogni genere potrebbe arrecare pregiudizio
all’attività di vigilanza. Aggiungono i ricorrenti che con nota prot. n. 2009/11562 del o1.10.2009 l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha indicato a titolo indicativo una serie di interventi per i quali non è necessaria l’autorizzazione ai sensi dell’art. 19 d.lgs n. 374/1990, come gazebo ed opere similari aperti su tutti i lati, che per la loro struttura non arrecherebbero alcun pregiudizio all’attività di vigilanza dell’RAGIONE_SOCIALE, situazione similare a quella della specie.
La censura è fondata nei termini di cui in motivazione.
L’art. 19 d.lgs. n. 374/1990, che reca la rubrica ‘Edifici in prossimità della linea doganale e nel mare territoriale’, prevede che ‘1. È vietato eseguire costruzioni ed altre opere di ogni specie, sia provvisorie sia permanenti, o stabilire manufatti galleggianti in prossimità della linea doganale e nel mare territoriale, nonché spostare o modificare le opere esistenti, senza l’autorizzazione del direttore della circoscrizione doganale. La predetta autorizzazione condiziona il rilascio di ogni eventuale altra autorizzazione, nella quale della stessa deve essere fatta comunque espressa menzione.
La violazione del divieto previsto dal comma 1 comporta l’applicazione, da parte del direttore della circoscrizione doganale competente per territorio, di una sanzione amministrativa di importo da un decimo all’intero valore del manufatto.
Il direttore della circoscrizione doganale, accertata la sussistenza di un rilevante pericolo per gli interessi erariali, non diversamente eliminabile a cura e spese del trasgressore, dispone, previo parere dell’ufficio tecnico di finanza del RAGIONE_SOCIALE, competente per territorio, la demolizione del manufatto in danno ed a spese del trasgressore.
Avverso tale provvedimento è ammesso il ricorso al Ministro RAGIONE_SOCIALE finanze entro trenta giorni dalla data di notificazione al trasgressore del provvedimento stesso. Il ricorso al Ministro sospende l’efficacia del provvedimento impugnato.’.
È di tutta evidenza che la sentenza impugnata non ha affrontato la questione prospettata della esistenza (o meno) del pregiudizio all’attività di vigilanza con riferimento alla prossimità RAGIONE_SOCIALE opere in contestazione alla linea doganale (v. pag. 2 della sentenza impugnata: opere poste ad almeno 10 metri dalla costa), ovvero ‘la sussistenza di un rilevante pericolo per gli interessi erariali’, non avendo tenuto in alcun conto la struttura RAGIONE_SOCIALE stesse in relazione alla linea di cui all’art. 19, comma 1 d.lgs. n. 374/1990. Sul punto, la Corte di appello, in maniera del tutto apodittica, ha ritenuto la non assentibilità RAGIONE_SOCIALE stesse – questione non esaminata nella sentenza di primo grado in quanto ritenuta assorbita dall’accertamento dell’intervenuta prescrizione della sanzione -trattandosi di abusi realizzati in prossimità della linea doganale, senza ulteriormente chiarire le caratteristiche RAGIONE_SOCIALE opere e la distanza RAGIONE_SOCIALE stesse dalla linea doganale, sì da rendere quanto meno disagevole l’attività di vigilanza.
Gli ulteriori aspetti dedotti nel motivo come l’entità della sanzione irrogata che si assume superiore ad un decimo del valore del manufatto accertato -risultano assorbiti, stante il rilievo preliminare della questione legata alla sussistenza (o meno) del pregiudizio arrecato dalle opere de quibus all’attività istituzionale di vilanza dell’ADM, aspetto che la Corte di appello dovrà riesaminare. Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va, quindi, accolto nei termini di cui in motivazione.
La sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il terzo motivo, rigettati il primo e il secondo;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolta e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Seconda