Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 9329 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 9329 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/04/2025
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 17826-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore COGNOME quest’ultimo anche in proprio, e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, già Banque Populaire Cote d’Azur, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1424/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, emessa il 15/04/2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale chiede che la Corte di Cassazione voglia rigettare il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. – C.MC. RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno agito nei confronti di Banque Populaire Cote d’Azur ed hanno chiesto dichiararsi la nullità di un contratto di leasing stipulato dalla società attrice, della quale COGNOME e COGNOME erano fideiussori, avente ad oggetto una imbarcazione Fiart 38 Genius, con condanna della convenuta alla restituzione del prezzo pagato nonché alla riduzione dell’importo della clausola penale ai sensi dell’art. 1384 c.c..
RAGIONE_SOCIALE Cote d’Azur ha resistito e spiegato domanda riconvenzionale di condanna della società attrice al pagamento dei canoni scaduti e a scadere.
Con sentenza del 3 febbraio 2015, il Tribunale di Napoli, facendo applicazione della disciplina dettata dal regolamento CE n. 44/2001, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore di quello francese.
2. – La sentenza, impugnata dalla società utilizzatrice e dai garanti, è stata confermata dalla Corte d’appello di Napoli. In particolare, i giudici di secondo grado hanno dato atto che il Tribunale aveva affermato la giurisdizione dell’autorità giudiziaria francese sul presupposto che: a) in Francia aveva sede l’amministrazione centrale della società convenuta (foro generale ex art. 2 Reg. CE n. 44/2001); b) in Francia (a Bastia) era avvenuta la consegna dell’imbarcazione concessa in leasing alla C.M.C. RAGIONE_SOCIALE (foro alternativo ex art. 5 Reg. cit.); c) in Francia si trovava il Tribunale di Nizza, individuato dalle parti come foro convenzionale esclusivo ( ex art. 23 Reg. cit.). La Corte territoriale ha precisato, altresì, che il primo giudice aveva chiarito che, in mancanza di diverso accordo, la clausola
di deroga della giurisdizione rendeva il foro convenzionale esclusivo e, dunque, prevalente sia sul foro generale del domicilio del convenuto, sia su quello speciale del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio era stata o doveva essere eseguita.
Non essendo in contestazione l’applicabilità, alla fattispecie, del Reg. CE n. 44/2001, la Corte d’appello ha disatteso gli argomenti addotti a sostegno dell’esperito gravame (asserita sottoscrizione in Italia del contratto di leasing , avvenuta consegna del natante in Italia, inutilizzabilità della documentazione prodotta dalla società concedente in quanto formalmente disconosciuta ai sensi dell’art. 215 c.p.c.), sottolineando, con specifico riferimento alla dirimente questione del foro convenzionale, che le censure svolte non tenevano conto della circostanza che la stessa società utilizzatrice aveva prodotto nel giudizio di primo grado copia del contratto di leasing stipulato in data 19 giugno 2009 (doc. n. 1 menzionato nell’atto di citazione), recante la firma di entrambe le parti contraenti, non disconosciuta da RAGIONE_SOCIALE, documento che « riproduceva il contenuto del contratto in termini perfettamente coincidenti -almeno per quanto qui interessa -con quelli risultanti dalla copia prodotta dalla banca convenuta ». I giudici d’appello, in particolare, hanno osservato che anche nella copia del contratto prodotta dalla società utilizzatrice compariva, tra le conditions generales , l’art. 13, intitolato « Attribution de Jiuridiction », che al comma 2, recitava che « ogni controversia che possa sorgere dall’esecuzione o dall’interpretazione del presente atto sarà di competenza esclusiva del Tribunale di Nizza » e che, nell’intestazione del contratto, la locataria dava atto di ben conoscere le condizioni generali ad esso allegate; sulla base di tali evidenze documentali, hanno ritenuto soddisfatto il
requisito della forma scritta imposto dall’art. 23 Reg. CE n. 44/2001, contenendo il documento contrattuale, sottoscritto dalle parti, un espresso richiamo alle condizioni generali recanti la clausola di « proroga di competenza », e considerato sussistente la giurisdizione del giudice francese, quale foro convenzionale esclusivo indicato dalle parti.
La Corte d’appello ha, infine, dichiarato inammissibile, perché formulata nelle conclusioni dell’atto di appello, la domanda intesa a far « accertare che il Sig. NOME COGNOME e la sig.ra COGNOME NOME non sono garanti delle obbligazioni assunte dalla RAGIONE_SOCIALE per cui nulla devono alla Banca Popolare di Costa Azzurra ».
3. – C.M.C. RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione della sentenza d’appello, sulla base di due motivi.
RAGIONE_SOCIALE Banque Populaire resiste con controricorso.
4. – Con ordinanza 20222 del 2024, il collegio ha rilevato che la questione di giurisdizione illustrata con il primo motivo di ricorso rientrava tra quelle devolute alla cognizione delle Sezioni Unite, ed ha dunque rimesso gli atti alla Prima Presidente, sicché il ricorso è pervenuto all’odierna adunanza.
5. – In vista di questa il procuratore generale ha depositato requisitoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso. Ha depositato memoria la controricorrente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6. – Il ricorso contiene due mezzi.
6.1. – Con il primo i ricorrenti denunziano « violazione e falsa applicazione degli artt. 1325 e 1418 c.c. e degli artt. 214 e seg. c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. », per avere la Corte d’appello disatteso il motivo di gravame concernente la questione della giurisdizione. Lamentano, in primo luogo, che
la decisione impugnata è viziata perché poggia sul documento, contenente l’accordo contrattuale, prodotto dalla Banca concedente dapprima in copia fotostatica, tempestivamente disconosciuta, e successivamente in copia attestata come conforme « dal funzionario addetto presso il consolato generale d’Italia a Nizza », anch’essa disconosciuta, non utilizzabili ai fini della decisione, in assenza di verificazione. In secondo luogo, si dolgono che la Corte d’appello, per il rigetto dell’appello, abbia ritenuto che l’utilizzatrice avesse confermato di conoscere le condizioni generali del contatto (e, quindi, quella di « proroga della giurisdizione »), mentre nella copia dell’accordo contrattuale esibita non si faceva menzione di tale conoscenza, che compariva, invece, nella copia disconosciuta e non verificata; e addebitano ai giudici di merito di non avere considerato che già nel giudizio di primo grado era stata eccepita la nullità del contratto di leasing ex artt. 1325 e 1418 c.c. « per la mancanza di un accordo (consapevole) a causa dell’errore linguistico », derivante dal fatto che, essendo il documento stato redatto in lingua francese, non conosciuta dal legale rappresentante della società locataria, quest’ultimo aveva ritenuto che la deroga di giurisdizione operasse esclusivamente nei confronti dell’istituto bancario (cioè che si potesse adire il Giudice francese nel caso di azione intentata dalla Banca). Soggiungono che il requisito della forma scritta, prescritto dall’art. 23 del Regolamento CE n. 44/2001, per la clausola di proroga della giurisdizione in favore di uno degli Stati aderenti, può dirsi rispettato soltanto se il documento contrattuale sia stato sottoscritto da entrambe le parti e contenga un richiamo espresso alle condizioni generali, ancorché tale richiamo non debba essere conforme alla previsione di cui all’art. 1341 c.c, dovendo, al contrario, tale requisito ritenersi mancante nell’ipotesi in cui la clausola sia
stata inserita in un modulo sottoscritto da uno solo dei contraenti; pertanto, nella specie, avrebbe dovuto farsi applicazione della disciplina dettata dall’art. 5 del Regolamento CE n. 44/2001, secondo cui « la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta davanti al Giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita » (lett. a) e « nel caso di compravendita di beni il luogo coincide con quello situato nello stato membro, in cui i beni sono stati ovvero avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto » (lett. b). Il giudice d’appello avrebbe, quindi, dovuto accertare che il verbale di consegna del bene, che conteneva la falsa indicazione del luogo in cui era stato consegnato (Bastia- Francia), in realtà, era stato disconosciuto anche nella sottoscrizione e, conseguentemente, avrebbe dovuto ritenere fondata l’allegazione della utilizzatrice, che aveva evidenziato che la consegna era avvenuta a Baia – Napoli, presso il cantiere costruttore dell’imbarcazione RAGIONE_SOCIALE o, quanto meno, consentirne la prova.
6.2. – Con il secondo motivo, rubricato: « Violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. », i ricorrenti censurano la decisione impugnata nella parte in cui la Corte ha dichiarato inammissibile, perché tardivamente introdotta, la domanda volta ad accertare l’insussistenza della fideiussione a garanzia delle obbligazioni assunte dalla utilizzatrice, sostenendo, al contrario, che la domanda era stata proposta sin dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado, e precisamente a pag. 15, capo 8, del medesimo atto.
– Il ricorso va respinto.
7.1. – Il primo composito mezzo è nel complesso infondato.
Difatti:
-) quanto all’assunto secondo cui il giudice di merito non avrebbe « correttamente applicato le norme processuali relative al disconoscimento di una scrittura privata », il motivo manifesta un evidente profilo di inammissibilità giacché non si cura della ratio decidendi, atteso che la Corte d’appello ha fondato la propria pronuncia non già sulla scrittura privata disconosciuta, bensì sul « documento n. 1) menzionato nel corpo dell’atto di citazione e inserito all’interno del fascicolo di parte », limitandosi poi a constatare che tale copia « firmata da entrambe le parti e non disconosciuta nella sottoscrizione dalla società attrice, riproduce il contenuto del contratto in termini perfettamente coincidenti – almeno per quanto qui interessa – con quelli risultanti dalla copia prodotta dalla banca convenuta »: la Corte territoriale, cioè, ha accertato che il contratto intercorso tra le parti recava la clausola di proroga della giurisdizione non sulla base del documento prodotto dalla banca, bensì di quello depositato ab origine dalla stessa parte attrice; è dunque palese che il giudice di merito ha ritenuto la superfluità del contratto prodotto dalla banca originariamente convenuta, ben potendo la sua eccezione di difetto di giurisdizione essere scrutinata ed accolta, in applicazione del principio di acquisizione processuale, sulla base della versione del documento prodotta dalla stessa parte attrice, e ciò spiega del resto il perché, a fronte del disconoscimento operato dagli originari attori, ed a seguito dell’istanza di verificazione formulata dalla banca (la quale nel controricorso richiama quanto risultante alle righe da 17 a 19, seconda pagina, del verbale udienza del 29 aprile 2014), il giudice di merito abbia ritenuto la causa matura per la decisione senza dar corso al procedimento di verificazione;
-) quanto all’assunto secondo cui il giudice di merito non avrebbe « considerato … che la clausola contenuta nel
documento prodotto in copia fosse in lingua francese, senza che fosse accompagnata dalla traduzione in lingua italiana », il motivo è infondato, dal momento che, contrariamente a quanto ivi asserito, la sentenza impugnata ha avuto ben presente la circostanza che il documento richiamato fosse redatto in francese (« Il significato del testo contrattuale innanzi trascritto – che la Corte è in grado di comprendere agevolmente, anche grazie all’allegata traduzione in lingua italiana operata su incarico della Banque Populaire … asseverata dall’autrice con giuramento … è il seguente … »), ma l’ha ritenuta insignificante, precisando che l’obbligo dell’impiego della lingua italiana concerne gli atti processuali, non quelli sostanziali, che bene possono essere redatti in altra lingua e come tali esaminati dal giudice di merito, senza che questi debba necessariamente ricorrere all’ausilio di un traduttore (cfr., in tal senso, Cass. 16 giugno 2011, n. 13249; Cass. 12 marzo 2013, n. 6093);
-) quanto all’assunto secondo cui il giudice di merito non avrebbe « considerato che la parte attrice, fin dal primo momento, ha eccepito la nullità del contratto e comunque della singola clausola, invocando il malinteso linguistico derivante dal fatto che il documento era stato redatto in lingua francese non conosciuta dal legale rappresentante della società attrice », il motivo è inammissibile anzitutto per difetto di specificità, giacché dalla parte narrativa del ricorso per cassazione non risulta affatto se ed in quali termini una simile questione di nullità del contratto di leasing , cui la sentenza impugnata non accenna, fosse stata effettivamente formulata, ed anzi, dalle conclusioni spiegate dagli attori in primo grado, come trascritte a pagina 3 del ricorso, niente di pertinente emerge; di più, si è visto che il motivo denuncia violazione degli « artt.
1325 e 1418 c.c. », ma dal ricorso non riesce ad intendersi per quale ragione il contratto sarebbe stato nullo;
-) quanto all’assunto secondo cui il giudice di merito avrebbe errato nel valorizzare l’affermazione contenuta in contratto, con la quale la società attrice aveva dichiarato « di ben conoscere le condizioni generali del contratto (e quindi quella sulla ‘proroga’ della giurisdizione) come rilevato dall’intestazione del contratto scritto sempre in francese », dal momento che tale dichiarazione sarebbe stata presente soltanto « nella copia disconosciuta e non verificata, in produzione di parte appellata », il motivo è inammissibile poiché denuncia un ipotetico errore percettivo estraneo alla previsione dell’articolo 360 c.p.c., avuto riguardo alla già effettuata verifica, da parte della Corte d’appello, che il contratto prodotto da parte attrice era invece redatto « in termini perfettamente coincidenti – almeno per quanto qui interessa – con quelli risultanti dalla copia prodotta dalla banca convenuta » (Cass. 37382/2022);
-) quanto all’assunto secondo cui il requisito della forma scritta, prescritto dall’articolo 23 del Regolamento n. 44/01, « è rispettato, per il caso in cui la clausola stessa figuri tra le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti e stampate nel documento contrattuale, soltanto se quest’ultimo sia sottoscritto da entrambe le parti », la censura appare diretta a capovolgere un accertamento di merito, secondo cui il contratto era sottoscritto da ambo le parti e rinviava alle condizioni generali; in proposito occorre solo aggiungere che non ha riscontro, ed in ciò il motivo è infondato, la tesi dei ricorrenti secondo cui le condizioni generali dovrebbero essere « stampate » nel contratto, giacché le Sezioni Unite hanno stabilito che « in tema di proroga della giurisdizione in favore di uno Stato membro dell’Unione
europea, prevista dall’art. 23 del Regolamento CE n. 44 del 2001, la necessità della forma scritta della clausola che la preveda è soddisfatta anche quando essa non sia contenuta nel contratto sottoscritto dalle parti ma sia inserita in altro documento o formulario, al quale il contratto rinvia, quando risulti chiaramente che il rinvio investe in modo chiaro tutte le clausole del documento richiamato e che le parti abbiano voluto una relatio perfecta anche della clausola di proroga » (Cass., S.U., n. 3693 del 2012); ove la clausola di proroga della giurisdizione sia contenuta nelle condizioni generali di contratto si ritiene che essa sia lecita ogni qual volta nel testo del contratto sottoscritto dalle parti – senza la necessità di una specifica approvazione per iscritto – sia contenuto un richiamo espresso alle condizioni generali contenenti la clausola stessa (Cass., S.U., n. 8895 del 2017, nel richiamare la sentenza della Corte giustizia, 20 aprile 2016, RAGIONE_SOCIALE); sempre con riguardo alla clausola di proroga contenuta nelle condizioni generali è stato affermato che il rispetto del requisito della forma scritta, previsto per il patto di proroga della giurisdizione in favore dell’autorità giudiziaria di un Paese estero, dall’art. 25, par. 1, lett. a), del Reg. UE n. 1215 del 2012, richiede, secondo l’interpretazione datane dalla CGUE con sentenza dell’8 marzo 2017, in causa n. 64/2017, che la clausola attributiva della giurisdizione sia stata effettivamente oggetto di pattuizione tra le parti, manifestatasi in modo chiaro e preciso, ed è pertanto rispettato nel caso in cui tale clausola sia contenuta nelle condizioni generali di contratto predisposte dalla parte acquirente, espressamente richiamate negli ordini di acquisto e ad essi allegate (Cass., S.U., n. 13594/2022; più di recente Cass., S.U., n. 361/2023); -) quanto, infine, all’assunto secondo cui il giudice di merito avrebbe dovuto tener conto della « falsa indicazione del luogo
ove era stato consegnato (Bastia – Francia) che in realtà era stato disconosciuto anche nella sottoscrizione », il motivo nuovamente trascura quanto affermato dalla Corte partenopea in ordine all’applicazione del foro convenzionale esclusivo indicato dalle parti, « il che rende irrilevante la questione relativa all’individuazione del luogo di consegna del natante concesso ».
7.2. – Il secondo mezzo è inammissibile.
COGNOME e COGNOME sostengono di aver dedotto, nel corpo dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, che « alcuna delle parti ha garantito personalmente l’eventuale credito della Banca », avendo ivi precisato che « la sig.ra COGNOME in proprio ed il sig. COGNOME avevano ricevuto una richiesta di pagamento in quanto presunti fideiussori per una garanzia che giammai avevano inteso concedere e per questo lasciano alla parte avversa l’impossibile prova di dimostrare il contrario ». E, subito dopo, essi soggiungono che: « Deve essere che l’errore della Corte sia dipeso dal fatto di non aver rinvenuto nelle conclusioni dell’atto originario e in quelle proposte nelle conclusioni rassegnate a verbale ».
Questo motivo trascura una delle due rationes decidendi svolte dalla Corte d’appello, dal momento che il giudice di merito ha ritenuto l’inammissibilità della domanda non solo perché nuova, ma anche perché « nemmeno è stato articolato sul punto uno specifico motivo di gravame », affermazione questa nient’affatto sfiorata dal motivo in esame.
8. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
PER QUESTI MOTIVI
rigetta il ricorso, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della
contro
ricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 12.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater , che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis .
Così deciso in Roma, il 14/01/2025.