Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5580 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5580 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25213/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Presidente pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato -Contratti a termine -Proroga -Protocollo di intesa -Ambito soggettivo di applicazione
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO
Ud. 20/02/2024 CC
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 333/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/02/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 20/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 333/2018 del 22 febbraio 2018, la Corte d’appello di Roma, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE, ha accolto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 326/2014 del 14 gennaio 2014 e, per l’effetto, ha accertato il diritto dell’appellante a conseguire la proroga di due anni del contratto di lavoro a tempo determinato concluso con RAGIONE_SOCIALE, condannando quest’ultima alla corresponsione dell’importo di € 56.806,20, pari alla somma delle mensilità di retribuzione non percepita.
Come riferito nella decisione impugnata -e per quanto ancora qui rileva – NOME COGNOME aveva adito il Tribunale di Roma, riferendo che:
-era stata assunta con contratto a tempo determinato in data 18 giugno 2007, all’esito del concorso , pubblicato 12 agosto 2005, per l’assunzione di trentacinque unità di personale a termine, concorso all’esito del quale era stata giudicata concorrente idonea, poi subentrando per scorrimento nella posizione di candidati vincitori.
-in data 11 luglio 2007, tra il datore e le organizzazioni RAGIONE_SOCIALE era stato concluso protocollo di intesa per il superamento del lavoro precario, col quale RAGIONE_SOCIALE -secondo la ricorrente -si era
impegnata a prorogare per il periodo di due anni tutti i contratti a tempo determinato dei lavoratori assunti all’esito del bando ;
-nel caso della stessa lavoratrice, invece, RAGIONE_SOCIALE aveva prorogato il contratto per soli sei mesi.
Aveva quindi chiesto al Tribunale di accertare l’illegittimità del comportamento di RAGIONE_SOCIALE e di riconoscere, tra l’altro, il proprio diritto a conseguire la proroga biennale, e non solo semestrale.
Costituitasi regolarmente RAGIONE_SOCIALE -controdeducendo che la previsione del Protocollo di intesa invocata dalla ricorrente non era a quest’ultima applicabile, in quanto NOME COGNOME era stata assunta non in quanto diretta vincitrice del concorso, ma in quanto idonea e poi subentrata a seguito dello scorrimento della graduatoria -il Tribunale di Roma aveva respinto la domanda.
Proposto gravame da parte della lavoratrice, la Corte d’appello di Roma ha accolto l’appello , richiamando la motivazione adottata in un proprio precedente pronunciato in vicenda sovrapponibile a quella in esame, e quindi ribadendo che l’interpretazione dell’art. 3 del citato Protocollo non era idonea a fondare alcuna distinzione tra vincitori ‘immediati’ del concorso ed ‘idonei’ assunti in virtù di scorrimento, assumendo rilevanza unicamente la circostanza che la lavoratrice era stata assunta all’esito d el concorso stesso.
La Corte territoriale ha poi escluso che la proroga richiesta dalla lavoratrice fosse preclusa dal limite dettato dall’art. 3, comma 9, della Legge Finanziaria 2008, sia perché la previsione non vale a neutralizzare l’obbligo assunto con il Protocollo come evidenziato dalla condotta successiva della stessa RAGIONE_SOCIALE, che aveva provveduto a prorogare i contratti degli immediati vincitori del concorso -sia perché l’amministrazione non aveva adeguatamente dedotto né provato che
la copertura finanziaria fosse sufficiente a prorogare di ventiquattro mesi i soli contratti a termine degli immediati vincitori.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre ora RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso NOME COGNOME, successivamente illustrato da memoria.
5 La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, D. Lgs. n. 165/2001.
Argomenta, in particolare, il ricorso che le ragioni alla base della decisione della Corte d’appello di Roma si porrebbero in contrasto con le previsioni che regolano l’istituto del contratto a termine nel pubblico impiego, ed in particolare con l’art. 36, D. Lgs. n. 165/2001 il quale, nella versione ratione temporis applicabile al rapporto, avrebbe consentito la conclusione di contratti a tempo determinato solo per esigenze temporanee ed eccezionali.
Nella specie, argomenta il ricorso, non sussistevano esigenze idonee a giustificare la proroga del rapporto di lavoro della controricorrente, a differenza della posizione di altri lavoratori, in relazione ai quali si poneva l’esigenza di porre termine ad u na situazione di prolungata precarietà.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’ art. 3 del Protocollo di Intesa per il superamento del lavoro precario dell’11 luglio
2007 sottoscritto tra l’RAGIONE_SOCIALE e le organizzazioni RAGIONE_SOCIALE, nonché dell’art. 1362 c.c.
Argomenta, in particolare, il ricorso che l’articolo 3 del Protocollo di Intesa dell’11 luglio 2007 sarebbe stato erroneamente interpretato, dal momento che:
-dal tenore letterale della norma contrattuale, risulterebbe che la proroga biennale si riferiva ai soli «vincitori» del concorso per la copertura di trentacinque posti, a differenza delle assunzioni avvenute sulla base della graduatoria del concorso per 296 posti, in relazione alle quali era ammessa la proroga anche per quelli che la medesima RAGIONE_SOCIALE definisce ‘scorritori’;
-la ratio sottesa alla stipula del Protocollo di intesa sarebbe stata quella di assicurare continuità di impiego a situazioni di precariato di dipendenti con una ‘storia lavorativa’ presso RAGIONE_SOCIALE -a differenza della controricorrente – e di assicurare la continuità delle risorse umane già disponibili, comunque nell’ambito della discrezionalità del datore di lavoro pubblico e della corretta gestione delle risorse finanziarie e delle esigenze organizzative.
Deve, in primo luogo, essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata da parte controricorrente, la quale assume di aver ricevuto la notifica di una copia del ricorso priva di tutte le pagine pari.
L’eccezione deve essere disattesa, alla luce del principio, già affermato da questa Corte, per cui la mancanza nella copia notificata del ricorso per cassazione, il cui originale risulti tempestivamente depositato, di una o più pagine non comporta l’inammissibilità del ricorso, ma costituisce vizio della notifica sanabile, con efficacia ex tunc , mediante nuova notifica di una copia integrale, su iniziativa dello
stesso ricorrente o entro un termine fissato dalla Corte di cassazione, ovvero per effetto della costituzione dell’intimato, salva la possibile concessione a quest’ultimo di un termine per integrare le sue difese (Cass. Sez. U, Sentenza n. 18121 del 14/09/2016; Cass. Sez. L Sentenza n. 2537 del 27/01/2022).
Nella specie, è la stessa controricorrente ad affermare di essersi fatta -opportunamente – parte diligente, acquisendo una copia integrale del ricorso e procedendo conseguentemente a predisporre le proprie difese, la completezza dei cui contenuti rende superflua l’assegnazione di un termine ulteriore, considerata , peraltro, l’infondatezza del ricorso (v. infra ).
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Rileva questa Corte che il profilo dedotto nel motivo di ricorso -come anche eccepito dalla controricorrente – non risulta essere stato in alcun modo affrontato nella decisione impugnata, né parte ricorrente ha dedotto di averlo sollevato nei precedenti gradi di giudizio, individuando, in ossequio all’art. 366 c.p.c., l’atto o gli atti nei quali sarebbe avvenuta tale deduzione.
Deve, conseguentemente, trovare applicazione il principio, reiteratamente enunciato da questa Corte, per cui qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio (Cass. Sez. 2 – Sentenza n.
20694 del 09/08/2018; ed anche Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 2193 del 30/01/2020; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14477 del 06/06/2018; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013).
Ulteriore profilo di inammissibilità deriva dal fatto che il motivo di ricorso non investe adeguatamente la ratio della decisione impugnata, la quale non ha affermato in modo generico e generalizzato la legittimità di rapporti di lavoro a termine in contrasto con l’art. 36, D. Lgs. n. 165/2001, ma ha evidenziato il carattere ingiustificato della disparità di trattamento seguita dall’odierna r icorrente nel dar corso ad un Protocollo concluso con le organizzazioni RAGIONE_SOCIALE, nel momento in cui la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva operato, ai fini dell’applicazione di una proroga che la stessa odierna ricorrente aveva ritenuto di concordare con le organizzazioni RAGIONE_SOCIALE per proprie necessità organizzative, una distinzione tra immediati vincitori ed idonei subentrati per scorrimento.
La ratio della decisione, quindi, non attiene alla legittimità o meno della conclusione di contratti a termine né alla legittimità della proroga in sé dei medesimi, ma all’applicazione di un regime diversificato che neppure nella presente sede il ricorso riesce e ricondurre a concrete ragioni esplicative.
4. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Avendo l’Istituto ricorrente dedotto, in relazione al Protocollo di Intesa del giorno 11 luglio 2007 la violazione dei criteri interpretativi di cui all’art. 1362 segg. c.c., deve trovare applicazione il consolidato orientamento secondo il quale il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è
tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017).
L ‘interpretazione accolta nella decisione impugnata , infatti, non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 28319 del 28/11/2017).
Nel caso in esame – come peraltro osservato da questa Corte in un proprio precedente su vicenda affine (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 8037 del 2022) -la Corte territoriale attribuito alla clausola 3 del Protocollo di I ntesa per il superamento del lavoro precario dell’11 luglio 2007 uno dei possibili significati ricavabili dal testo, valorizzando il dato letterale, che riferiva la proroga biennale al «personale reclutato con concorso pubblico nazionale, per titoli ed esame-colloquio, a complessivi 35 posti per laureati (livello V)…» , senza distinguere la posizione dei vincitori diretti da quella di chi, risultato idoneo, fosse poi stato assunto a seguito di scorrimento.
La sentenza ha, cioè, ritenuto rilevante ai sensi della disposizione negoziale unicamente il fatto che la assunzione fosse avvenuta nell’ambito delle trentacinque unità di personale previste dal bando di concorso.
Si deve, a questo punto, rilevare che il ricorso fallisce nell’intento di dimostrare che l’ interpretazione censurata, non solo e non tanto si sia posta in contrasto con l’intenzione delle parti di stabilizzare i soli precari «storici» -posto che la proroga non risulta dipendere esclusivamente dalla anzianità di servizio maturata dai candidati in forza di precedenti di rapporti a termine con RAGIONE_SOCIALE – quanto, e soprattutto, si sia collocata al di fuori di ogni possibile risultato ermeneutico ricavabile da una corretta applicazione dei criteri di cui all’art. 1362 segg. c.c., e cioè che quella seguita dalla Corte territoriale sia un ‘interpretazione non solo ‘ non corretta’, ma neppure astrattamente ‘possibile’ , cioè del tutto avulsa dai possibili valori semantici del testo contrattuale.
Ne consegue che il motivo di ricorso null’altro viene a censurare se non la scelta operata dal giudice del merito di una tra le possibili interpretazioni del Protocollo.
Censura, tuttavia, che, nei termini in questione non può essere formulata in sede di legittimità.
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna d ell’Istituto ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause
originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 5.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater , nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis , ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 20 febbraio