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Proprietà demaniale e usucapione: la Cassazione

Una società che gestiva una funicolare rivendicava la proprietà di un bar adiacente, sostenendo di averlo acquisito per usucapione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: una proprietà demaniale non può essere acquisita tramite usucapione. La decisione si basa anche sul concetto di “doppia conforme”, che limita l’accesso al giudizio di legittimità quando due sentenze di merito sono concordi.

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Proprietà Demaniale e Usucapione: la Cassazione Fa Chiarezza

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un’interessante controversia riguardante una proprietà demaniale, riaffermando principi consolidati in materia di usucapione e limiti all’impugnazione. La vicenda vede contrapposti un Comune e una società concessionaria di un servizio di funicolare, in lotta per la titolarità di un immobile adibito a bar. Analizziamo la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

La controversia nasce quando un Comune turistico cita in giudizio una società per azioni, chiedendo il rilascio di una porzione di immobile, un noto bar, situato sulla terrazza della stazione superiore di una funicolare. Secondo il Comune, la società occupava l’immobile senza titolo, poiché la concessione originaria, stipulata nel 1930 per una durata di 15 anni, era scaduta da decenni.

La società si difendeva sostenendo di essere diventata la legittima proprietaria del bar. A sostegno della sua tesi, adduceva due argomenti principali: l’acquisto della proprietà in virtù di un decreto di esproprio risalente al 1957 e, in subordine, l’acquisizione per usucapione, avendo posseduto il bene per un tempo sufficiente.

L’Iter Giudiziario nei Gradi di Merito

Il Tribunale, in primo grado, accoglieva la domanda del Comune, ordinando l’immediato rilascio dell’immobile. Il giudice rigettava sia la tesi dell’esproprio sia la domanda riconvenzionale di usucapione, condannando la società al pagamento delle spese.

La società appellava la sentenza, ma anche la Corte d’Appello confermava la decisione del Tribunale, rigettando il gravame. Di fronte a due sentenze sfavorevoli, la società decideva di ricorrere alla Corte di Cassazione, affidandosi a diversi motivi di impugnazione.

Le Motivazioni della Cassazione sulla Proprietà Demaniale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su diversi pilastri giuridici, sia procedurali che sostanziali.

Il primo ostacolo per la società ricorrente è stato il principio della “doppia conforme”, previsto dall’art. 348 ter c.p.c. Poiché la Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di primo grado con le stesse motivazioni di fatto, molti dei motivi di ricorso sono stati ritenuti inammissibili. La Cassazione non può, infatti, riesaminare i fatti del processo quando due giudici di merito sono giunti alla medesima conclusione.

Nel merito, il punto centrale riguarda la natura del bene. La Corte ha ribadito che l’area in questione era una proprietà demaniale del Comune. Questa qualificazione è cruciale perché, secondo la legge italiana, i beni demaniali sono inusucapibili. Non possono, cioè, essere acquisiti da un privato tramite il possesso prolungato nel tempo. Questo ha reso infondata la principale pretesa della società.

Inoltre, la Corte ha respinto l’argomento basato su una presunta “confessione giudiziale” del Comune in un’altra causa. La società sosteneva che in un precedente giudizio, i legali del Comune avessero ammesso l’esistenza di un vincolo di destinazione pubblica sull’area. La Cassazione ha chiarito che tali dichiarazioni, provenienti dagli avvocati e non dal legale rappresentante dell’ente (il Sindaco), non possono avere valore di confessione.

Infine, è stato dichiarato inammissibile anche il motivo basato sulla violazione di un precedente giudicato. La società aveva invocato una sentenza passata della stessa Cassazione, ma non ne aveva riprodotto il contenuto nel ricorso, impedendo alla Corte di valutarne la pertinenza. In ogni caso, i giudici hanno osservato che quella sentenza riguardava un rapporto di locazione tra terzi e non poteva vincolare il Comune sulla questione della proprietà del bene.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione è un’importante conferma di alcuni principi cardine del nostro ordinamento. In primo luogo, rafforza la tutela della proprietà demaniale, ribadendo che essa non può essere erosa dall’usucapione. In secondo luogo, evidenzia i rigorosi limiti procedurali del giudizio di legittimità, in particolare attraverso l’applicazione della “doppia conforme”, che impedisce di trasformare la Cassazione in un terzo grado di merito. La decisione finale ha quindi confermato la titolarità del bene in capo al Comune, condannando la società ricorrente al pagamento di tutte le spese legali.

È possibile acquisire una proprietà demaniale per usucapione?
No, l’ordinanza conferma che un’area avente natura demaniale non può essere acquisita per usucapione, in quanto i beni pubblici sono sottratti a questo modo di acquisto della proprietà.

Quando un ricorso in Cassazione è inammissibile per “doppia conforme”?
Un ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c. quando la sentenza d’appello conferma la decisione di primo grado basandosi sulle medesime ragioni di fatto, e il ricorso si fonda su una critica di tali fatti.

Una dichiarazione fatta in giudizio dall’avvocato di un ente pubblico ha valore di confessione?
No, la Corte ha chiarito che le ammissioni contenute negli atti processuali, se firmate solo dai legali e non dal rappresentante legale dell’ente (come il Sindaco), non hanno valore di confessione giudiziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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