Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19469 Anno 2019
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19469 Anno 2019
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2019
sul ricorso 12702/2014 proposto da:
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COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOMECOGNOME giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrenti – contro
Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1737/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 14/05/2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/06/2019 dal cons. COGNOME NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto, dinanzi alla Corte d’appello di Firenze, opposizione alla determinazione definitiva dell’indennità di espropriazione di un immobile di loro proprietà, sito nel Comune di Empoli, INDIRIZZO utilizzato per i lavori di recupero e consolidamento del INDIRIZZO e per la realizzazione di un giardino fluviale.
Essi hanno riferito della dichiarazione di pubblica utilità del 18 settembre 2000, che aveva anche dichiarato le opere urgenti e indifferibili e fissato i termini (ventiquattro mesi) per l’ultimazione dei lavori e il compimento delle procedure espropriative; del decreto prefettizio di occupazione d’urgenza del 23 ottobre 2000 e del decreto prefettizio di espropriazione del 13 novembre 2007; di successive riapprovazioni del progetto che avevano determinato la proroga del termine per la conclusione delle procedure; hanno riferito inoltre di avere, all’esito di altro procedimento giudiziario, ricevuto l’indennità di occupazione legittima, dal 23 ottobre 2000 al 12 luglio 2002, determinata in C 9617,567; dunque hanno chiesto di determinare
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l’indennità definitiva in misura (pari a C 270000,00 circa) superiore a quella stimata (C 149000,00 circa) e l’ulteriore indennità di occupazione legittima dal 13 luglio 2002 al 13 novembre 2007.
La Corte fiorentina, con sentenza dell’Il novembre 2013, ha rigettato la domanda relativa all’indennità di espropriazione e ha determinato l’indennità di occupazione residua in C 10006,00, limitatamente al periodo dal 13 luglio 2002 al 17 gennaio 2006 (data della perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità).
La Corte ha osservato che la dichiarazione di pubblica utilità del 2000 era divenuta inefficace il 17 gennaio 2006, che l’occupazione era divenuta senza titolo e che il decreto di esproprio era dunque nullo per carenza di potere; che le riapprovazioni del progetto erano avvenute prima della scadenza dei termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità ed erano finalizzate solo a consentire una nuova procedura espropriativa rispetto alla precedente scaduta, che i lavori erano terminati già nel 2005 e che era mancata una rivalutazione delle esigenze di pubblica utilità; che si era quindi verificata una occupazione espropriativa che rendeva infondata la domanda relativa all’indennità di esproprio; la Corte ha determinato l’indennità di occupazione legittima nella misura degli interessi dovuti sull’indennità virtuale di espropriazione, calcolata secondo il valore di mercato indicato dal c.t.u., cui ha apportato un abbattimento, in considerazione delle caratteristiche dell’immobile.
Avverso questa sentenza i proprietari hanno proposto ricorso per cassazione e memoria, cui si è opposto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
CONSIDERATO CHE
Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 21 septies octies e della legge n. 241 del 1990 e omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e
decisivo, per avere dichiarato la nullità del decreto di esproprio che era invece valido, in quanto emesso nella vigenza della dichiarazione di pubblica utilità, i cui termini erano stati prorogati con decreti emessi sempre prima della scadenza; infatti, la dichiarazione di pubblica utilità del 17 settembre 2000 indicava il termine di ventiquattro mesi per l’ultimazione dei lavori e il compimento delle procedure espropriative, erano seguiti tempestivi decreti: in data 19 giugno 2002, di proroga di ulteriori ventiquattro mesi, in data 6 agosto 2004 di proroga sino al 31 dicembre 2006 e in data 29 dicembre 2006 sino al 31 dicembre 2007, sicché il decreto di esproprio emesso il 13 novembre 2007 era tempestivo.
Il motivo è fondato.
La Corte di merito, a sostegno della decisione, ha richiamato la giurisprudenza secondo la quale, una volta divenuta inefficace la dichiarazione di pubblica utilità per intervenuta scadenza dei termini previsti per il compimento delle espropriazioni e i lavori, di cui all’art. 13 della legge n. 2359 del 1865 (ora art. 13 dPR n. 327 del 2001), il potere dell’espropriante di portare a compimento il procedimento ablatorio si esaurisce e per riattivarlo è necessaria la rinnovazione della dichiarazione di pubblica utilità, con la rivalutazione degli interessi pubblici e il compimento di tutte le formalità necessarie, non essendo sufficiente la mera proroga dei termini scaduti a rendere legittima ex post l’attività materiale di trasformazione del bene già compiuta, risultando l’eventuale decreto di esproprio nullo in quanto privo di oggetto e del collegamento funzionale con la vicenda espropriativa (ad es. Cass. n. 17491 del 2008, SU n. 2775 del 2007).
La suddetta giurisprudenza non è tuttavia utilmente invocabile nel caso in cui l’espropriante disponga la proroga dei termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità prima della loro scadenza, nel qual caso non è configurabile alcuna carenza del potere
amministrativo (né in astratto né in concreto), conseguendone la legittimità dell’attività manipolativa compiuta sul bene privato, potendosi semmai ipotizzare un esercizio viziato del potere per finalità estranee a quelle consentite dalla legge, denunciabile dinanzi al giudice degli interessi (Cass. n. 17453 del 2011).
Nella specie, la Corte di merito ha valorizzato le circostanze che il progetto fosse stato riapprovato con decreti emessi prima della scadenza dei termini e che l’irreversibile trasformazione fosse già avvenuta e ne ha desunto l’illiceità dell’occupazione (senza titolo) e la nullità del decreto di esproprio, senza però considerare che, com’è pacifico, l’inutile decorso del termine previsto dalla dichiarazione di pubblica utilità comporta la sopravvenuta inefficacia del relativo provvedimento qualora “non prorogato né modificato” (Cass. n. 20459 del 2005). Ma quando – come nella specie – il termine di efficacia sia stato prorogato tempestivamente (prima della scadenza), la dichiarazione di pubblica utilità resta efficace e il decreto di esproprio è quindi valido se emesso medio tempore (nel periodo di efficacia della suddetta dichiarazione), e neppure può dirsi illecita l’attività materiale già compiuta.
Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 50 del dPR n. 327 del 2001 e omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo, per avere determinato l’indennità di occupazione legittima dal 13 luglio 2002 (valendo per il periodo precedente il giudicato derivante da altra sentenza della medesima Corte d’appello) sino al 17 gennaio 2006, anziché sino al 13 novembre 2007, data di emissione del decreto di esproprio, e per avere utilizzato il criterio della percentuale annua sull’indennità di espropriazione, anziché quello previsto dall’art. 50 del dPR n. 327 del 2001 (un dodicesimo di quanto sarebbe dovuto nel caso di esproprio
dell’area e, per ogni mese o frazione di mese, un dodicesimo di quella annua).
Il motivo è fondato limitatamente al primo profilo, dovendo l’indennità commisurarsi al periodo di occupazione legittima sino al decreto di esproprio, validamente emesso il 13 novembre 2007; è invece infondato nel secondo profilo, invocandosi l’art. 50 del dPR del 2001 non applicabile ratione temporis nella fattispecie (v. art. 57).
Il primo motivo, denunciante violazione e falsa applicazione dell’art. 42 bis dPR n. 327 del 2001, per avere fatto impropria applicazione dell’istituto dell’occupazione espropriativa o acquisitiva, è assorbito.
In conclusione, in accoglimento del secondo e terzo motivo, nei termini di cui in motivazione, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, che dovrà determinare l’indennità di espropriazione e rideterminare quella di occupazione legittima, nonché provvedere sulle spese della presente fase.
P.Q.M.
per le spese. La Corte accoglie il secondo e terzo motivo, dichiara assorbito il primo e, in relazione ai motivi accolti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche
Roma, 24 giugno 2019