Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11399 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11399 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/04/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 02387/2024 R.G.
proposto da
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente
contro
Ministero dell’Interno , in persona del Ministro pro tempore , e Questura di Potenza , in persona del Questore pro tempore
intimati
avverso il decreto di proroga del trattenimento presso il CPR di INDIRIZZO del Giudice di pace di Melfi letto all’udienza del 17/01/2024; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito del provvedimento di espulsione dal territorio nazionale emesso dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, NOME COGNOME è stato trattenuto, in attesa dell’allontanamento e del rimpatrio, per ordine del Questore di Pavia del 12/10/2023, presso il CPR di INDIRIZZO.
Il 13/10/2023 si svolgeva davanti al Giudice di pace di Melfi procedimento di convalida che si concludeva con il decreto che confermava il trattenimento presso il CPR per 90 giorni.
In data 17/01/2024 si svolgeva dinanzi al Giudice di pace di Melfi il procedimento di proroga del trattenimento , chiesto dall’Amministrazione per la dedotta necessità di attendere il rilascio del lasciapassare e la disponibilità di un vettore per il rimpatrio. Il difensore del cittadino straniero si opponeva alla richiesta di proroga, deducendo la mancanza dei presupposti di cui all ‘ art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998, come modificato dall’art. 20 d.l. n. 124 del 2023, riportandosi alla memoria difensiva depositata, rappresentando anche che non vi era pericolosità sociale del suo assistito, che non aveva più pendenze giudiziarie, avendo scontato ogni pena, né vi era pericolo di fuga, disponendo il cittadino straniero di un ‘ abitazione in Genova, come da dichiarazione di ospitalità che esibiva.
Il Giudice di pace rilevava che, dalle dichiarazioni rese dal rappresentante della Questura di Potenza e dalla documentazione prodotta dalla Questura (deposito al Consolato del Regno dei Marocco della documentazione per la richiesta di identificazione in data 04/12/2023, sollecito al Consolato del Regno del Marocco in data 12/01/2024), si evinceva lo svolgimento di attività finalizzata al rimpatrio del cittadino extracomunitario, che era irregolare sul territorio nazionale. Riteneva, inoltre, che, malgrado il ragionevole sforzo compiuto dalla Questura di Potenza, la mancata cooperazione del Paese di provenienza aveva di fatto reso l’ operazione di rimpatrio estremamente difficoltosa per motivi del tutto indipendenti dal contegno della Questura di Potenza. Rilevata, infine, la necessità di compiere gli opportuni accertamenti sulla documentazione prodotta dal difensore del ricorrente, riteneva la sussistenza dei presupposti di cui all ‘ art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998 e convalidava la richiesta del Questore, prorogando trattenimento presso il CPR di Palazzo INDIRIZZO per il periodo di ulteriori giorni 90.
Il cittadino straniero ha proposto ricorso per cassazione avverso tale decreto, affidato a due motivi di ricorso.
Il Ministero dell’interno e la Questura di Potenza sono rimasti intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per ave re il Giudice di pace violato l’obbligo di motivare il proprio provvedimento, autorizzando la proroga mediante riempimento di un modulo prestampato, dove si leggeva che erano ritenuti sussistenti i presupposti di cui all’art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998.
Secondo il ricorrente, non può ritenersi sussistente la motivazione, quando, come nella specie, il provvedimento si limiti a rilevare che ‘ esistono i presupposti ‘ richiesti dalla legge per un determinato effetto giuridico.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione degli artt. 13 e 3 Cost., oltre che la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 20 d.l. n. 124 del 2023, come convertito, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Il ricorrente ha evidenziato che il d.l. n. 124 del 2023, in vigore dal 20/09/2023, conv. dalla l. n. 162 del 2023 (sul punto, senza modificazioni), ha sostituto il disposto dell’art. 14, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, allungando il termine del trattenimento a 3 mesi, prorogabile di ulteriori 3 mesi, «Qualora l’accertamento dell’identità e della nazionalità ovvero l’acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà» .
