Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20993 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 20993 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20048/2019 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO NOME di INDIRIZZO Udine, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TRIESTE n. 100/2019 depositata il 04/03/2019.
Udita la relazione svolta nella udienza pubblica del 10/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME il quale ha concluso per il rigetto del ricorso. Udito l’Avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha proposto ricorso, articolato in otto motivi (che comunque sono numerati: 12, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20) avverso la sentenza n. 100/2019 della Corte d’appello di Trieste, pubblicata il 4 marzo 2019.
Resiste con controricorso il Condominio NOME di INDIRIZZO Udine.
La Corte d’appello di Trieste ha rigettato il gravame avanzato da NOME COGNOME contro la sentenza n. 189/2017 del 9 febbraio 2017 del Tribunale di Udine. Il Tribunale aveva accolto in parte la domanda del Condominio NOME e condannato la condomina NOME COGNOME al pagamento della somma di € 633,73 oltre interessi, a titolo di rifusione delle spese legali sostenute per reagire alla abusiva occupazione del pianerottolo e di una porzione di scale dell’ultimo piano del fabbricato condominiale occupati dalla convenuta, e per chiedere l’eliminazione delle opere abusive. La domanda aveva quindi ad oggetto unicamente il rimborso di tali spese legali (spese insorte, a quanto è dato comprendere, in relazione ad un procedimento amministrativo conclusosi con un ordine di demolizione e ad un procedimento penale archiviato per prescrizione del reato), ma il giudizio ha poi coinvolto anche l’accertamento della natura condominiale delle scale e del pianerottolo in questione.
La Corte d’appello ha confermato la condominialità delle scale e del pianerottolo oggetto di lite in base alle risultanze del contratto di acquisto della condomina COGNOME e della scheda catastale 1° luglio 1980 ivi richiamata, considerando anche il regolamento di condominio, il tutto in applicazione dell’art. 1117 c.c. Le altre censure disattese dalla Corte di Trieste hanno riguardato gli importi che la COGNOME è stata condannata a rimborsare al Condominio.
Ha depositato memoria il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Ha depositato memoria altresì il controricorrente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’eccezione pregiudiziale del controricorrente circa l’omessa sottoscrizione della copia notificata del ricorso è stata abbandonata nella memoria ex art. 378 c.p.c., alla luce del principio enunciato da Cass. Sez. Un. n. 6477 del 2024.
1.- Il primo motivo del ricorso (punto 12) di NOME COGNOME denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 1117 c.c. La ricorrente premette che ‘ a questione relativa alla proprietà del pianerottolo è pregiudiziale ed assorbente ai fini di decidere se il Condominio abbia o meno diritto di richiedere le spese per la rimozione di quanto ivi contenuto, oggetto della domanda di cui all’atto di citazione ed all’eccezione proposta dalla convenuta ‘. Il motivo si sofferma diffusamente sul contenuto del contratto di compravendita del 30 luglio 1980, con il quale la Candido acquistò l’appartamento di sua proprietà esclusiva, nonché sul contenuto della relativa nota di trascrizione e della scheda di accatastamento del 1° luglio 1980, il tutto al fine di evincere la ‘consistenza’ dell’immobile compravenduto. La ricorrente da tale riscontro documentale desume che il proprio ‘ titolo di acquisto dell’appartamento n. 5 comprende anche pianerottolo e scale ‘, visto che, del resto, il secondo piano del fabbricato del Condominio NOME comprende la sola unità immobiliare ora di proprietà COGNOME, sicché proprio il contratto di compravendita del 30 luglio 1980 costituirebbe ‘ il titolo che deroga ai principi di cui all’art. 1117 c.c. ‘.
Il secondo motivo di ricorso (punto 14) denuncia poi la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., per la
contraddittorietà ed illogicità della motivazione della sentenza impugnata. Anche questa censura attiene alla assunta valenza dimostrativa del contratto di compravendita del 30 luglio 1980 e della scheda di accatastamento del 1° luglio 1980.
Un ulteriore motivo di ricorso (punto 15) deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., sostenendo che un’interpretazione letterale del contratto, quale quella eseguita dai giudici di merito, non può essere integrata con elementi estranei al negozio, quale è il comportamento complessivo delle parti.
Il successivo motivo di ricorso (punto 16) deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., per avere i giudici di appello negato valore probatorio alla scheda catastale ai fini della determinazione dell’oggetto della vendita.
Anche il motivo di cui al punto 17 di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., sempre quanto alla interpretazione del contratto di compravendita del 30 luglio 1980.
Così ancora il motivo di cui al punto 18 di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., per avere la Corte d’appello operato una ‘ lettura parziale ‘ del contratto di compravendita del 30 luglio 1980 in relazione alla esatta descrizione dell’immobile alienato.
Per il motivo di cui al punto 19 del ricorso la Corte d’appello di Trieste sarebbe incorsa altresì in una violazione e falsa applicazione dell’art. 1369 c.c., ovvero del criterio della ‘ interpretazione funzionale ‘ del contratto del 30 luglio 1980.
Infine, al punto 20 del ricorso, si ribadisce che la sentenza impugnata è nulla per mancanza di motivazione ed incomprensibile giustificazione della scelta di ‘ non assumere quale criterio interpretativo anche la scheda catastale n. 1468 del 01.07.1980 ‘, con
violazione degli ‘ artt. 1117 -1362 -1363 e 1369 c.c. ‘, avendo operato ‘ una illegittima interpretazione del contratto ‘.
-Tutti i motivi di ricorso possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione e depongono per la inammissibilità del ricorso stesso.
-Deve premettersi che non rientra tra le questioni devolute con specifico motivo a questa Corte quella della possibilità di richiedere in un separato giudizio civile, quale si rivela la causa in esame, le spese legali sostenute in distinti procedimenti giudiziari e perciò eventualmente rientranti nella competenza funzionale dei giudici competenti a deciderne il merito.
-Sta di fatto che il giudizio, nato, appunto, come domanda del Condominio NOME volta a condannare la condomina NOME COGNOME al pagamento della somma di € 633,73 oltre interessi, a titolo di rifusione delle spese legali sostenute per reagire alla abusiva occupazione del pianerottolo e di una porzione di scale dell’ultimo piano del fabbricato condominiale occupati dalla convenuta, si è poi evoluto, fino al ricorso per cassazione ora da decidere, come giudizio finalizzato esclusivamente all’accertamento della natura condominiale delle scale e del pianerottolo in questione.
– Ai fini della domanda avanzata dal Condominio NOME per ottenere il rimborso delle spese legali, la proprietà comune, e non esclusiva, delle scale e del pianerottolo rileva, al più, come fatto storico costitutivo, da intendersi eventualmente come oggetto di un accertamento incidenter tantum . In quanto fatto costitutivo della domanda dell’attore RAGIONE_SOCIALE NOME, non è richiamabile al riguardo l’art. 34 c.p.c., in forza del quale il solo convenuto può prospettare la necessità dell’accertamento incidentale di un rapporto, al fine di fargli assumere rilievo sulla decisione della domanda principale (Cass. n. 10936 del 2020).
6.- Si aggiunga, con rilievo del tutto dirimente, che in un giudizio corrente tra un condominio edilizio, rappresentato a norma dell’art. 1131 c.c. dal suo amministratore, ed un singolo condomino, convenuto per ottenere la condanna al pagamento di una somma di denaro, la questione della titolarità comune o individuale di una porzione dell’edificio, in quanto inerente all’esistenza del rapporto di condominialità ex art. 1117 c.c., può, al più, formare oggetto di un accertamento meramente incidentale, funzionale alla decisione della sola causa sulla validità dell’atto collegiale, ma privo -in assenza di esplicita domanda di una delle parti ai sensi dell’art. 34 c.p.c. – di efficacia di giudicato in ordine all’estensione dei diritti reali dei singoli, efficacia che altrimenti imporrebbe la partecipazione, quali legittimati passivi, di tutti i condomini in una situazione di litisconsorzio necessario.
7. -Non avendo la ricorrente specificato di aver formulato una esplicita domanda di accertamento incidentale, con efficacia di giudicato, della titolarità o individuale delle scale e del pianerottolo in questione, ed essendo stata accertata la titolarità, invece, comune di tali porzioni immobiliari soltanto come fondamento del diritto al rimborso delle spese legali dedotto in lite dall’attore Condominio NOME (pretesa creditoria che non è investita specificamente da alcuna delle censure qui in esame), già per questo le censure poste nel ricorso per cassazione di NOME COGNOME si rivelano inammissibili.
In altri termini, poiché fa difetto la proposizione di esplicita domanda di accertamento della proprietà di tali beni idoneo al giudicato, ai sensi dell’art. 34 c.p.c. (ovvero idoneo altresì a spiegare effetti rilessi anche su rapporti giuridici diversi e ulteriori da quello oggetto del processo in cui la questione è sorta), e risultando piuttosto tale questione risolta dalla Corte d’appello di Trieste unicamente per decidere sulla pretesa di rimborso delle spese legali avanzata dal
Condominio NOME senza adottare alcuna statuizione dotata di una propria individualità ed autonomia, manca l’interesse immediato ad impugnare su questo singolo punto della causa.
-Va comunque aggiunto quanto segue.
8.1. – La causa pervenuta nella sede del giudizio di legittimità, sia pure in conseguenza della singolare evoluzione delle vicende processuali che si è tracciata, si incentra sulla proprietà del tratto di scale e del pianerottolo di accesso all’appartamento Candido collocati al secondo ed ultimo piano del fabbricato del Condominio Elena.
La signora NOME ha acquistato il suo appartamento con atto del 20 luglio 1980. Né il ricorso né la sentenza impugnata precisano quando si fosse ‘costituito’ il Condominio NOMECOGNOME
8.2. – Per consolidata interpretazione giurisprudenziale, le scale, i pianerottoli, i vestiboli, gli anditi, essendo elementi strutturali indispensabili all’edificazione di uno stabile condominiale e mezzo indispensabile per accedere non solo agli appartamenti, ma anche al tetto ed al terrazzo di copertura, conservano, in assenza di titolo contrario, la qualità di parti ‘necessarie all’uso comune’ (art. 1117, n. 1, c.c.) (Cass. n. 9986 del 2017; n. 4372 del 2015; n. 15444 del 2007; n. 3159 del 2006; n. 22408 del 2004).
8.3. La ‹‹presunzione›› di condominialità delle scale e dei relativi pianerottoli ex art. 1117 c.c. resta di fatto priva del suo presupposto applicativo, e cioè non si attiva, soltanto quando essi (sulla base di concreto apprezzamento della conformazione immobiliare spettante al giudice del merito), per obiettive caratteristiche strutturali, servono in modo esclusivo all’uso o al godimento di una singola unità immobiliare oggetto di autonomo diritto di proprietà (Cass. n. 2070 del 1985; n. 1677 del 1969).
8.4. Nella specie, i giudici del merito hanno svolto l’accertamento preliminare volto, mediante apposito apprezzamento di fatto, a
verificare l’obiettiva destinazione delle scale e del pianerottolo in contesa a consentire l’accesso all’impianto elettrico ed al tetto condominiale attraverso una botola. Una volta così verificata, in ragione della relazione di accessorietà tra i beni, l’applicabilità dell’art. 1117 c.c., occorreva individuare, per superare eventualmente la presunzione di condominialità, quel determinato titolo che avesse dato luogo alla formazione del condominio per effetto del primo frazionamento del complesso in proprietà individuali.
8.5. – Le censure contenute nel ricorso di NOME COGNOME si incentrano, invece, tutte e soltanto sulla interpretazione e sulla ricostruzione del contenuto del contratto di compravendita del 30 luglio 1980, con il quale la COGNOME acquistò l’appartamento di sua proprietà esclusiva, nonché sul contenuto della relativa nota di trascrizione e sul contenuto della scheda di accatastamento del 1° luglio 1980. I motivi sono esposti come se oggetto di lite fosse il rapporto tra il compratore e il venditore di un immobile, e come se la questione da risolvere fosse la determinazione dell’oggetto dell’impegno traslativo risultante dal documento, oppure anche da elementi esterni idonei a individuarlo in modo inequivoco, così da evincere che le parti del contratto del 30 luglio 1980 avessero inteso far riferimento anche alle scale e al pianerottolo
8.6. – Perciò il ricorso di NOME COGNOME esprime critiche sprovviste di evidente decisività ai fini della cassazione della sentenza impugnata.
Non è invero affatto dirimente il riferimento al titolo di acquisto del 30 luglio 1980.
Era piuttosto da accertare se l’individuazione delle scale e del pianerottolo come parti comuni, emergente dall’art. 1117 c.c. potesse dirsi superata dalle contrarie risultanze dell’atto costitutivo del condominio – ossia dal primo atto di trasferimento di un’unità immobiliare dell’originario proprietario ad altro soggetto, con
conseguente frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali -, ove questo contenesse in modo chiaro e inequivoco elementi tali da escludere l’alienazione del diritto di condominio su tali beni. Occorreva quindi accertare, piuttosto, una eventuale chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente all’iniziale unico titolare del complesso la proprietà del tratto di scale e del pianerottolo, di modo che lo stesso avrebbe poi potuto validamente disporre di detti beni in favore dei propri aventi causa (e quindi eventualmente anche in favore di NOME). La mancata prova al riguardo resta a carico di colei che, come nella specie, pretende l’appartenenza esclusiva dei beni compresi tra quelli elencati dall’art. 1117 c.c.: in difetto di tale prova, infatti, deve essere affermata l’appartenenza di tali res indistintamente a tutti i condomini (Cass. n. 31995, n. 21440, n. 20145, n. 19940 e n. 1849 del 2022; n. 35514, n. 32808 e n. 24189 del 2021; n. 3852 del 2020).
Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 1.300,00, di cui € 200,00 per esborsi.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile