Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20307 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20307 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 21601/2024 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, con sede in Noventa Vicentina (VI), alla INDIRIZZO in persona del liquidatore NOME COGNOME nonché quest’ultimo in proprio e COGNOME tutti rappresentati e difesi, giusta procure speciali allegate al ricorso, dall’Avvocato NOME COGNOME presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata (EMAIL) elettivamente domiciliano.
-ricorrenti -contro
RAGIONE_SOCIALE con sede in Napoli, alla INDIRIZZO in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso , dall’Avv ocato NOME COGNOME presso il cui studio elettivamente domicilia in Napoli, alla INDIRIZZO
-controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE con sede in Napoli, alla INDIRIZZO in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME quale cessionaria in blocco dei crediti della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’ Avvocato NOME COGNOME presso il cui studio e domicilio digitale (posta elettronica certificata EMAIL elettivamente domicilia.
-controricorrente – avverso la sentenza, n. cron. 931/2024, della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, pubblicata in data 29/02/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 18/06/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con atto ritualmente notificato il 18 gennaio 2018, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME impugnarono, innanzi alla Corte di appello di Napoli, il lodo sottoscritto il 19 gennaio 2017 dai componenti il Collegio arbitrale nominato dalla Camera Arbitrale della CCIAA di Napoli e costituitosi il 24 febbraio 2015 a seguito della domanda di arbitrato proposta il 5 luglio 2014 da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione nei confronti delle predette parti.
Detta domanda era stata introdotta in forza della clausola compromissoria contenuta nell’art. 13 del rogito per Notar NOME COGNOME di Napoli del 4 aprile 2011, rep. n. 127895, racc. n. 32364, avente ad oggetto la cessione, da parte di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in favore di RAGIONE_SOCIALE, dell’intero pacchetto azionario di RAGIONE_SOCIALE, clausola del seguente testuale tenore ‘ Tutte le controversie derivanti dal presente contratto saranno risolte mediante arbitrato secondo il regolamento della Camera di
Commercio di Napoli; il Collegio arbitrale avrà sede in Napoli e sarà composto da tre arbitri, nominati dalla camera arbitrale della Camera di Commercio di Napoli; il collegio arbitrale deciderà secondo diritto nel rispetto delle norme inderogabili degli artt. 806 e ss. del codice di procedura civile ‘. Essa, inoltre, era finalizzata ad accertare, quanto a RAGIONE_SOCIALE, il diritto di ottenere, da parte di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e dei suoi garanti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME la corresponsione, giusta l’art. 11 del citato contratto del 4 aprile 2011 ed ai sensi dell’art. 1381 cod. civ., dell’importo di € 200.000,00 a titolo di indennizzo, con conseguente loro condanna al relativo pagamento e, quanto a RAGIONE_SOCIALE, il diritto di ricevere, da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, nonché dai suoi garanti in virtù dell’art. 7 del medesimo contratto, l’importo di € 1.542.796,69 con relativa loro condanna al pagamento.
Instauratosi il contraddittorio, si costituirono RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, che avevano visto sostanzialmente accolte, in sede arbitrale, le proprie domande, resistendo all’avversa impugnazione e chiedendone il rigetto.
La corte adita, con sentenza del 19 luglio 2023/29 febbraio 2024, n. 931, rigettò l’impugnazione.
Per quanto qui ancora di interesse, ne disattese il primo motivo con cui era stata dedotta la nullità del lodo, ai sensi dell’art. 829, n. 6, cod. proc. civ., per essere stato lo stesso depositato oltre la scadenza del termine stabilito.
In particolare, richiamato l’art. 37 del regolamento della Camera Arbitrale della CCIAA di Napoli (‘ 1. Il lodo definitivo deve essere sottoscritto entro 180 giorni dalla costituzione del tribunale arbitrale…. 2. il termine previsto dal comma uno può essere prorogato per giustificati motivi dalla Corte arbitrale o quando vi sia l’accordo scritto delle parti e nella misura stabilità alla segreteria in ogni caso il termine per la pronuncia del lodo può essere prorogato secondo quanto disposto all’articolo 820, terzo comma c.p.c. ‘) e rimarcato che, « come si evince dalla decisione impugnata, in data 13.6.2016 i convenuti comunicavano gli arbitri, ex art. 821 c.p.c., la volontà di avvalersi della decadenza del termine per il deposito del lodo arbitrale poiché, a loro
dire, sia la proroga disposta dal Collegio con l’ordinanza n. 1 del 12.5.2015 sia la successiva proroga disposta dalla Corte Arbitrale con determinazione assunta in data 9.2.2016, erano da ritenere illegittime. Ciò in quanto l’art. 820, comma terzo, c.p.c. – richiamato dall’art. 37 del Regolamento della Camera Arbitrale – non conterrebbe alcuna disposizione riguardante l’ipotesi di ammissione della c.t.u. e, in ogni caso, il quarto comma dell’art. 820 c.p.c. consentirebbe la proroga per non più di una volta nell’ambito di ciascuno dei casi previsti », osservò che:
i ) il Collegio Arbitrale aveva rigettato l’analoga eccezione, precisando « che il termine in questione era stato per la prima volta prorogato di 180 giorni con ordinanza n. 1 del 12.5.2015, e ciò a seguito dell’intervenuta ammissione della c.t.u. richiesta dall’attrice. Una seconda proroga, di ulteriori giorni 180, era stata quin di disposta, ai sensi dell’art. 37 del Regolamento Arbitrale, a seguito di istanza del Collegio del 29.1.2016 e con provvedimento della Corte Arbitrale del 9.2.2016, e ciò a seguito della rinnovazione della c.t.u. richiesta dalle parti convenute che, tuttavia, non avevano aderito all’invito degli arbitri alla conseguente proroga del termine, per tale motivo. Infine, con ordinanza n. 4 del 23.5.2016, il Collegio disponeva una terza proroga, e ciò per effetto dell’ammissione della richiesta di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., sempre formulata dai convenuti »;
ii ) « è pacifico che il deposito del lodo sia intervenuto nel rispetto del termine in tal modo fissato, vertendo, infatti, l’impugnativa sulla legittimità delle proroghe disposte ». Invero, ricordato il tenore letterale dell’art. 820 cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis , considerò che « La tesi di parte impugnante si basa sostanzialmente sull’assunto che, con la convenzione di arbitrato, le parti avevano espressamente previsto che il procedimento arbitrale sarebbe stato retto dal Regolamento in vigore al momento della presentazione della domanda o, in subordine, dalle regole fissate di comune accordo dalle parti; non avendo, quindi, le parti esercitato la facoltà da ultimo citata, l’unica disciplina che, nella specie, era destinata a regolare il procedimento arbitrale in questione era quella contenuta nel citato regolamento della Camera di Commercio di Napoli. Quest’ultimo conteneva
una precisa regolamentazione sia per il termine per il deposito del lodo – pari a 180 giorni – sia della sua eventuale proroga che, al di fuori dell’accordo scritto delle parti, era consentita solo per giustificati motivi, potendo essere pronunciata solo dalla Corte Arbitrale o, ex art. 820, comma III, c.p.c., dal Presidente del Tribunale di Napoli; in particolare, il Regolamento in questione non aveva previsto alcun richiamo all’art. 820, comma IV, c.p.c., ed alle ipotesi di proroga automatica ivi previste. A dire della parte impugnante, quindi, erroneamente il Collegio Arbitrale aveva ritenuto che: ‘L’art. 37 del Regolamento non preclude, però, l’applicazione al procedimento arbitrale in oggetto anche delle norme del codice di procedura civile e, in particolare, con riferimento al caso specifico, del quarto comma dell’art 820 c.p.c., quale individua, tra le ipotesi di proroga automatica del termine per il deposito del lodo, anche il provvedimento che dispone la consulenza tecnica di ufficio, oltre ad altri mezzi istruttori, nulla disponendo in contrario’ »;
iii ) la questione che si poneva era quella di « stabilire se, prevedendo il Regolamento della Camera di Commercio di Napoli – senza richiamare espressamente il quarto comma dell’art. 820 c.p.c. e le ipotesi ivi contemplate -la sola proroga ‘per giustificati motivi’, possano ritenersi legittime le proro ghe disposte a seguito dell’ammissione della c.t.u. (ordinanza n. 1 del 12.5.2015), della sua rinnovazione (determinazione della Corte Arbitrale del 9.2.2016) e dell’ammissione dell’ordine di esibizione alla RAGIONE_SOCIALE del modello Unico 2011 presentato all’Agenzia delle Entrate e relativo all’anno di imposta 2010 (ordinanza n. 4 del 23.5.2016) »;
iv ) sul piano generale e sistematico, « già con riferimento al testo anteriore alla riforma di cui al d.lgs. n. 40 del 2006, la Suprema Corte aveva avuto modo di affermare che l’art. 820 c.p.c., comma 2, secondo il quale quando dovevano essere assunti mezzi di prova gli arbitri potevano, entro certi limiti, prorogare il termine per la decisione, si applicava anche nel caso di necessario espletamento di una consulenza tecnica di ufficio ; tale possibilità, a seguito della citata riforma, è stata poi espressamente prevista dall’art. 820, comma I V, lett. b), nel testo quindi applicabile ratione temporis. Si tratta, peraltro, di proroga del tutto automatica, con la sola eccezione
dell’ipotesi in cui le parti abbiano ‘disposto diversamente’. Tanto premesso, ritiene la Corte che il fatto che il Regolamento della Camera di Commercio di Napoli si sia limitato a prevedere la possibilità di proroga del termine originariamente stabilito nella misura di gg. 180 da parte della Corte Arbitrale, ovvero dalla Segreteria, nel caso di accordo delle parti, nonché, comunque, l’applicabilità dell’art. 820, terzo comma, c.p.c., non vale tuttavia ad escludere comunque le ipotesi di proroga automatica – non abbisognevoli quindi di un’espressa disciplina autorizzatoria di cui al quarto comma della medesima disposizione (ivi compresa, quindi, l’ipotesi di ammissione di consulenza tecnica ed assunzione dei mezzi di prova). Ritenere, come sostiene l’impug nante, che tale applicazione sia preclusa dal mancato espresso richiamo da parte del Regolamento – ed addirittura che tali circostanze, in quanto prevedibili, non avrebbero in alcun caso potuto costituire i ‘giustificati motivi’ valutabili dalla Corte Arbi trale per la concessione della proroga, ai sensi dell’art. 37 del Regolamento – porterebbe a conclusioni del tutto inaccettabili. In tal modo, infatti, si creerebbe un vuoto di disciplina rispetto alle ipotesi del tutto fisiologiche, in cui si renda necessario, ad opinione degli arbitri, procedere ad attività istruttorie di cd. ‘lunga indagine’, che rendano le stesse non compatibili con il termine – invero piuttosto breve, in quanto pari a soli 180 giorni – per il deposito del lodo. Né, d’altra parte , pare sostenibile ipotizzare, come pure sostiene la parte impugnante, che, avendo le parti espressamente previsto nella specie l’applicabilità del Regolamento della Camera di Commercio, le stesse abbiano in tal modo implicitamente espresso una volontà contraria rispetto all’applicabilità delle ipotesi di proroga automatica di cui all’art. 820, comma IV, c.p.c. (secondo cui, ‘Se le parti non hanno disposto diversamente, il termine è prorogato di centottanta giorni…’) »;
v ) « essendosi costituito il Collegio Arbitrale in data 24.2.2015, il termine per il deposito di gg. 180 avrebbe avuto iniziale scadenza in data 23.9.2015; tuttavia, a seguito dell’ordinanza n. 1 del 12.5.2015, con la quale veniva disposta la consulenza tecnica di ufficio, detto termine, come sopra precisato, risultava automaticamente prorogato di gg. 180, con nuova
scadenza pertanto alla data del 21.3.2016. All’esito del deposito della consulenza, con ordinanza n. 2 del 7.12.2015 il Collegio riteneva di dover disporre la rinnovazione delle operazioni, con incarico al medesimo consulente tecnico. Successivamente, all’ esito del provvedimento di rigetto da parte della Corte Arbitrale dell’istanza di ricusazione del c.t.u. presentata da parte convenuta, oggi impugnante, il Collegio Arbitrale, stante il mancato accordo tra le parti in ordine alla proroga del termine per il deposito del lodo, all’esito dell’udienza del 29.1.2016, con istanza di pari data, chiedeva alla Corte Arbitrale, ai sensi dell’art. 37 del Regolamento, di voler autorizzare detta proroga di ulteriori gg. 180; in data 10.2.2016 la Segreteria della Camera Arbitrale comunicava al Collegio ed alle parti che la Corte Arbitrale, riunitasi in data 9.2.2016, rilevata la sussistenza di tutte le condizioni di cui all’art. 37 del regolamento arbitrale che giustificavano la concessione della proroga concedeva la stessa. Per effetto di detto provvedimento, il termine per il deposito del lodo doveva quindi ritenersi nuovamente prorogato alla data del 18.10.2016. Ed invero, come si è già avuto modo di precisare, non vi è motivo per ritenere che la Corte Arbitrale non abbia fatto nella specie legittima applicazione – peraltro con provvedimento non oggetto di specifica impugnazione dell’art. 37 del Regolamento arbitrale della Camera di Commercio. Depositata la nuova c.t.u., con ordinanza n. 4 del 23.5.2016 il Collegio Arb itrale ammetteva quindi l’ordine di esibizione di documentazione nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in conseguenza, ricorrendo una delle ipotesi di proroga automatica previste dall’art. 820, comma IV, c.p.c., il termine per il deposito del lodo risultava ancora una volta differito alla data del 18.4.2017; il lodo veniva quindi sottoscritto in data 19.1.2017 e, quindi, entro il termine testé indicato. Posto, quindi, che le deduzioni di parte impugnante relative all’inapplicabilità della proroga automatica di cui all’art. 820 comma IV c.p.c., ovvero all’insussistenza della Corte Arbitrale di disporre la nuova proroga – ravvisando nella necessità di disporre la rinnovazione della c.t.u. i ‘giustificati motivi’ menzionati nell’art. 37 del Regolamento arbitrale – appaiono prive di fondamento, non sussiste la nullità del lodo, sotto lo
specifico profilo denunciato da parte istante quale primo motivo di impugnazione ».
Per la cassazione di questa sentenza, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno promosso ricorso affidato a due motivi. Hanno resistito, con separati controricorsi, RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria in blocco dei crediti della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, e RAGIONE_SOCIALE
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte chiedendo rigettarsi il ricorso.
Sono state depositate memorie ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia la « Violazione degli artt. 1362-1363 c.c., 820, comma 4, c.p.c., 832, commi 2 e 3, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. », per essere state ritenute applicabili al procedimento arbitrale disciplinato dal Regolamento della Camera Arbitrale della CCIAA di Napoli le ipotesi di proroga automatica previste dal comma 4 dell’art. 820 cod. proc. civ., così attribuendo alla disciplina della proroga del termine per la sottoscrizione del lodo dettata dal menzionato Regolamento un contenuto difforme da quello che si evince dalle chiare espressioni nelle quali si articolano le norme di cui ai suoi artt. 2 e 37, commi 2 e 3, e dal loro combinato disposto, in tal modo negando qualsiasi valenza alla volontà delle parti che, non apportando sul punto alcuna modifica/integrazione al Regolamento stesso, avevano deciso la inapplicabilità delle ipotesi predette al procedimento arbitrale avviato dalle parti intimate nei confronti di quelle oggi ricorrenti.
1.1. Esso risulta infondato alla stregua delle complessive considerazioni di cui appresso.
1.2. Giova premettere che, nell’odierna vicenda, le parti hanno inteso avvalersi di un arbitrato cd. amministrato o istituzionale , tale definendosi quello in cui le parti scelgono di svolgerlo secondo l’organizzazione e le regole previste da un ente o da un’istituzione che offre al pubblico tale tipo di servizio. Esso si distingue dall’arbitrato cosiddetto ad hoc o non amministrato ,
che è quel tipo di arbitrato il cui procedimento non è gestito e organizzato da alcuna istituzione bensì, normalmente, affidato agli arbitri secondo regole procedimentali specificate direttamente e di volta in volta ( ad hoc , appunto) dalle parti.
Nel caso di specie, la disciplina prevista dal Regolamento di arbitrato amministrato della Camera di Commercio di Napoli (cui le parti hanno fatto espresso riferimento nella clausola compromissoria) stabiliva, all’art. 2, che ‘ 1. Il procedimento arbitrale è retto dal regolamento in vigore al momento della presentazione della domanda; in subordine dalle regole fissate di comune accordo dalle parti. 2. In ogni caso, è fatta salva l’applicazione delle norme inderogabili applicabili al procedimento arbitrale. 3. È comunque attuato il principio del contraddittorio e della parità di trattamento delle parti ‘, e, all’art. 37, che il lodo definitivo doveva essere sottoscritto entro 180 giorni dalla costituzione del Tribunale Arbitrale. In particolare, secondo quell’articolo, ‘ 1. Il lodo definitivo deve essere sottoscritto entro 180 giorni dalla costituzione del tribunale arbitrale…. 2. Il termine previsto dal comma uno può essere prorogato per giustificati motivi dalla Corte arbitrale o quando vi sia l’accordo scritto delle parti e nella misura stabilità alla segreteria. 3. in ogni caso il termine per la pronuncia del lodo può essere prorogato secondo quanto disposto all’articolo 820, terzo comma c.p.c. ‘ .
Da queste due disposizioni, i ricorrenti intendono trarre la conclusione che l’articolo 820 , comma 4, cod. proc. civ. sarebbe qui inapplicabile: i ) perché non è una norma inderogabile, atteso che lo stesso prevede che ‘ Se le parti non hanno disposto diversamente, il termine è prorogato di 180 giorni nei casi seguenti e per non più di una volta nell’ambito di ciascuno di essi: a) se debbono essere assunti mezzi di prova; b) se è disposta consulenza tecnica di ufficio; ‘, sicché non rientra nell’ambito di applicazione dell’art . 2 del richiamato Regolamento della menzionata Camera di Commercio; ii ) l’art . 37 di detto Regolamento contiene il richiamo all’art . 820, comma 3, cod. proc. civ., ma non anche al comma 4 del medesimo articolo.
In altri termini, secondo la prospettazione di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, NOME COGNOME e NOME COGNOME: i ) l’art. 37 del
Regolamento della Camera Arbitrale, interpretato letteralmente, avrebbe consentito la proroga del termine per il deposito del lodo esclusivamente nelle tre ipotesi ivi espressamente previste, vale a dire: i-a ) per giustificati motivi e con provvedimento della ‘Corte Arbitrale’ e non del collegio arbitrale; i-b ) per accordo delle parti; i-c ) nei casi di cui all’art. 820 , comma 3, cod. proc. civ.; ii ) la corte partenopea, condividendo il ragionamento sviluppato nel lodo impugnato in ordine all’applicabilità al la fattispecie delle ipotesi di proroga cd. automatica del termine per il deposito del lodo previste nel comma 4 dell’art. 820 cod. proc. civ., in quanto non espressamente esclusa dalle parti, aveva così violato le norme che sovrintendono all’ermeneut ica contrattuale di cui agli artt. 1362 e 1363 cod. civ., attesa , tra l’altro, la derogabilità della predetta norma.
1.3. Questa prospettazione, tuttavia, non può essere condivisa.
Invero, la previsione di cui all’art . 2 del Regolamento suddetto non risulta decisiva, perché si tratta di una disposizione in termini positivi che stabilisce le norme applicabili e non quelle inapplicabili: in particolare, ivi si prevede che il procedimento arbitrale sia regolato dal Regolamento della Camera di Commercio o dalle regole fissate di comune accordo tra le parti, dando rilievo, così, a questo profilo strettamente negoziale, nonché dalle norme inderogabili applicabili al procedimento arbitrale e ricavabili dalla disciplina del codice di rito.
Dalla riportata previsione regolamentare, dunque, è possibile desumere un elemento di rilievo, che è quello costituito dal riconoscimento dello spazio di normazione del caso concreto riservato alla volontà delle parti di comune accordo. Alteris verbis , dall’art . 2 del richiamato Regolamento arbitrale della Camera di Commercio di Napoli non si può ricavare l’inapplicabilità dell’articolo 820 , comma 4, cod. proc. civ. ma solo la non derogabilità delle norme codicistiche per l’appunto inderogabili.
Quanto, poi, al l’art . 37 del medesimo Regolamento, esso: i ) sancisce un termine più breve , rispetto a quello indicato dall’art. 820, comma 2, cod. proc. civ. per l’ipotesi di mancata fissazione di uno diverso, entro il quale il lodo deve essere sottoscritto, così rappresentando una deroga
a detta previsione codicistica; ii ) stabilisce, al comma 2, che questo termine può essere prorogato per giustificati motivi quando vi sia l’accordo delle parti oppure dalla corte arbitrale; iii ) dispone, infine, al comma 3, che il termine per la pronuncia può essere prorogato anche per i casi previsti dall’articolo 820, comma 3, cod. proc. civ.
Ad avviso del Collegio, dunque, il richiamo al solo comma 3 dell’art . 820 cod. proc. civ. non può costituire argomento per escludere l’applicabilità pure del comma 4 del medesimo articolo. Invero, la prima di tali disposizioni prevede la possibilità di prorogare il termine a determinate condizioni: si tratta, cioè, solo di una possibilità. Diversamente, la seconda stabilisce che il termine è prorogato se le parti non hanno disposto diversamente: si è al cospetto, cioè, di una norma evidentemente derogabile (e, quindi, che non rientra nell’ambito di applicazione dell’art . 2 del citato Regolamento arbitrale della Camera di Commercio partenopea), ma che, al contempo, proprio perché recante una regola positiva -‘ il termine è prorogato ‘ -che, tuttavia, può essere derogata dalle parti, impone di ritenere che la sua inapplicabilità postuli una espressa deroga delle parti o del Regolamento stesso (visto che si è in presenza di un arbitrato cd. amministrato), che nel caso di specie, però, non c’è . Al contrario, quindi, dell’articolo 820, comma 3, cod. proc. civ., che, riconoscendo solo un potere alle parti -‘ il termine può essere prorogato ‘ -non avrebbe potuto essere applicato senza un esplicito richiamo.
1.4. Ancor più chiaramente, e come affatto condivisibilmente osservato dalla difesa di RAGIONE_SOCIALE richiamando le corrispondenti argomentazioni della corte distrettuale ( cfr . pag. 21 del suo controricorso), le ipotesi di proroga del termine per il deposito del lodo previste dall’art. 820, comma 4, cod. proc. civ., tra cui anche quella di ammissione di una consulenza tecnica di ufficio , sono ‘ automatiche ‘, ovvero non bisognevoli di un’espressa disciplina autorizzatoria, mentre quelle specificamente disciplinate dall’art. 37 del Regolamento della Camera Arbitrale ricadono nella diversa ipotesi di proroghe sollecitate dall’iniziativa delle parti o degli arbitri . Conseguentemente, queste ultime non sono interpretabili nel senso di escludere l’applicabilità all’arbitrato amministrato delle ipotesi di proroga
automatica di cui all’art. 820, comma 4, cod. proc. civ., che, infatti, richiede a tal fine, nel proprio incipit , il ricorrere di una deroga espressa ( ‘ se le parti non hanno disposto diversamente, il termine è prorogato…nei casi seguenti ‘ ) e non implicita, come ritenuto, invece, dai ricorrenti.
Se il R egolamento camerale avesse voluto disporre ‘ diversamente ‘ dalla norma codicistica appena citata, lo avrebbe dovuto fare chiaramente ed espressamente, come accaduto, del resto, allorquando ha inteso derogare al termine per il deposito del lodo di duecentoquaranta giorni di cui all’art. 820, comma 2, cod. proc. civ., fissandone uno, più breve, di centottanta giorni.
Il silenzio del Regolamento al riguardo -e, quindi, la mancanza di una diversa ed espressa volontà contraria delle parti -non autorizza la disapplicazione della norma codicistica che contempla la proroga automatica, atteso che se ad esso non può attribuirsi un significato diverso da quello che gli viene attribuito direttamente dalla legge, nella fattispecie in esame, se le parti e il Regolamento arbitrale da loro accettato nulla hanno previsto in contrario, diviene indiscutibile la legittimità della (prima) proroga del termine di deposito del lodo (di cui all’ordinanza del collegio arbitrale n. 1 del 12 maggio 2015), contestata, invece, dai ricorrenti con la doglianza in esame.
1.5. Dalle esposte argomentazioni deriva pure l’infondatezza dell’assunto dei medesimi ricorrenti per cui, così opinando, la corte territoriale aveva violato le norme che sovrintendono all’ermeneut ica contrattuale di cui agli artt. 1362 e 1363 cod. civ.
Invero, l’inesistenza, nella specie, della volontà delle parti di considerare inapplicabile l’art. 820, comma 4, cod. proc. civ., è avvalorata dal rilievo che, tenuto conto della notevole complessità della vicenda sottostante, entrambe le parti richiesero una rilevante istruttoria, circostanza, questa, evidentemente in contrasto con un ‘ipotetica volontà contraria all’impiego della disposizione del codice di rito da ultimo richiamata, anzi dimostrativa del contrario proprio e nella misura in cui, come dedotto da entrambe le controricorrenti e non specificamente contestato dai ricorrenti, questi ultimi giammai contestarono tempestivamente agli arbitri l’avvenuta prima proroga del termine di deposito del lodo (tanto, infatti, avvenne solo il 13 giugno
2016, dopo oltre un anno dal relativo provvedimento), dai medesimi arbitri sancita proprio in chiara ed evidente applicazione della disposizione codicistica suddetta.
1.6. In definitiva, quindi, come condivisibilmente osservato dalle controricorrenti, la Corte di appello di Napoli: i ) lungi dal rendere inderogabile una norma (cioè l’art. 820, comma 4, cod. proc. civ.) che tale non è, in realtà ha applicato una norma dispositiva (vale a dire l’articolo predetto) nei limiti da questa previsti, espressamente accertando che le parti nulla avevano disposto diversamente rispetto ad essa, così specificamente dando valore proprio alla volontà delle parti, le quali non dovevano apportare alcuna modifica/integrazione all’art. 37 del Regolamento arbitrale de quo per rendere applicabile l’art. 820 , comma 4, cod. proc. civ. ma, al contrario, nel silenzio del medesimo Regolamento, avrebbero dovuto espressamente convenire la non applicabilità della proroga automatica; ii ) non ha certo attribuito il potere di disporre la (prima) proroga del termine di deposito del lodo a chi -il collegio arbitrale -non l’aveva , atteso che, trattandosi di proroga automatica, quel collegio ben poteva servirsene.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la « Violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118, comma 1, disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. », per motivazione apparente, perplessa ed incomprensibile della statuizione concernente la reiezione della domanda di nullità del lodo, perché sottoscritto dagli arbitri dopo la scadenza del termine, fondata sulla illegittimità della seconda proroga del termine per la sua sottoscrizione che era stata concessa dalla Corte Arbitrale in forza del comma 2 dell’art. 37 del Regolamento della Camera Arbitrale della CCIAA di Napoli.
2.1. Anche questa doglianza non merita accoglimento.
2.2. Giova premettere che, come ancora ribadito, in motivazione, da Cass. nn. 26383, 19423, 16118, 13621, 9807 e 6127 del 2024, l’attuale testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come modificato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 e qui applicabile, ratione temporis , risultando impugnata una sentenza pubblicata il 29 febbraio 2024, ha ormai ridotto al ‘ minimo costituzionale ‘ il
sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 35947, 28390, 26704 e 956 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022) che è oggi denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella ” mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico “, nella ” motivazione apparente “, nel ” contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ” e nella ” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile “, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ” sufficienza ” della motivazione ( cfr . Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti; Cass. nn. 20042 e 23620 del 2020; Cass. nn. 395, 1522 e 26199 del 2021; Cass. nn. 27501 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023) o di sua ‘ contraddittorietà ‘ ( cfr . Cass. nn. 7090 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023). Cass., SU, n. 32000 del 2022, ha puntualizzato, altresì, che, a seguito della riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’unica contraddittorietà della motivazione che può rendere nu lla una sentenza è quella ‘ insanabile ‘ e l’unica insufficienza scrittoria che può condurre allo stesso esito è quella ‘ insuperabile ‘. Non rileva, in relazione ad una siffatta contestazione, la correttezza della soluzione adottata o la sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva (cfr. Cass. n. 5375 del 2024; Cass. n. 35947 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022).
In particolare, il vizio di omessa o apparente motivazione della decisione sussiste qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento ( cfr . Cass. nn. 18079, 16117, 9807 e 6127 del 2024; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199, 1522 e 395 del 2021; Cass. nn. 23684 e 20042 del 2020; Cass. n.
9105 del 2017; Cass. n. 9113 del 2012). Ne deriva che è possibile ravvisare una ‘ motivazione apparente ‘ nel caso in cui le argomentazioni del giudice di merito siano del tutto inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentano l’identificazione dell’iter logico seguito per giungere alla conclusione fatta propria nel dispositivo risolvendosi in espressioni assolutamente generiche, tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi seguita dal giudice.
2.1. Un simile vizio -da apprezzarsi, peraltro, non rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva ( cfr . Cass. n. 16117 del 2024; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 26893 del 2020; Cass. n. 22598 del 2018; Cass. n. 23940 del 2017) -è, nella specie, insussistente.
Invero, come agevolmente emerge dalla lettura della sentenza impugnata ( cfr . amplius , pag. 23 e ss.), la corte distrettuale ha spiegato che: i ) in relazione alla prima proroga del 12 maggio 2015, il collegio arbitrale aveva ritenuto (legittimamente per quanto si è detto respingendosi il primo motivo di questo ricorso) applicabile l’art. 820, comma 4, cod. proc. civ.; ii ) quanto, poi, alla seconda proroga del 9 febbraio 2016, era stato pienamente osservato quanto sancito dall’art. 37 del Regolamento arbitrale della Camera di Commercio di Napoli, posto che la Corte arbitrale (e, dunque, non il collegio arbitrale) aveva ritenuto sussistenti i giustificati motivi richiesti da quella norma al fine di consentire la proroga del termine di deposito del lodo ravvisandoli nella necessità di disporre la rinnovazione della c.t.u.
È palese, dunque, l’i nconfigurabilità del vizio motivazionale come oggi lamentato dai ricorrenti, posto che, con riferimento alla seconda di tali proroghe (la cui legittimità è contestata nella doglianza in esame), non rileva l’art. 820, comma 4, cod. proc. civ., per il quale la proroga, automatica ed ex lege , non può avvenire per più di una volta nell’ambito dello stesso mezzo istruttorio o CTU, bensì l’art. 37 del Regolamento arbitrale suddetto, per il quale la proroga può essere accordata dalla Corte Arbitrale laddove sussistano ‘ giustificati motivi ‘ , la valutazione della cui esistenza, postulando
accertamenti fattuali, non è ulteriormente sindacabile in questa sede. Né l’applicabilità , al procedimento arbitrale in questione, dell’art. 820, comma 4, cod. proc. civ ., in punto di proroga automatica, osta all’applicabilità dell’art. 37 del citato Regolamento che, diversamente, prevede una proroga discrezionale (perché fondata sulla valutazione della ricorrenza dei ‘ giustificati motivi ‘), da disporre nell’esercizio dei poteri che le parti, accettando detto regolamento, hanno attribuito alla Corte Arbitrale.
3 . In conclusione, dunque, l’odierno ricorso di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, NOME COGNOME e NOME COGNOME deve essere respinto, restando a loro carico, in via solidale, le spese di questo giudizio di legittimità sostenute da ciascuna delle costituitesi parti controricorrenti, altresì dandosi atto -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/02, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ». hanno promosso ricorso affidato a due motivi.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, NOME COGNOME e NOME COGNOME e li condanna, in solido tra loro, al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna delle costituitesi parti controricorrenti , in € 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi
ricorrenti, in solido tra loro , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile