Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34544 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 34544 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 10114-2023 proposto da:
RIECO RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 165/2022 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 04/01/2023 R.G.N. 86/2022;
R.G.N. 10114/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 04/12//2024
PU
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME
FATTO
1. Con sentenza 4 gennaio 2023, la Corte d’appello di Campobasso ha accertato l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra Santuccio Di Rosa e RAGIONE_SOCIALE dal 28 aprile 2020, ordinato alla società la riammissione del lavoratore nel posto e nelle mansioni con decorrenza dal momento di trasformazione del rapporto e l’ha condannata al pagamento, in suo favore a titolo risarcitorio, di una somma pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del T.f.r., oltre accessori di legge e relativa regolarizzazione previdenziale.
Essa ha così riformato la sentenza di primo grado, che aveva invece rigettato le domande del lavoratore (prestatore di attività di lavoro subordinato, con mansioni di operatore ecologico -con inquadramento ‘J’ del CCNL FISE per servizi di igiene ambientale e smaltimento rifiuti -in favore della società, titolare dal 1° dicembre 2018 di appalto del servizio di igiene urbana del Comune di Termoli, come dipendente a tempo determinato full time con contratto dal 26 aprile 2019 al 26 maggio 2019 più volte prorogato fino al 30 settembre 2020, con assunzione motivata, così come le successive proroghe, per ‘stagionalità dei comuni serviti’) di nullità della clausola impositiva del termine del contratto del 26
aprile 2019 e delle successive quattro proroghe del 26 maggio 2019, 14 settembre 2019, 31 ottobre 2019 e 30 aprile 2020 (con scadenza dell’ultimo termine il 30 settembre 2020) e di quelle suindicate accolte dalla Corte territoriale.
Contrariamente al Tribunale, essa ha ritenuto tempestiva, ai sensi dell’art. 28 d.lgs. 81/2015, l’impugnazione con ricorso ai sensi dell’art. 700 c.p.c. del 1° dicembre 2020 dell’unico contratto stipulato tra le parti, successivamente prorogato, dalla sua cessazione il 30 settembre 2020 (giusta l’ultima proroga del 30 aprile 2020), nel rispetto del termine di decadenza di 180 giorni stabilito dall’art. 6 legge n. 604/1966 richiamato dall’art. 28 cit. E ciò, per la diversità dell’ipotesi di proroga del(l’ unico) contratto da quella di rinnovo, invece configurante una pluralità di contratti, con differenti date di rispettiva cessazione e maturazione di diversi termini di decadenza.
In applic azione dell’art. 19, commi 1 e 1 bis d.lgs. 81/2015 -non derogato (contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale) dall’art. 93 d.l. 34/2020 (di possibilità di rinnovo o di proroga fino al 30 agosto 2020 dei c.at. pendenti il 23 febbraio 2020 anche in assenza delle condizioni stabilite dall’art. 19 cit., in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19), in quanto in vigore da data successiva all’ultima proroga del 30 aprile 2020 la Corte d’appello ha accertato che la proroga del 30 ap rile 2020, successiva ai primi dodici mesi del contratto (entro i quali erano possibili proroghe acausali), non corrispondesse alle condizioni di legge prescritte, e pertanto ha ritenuto convertito il rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato.
Con atto notificato il 28 aprile 2023, la società ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, cui ha
resistito il lavoratore con controricorso.
Il P.G. ha comunicato conclusioni scritte nel senso del rigetto del ricorso.
Il controricorrente ha comunicato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 21 comma 1 d.lgs. 81/2015 come mod. dal d.l. 87/2018 conv. in legge n. 96/2018, 28 d.lgs. 81/2015 e 6 legge n. 604/1966, clausola 5, p.to 1 dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato , all. direttiva n. 1999/70 CE, per avere la Corte territoriale erroneamente ricondotto la decorrenza del termine di impugnazione, ai sensi dell’art. 28 d.lgs. 81/2015, alle pregresse pattuizioni di proroga (tali essendo quelle di invarianza delle ragioni giustificanti l’iniziale assunzione a tempo determinato, ma non quelle in base ad una diversa motivazione, integrante piuttosto rinnovo e pertanto nuovo contratto a termine secondo la Circolare del Ministero del Lavoro n. 17 del 31 ottobre 2018) del rapporto e pertanto all’ultima (quarta) ritenuta illegittima: così disattendendo l’interpretazione giurisprudenziale di legittimità, secondo cui l’art. 28 d.lgs. cit. esclude che ‘la impugnativa dell’ultimo rapporto contrattuale a termine debba essere efficace per tutta la catena di contratti a tempo determinato e/o proroghe, anche se già colpite da decadenza’ .
Esso è infondato.
Giova al riguardo premettere che, in tema di successione di contratti di lavoro a termine in somministrazione, l’impugnazione stragiudiziale dell’ultimo contratto della serie non si estende ai contratti precedenti, neppure ove tra un contratto e l’altro sia decorso un termine inferiore a quello di
sessanta giorni utile per l’impugnativa, poiché l’inesistenza di un unico continuativo rapporto di lavoro – il quale potrà determinarsi solo ex post , a seguito dell’eventuale accertamento della illegittimità del termine – comporta la necessaria conseguenza che a ciascuno dei predetti contratti si applichino le regole inerenti alla loro impugnabilità (Cass. 21 novembre 2018, n. 30134, che sottolinea in motivazione: ‘La singolarità dei contratti e la inesistenza di un unico continuativo rapporto di lavoro (che solo ex post , a seguito dell’eventuale accertamento della illegittimità del termine apposto e della ragione dell’assunzione, potrà determinarsi), evidenzia la necessaria conseguenza che a ciascuno di essi si applichino le regole inerenti la loro impugnabilità. Verrebbe altrimenti anticipata, in modo non giustificato, una eventuale considerazione unitaria del rapporto lavorativo (tutti i contratti intervenuti a prescindere dal lasso temporale che li separa), estranea al fatto storico allegato il cui rilievo giuridico è oggetto della domanda avanzata’ ).
Analogamente, in tema di contratto di lavoro a termine, in caso di azione promossa dal lavoratore per l’accertamento dell’abuso risultante dall’utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato, il termine di impugnazione previsto a pena di decadenza dall’art. 32, comma 4, lett. a), della legge n. 183 del 2010, deve essere osservato e decorrere dall’ultimo ( ex latere actoris ) dei contratti intercorsi tra le parti, atteso che la sequenza contrattuale che precede l’ultimo contratto rileva come dato fattuale, che concorre ad integrare l’abuso dei contratti a termine e assume evidenza proprio in ragione dell’impugnazione dell’ultimo contratto (Cass. 16 febbraio 2023, n. 4960; Cass. 30 maggio 2023, n. 15226, in motivazione sub p.to 8)
3.1. Si rende allora necessario ribadire con chiarezza la differenza tra proroga e rinnovo del contratto a termine: ‘ in
assenza di una definizione normativa del significato dei termini proroga e rinnovazione, essi esprimono necessariamente concetti differenti, nel senso che, con la proroga , viene prolungata l’efficacia di un contratto in essere, proseguendone l’esecuzione oltre la scadenza originariamente prevista e mantenendone sostanzialmente intatta l’identità, integrando una modifica limitata alla durata del rapporto preesistente; invece, con la rinnovazione , la volontà delle parti non incide soltanto sulla posticipazione della scadenza, ma sulla stessa identità causale del rapporto (Cass. 7 ottobre 2024, n. 26153, in motivazione sub p.to 6). La stessa sentenza ha quindi sottolineato come ‘tale opzione ermeneutica’ sia ‘stata, tra l’altro recepita in circolare del Ministero del Lavoro del 2018’ , secondo cui ‘La proroga presuppone che restino invariate le condizioni che avevano giustificato inizialmente l’assunzione a termine, fatta eccezione per la necessità di prorogarne la durata entro il termine di scadenza. Pertanto, non è possibile prorogare un contratto a tempo determinato modificandone la motivazione, in quanto ciò darebbe luogo ad un nuovo contratto a termine ricadente nella disciplina del rinnovo’ . E ha condiviso una tale interpretazione, ‘perché conforme al significato letterale della norma, che esprime una differenza semantica tra proroga e rinnovo , che non sono sinonimi e quindi descrivono fenomeni non completamente sovrapponibili’ , come risulta dal ‘la non completa sovrapposizione tra i due concetti … confermata dalla modifica legislativa successiva ai fatti di causa, che ha invece liberalizzato (oltre alla proroga) anche il rinnovo acausale del contratto a termine nel primo anno, assimilando una disciplina che in precedenza era stata mantenuta distinta’ (Cass. 7 ottobre 2024, n. 26153, in motivazione sub p.ti 7 e 8).
3.2. Nel solco dell’insegnamento di questa Corte secondo cui ‘la stipulazione di un unico contratto di lavoro è conforme sia alla legislazione italiana ratione temporis applicabile alla fattispecie (d.lgs. n. 81 del 2015) sia alla normativa (e alla giurisprudenza) comunitaria (non applicandosi -a tale ipotesi -la clausola 5 dell’Accordo Quadro citato, che stabilisce, al suo punto 1, le misure che debbono introdurre gli Stati membri in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi ed essendo sfornita, dunque, di fondamento la tesi, proposta dall’appellante, di una ‘lettura restrittiva’ della locuzione ‘successione di rapporti di lavoro a tempo determinato’ (Cass. 28 febbraio 2024, n. 5332, in motivazione sub p.to 5), la Corte territoriale ha esattamente applicato i sopra enunciati principi di diritto, avendo correttamente ritenuto l’unicità del cont ratto prorogato: e, pertanto, la sua singolarità, a differenza di quanto avviene n ell’ipotesi del rinnovo, che postula, come detto, la pluralità dei contratti a termine, con la conseguente maturazione di un diverso termine di decadenza dalla cessazione di ogni contratto.
La Corte d’appello ha così ravvisato la tempestività dell’impugnazione del contratto a termine e delle sue quattro proroghe (dal secondo capoverso di pg. 12 al primo di pg. 13 della sentenza).
Con il secondo motivo, la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli art. 19, comma 2 d. lgs. 81/2015, in relazione all’art. 11, comma 3 CCNL Fise Assoambiente, per inosservanza della salvezza, nella previsione di durata massima di 24 mesi del c.at., stabilita dalla norma denunciata, del ‘le diverse disposizioni dei contratti collettivi’ , in particolare contenute nell’art. 11 CCNL cit., di durata massima di 36 mesi (come interpretato dalla citata Circolare del Ministero del Lavoro) in bas e all’accordo 6
dicembre 2016 (successivamente modificato con accordo del 9 dicembre 2021), ben applicabile al caso di specie, per la legittimità delle proroghe in quanto rispettose di tale limite di durata.
Tale motivo è inammissibile.
La deduzione è infatti nuova, non avendone trattato la sentenza impugnata né avendo la società, a pena di inammissibilità della censura, allegato la sua avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, ma neppure indicato in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio (Cass. 9 agosto 2018, n. 20694; Cass. 1 luglio 2024, n. 18018).
Con il terzo motivo, la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c., 2697 c.c. e un omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, per l’apodittica affermazione della Corte territoriale di carenza di causali specifiche nella quarta proroga, in difetto di motivazione del diverso apprezzamento delle prove da parte del Tribunale, sulla documentazione (trascritta a pgg. da 25 a 27 ricorso: Grafico 4 -numero di presenze mensili registrate a Termini e missive Ceppagatti) dell’esigenza di incremento dell’attività di smaltimento dei rifiuti, connessa alla richiesta di pulizia dell’area portuale di Termoli, avente carattere straordinario ed urgente, tenuto conto dell’incremento demografico della città nel periodo estivo, anche per ragioni di turismo e delle oggettive difficoltà, legate alla pandemia da Covid-19, di disponibilità di personale; né potendo le causali essere variate in sede di
proroga.
Anche tale motivo è inammissibile.
Ed infatti, la censura consiste nella contestazione dell’accertamento in fatto della Corte territoriale (di assenza di precisazione delle esigenze specifiche, che avrebbero giustificato la proroga del 30 aprile 2020: come prescritto dall’art. 19, comma 1 d.lgs. 81/2015, essendo la prima successiva ai dodici mesi di rapporto), accertamento din fatto congruamente argomentato (all’ultimo capoverso di pg. 15 e al secondo e terzo capoverso di pg. 16 della sentenza). Per giunta, la società individua le esigenze specifiche di proroga unicamente nelle ‘ragioni di carattere produttivo motivate dalla stagionalità dei comuni serviti’ , con riferimento a tutta la documentazione suindicata al diverso periodo dell’autunno 2019: come puntualmente dedotto dal lavoratore reclamante e dandone la sentenza d’appello esplicito atto (al primo capoverso di pg. 9).
Pertanto il ricorso deve essere rigettato, con regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e distrazione al difensore del controricorrente antistatario, secondo la sua richiesta.
Al rigetto del ricorso segue altresì il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto, nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 5.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge, con distrazione in favore del
difensore antistatario.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 4 dicembre 2024