Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2787 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2787 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27320/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO INDIRIZZO NAPOLI, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME e con indicazione di domicilio digitale all’indirizzo pec: EMAIL;
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, SOCIETA’ RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME e NOME COGNOME;
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 2572/2020, pubblicata il 13/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1.-NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione articolato in unico motivo avverso la sentenza n. 2572/2020 della Corte d’appello di Napoli, pubblicata il 13 luglio 2020.
Ha resistito con controricorso il Condominio INDIRIZZO di Napoli.
Non hanno svolto attività difensive gli altri intimati indicati in epigrafe.
Ricorrente e controricorrente hanno depositato memorie.
2. La Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza resa in primo grado il 12 giugno 2014 dal Tribunale di Napoli, ha accolto in parte la domanda del Condominio INDIRIZZO e di altri ed ha dichiarato che il ”locale caldaia” oggetto di causa, ove era ubicato l’impianto termico condominiale, poi dismesso a seguito della soppressione del servizio di riscaldamento centralizzato, è di proprietà comune dei condomini, condannando NOME COGNOME al rilascio del bene. È stata invece rigettata la domanda risarcitoria per l’occupazione del vano proposta dal Condominio.
I giudici di appello hanno affermato che, a fronte di un bene attratto nell’ambito applicativo di cui all’art. 1117 c.c., qual è il locale controverso, che ospitava la centrale termica al servizio dell’impianto di riscaldamento centralizzato, era onere della condomina COGNOME la quale ne rivendicava la proprietà esclusiva, dimostrare la sussistenza di un titolo contrario nell’atto costitutivo del condominio. Secondo la
Corte di Napoli, il Tribunale aveva errato nel ritenere che tale titolo contrario alla condominialità del bene in contesa fosse costituito dal regolamento predisposto dall’originario costruttore e depositato, unitamente alle annesse tabelle millesimali, negli atti del notaio Caccia di Torre del Greco in data 13 luglio 1994, e dunque in epoca notevolmente successiva a quella su cui avevano deposto i testimoni, secondo i quali il locale destinato a caldaia esisteva dagli anni Ottanta. La COGNOME, precisa la sentenza impugnata, non avrebbe così comprovato la sua proprietà esclusiva del locale caldaia, dimostrando che, al momento della nascita del condominio -momento neppure specificato temporalmente dalla parte appellata -non esistesse già tale locale a servizio della collettività, essendo stato per converso lo stesso realizzato soltanto in epoca posteriore su area in proprietà esclusiva della sua dante causa RAGIONE_SOCIALE, inziale unica proprietaria.
3. – Il ricorso denuncia -ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. – la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 934 -1117, 1138, 1325 n. 3, 1346, 1362, 1363, 1372 comma 1 e 2697 c.c., nonché dell’art. 115 c.p.c., sostenendo che la Corte d’appello abbia erroneamente asserito la titolarità condominiale del piccolo vano in contestazione, da un canto obliterando che lo stesso era stato realizzato (in un momento successivo alla costruzione del fabbricato, risalente alla fine degli anni sessanta dello scorso secolo) su di un’area scoperta esterna circostante l’edificio, di cui la Società costruttrice/venditrice si era riservata la proprietà, in tal modo acquisendone la titolarità per accessione, dall’altro interpretando la clausola de qua, come rinvenientesi nel regolamento condominiale depositato il 13 luglio 1994 e nel primo atto di vendita istitutivo del condominio (alienazione da parte di SAICA della prima unità immobiliare del palazzo,
effettuata in favore della signora COGNOME con atto del 12 maggio 1997), in maniera confliggente col suo stesso univoco tenore.
4. -Deve, in via preliminare, superarsi l’eccezione pregiudiziale del controricorrente in ordine alla inammissibilità del ricorso, essendo stato osservato quanto prescritto dall’art. 366, comma 1, nn. 4) e 6), c.p.c., in termini di sufficiente specificità, completezza e riferibilità del motivo alla decisione impugnata, nonché di analitica indicazione delle parti rilevanti dei documenti sui quali la censura si fonda.
5.- Il ricorso è infondato.
5.1. -Si ha riguardo ad un vano destinato un tempo a contenere l’impianto di caldaia del fabbricato.
In tema di condominio negli edifici, i cd. volumi tecnici, ossia quelli destinati a contenere gli impianti tecnici del fabbricato (quali i vani ascensore, caldaia, autoclave, contatori), rientrano tra le parti comuni (ex art. 1117 c.c.), per essere vincolati all’uso comune, in virtù della loro naturale destinazione o della loro connessione materiale e strumentale rispetto alle singole parti dell’edificio. Per stabilire la condominialità di detti beni, occorre accertare che la relazione di accessorietà ed il collegamento funzionale fra gli impianti o i servizi comuni, da un lato, e le unità in proprietà esclusiva, dall’altro, sussistessero già al momento della nascita del condominio, non rilevando il collegamento creato solo successivamente alla formazione dello stesso, dal quale potrebbe piuttosto discendere la costituzione di una servitù a carico di porzione di proprietà esclusiva (Cass. n. 35514 del 2021; n. 9093 del 2007; n. 4528 del 2003).
5.2. Secondo l’interpretazione consolidata di questa Corte, per stabilire se un’unità immobiliare è comune, ai sensi dell’art. 1117, n. 2. c.c., perché destinata ai servizi comuni, il giudice del merito deve accertare se, all’atto della costituzione del condominio, come
conseguenza dell’alienazione dei singoli appartamenti da parte dell’originario proprietario dell’intero fabbricato, vi fosse tale destinazione, espressamente o di fatto, dovendosi altrimenti escludere la proprietà comune dei condomini su di essa.
Invero, a differenza delle cose necessarie all’uso comune, contemplate nel numero 1) dell’art. 1117 c.c., i locali dell’edificio contemplati dall’art. 1117 numero 2) raffigurano beni ontologicamente suscettibili di utilizzazioni diverse, anche autonome: per diventare beni comuni, essi abbisognano di una specifica destinazione al servizio in comune. Ciò significa che, in difetto di espressa disciplina negoziale, affinché un locale sito nell’edificio – che, per la sua collocazione, può essere adibito a vano caldaia, oppure diversamente utilizzato come qualsiasi unità abitativa – diventi una parte comune ai sensi dell’art. 1117 n. 2 cit., occorre che, all’atto della costituzione del condominio, al detto locale sia di fatto assegnata la specifica destinazione al servizio comune. Mancando una apposita convenzione espressione di autonomia privata, accertare se, al momento della costituzione del condominio, il locale sia o no destinato al servizio comune, nella specie a vano caldaia, raffigura un giudizio di fatto, riguardante le concrete vicende dell’utilizzo dell’unità immobiliare.
5.3. – La sentenza impugnata ha correttamente premesso che, quando opera la presunzione legale di proprietà comune di parti del complesso immobiliare in condominio ex art. 1117 c.c., è onere del condomino che pretenda l’appartenenza esclusiva di uno di tali beni dare la prova della sua asserita proprietà, senza che a tal fine sia rilevante il titolo di acquisto proprio o del suo dante causa, ove non si tratti dell’atto costitutivo del condominio (Cass. n. 3852 del 2020). Quindi, la Corte d’appello ha concluso che la condomina COGNOME non
avesse fornito la prova che, al momento della nascita del condominio, neppure specificato temporalmente, non esisteva il locale caldaia adibito a servizio della collettività, essendo stato per converso lo stesso realizzato soltanto in epoca posteriore su area in proprietà esclusiva della sua dante causa RAGIONE_SOCIALE, inziale unica proprietaria. Le prove testimoniali assunte avrebbero, al contrario, fatto risalire ad epoca remota la destinazione dell’immobile a locale caldaia.
Il ricorso di NOME COGNOME specifica, peraltro, contrastando in ciò la sentenza impugnata, che il primo atto di frazionamento dell’edificio, in origine spettante in proprietà indivisa alla società RAGIONE_SOCIALE e perciò la nascita del Condominio INDIRIZZO, risalivano al 12 maggio 1997. Che tale atto, e prima ancora il regolamento condominiale predisposto dalla costruttrice e ‘depositato’ il 13 luglio 1994, contenessero la riserva in favore del venditore della proprietà di ‘tutte le aree scoperte circostanti il fabbricato’, non dà luogo, tuttavia, ad un titolo contrario alla presunzione di condominialità del locale già destinato a caldaia, come dimostrato dalle prove apprezzate dai giudici del merito.
5.4. – Invero, l’individuazione delle parti comuni emergente dall’art. 1117 c.c. può essere superata soltanto dalle contrarie risultanze dell’atto costitutivo del condominio -ossia dal primo atto di trasferimento di un’unità immobiliare dell’originario proprietario ad altro soggetto, con conseguente frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali -, ove questo contenga in modo chiaro e inequivoco elementi tali da escludere l’alienazione del diritto di condominio, non rilevando a tal fine quanto stabilito nel regolamento condominiale, ove non si tratti di regolamento allegato come parte integrante al primo atto d’acquisto trascritto, ovvero di regolamento
espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condomini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni (Cass. n. 21440 del 2022).
Quanto stabilito nel regolamento di formazione unilaterale del 13 luglio 1994 non assumeva, quindi, alcuna valenza contrattuale, agli effetti dell’art. 1117 c.c., prima della nascita del condominio, avvenuta poi, come espone la medesima ricorrente, soltanto il12 maggio 1997. A sua volta, la riserva della proprietà di ‘tutte le aree scoperte circostanti il fabbricato’, contenuta nel titolo del 12 maggio 1997, non poteva valere ad escludere la condominialità del vano destinato a caldaia a quell’epoca già esistente.
6. Il ricorso va, perciò, rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, con distrazione ex art. del al
93 c.p.c. in favore dell’avvocato NOME COGNOME difensore Condominio controricorrente, mentre non deve provvedersi riguardo per gli altri intimati, che non hanno svolto attività difensive.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente Condominio, delle spese del presente giudizio di legittimità , che liquida in complessivi € 3.700 ,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge, con distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore dell’avvocato NOME COGNOME.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione