Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11395 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11395 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/04/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 01301/2024 R.G.
proposto da
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente
contro
Ministero dell’Interno , in persona del Ministro pro tempore, e Questura di Potenza , in persona del Questore pro tempore
intimati con atto di costituzione
avverso il decreto di proroga del trattenimento presso il CPR di INDIRIZZO del Giudice di pace di Melfi del 15/01/2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito del provvedimento di espulsione dal territorio nazionale emesso dal Prefetto di Napoli il 17/10/23 nei confronti del ricorrente, quest ‘ultimo è stato trattenuto, in attesa dell’allontanamento e del rimpatrio, per ordine del Questore di Napoli del 18/10/2023, presso il CPR di INDIRIZZO.
Il 19/10/2023 si svolgeva davanti al Giudice di pace di Melfi procedimento di convalida che si concludeva con un decreto che confermava il trattenimento.
In data 15/01/2024 si svolgeva dinanzi al Giudice di pace di Melfi il procedimento sulla richiesta di proroga del trattenimento, che veniva accolta per ulteriori 90 giorni.
In particolare, l’Amministrazione chiedeva la menzionata proroga, in ragione della necessità di attendere il rilascio del lasciapassare e la disponibilità di un vettore per il rimpatrio, depositando la richiesta di lasciapassare e aggiungendo che si trattava di persona socialmente pericolosa alla luce dei precedenti penali e di polizia. Il difensore si opponeva alla richiesta di proroga, escludendo che vi fossero concreti elementi per l’identificazione e l’acquisto del biglietto di viaggio e aggiungendo che la Questura non aveva documentato le gravi difficoltà riferite all’accertamento dell’identità del trattenuto e al suo rimpatrio.
il Giudice di pace rilevava che dalla documentazione prodotta dal rappresentante della Questura di Potenza si evinceva lo svolgimento di attività finalizzata al rimpatrio del trattenuto, irregolare sul territorio nazionale, evidenziando anche che, dal tenore della richiesta, appariva all’evidenza documentata la difficoltà di procedere all’identificazione del trattenuto. Riteneva, pertanto, sussistenti i presupposti di cui all’art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998 per autorizzare la proroga del trattenimento presso il CPR di INDIRIZZO per il periodo di ulteriori giorni 90.
Il cittadino straniero ha proposto ricorso per cassazione avverso tale decreto, affidato a due motivi di ricorso.
Il Ministero dell’interno e la Questura di Potenza non si sono difesi con controricorso ma hanno depositato un atto di costituzione per la partecipazione all a discussione nell’eventuale udienza pubblica.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per avere il Giudice di pace violato l’obbligo di motivare il proprio
provvedimento, autorizzando la proroga mediante il riempimento di un modulo prestampato, dove si legge quanto segue: «RITENUTO che SUSSISTONO i presupposti di cui all’art. 14 D.Lgs. 25.07.1998 n. 286 e succ. mod.; CONVALIDA la richiesta del Questore di cui sopra per il prorogando trattenimento presso il CPR di Palazzo INDIRIZZO per ulteriori 90 giorni.»
Secondo il ricorrente non può ritenersi sussistente la motivazione, quando, come nella specie, il provvedimento si limiti a rilevare che ‘ esistono i presupposti ‘ richiesti dalla legge per un determinato effetto giuridico.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione degli artt. 13 e 3 Cost., oltre che la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 20 d.l. n. 124 del 2023, come convertito, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Il ricorrente ha, in particolare, evidenziato che il d.l. n. 124 del 2023, in vigore dal 20/09/2023, conv. in l. n. 162 del 2023 (sul punto, senza modificazioni), ha sostituto il disposto dell’art. 14, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, allungando il termine del trattenimento a 3 mesi, prorogabile di ulteriori 3 mesi, «Qualora l’accertamento dell’identità e della nazionalità ovvero l’acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà» .
Ciò nonostante, ad opinione della parte, il Giudice di pace ha concesso la proroga senza accertare la sussistenza di tale requisito, cioè l’esistenza di gravi difficoltà nell’accertamento dell’identità e della nazionalità del soggetto espellendo, e si è invece limitato a dare atto che, rispetto al momento in cui er a stata concessa la proroga, l’amministrazione non è rimasta inerte nel tentativo di acquisire la documentazione occorrente per l’espulsione , aggiungendo che era evidente la difficoltà di procedere all’identificazione del trattenuto , con una affermazione generica e irrilevante ai fini della concessione della seconda proroga e di quelle successive.
2.2. Il primo motivo è infondato.
2.1. Com’è noto, in virtù della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. (introdotta dalla novella del 2012) non è più consentita l’impugnazione «per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio» , ma soltanto «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» .
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la richiamata modifica normativa ha avuto l’effetto di limitare il vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In particolare, la riformulazione appena richiamata deve essere interpretata alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 prel., come riduzione al ” minimo costituzionale ” del sindacato di legittimità sulla motivazione.
Pertanto, è divenuta denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In altre parole, a seguito della riforma del 2012 è scomparso il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della stessa, ossia il controllo riferito a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (v. ancora Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass., Sez. 1, n. 13248 del 30/06/2020).
A tali principi si è uniformata negli anni successivi la giurisprudenza di legittimità, la quale ha più volte precisato che la violazione di legge, come sopra indicata, ove riconducibile alla violazione degli artt. 111 Cost. e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., determina la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. (così Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Cass., Sez. L, Sentenza n. 27112 del 25/10/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).
Questa Corte ha, in particolare, affermato che il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 3819 del 14/02/2020).
Ricorre, dunque, il vizio in questione, quando la decisione, benché graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 13248 del 30/06/2020).
Tale evenienza si verifica non solo nel caso in cui la motivazione sia meramente assertiva, ma anche qualora sussista un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, perché non è comunque percepibile l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non è possibile effettuare alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 12096 del 17/05/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018).
Alle stesse conseguenze è assoggettata una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, poiché anche in questo caso non è possibile comprendere il ragionamento seguito dal giudice e, conseguentemente, effettuare un controllo sulla correttezza dello stesso (cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
Ovviamente il controllo della motivazione del giudice di merito, nei limiti sopra indicati, non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto tale giudice ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe, pur a fronte di un possibile diverso inquadramento degli elementi probatori valutati, in una nuova formulazione del giudizio di fatto (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16526 del 05/08/2016).
2.2. Nel caso di specie il provvedimento di proroga del trattenimento risulta essere stato letto in udienza e, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, non risulta costituire un foglio prestampato riempito a mano, mediante il ricorso a spuntature i ragioni prestabilite, contenendo, invece, una specifica motivazione della decisione, riferita all’attività di udienza.
Dall’esame del verbale si evince che, nel corso dell’udienza, l’Amministrazione aveva chiesto la proroga del trattenimento, deducendo la necessità di attendere il rilascio del lasciapassare e la disponibilità di un vettore per il rimpatrio, depositando la richiesta di lasciapassare e aggiungendo che si trattava di persona socialmente pericolosa alla luce dei precedenti penali e di polizia. Il difensore si opponeva alla richiesta di proroga, escludendo che vi fossero concreti elementi per l’identificazione e l’acquisto del biglietto di viaggio e aggiungendo che la Questura non aveva documentato le gravi difficoltà volte all’accertamento dell’identità del trattenuto e al suo rimpatrio.
il Giudice di pace risulta avere chiuso il verbale e, dopo pochi minuti, lo ha riaperto procedendo alla lettura in udienza del provvedimento di proroga, ove ha rilevato che dalla documentazione prodotta dal rappresentante della Questura di Potenza si evinceva che era stata svolta
attività finalizzata al rimpatrio del trattenuto, irregolare sul territorio all’evidenza documentata la difficoltà di procedere all’identificazione del trattenuto.
nazionale, e che dal tenore della richiesta appariva Riteneva, pertanto, sussistenti i presupposti di cui all’art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998 per autorizzare la richiesta proroga del trattenimento presso il CPR di Palazzo San Gervasio per il periodo di ulteriori giorni 90.
La motivazione è, dunque esistente ed illustra chiaramente il percorso logico-giuridico fondante la decisione.
Il secondo motivo è inammissibile.
3.1. Occorre tenere presente che, in applicazione del primo comma dell’art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998, il trattenimento viene disposto «per il tempo strettamente necessario» , quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o il respingimento, a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento.
La norma recepisce il disposto dell’art. 15, paragrafo 1, direttiva 115/2008/CE, ove è stabilito che «Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento, in particolare quando: a) sussiste un rischio di fuga o b) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento. Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.»
La stessa direttiva nei successivi paragrafi 4, 5 e 6 stabilisce quanto segue: «4. Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata. 5. Il trattenimento è mantenuto finché
perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l’allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi. 6. Gli Stati membri non possono prolungare il periodo di cui al paragrafo 5, salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa: a) della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o b) dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi.»
L’art. 14, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, nel testo vigente ratione temporis , stabilisce quanto segue: «La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi tre mesi. Qualora l’accertamento dell’identità e della nazionalità ovvero l’acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori tre mesi. Anche prima di tale termine, il questore esegue l’espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice. Il termine complessivo di sei mesi può essere prorogato dal giudice, su richiesta del questore, per ulteriori periodi di tre mesi e per una durata complessiva non superiore ad altri dodici mesi, nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento sia durata più a lungo a causa della mancata cooperazione da parte dello straniero o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi…»
Il testo previgente alle modifiche introdotte dal d.l. n. 133 del 2023, conv. in l. n. 162 del 2023, statuiva, invece, come segue: «La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni. Qualora l’accertamento dell’identità e della nazionalità ovvero l’acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori
trenta giorni. Trascorso tale termine, il questore può chiedere al giudice di pace una o più proroghe qualora siano emersi elementi concreti che consentano di ritenere probabile l’identificazione ovvero sia necessario al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio. In ogni caso il periodo massimo di trattenimento dello straniero all’interno del centro di permanenza per i rimpatri non può essere superiore a novanta giorni ed è prorogabile per altri trenta giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l’Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri.»
Con il testo della norma previgente, da ultimo riportato, risultante dalla l. n. 161 del 2014, è stata adottata una disciplina rigorosa, ai fini di una più stretta osservanza dell’art. 13 Cost., che ha dato rilievo alle ragioni poste a fondamento del trattenimento, distinguendo i presupposti richiesti per la prima proroga da quelli necessari per le proroghe successive, in precedenza concesse per le stesse ragioni previste per la prima proroga per la durata massima di 180 giorni, cui seguiva la possibilità di proroga per un periodo complessivo di massimo 12 mesi, nei casi in cui, nonostante ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento era durata più a lungo, a causa della mancata cooperazione da parte dello straniero o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi.
Le ultime modifiche normative, introdotte dal d.l. n. 133 del 2023, conv. in l. n. 162 del 2023, hanno, poi, modificato i termini di durata del trattenimento e delle relative proroghe e le ragioni giustificative delle proroghe successive alla prima, lasciando immutati, invece, i presupposti per l’ottenimento della prima proroga.
Con soluzioni diversificate nel tempo, il legislatore ha differenziato le ragioni poste a fondamento della proroga del trattenimento, adottando, comunque, soluzioni più rigorose al permanere nel tempo del trattenimento.
D’altronde, s econdo il consolidato orientamento di questa Corte, il trattenimento dello straniero, che non possa essere allontanato coattivamente contestualmente all’espulsione, costituisce una misura di
privazione della libertà personale legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge e secondo una modulazione dei tempi rigidamente predeterminata. Ne consegue che, in virtù del rango costituzionale e della natura inviolabile del diritto inciso, la cui conformazione e concreta limitazione è garantita dalla riserva assoluta di legge prevista dall’art. 13 Cost., l’autorità amministrativa è priva di qualsiasi potere discrezionale e negli stessi limiti opera anche il controllo giurisdizionale, non potendo essere autorizzate proroghe non rigidamente ancorate a limiti temporali e condizioni legislativamente imposte, con l’ulteriore corollario che la motivazione del provvedimento giudiziale di convalida della proroga del trattenimento deve accertare la specificità dei motivi addotti a sostegno della richiesta (da ultimo Cass., Sez. 1, n. 32764 del 16/12/2024; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 27939 del 30/10/2019; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 6064 del 28/02/2019).
Il giudice della prima proroga deve, dunque, appurare che occorra protrarre il trattenimento per il ” tempo strettamente necessario ” ad individuare, affrontare e risolvere la situazione transitoria che ostacola la preparazione del rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento, mentre il giudice delle successive proroghe deve verificare che la misura sia mantenuta per il ” tempo strettamente necessario ” a completare gli adempimenti necessari all’espulsione, che non sono portati a termine, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, a causa della mancata cooperazione da parte dello straniero o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi
Si tratta di un giudizio di congruità da rapportare, in un caso, alla gravità delle difficoltà incontrate, nell’altro, ad un’attività già diligentemente espletata ma non portata a termine per fatto non imputabile all’Amministrazione ma a terzi .
Come anticipato, dopo la prima proroga, l’accertamento è più stringente e l’ambito di operatività della proroga è più ristretto, perché il tempo del trattenimento si è protratto e il giudizio sulla necessità dello stesso deve essere considerato in modo più rigoroso.
Con argomenti riferiti alla disciplina previgente, ma adattabile anche a quella nuova, diversa solo per la durata della prima proroga, questa Corte (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 370 dell’08/01/2025) ha rilevato che, nel primo periodo di trattenimento, in particolare, l’amministrazione è chiamata a verificare se esistano ostacoli di natura transitoria alla preparazione del rimpatrio o all’effettuazione dell’allontanamento, a esaminare la natura, la consistenza e le implicazioni di tali problematiche, a studiare come le stesse possano essere superate e a adottare le iniziative più opportune.
In funzione di questa valutazione incombe all’amministrazione, in qualità di parte istante, l’onere di giustificare la richiesta di proroga mediante l’allegazione degli sforzi compiuti per acquisire i documenti identificativi dell’espulso (o necessari per il viaggio) e della mancata cooperazione di quest’ultimo, mentre spetta allo straniero, in qualità di parte resistente, dimostrare che il ritardo nell’esecuzione del decreto di espulsione è imputabile esclusivamente all’amministrazione, per essere la stessa rimasta inattiva o per aver svolto attività del tutto inutile.
Questa valutazione dev’essere effettuata sulla base non solo degli elementi forniti dall’amministrazione, ma anche delle osservazioni eventualmente formulate dall’interessato e degli ulteriori elementi che il giudice può ricercare, ove lo ritenga necessario, nei limiti consentiti dalla brevità del termine concesso per la decisione, e tenendo altresì conto della durata iniziale del trattenimento, nonché della collaborazione prestata dalle autorità diplomatiche e consolari del paese di origine dell’interessato.
3.2. In tale ottica, la censura in esame, alla luce dei principi sopra illustrati, risulta inammissibile in quanto del tutto generica.
Il Giudice di pace ha rilevato che dalla documentazione prodotta dal rappresentante della Questura di Potenza si evinceva che era stata svolta attività finalizzata al rimpatrio del trattenuto (nel verbale di udienza l’Amministrazione aveva dedotto che era in attesa del lasciapassare, che aveva richiesto, procedendo al deposito della richiesta) e che dal tenore
della richiesta appariva all’evidenza documentata la difficoltà di procedere all’identificazione dello stesso. Riteneva, pertanto, sussistenti i presupposti di cui all’art. 14 d.lgs. n. 286 del 1998 per autorizzare la richiesta proroga del trattenimento presso il CPR di Palazzo San Gervasio per il periodo di ulteriori giorni 90.
In altre parole, il Giudice della convalida ha ritenuto che non era stato ancora ottenuto dal Paese di provenienza il lasciapassare, che pure era stato richiesto. Tale circostanza rende esplicito che il rimpatrio aveva incontrato gravi difficoltà, allo stato non superate.
Il ricorrente non ha dedotto che tali impedimenti non erano tali o non erano gravi, così operando una censura del tutto generica in violazione dell’art. 366, n. 4, c.p.c.
I precedenti invocati, a supporto della censura (cui se ne possono aggiungere altri), non sono neppure pertinenti, in quanto riferiti tutti alla seconda proroga, e non alla prima, ove, peraltro, la valutazione è stata fatta in base ai diversi presupposti richiesti dalla disciplina previgente al d.l. n. 133 del 2023 (v. più di recente Cass., Sez. 1, Sentenza n. 34723 del 28/12/2024; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 8578 del 27/03/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 1648 del 19/01/2022Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 25875 del 23/09/2021).
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto.
Nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata non essendosi gli intimati difesi con controricorso.
Il procedimento è esente dal versamento del contributo unificato.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile