Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4914 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 4914 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/02/2024
SENTENZA
sul ricorso 8918-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata presso la cancelleria RAGIONE_SOCIALEa Corte di Cassazione
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE STATO che la rappresenta e difende
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2675/2018 RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 23/10/2018;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME;
udito il P.G., nella persona del AVV_NOTAIO. NOME AVV_NOTAIO; uditi l’AVV_NOTAIO, in sostituzione RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, per la parte ricorrente e l’Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALEo Stato, per la parte controricorrente
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 19.9.2008 la società RAGIONE_SOCIALE evocava in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE innanzi il Tribunale di Bologna, invocando la nullità ed inefficacia RAGIONE_SOCIALEa clausola di cui all’art. 6 RAGIONE_SOCIALE‘atto di concessione sottoscritto in data 10.6.2008, contenente il riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa proprietà di un chiosco in capo al RAGIONE_SOCIALE, e la rideterminazione del canone, con riferimento al solo terreno, e non anche al manufatto su di esso insistente. La società attrice assumeva, in particolare, che il chiosco, eretto su area demaniale, era di sua proprietà superficiaria.
Nella resistenza RAGIONE_SOCIALEa parte convenuta il Tribunale, con sentenza n. 1473/2014, rigettava la domanda.
Con la sentenza impugnata, n.2675/2018, la Corte di Appello rigettava il gravame interposto dall’originaria parte attrice avverso la decisione di prima istanza, confermandola.
Propone ricorso per la cassazione di tale pronuncia la società RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a tre motivi.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso, chiamato una prima volta all’adunanza camerale del 14.10.2020, in prossimità RAGIONE_SOCIALEa quale la parte ricorrente aveva depositato memoria, è stato rinviato a nuovo ruolo con ordinanza interlocutoria n. 9640 del 2021, per essere trattato in pubblica udienza.
Con istanza datata 15.12.2020, la parte ricorrente ha invocato la sospensione del presente giudizio di legittimità, ai sensi di quanto previsto dall’art. 100, comma decimo, del D.L. n. 104 del 2020, convertito in legge n. 126 del 2020, in quanto era stata presentata la domanda di definizione agevolata prevista dalla predetta disposizione.
In prossimità RAGIONE_SOCIALE‘udienza all’udienza pubblica del 16.1.2024 ambo le parti hanno depositato memoria. Alla stessa sono comparsi l’AVV_NOTAIO, in sostituzione RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, per la parte ricorrente, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, l’Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALEo Stato, per la parte controricorrente, che ha concluso per il rigetto, ed il P.G., che ha concluso per l’accoglimento.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Prima di esaminare i motivi del ricorso va scrutinata l’istanza di sospensione del presente giudizio di legittimità, proposta dalla società ricorrente con istanza del 15.12.2020, ai sensi di quanto previsto dall’art. 100, comma decimo, del D.L. n. 104 del 2020, convertito in legge n. 126 del 2020.
La stessa va rigettata, in quanto la disposizione invocata dalla società ricorrente si riferisce ai procedimenti concernenti il pagamento dei canoni di concessione demaniale; ipotesi, questa, che non ricorre nel caso di specie, avendo la Corte di Appello dato atto che la domanda di rideterminazione del canone, originariamente proposta in prime
cure, era poi stata rinunciata (cfr. pag. 5 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata). Tale statuizione, non attinta da specifico motivo di ricorso, implica che al presente ricorso non si applica la normativa speciale dianzi richiamata.
Passando all’esame dei motivi del ricorso, con il primo di essi la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 32 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 47 del 1985, 34 e 52 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente escluso la configurabilità RAGIONE_SOCIALEa proprietà superficiaria del chiosco oggetto di causa nonostante il rilascio, da parte del Comune territorialmente competente, per lo stesso, di una concessione edilizia in sanatoria, con conseguente applicazione del regime previsto dall’art. 32 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 47 del 1985.
Con il secondo motivo, invece, la società ricorrente lamenta la violazione degli artt. 952 e 934 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., perché la Corte distrettuale non avrebbe dovuto ritenere operante il criterio RAGIONE_SOCIALE‘accessione, in presenza del completamento RAGIONE_SOCIALEa procedura di sanatoria ex art. 32 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 47 del 1985, di cui anzidetto.
Le due censure, suscettibili di esame congiunto, sono fondate.
L’art. 32, quinto comma, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 47 del 1985, prevede testualmente che ‘Per le opere eseguite da terzi su aree di proprietà di enti pubblici territoriali, in assenza di un titolo che abiliti al godimento del suolo, il rilascio RAGIONE_SOCIALEa concessione o RAGIONE_SOCIALE‘autorizzazione in sanatoria è subordinato anche alla disponibilità RAGIONE_SOCIALE‘ente proprietario a concedere onerosamente, alle condizioni previste dalle leggi statali o regionali vigenti, l’uso del suolo su cui insiste la costruzione. La disponibilità all’uso del suolo, anche se gravato di usi civici, viene espressa dallo Stato o dagli enti pubblici territoriali proprietari entro il termine di
centottanta giorni dalla richiesta. La richiesta di disponibilità all’uso del suolo deve essere limitata alla superficie occupata dalle costruzioni oggetto RAGIONE_SOCIALEa sanatoria e alle pertinenze strettamente necessarie, con un massimo di tre volte rispetto all’area coperta dal fabbricato. Salve le condizioni previste da leggi regionali, il valore è stabilito dalla filiale RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE del demanio competente per territorio per gli immobili oggetto di sanatoria ai sensi RAGIONE_SOCIALEa presente legge e RAGIONE_SOCIALE‘
, con riguardo al valore del terreno come risultava all’epoca RAGIONE_SOCIALEa costruzione aumentato RAGIONE_SOCIALE‘importo corrispondente alla variazione RAGIONE_SOCIALE‘indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, al momento RAGIONE_SOCIALEa determinazione di detto valore. L’atto di disponibilità, regolato con convenzione di cessione del diritto di superficie per una durata massima di anni sessanta, è stabilito dall’ente proprietario non oltre sei mesi dal versamento RAGIONE_SOCIALE‘importo come sopra determinato’.
La norma, pertanto, prevede espressamente che, per gli immobili edificati su suolo di proprietà pubblica, la concessione in sanatoria possa essere rilascia dal Comune territorialmente competente soltanto a condizione che l’ente pubblico proprietario RAGIONE_SOCIALE‘area esprima, entro 180 giorni dalla richiesta RAGIONE_SOCIALE‘interessato, la disponibilità alla concessione in uso a titolo oneroso RAGIONE_SOCIALEo spazio occupato dal sedime RAGIONE_SOCIALE‘opera realizzata senza titolo e che venga sottoscritta tra le parti una convenzione RAGIONE_SOCIALEa durata massima di anni sessanta. Nel caso di specie la Corte di Appello ha espressamente affermato che ‘… il dante causa RAGIONE_SOCIALEa società attrice, RAGIONE_SOCIALE, aveva ottenuto dal Comune di Cattolica il rilascio di una concessione in sanatoria ai sensi RAGIONE_SOCIALEa legge 28.2.1985 n. 47 del chiosco bar realizzato sull’area demaniale marittima, precedentemente data in concessione a COGNOME NOME e per ottenere tale sanatoria aveva richiesto la dichiarazione di
disponibilità all’uso del suolo prevista dall’art. 32 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 47/1985, disponibilità che gli era stata concessa dal RAGIONE_SOCIALE con atto prot. n. 7439/94 del 1 marzo 1995. Rilasciata la sanatoria, come previsto dall’art. 35 RAGIONE_SOCIALEa legge 47/1985, il chiosco era stato iscritto a catasto in proprietà superficiaria 1/1 a nome RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (cfr. pag. 7 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata). Vi è quindi un accertamento di fatto, conAVV_NOTAIOo dal giudice di merito, attestante il completamento RAGIONE_SOCIALEa procedura di sanatoria in termini coerenti con quanto previsto dall’art. 32 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 47 del 1985. Nonostante questo, la Corte di Appello non ha svolto alcuna indagine in relazione all’esistenza, in concreto, RAGIONE_SOCIALEa convenzione di cessione del diritto di superficie prevista dall’art. 32, quinto comma, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 47 del 1985; circostanza, questa, non pacifica, in quanto contestata RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE del Demania (cfr. pag. 7 del controricorso). Al contrario, il giudice di secondo grado ha ritenuto sussistere non già la proprietà superficiaria del soggetto che, avendo realizzato il manufatto, ne aveva ottenuto la regolarizzazione all’esito RAGIONE_SOCIALEa procedura di sanatoria descritta dalla legge, bensì quella demaniale, in virtù del principio generale RAGIONE_SOCIALE‘accessione, valorizzando al riguardo le risultanze RAGIONE_SOCIALEa circolare n. 412 del 1985 del RAGIONE_SOCIALE, che è evidentemente fonte normativa certamente sottordinata rispetto alla legge.
In tal modo, la Corte distrettuale ha violato l’ordine di graduazione RAGIONE_SOCIALEe fonti del diritto, attribuendo ad una norma secondaria valore derogatorio, ed anzi sostanzialmente abrogativo, di una norma primaria; risulta di conseguenza violato il già richiamato art. 32 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 47 del 1985, poiché l’esito RAGIONE_SOCIALEa peculiare procedura di sanatoria disciplinato dalla predetta disposizione non può che essere quello di assicurare al privato che la ha promossa il conseguimento
RAGIONE_SOCIALEa proprietà superficiaria del manufatto originariamente eretto in assenza di titolo autorizzativo.
In tal senso, va ribadito il principio per cui ‘Il codice RAGIONE_SOCIALEa navigazione non contiene una specifica disciplina in materia di costruzioni autorizzate sul suolo demaniale, sicché, in virtù del rinvio di cui all’art. 1, operano in materia le norme del codice civile sul diritto di superficie, in base alle quali colui che costruisce acquista la proprietà superficiaria a titolo originario. In particolare, si tratta di un diritto di consistenza reale ma temporaneo, in quanto ha la stessa limitata durata RAGIONE_SOCIALEa concessione del bene demaniale, su cui insiste il fabbricato, e si estingue, a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 953 c.c., con la revoca RAGIONE_SOCIALEa concessione (nei confronti di tutti i contitolari RAGIONE_SOCIALEa concessione) o per la scadenza del termine di durata RAGIONE_SOCIALEa stessa, con conseguente incremento per accessione RAGIONE_SOCIALEa proprietà del dominus soli (nella specie, un comune)’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. del 13/02/1997, Rv. 502390; negli stessi termini, cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n.
del 26/01/2007, Rv. 595666, secondo cui ‘Il diritto del concessionario di uno stabilimento balneare, il quale abbia ottenuto, nell’ambito RAGIONE_SOCIALEa concessione demaniale, anche il riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa facoltà di edificare e mantenere sulla spiaggia una costruzione, più o meno stabile, e consistente in vere e proprie strutture edilizie o assimilate (sale ristoranti, locali d’intrattenimento o da ballo, caffè, spogliatoi muniti di servizi igienici e docce, etc.), integra una vera e propria proprietà superficiaria, sia pure avente natura temporanea e soggetta ad una peculiare regolazione in ordine al momento RAGIONE_SOCIALEa sua modificazione, cessazione o estinzione’ ; nonché, in senso conforme al precedente da ultimo richiamato, Cass. Sez. 5, Sentenza n. del 16/04/2008, Rv. 602458; Cass. Sez. 5, Sentenza n. del 07/08/2008, Rv. 604255; Cass. Sez. 6 -5, Ordinanza n. del
18/02/2014, Rv. 630052; Cass. Sez. 6 -5, Ordinanza n. del 12/01/2016, Rv. 638821; nonché Cass. Sez. 5, Ordinanza n. del 13/09/2017, Rv. 645305 concernente la posizione RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, concessionaria di aree espropriate dai comuni per la realizzazione di programmi di edilizia residenziale pubblica, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 10 RAGIONE_SOCIALEa l. n. 167 del 1962, come sostituito dall’art. 35 RAGIONE_SOCIALEa l. n. 865 del 1971).
Va dunque considerato che il positivo completamento RAGIONE_SOCIALEa procedura di rilascio RAGIONE_SOCIALEa concessione in sanatoria prevista dall’art. 32 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 47 del 1985 supera l’originario difetto del titolo autorizzativo alla realizzazione del manufatto eretto dal privato su area di proprietà pubblica, e rende quindi la posizione del soggetto che la consegua assolutamente coincidente con quella di chi abbia avuto ab origine un titolo idoneo a realizzare un’opera su area ricevuta in concessione dall’ente pubblico che ne sia proprietario. Di conseguenza, al rilascio RAGIONE_SOCIALEa concessione in sanatoria concernente un manufatto eretto su area demaniale consegue la configurabilità, in capo al soggetto che la ottenga, di un diritto reale sul bene, declinabile in termini di proprietà superficiaria.
Sul punto, va infatti ribadito l’ulteriore principio, egualmente affermato da questa Corte, secondo cui ‘La concessione amministrativa su beni demaniali o su beni indisponibili, al di fuori dei casi in cui la legge, esplicitamente o attraverso la specifica regolamentazione aAVV_NOTAIOata, abbia predeterminato la natura del diritto conferito al concessionario, non attribuisce necessariamente a quest’ultimo diritti di consistenza reale, ma può attribuire anche diritti assimilabili a quelli personali di godimento non esclusi RAGIONE_SOCIALEa previsione RAGIONE_SOCIALE‘art. 823 c.c. e pienamente compatibili con i poteri d’imperio RAGIONE_SOCIALE‘ente concedente a tutela RAGIONE_SOCIALE‘interesse pubblico. Peraltro, al fine di stabilire nel singolo caso se a favore del concessionario sia stato costituito un diritto di
natura reale o personale, occorre accertare, con indagine da compiersi dal giudice del merito secondo i normali criteri di interpretazione dei contratti e degli atti amministrativi, l’effettiva e concreta consistenza di quel diritto sulla base RAGIONE_SOCIALE‘intero contenuto RAGIONE_SOCIALEa convenzione e RAGIONE_SOCIALEe sue clausole, nonché del provvedimento amministrativo di concessione’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5842 del 24/03/2004, Rv. 571466; in termini, cfr. anche Cass. Sez. 5, Sentenza n. del 16/04/2008, Rv. 602651, secondo cui la detta indagine va compiuta anche ‘ai fini RAGIONE_SOCIALEa soggezione all’imposta comunale sugli immobili’ ; nonché Cass. Sez. 5, Sentenza n. del 20/11/2009, Rv. 610356, secondo cui ‘… per stabilire se il provvedimento amministrativo, qualificabile come concessione ad aedificandum, sia costitutivo di un diritto reale di superficie, con conseguente imponibilità, ovvero di un diritto avente natura meramente personale, configurabile ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1322 c.c., assume rilievo decisivo la destinazione RAGIONE_SOCIALE‘opera costruita dal concessionario al momento RAGIONE_SOCIALEa cessazione del rapporto, atteso che, se essa torna nella disponibilità del concedente, si è in presenza di un rapporto obbligatorio, mentre, se essa passa in proprietà del concessionario, il diritto in virtù del quale questi l’ha realizzata ha sicuramente la natura reale del diritto di superficie’ ; nonché, conforme a tale ultimo precedente, Cass. Sez. 5, Sentenza n.
del 21/06/2016, Rv. 640162; ed infine, Cass. Sez. 5, Sentenza n. del 30/06/2010, Rv. 613880 secondo cui l’assoggettabilità del concessionario di beni demaniali all’obbligo di versamento RAGIONE_SOCIALE‘ICI ‘… presuppone che la concessione gli attribuisca uno ius aedificandi, costituente un quid pluris rispetto alla normale utilizzazione del bene demaniale, consentendogli la realizzazione di un’opera che passi in sua proprietà al momento RAGIONE_SOCIALEa cessazione del rapporto, con insorgenza, a titolo originario, di una proprietà superficiaria separata dal suolo,
mentre va esclusa se dalla concessione nascano diritti di natura obbligatoria, come quando la stessa riguardi l’uso di un immobile già esistente di proprietà demaniale, in quanto, in tal caso, le modalità di utilizzazione, mantenimento e restituzione del bene coincidono con le statuizioni RAGIONE_SOCIALEa concessione e si esauriscono in essa, per cui l’atto è inidoneo a comprimere la latitudine originaria del diritto RAGIONE_SOCIALE‘ente pubblico sul bene demaniale e ad attribuire al terzo i poteri reali derivanti dalla costituzione di usufrutto, potendosi raggiungere tale risultato solo con il venir meno RAGIONE_SOCIALEa natura demaniale del bene, ove non pertinente al demanio necessario, ed un successivo specifico atto di costituzione di usufrutto da parte RAGIONE_SOCIALE‘ente divenuto proprietario non qualificato’ ).
Il necessario coordinamento tra i principi appena richiamati impone al giudice di merito di interpretare il contenuto RAGIONE_SOCIALEa concessione demaniale, ov’essa esista, per stabilire se l’attività edilizia realizzata dal concessionario possa essere, o meno, configurata in termini di quid pluris rispetto alla normale utilizzazione del bene demaniale che gli è stato concesso in uso. Nel caso di specie, tale indagine andava conAVV_NOTAIOa tenendo anche conto che la concessione, ab origine , non esisteva; la Corte di Appello, quindi, avrebbe dovuto verificare se, tenendo conto RAGIONE_SOCIALEa natura RAGIONE_SOCIALE‘area interessata dall’attività edilizia e dalla consistenza di quest’ultima, la stessa potesse essere ritenuta rientrante nella normale utilizzazione RAGIONE_SOCIALEo spazio oggetto di causa, o meno. Nel primo caso, la posizione del soggetto che ha realizzato il manufatto, o ne ha comunque la disponibilità, avrebbe dovuto essere configurata in termini di diritto personale di godimento, mentre nel secondo caso, per effetto del positivo completamento RAGIONE_SOCIALE‘iter di sanatoria di cui al già richiamato art. 32 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 47 del 1985, la stessa meritava di essere apprezzata in termini di proprietà superficiaria.
La Corte di Appello, anziché svolgere il predetto accertamento, ha ritenuto applicabile sic et simpliciter l’art. 934 c.c., in tal modo non confrontandosi con i principi appena richiamati, e violando l’ordine di graduazione RAGIONE_SOCIALEe fonti del diritto, avendo valorizzato una norma secondaria in funzione derogatoria di una disposizione di rango primario.
Inoltre, la Corte distrettuale ha ulteriormente errato nel richiamare il principio RAGIONE_SOCIALE‘irrilevanza RAGIONE_SOCIALEe risultanze catastali ai fini RAGIONE_SOCIALEa configurazione del diritto di proprietà superficiaria di cui anzidetto (cfr. pag. 9 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata). Nel caso di specie, infatti, la sussistenza di un diritto reale, o la sua assenza, non dipende affatto dalle risultanze catastali, bensì dall’apprezzamento RAGIONE_SOCIALEa natura dei luoghi, RAGIONE_SOCIALEa consistenza RAGIONE_SOCIALE‘attività edilizia di cui si discute e dalla verifica del positivo completamento RAGIONE_SOCIALE‘iter di sanatoria di cui all’art. 32 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 47 del 1985. Il giudice del rinvio dovrà dunque procedere ad una nuova valutazione RAGIONE_SOCIALEa fattispecie, da condurre nel rispetto dei criteri sin qui evidenziati, verificando, all’esito, la coerenza dele risultanze catastali, che indicano la proprietà superficiaria in capo alla società ricorrente, come già accertato dalla sentenza impugnata (cfr. pag. 7 RAGIONE_SOCIALEa stessa).
Il terzo motivo, con il quale la parte ricorrente lamenta la violazione RAGIONE_SOCIALEe disposizioni di cui ai DD.MM. n. 140 del 2012 e n. 55 del 2014, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente governato le spese di lite, è assorbito dall’accoglimento dei primi due motivi del ricorso.
In definitiva, vanno accolti i primi due motivi del ricorso e va dichiarato assorbito il terzo. La sentenza impugnata va quindi cassata, in relazione alle censure accolte, con rinvio RAGIONE_SOCIALEa causa alla Corte di Appello di Bologna, in differente composizione, anche per le spese del
presente giudizio di legittimità. Il giudice del rinvio verificherà se, nel caso di specie, sussiste la convenzione di cessione del diritto di superficie prevista e disciplinata dall’art. 32, quinto comma, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 47 del 1985 e se quindi si è perfezionata la speciale procedura di sanatoria regolata dalla norma speciale appena richiamata, traendo poi da tale accertamento le dovute conseguenze in relazione alla configurabilità o meno, in favore RAGIONE_SOCIALEa società odierna ricorrente, RAGIONE_SOCIALEa proprietà superficiaria del chiosco oggetto di causa.
PQM
la Corte accoglie i primi due motivi del ricorso e dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia la causa alla Corte di Appello di Bologna, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Seconda