Ad opinione della parte, il Giudice di pace ha concesso la proroga limitandosi a dare atto che, rispetto al momento in cui era stata concessa la proroga, l’ Amministrazione non è rimasta inerte nel tentativo di acquisire la documentazione occorrente per l’espulsione e che era evidente la difficoltà di procedere all’identificazione del trattenuto, attesa la mancata cooperazione del Paese di provenienza, con una affermazione generica e irrilevante ai fini della concessione della proroga dopo 90 giorni di trattenimento.
Il primo motivo è infondato.
2.1. Com’è noto, in virtù della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. (introdotta dalla novella del 2012) non è più consentita l’impugnazione «per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio» , ma soltanto «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» .
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la richiamata modifica normativa ha avuto l’effetto di limitare il vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In particolare, la riformulazione appena richiamata deve essere interpretata alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 prel., come riduzione al ” minimo costituzionale ” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è divenuta denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In altre parole, a seguito della riforma del 2012 è scomparso il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della stessa, ossia il controllo riferito a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (v. ancora Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass., Sez. 1, n. 13248 del 30/06/2020).
A tali principi si è uniformata negli anni successivi la giurisprudenza di legittimità, la quale ha più volte precisato che la violazione di legge,
come sopra indicata, ove riconducibile alla violazione degli artt. 111 Cost. e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., determina la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. (così Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Cass., Sez. L, Sentenza n. 27112 del 25/10/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).
Questa Corte ha, in particolare, affermato che il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 3819 del 14/02/2020).
Ricorre, dunque, il vizio in questione, quando la decisione, benché graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 13248 del 30/06/2020).
Tale evenienza si verifica non solo nel caso in cui la motivazione sia meramente assertiva, ma anche qualora sussista un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, perché non è comunque percepibile l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non è possibile effettuare alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 12096 del 17/05/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018).
Alle stesse conseguenze è assoggettata una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, poiché anche in questo caso non è
possibile comprendere il ragionamento seguito dal giudice e, conseguentemente, effettuare un controllo sulla correttezza dello stesso (cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
Ovviamente il controllo della motivazione del giudice di merito, nei limiti sopra indicati, non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto tale giudice ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe, pur a fronte di un possibile diverso inquadramento degli elementi probatori valutati, in una nuova formulazione del giudizio di fatto (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16526 del 05/08/2016).
2.2. Nel caso di specie il provvedimento di proroga del trattenimento risulta motivato come segue: « RILEVATO che dalle dichiarazioni rese dal rappresentante della Questura di Potenza e dalla documentazione prodotta dalla Questura (deposito al Consolato del Regno dei Marocco della documentazione per la richiesta di identificazione in data 4/12/2023, sollecito al Consolato del Regno del Marocco in data 12101/2024), si evince che è stata svolta attività finalizzata al rimpatrio del cittadino extracomunitario, irregolare sul territorio nazionale; RITENUTO che, nel caso di specie, malgrado il ragionevole sforzo compiuto dalla Questura di Potenza, la mancata cooperazione del Paese di provenienza, di fatto ha reso l’ operazione di rimpatrio estremamente difficoltosa per motivi del tutto indipendenti dal contegno della Questura di Potenza; CONSIDERATA la necessità che siano disposti gli opportuni accertamenti sulla documentazione prodotta dal difensore del ricorrente; RITENUTO che sussistono i presupposti di cui all’art. 14 D.Lgs. 25/07/1998 n. 286 e succ. mod.; CONVALIDA la richiesta del Questore di cui sopra per il prorogando trattenimento presso il CPR di Palazzo San Gervasio per il periodo di ulteriori giorni 90.»
La motivazione è, dunque esistente ed illustra chiaramente il percorso logico-giuridico fondante.
Il secondo motivo è inammissibile.
3.1. Occorre tenere presente che, in applicazione del primo comma dell’art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998, il trattenimento viene disposto «per il tempo strettamente necessario» , quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o il respingimento, a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento.
La norma recepisce il disposto dell’art. 15, paragrafo 1, direttiva 115/2008/CE, ove è stabilito che «Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento, in particolare quando: a) sussiste un rischio di fuga o b) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento. Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.»
La stessa direttiva nei successivi paragrafi 4, 5 e 6 stabilisce quanto segue: «4. Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata. 5. Il trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l’allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi. 6. Gli Stati membri non possono prolungare il periodo di cui al paragrafo 5, salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa: a) della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o b)
dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi.»
L’ art. 14, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, nel testo vigente ratione temporis , stabilisce quanto segue: «La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi tre mesi. Qualora l’accertamento dell’identità e della nazionalità ovvero l’acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori tre mesi. Anche prima di tale termine, il questore esegue l’espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice. Il termine complessivo di sei mesi può essere prorogato dal giudice, su richiesta del questore, per ulteriori periodi di tre mesi e per una durata complessiva non superiore ad altri dodici mesi, nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento sia durata più a lungo a causa della mancata cooperazione da parte dello straniero o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi … »
Il testo previgente alle modifiche introdotte dal d.l. n. 133 del 2023, conv. in l. n. 162 del 2023, statuiva, invece, come segue: «La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni. Qualora l’accertamento dell ‘ identità e della nazionalità ovvero l’acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta giorni. Trascorso tale termine, il questore può chiedere al giudice di pace una o più proroghe qualora siano emersi elementi concreti che consentano di ritenere probabile l’identificazione ovvero sia necessario al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio. In ogni caso il periodo massimo di trattenimento dello straniero all’interno del centro di permanenza per i rimpatri non può essere superiore a novanta giorni ed è prorogabile per altri trenta giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l’Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri.»
Con il testo previgente della norma, da ultimo riportato, risultante dalla l. n. 161 del 2014, è stata adottata una disciplina rigorosa, ai fini di una più stretta osservanza dell’art. 13 Cost., che ha dato rilievo alle ragioni poste a fondamento del trattenimento, distinguendo i presupposti richiesti per la prima proroga da quelli necessari per le proroghe successive, in precedenza concesse per le stesse ragioni previste per la prima proroga per la durata massima di 180 giorni, cui seguiva la possibilità di proroga per un periodo complessivo di massimo 12 mesi, nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento sia durata più a lungo, a causa della mancata cooperazione da parte dello straniero o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi.
Le ultime modifiche normative, introdotte dal d.l. n. 133 del 2023, conv. in l. n. 162 del 2023, hanno, poi, modificato i termini di durata del trattenimento e delle relative proroghe e le ragioni giustificative delle proroghe successive alla prima, lasciando immutati, invece, i presupposti per l’ottenimento della prima proroga.
Con soluzioni diversificate nel tempo, il legislatore ha volto diversificare le ragioni poste a fondamento della proroga del trattenimento, adottando soluzioni più rigorose al permanere nel tempo del trattenimento.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte il trattenimento dello straniero, che non può essere allontanato coattivamente contestualmente all’espulsione, costituisce una misura di privazione della libertà personale legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge e secondo una modulazione dei tempi rigidamente predeterminata. Ne consegue che, in virtù del rango costituzionale e della natura inviolabile del diritto inciso, la cui conformazione e concreta limitazione è garantita dalla riserva assoluta di legge prevista dall’art. 13 Cost., l’autorità amministrativa è priva di qualsiasi potere discrezionale e negli stessi limiti opera anche il controllo giurisdizionale, non potendo essere autorizzate proroghe non rigidamente
ancorate a limiti temporali e condizioni legislativamente imposte, con l’ulteriore corollario che la motivazione del provvedimento giudiziale di convalida della proroga del trattenimento deve accertare la specificità dei motivi addotti a sostegno della richiesta (da ultimo Cass., Sez. 1, n. 32764 del 16/12/2024; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 27939 del 30/10/2019; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 6064 del 28/02/2019).
Il giudice della prima proroga deve, dunque, appurare che occorra protrarre il trattenimento per il ” tempo strettamente necessario ” ad individuare, affrontare e risolvere la situazione transitoria che ostacola la preparazione del rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento, mentre il giudice delle successive proroghe dovrà verificare che la misura sia mantenuta per il ” tempo strettamente necessario ” a completare gli adempimenti necessari all’espulsione , che non sono portati a termine, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, a causa della mancata cooperazione da parte dello straniero o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi
Si tratta di un giudizio di congruità da rapportare, in un caso, alla gravità delle difficoltà incontrate, nell’altro, ad un’attività già diligentemente espletata ma non portata a termine per fatto non imputabile all’Amministrazione ma a terzi .
Come anticipato, d opo la prima proroga, l’accertamento è più stringente e l’ambito di operatività della proroga è più ristretto, perché il tempo del trattenimento si è protratto e il giudizio sulla necessità dello stesso deve essere considerato in modo più rigoroso.
Con argomenti riferiti alla disciplina previgente, ma adattabile anche a quella nuova, diversa solo per la durata della prima proroga, questa Corte (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 370 dell’08/01/2025) ha rilevato che, nel primo periodo di trattenimento, in particolare, l’Amministrazione è chiamata a verificare se esistano ostacoli di natura transitoria alla preparazione del rimpatrio o all’effettuazione dell’allontanamento, a esaminare la natura, la consistenza e le implicazioni di tali problematiche,
a studiare come le stesse possano essere superate e a adottare le iniziative più opportune.
In funzione di questa valutazione incombe sull’Amministrazione, in qualità di parte istante, l’onere di giustificare la richiesta di proroga mediante l’allegazione degli sforzi compiuti per acquisire i documenti identificativi dell’espulso (o necessari per il viaggio) e della mancata cooperazione di quest’ultimo, mentre spetta allo straniero, in qualità di parte resistente, dimostrare che il ritardo nell’esecuzione del decreto di espulsione è imputabile esclusivamente all’Amministrazione, per essere la stessa rimasta inattiva o per aver svolto attività del tutto inutile.
Questa valutazione dev’essere effettuata sulla base non solo degli elementi forniti dall’Amministrazione, ma anche delle osservazioni eventualmente formulate dall’interessato e degli ulteriori elementi che il giudice può ricercare, ove lo ritenga necessario, nei limiti consentiti dalla brevità del termine concesso per la decisione, e tenendo altresì conto della durata iniziale del trattenimento, nonché della collaborazione prestata dalle autorità diplomatiche e consolari del paese di origine dell’interessato.
3.2. La censura in esame, alla luce dei principi appena illustrati, risulta inammissibile, in quanto del tutto generica.
Il Giudice di pace ha rilevato che dalle dichiarazioni rese dal rappresentante della Questura di Potenza e dalla documentazione prodotta dalla Questura (deposito al Consolato del Regno dei Marocco della documentazione per la richiesta di identificazione in data 4/12/2023, sollecito al Consolato del Regno del Marocco in data 12101/2024), si evinceva che era stata svolta attività finalizzata al rimpatrio del cittadino extracomunitario, irregolare sul territorio nazionale e da tali documentazioni ha ritenuto che, malgrado il ragionevole sforzo compiuto dalla Questura di Potenza, la mancata cooperazione del Paese di provenienza, di fatto ha reso l’operazione di rimpatrio estremamente difficoltosa per motivi del tutto indipendenti dal contegno della Questura di Potenza.
In altre parole, il Giudice della convalida ha ritenuto che l’impossibilità di procedere ancora al rimpatrio non era imputabile all’ Amministrazione, che aveva fatto ciò che doveva fare, ma al Paese di provenienza del cittadino straniero, così ritenendo evidenti le gravi difficoltà che impedivano l’esecuzione dell’espulsione, evidenziando, in più rispetto a quanto richiesto per la prima proroga (ma solo per quelle successive), che tale impossibilità non era a lei imputabile.
Il ricorrente non ha dedotto che tali impedimenti non erano tali o non erano gravi, così operando una censura del tutto generica in violazione dell’art. 366, n. 4, c.p.c.
I precedenti invocati dal ricorrente a supporto della censura (cui se ne possono aggiungere altri più recenti), non sono pertinenti, essendo riferiti tutti alla seconda proroga, e non alla prima, ove, peraltro, la valutazione è stata fatta in base ai diversi presupposti richiesti dalla disciplina previgente al d.l. n. 133 del 2023 (v. più di recente Cass., Sez. 1, Sentenza n. 34723 del 28/12/2024; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 8578 del 27/03/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 1648 del 19/01/2022Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 25875 del 23/09/2021).
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
La mancata costituzione in questa sede delle Amministrazioni intimate esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.
Il procedimento è esente dal versamento del contributo unificato, sicché nessuna statuizione deve essere adottata ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile