Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15830 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15830 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29887/2020 R.G. proposto da:
INDIRIZZO DI LERICI, in persona del suo amministratore pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliato nello studio di quest’ultimo in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultima in INDIRIZZO;
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Genova n. 761/2020, depositata il 3 agosto 2020. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15
maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con atto di citazione avanti al Tribunale di La Spezia, notificato il 30 gennaio 2007, il RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO del Comune di Lerici conveniva in giudizio NOME COGNOME, nella qualità di comproprietaria di un bene terraneo sito nello stesso stabile, al INDIRIZZO, per sentire dichiarare la proprietà condominiale della fascia di terreno antistante il condominio e posta a confine con la strada pubblica e per sentir dichiarare, su di esso, l’inesistenza ex art. 949 cod. civ. della servitù di passo carraio.
Con analogo atto di citazione, notificato il 26 luglio 2007, il RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO conveniva in giudizio NOME COGNOME, quale erede di NOME COGNOME e proprietaria di una cantina al INDIRIZZO, posta al piano terraneo dello stabile condominiale che si affaccia sull’area oggetto del giudizio, formulando, anche nei suoi confronti, la domanda di accertamento della proprietà condominiale del l’ area fra il condominio e la strada pubblica e la negatoria servitutis del passo carraio. Esponeva l’attore che a seguito di analogo atto di citazione, notificato in data 14 gennaio 1998 agli altri comproprietari (NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME) del medesimo fondo terraneo in comproprietà di NOME COGNOME, distinto al numero civico n. INDIRIZZO e catastalmente censito al NCEU del Comune di Lerici fg. 21 mapp. 141 sub 2, il Tribunale di La Spezia, Sez. distaccata di Sarzana, con sentenza n. 23/2006, aveva accolto la domanda del RAGIONE_SOCIALE, dichiarando la condominialità dell’area in questione e negando l’esistenza di una servitù di passaggio carrabile. Tuttavia, poiché in
quella precedente causa né NOME COGNOME né NOME COGNOME erano state citate in giudizio, si rendeva necessaria la pronuncia anche nei loro confronti al fine di confermare la proprietà condominiale dell’area.
Con comparsa di costituzione si costituiva in giudizio NOME COGNOME, preliminarmente facendo presente che la sentenza 23/2006, richiamata dall’attore, era stata oggetto di appello, per cui chiedeva la sospensione del giudizio. Nel merito, contestava la domanda, chiedendone il rigetto ed eccepiva la piena proprietà del costruttore, e per lui dei suoi eredi legittimi, del ‘frastaglio’ antistante il condominio, per titolo, a seguito di espressa riserva di proprietà, fatta nella prima e nelle successive vendite degli immobili del condominio. In tali atti venivano disposte alienazioni di singoli ritagli di terreno ma veniva riservata la proprietà degli altri ‘frastagli’ circostanti l’ edificio condominiale. I ‘frastagli’ di terreno alienati venivano individuati nelle singole vendite, con espressa riserva di proprietà al costruttore di quelli non inclusi (fra cui proprio quello antistante all’ingresso del condominio). Evidenziava che l’area in questione altro non era che una striscia di terreno adibita a “banchina pedonale comunale’ , citando una nota del Comune di Lerici. In via riconvenzionale subordinata, chiedeva la costituzione del diritto di servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia e/o ex art. 1054 cod. civ. e/o per interclusione del fondo ex art. 1051 cod. civ.
Si costituiva in giudizio NOME COGNOME contestando la domanda e chiedendone il rigetto. Eccepiva la sua piena proprietà, per titolo e per diritto ereditario, quale unica erede dei costruttori, del ‘frastaglio’ antistante il condominio a seguito di espressa riserva di proprietà fatta dal costruttore e originario unico proprietario, nelle vendite degli immobili facenti parte del condominio, nei cui atti venivano disposte alienazioni di singoli ritagli di terreno. Questi ultimi venivano individuati nelle singole vendite, con espressa riserva
di proprietà al costruttore di quelli non inclusi (fra cui proprio quello antistante all ‘ingresso del condominio). Nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda, proponeva una riconvenzionale per il riconoscimento del diritto di passaggio carraio a favore del proprio fondo.
Le cause venivano riunite e istruite mediante l’espletamento di prove orali e una consulenza tecnica d’ufficio.
Nelle more, all’udienza del 30 dicembre 2012, veniva prodotta la sentenza della Corte di appello di Genova n. 812 del 7 luglio 2012, con la quale veniva confermata la sentenza n. 23/2006 che aveva accolto la domanda del RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei comproprietari del fondo di NOME COGNOME. La sentenza della Corte di appello confermava la sentenza nella quale il Tribunale, atteso che nel giudizio era stato prodotto solo l’ atto di acquisto dei convenuti, non eredi del costruttore, aveva rilevato la mancanza del titolo contrario alla presunzione di condominialità ex art. I117 cod. civ. e aveva individuato la funzione condominiale dell’area sia per l’affaccio sulla stessa dell’ingresso pedonale al condominio, sia per le risultanze delle prove testimoniali.
Il Tribunale di La Spezia, con sentenza n. 1059 del 31 dicembre 2015, dichiarava che l’area antistante lo stabile condominiale e i fondi in comproprietà delle convenute erano bene condominiale e che su detta area non esisteva una servitù di passo carrabile in favore dei fondi terranei in comproprietà/proprietà delle convenute. Respingeva le domande riconvenzionali delle convenute, condannando queste ultime a rifondere a parte attrice le spese di lite.
–NOME COGNOME proponeva appello chiedendo la riforma integrale della sentenza e la vittoria delle spese dei due gradi di giudizio.
Si costituiva NOME COGNOME proponendo appello incidentale.
Sì costituiva anche il RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO, il quale chiedeva il rigetto dell’appello proposto da COGNOME e quello incidentale proposto da COGNOME.
La Corte di appello di Genova ha accolto parzialmente l’appello di NOME COGNOME ed NOME COGNOME e, in riforma della gravata sentenza, ha respinto la domanda proposta nei loro confronti dal RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO, condannando quest’ultimo al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
-Il RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME hanno resistito con autonomi controricorsi.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
NOME COGNOME ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Preliminarmente va respinta l’eccezione d ‘ inammissibilità del ricorso, in quanto proposto oltre il termine perentorio di cui agli artt. 325 e 326 cod. proc. civ., cioè oltre il termine di sessanta giorni decorrente dalla notificazione della sentenza impugnata. Infatti, vi è prova della notifica a mezzo posta in data 12 novembre 2020 a mani del difensore di NOME COGNOME e a mezzo posta presso il difensore di NOME COGNOME, entro il termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza della Corte di appello, avvenuta in data 17 settembre 2020.
-Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 324 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. La Corte di appello ha rigettato l’eccezione di giudicato formulata dal RAGIONE_SOCIALE affermando che la sentenza n. 812/2012, pacificamente definitiva, resa dalla stessa corte genovese nella causa avente identico oggetto (accertamento della proprietà del cortile esterno de quo) e che ha attribuito al RAGIONE_SOCIALE la proprietà del medesimo, non solo è stata
emessa in assenza, nel giudizio, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME ma, soprattutto, in assenza di documenti ritenuti essenziali, anche dalla stessa motivazione della sentenza 23/2006, quali il primo atto di vendita da parte del costruttore. Al riguardo, il ricorrente evidenzia che il secondo rilievo sarebbe palesemente contrario al principio in base al quale il giudice deve decidere iuxta alligata et probata al tempo del giudizio, e non sulla base di ciò che si sarebbe potuto provare ma non si è provato entro la conclusione del giudizio e la definitività della sentenza, anche se la prova postuma fosse decisiva. Quanto al fatto che al primo giudizio non avesse preso parte NOME COGNOME (la mancata partecipazione di NOME COGNOME era comunque irrilevante), la Corte di appello non ha considerato che il giudicato può spiegare efficacia riflessa nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo quando sussiste un nesso di pregiudizialità – dipendenza fra situazioni giuridiche, quando contenga l ‘affermazione di una verità che non ammette un diverso accertamento ed il terzo non vanti un diritto autonomo rispetto a quello su cui il giudicato stesso è intervenuto (Cassazione, Sez. III, 5 luglio 2019, n. 18062. Nello stesso senso Cassazione, Sez. III, 10 ottobre 2018, n. 24975). La sentenza definitiva emessa all’esito al primo giudizio, proclamando la proprietà condominiale del cortile antistante il fabbricato, avrebbe dunque affermato una verità che non ammette un diverso accertamento e, del resto, il diritto vantato dalla RAGIONE_SOCIALE nel secondo giudizio non sarebbe autonomo rispetto al rapporto in ordine al quale il giudicato è intervenuto nel primo, nel quale i convenuti di allora hanno inteso contrapporre al diritto riconosciuto al RAGIONE_SOCIALE proprio il preteso diritto oggi indebitamente riconosciuto alla RAGIONE_SOCIALE, ignorando o misconoscendo la rilevanza del consolidarsi del primo giudicato.
2.1. -Il motivo è infondato.
Dal principio fissato dall’art. 2909 cod. civ. – secondo il quale le statuizioni contenute in una sentenza passata in giudicato fanno
stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa – si evince, a contrario, che tali statuizioni non estendono i loro effetti, e non sono vincolanti, per i soggetti rimasti estranei al giudizio.
Tale corollario è stato costantemente affermato da questa Corte, e ribadito anche nel caso in cui il terzo sia un litisconsorte necessario pretermesso (Cass., sez. II, 25 ottobre 2013 n. 24165; Cass., sez. IV, 13 dicembre 2005, n. 27427; Cass., sez. II, 17 marzo 2005, n. 5796; Cass., sez. IV, 29 gennaio 2003, n. 1372), come nel caso in esame.
3. -Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1117 cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.; omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ. La Corte di appello , nell’interpretare l’atto pubblico con il quale NOME COGNOME ha inteso provare la riservata titolarità del costruttore, suo dante causa, sull’area oggetto della controversia, ha totalmente disatteso il tenore letterale di quel rogito (atto AVV_NOTAIO del 3 giugno 1960 in atti) e segnatamente della clausola richiamata ove si legge: ‘ La vendita comprende la proporzionale comproprietà di tutte le parti comuni ai condòmini del caseggiato (…). Rimangono invece esclusi dalla vendita gli altri ritagli di terreno circostanti (ad eccezione – ben si intende -di quello venduto col presente atto) che saranno e resteranno di proprietà delle venditrici “. Avendo utilizzato la locuzione ‘ritagli di terreno’ (in altri atti, relativi ad altre porzioni dello stesso stabile e rogati dal medesimo notaio, intercambiabile con quella ‘frastagli’ di terreno”), sarebbe del tutto evidente che le parti contrattuali non hanno potuto ragionevolmente riferirsi a un ampio cortile esterno, parzialmente munito di un marciapiede che come evidenziano le fotografie scattate dal consulente tecnico d’ufficio -è realizzato in ‘ unità stilistica ‘ con l’edificio ed evidentemente destinato a consentire il transito pedonale dei proprietari dei fondi terranei che vi prospettano da e per il portone
d’ingresso condominiale. Sarebbe dunque evidente che sia il Tribunale che la Corte di appello hanno aderito passivamente non tanto alle oggettive risultanze tecniche della consulenza tecnica d’ufficio , ma al giudizio in cui il consulente del Tribunale si è avventurato scrivendo ultra petitum – che non risulta essere stato venduto il ritaglio di terreno a livello strada posto fra il fabbricato e INDIRIZZO.
3.1. -Il motivo è inammissibile.
L’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., oppure nella ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti (Cass., Sez. V, 4 aprile 2022, n. 10745). Pertanto, onde far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati e ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’ inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa.
Il sindacato di legittimità non può quindi investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass., Sez. III, 26 maggio 2016, n. 10891; Cass., Sez. III, 10 febbraio 2015, n. 2465).
Sul punto vi è innanzitutto da osservare come risulti insufficiente a fondare il rilievo di un errore interpretativo del
contratto di compravendita il riferimento a singoli brani estrapolati dall’atto, la cui interpretazione sarebbe stata travisata.
Invero, sotto la prospettiva della violazione di legge, richiamando l’art. 1352 cod. civ., parte ricorrente prospetta una diversa lettura del compendio probatorio, mirando a una rivalutazione delle risultanze istruttorie, non consentita in sede di legittimità, a fronte di un’ampia ricostruzione compiuta in sede di merito. Sul punto, la motivazione si diffonde sul perché dagli atti emerga un titolo contrario alla presunzione di cui all’art. 1117 cod. civ., dando rilievo alla qualità di erede degli originali proprietari e costruttori, alla luce degli atti di vendita (atto AVV_NOTAIO del 9 giugno 1982 e atto AVV_NOTAIO del 3 giugno 1960) e dell’ articolata ricostruzione compiuta dal consulente tecnico d’ufficio. La Corte di appello ha altresì sottolineato che gli atti di vendita non erano stati esaminati nella causa decisa dalla sentenza n. 23/2006 che aveva accolto, in altro giudizio, la domanda del RAGIONE_SOCIALE, dichiarando la condominialità dell’area in questione, negando l’esistenza di una servitù di passaggio carrabile.
4. -Con il terzo motivo di ricorso si prospetta la falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 n. 5 c.p.c. La Corte di appello avrebbe posto a base della decisione di negare l’intervenuta usucapione in favore del RAGIONE_SOCIALE prove non dedotte dalle parti, traendo dagli esiti della consulenza tecnica d’ufficio convincimenti arbitrari e non filtrati attraverso il contraddittorio delle parti, recependo, senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione, tralasciando altresì la valutazione di prove decisive, attribuendo alle presunzioni il valore di prova di rango inferiore e alle dichiarazioni di alcuni testimoni un significato completamente diverso da quello fatto proprio dalle parole.
La Corte genovese avrebbe attribuito valore di prova principe all’affermazione del consulente tecnico d’ufficio il quale avrebbe concluso che ‘non risulta essere stato venduto il ritaglio di terreno a livello strada posto fra il fabbricato e INDIRIZZO (consulente tecnico d’ufficio risposta al quesito n. 4)’. In realtà al consulente tecnico d’ufficio non era stato richiesto di attribuire all’una o all’altra la proprietà dell’area per cui è causa ma soltanto – con un quesito sintetico fatto di un unico capoverso, e non di quattro – di “ricostruire storicamente la proprietà dell’area di cui trattasi, acquisendo ogni notizia utile e necessaria previo accesso ai pubblici uffici’, ovvero di analizzare tutti gli atti pubblici rilevanti e di descrivere lo stato dei luoghi, competendo invece al giudicante – nel contraddittorio fra le parti – di trarre conclusioni in ordine ai diritti in contesa.
Peraltro, l’osservazione del consulente tecnico d’ufficio secondo la quale ‘non risulta essere stato venduto il ritaglio di terreno a livello strada posto fra il fabbricato e INDIRIZZO” attesterebbe soltanto – al più che quell’area non ha costituito oggetto di vendita da parte del costruttore (al contrario di tutti i ritagli o frastagli), il che si può ragionevolmente interpretare proprio come segno della consapevolezza del costruttore medesimo che di essa egli aveva man mano disposto pro-quota in favore degli acquirenti esattamente come era accaduto per le altre parti comuni (e che quindi non poteva vantare alcun residuo diritto sull’area stessa). Detta affermazione del consulente tecnico d’ufficio è stata dalla corte recepita senza alcun apprezzamento critico, attribuendo alla presunzione di condominialità del cortile esterno ex art. 1117 cod. civ. un valore di prova di rango inferiore rispetto alla apodittica valutazione di un consulente tecnico d’ufficio non chiamato a stabilire la titolarità di diritti, ignorando il confronto svoltosi fra le parti in ordine al significato da attribuirsi alle espressioni ‘ritaglio di terreno’ e ‘frastaglio’ di terreno” e alla riconducibilità dell’area in questione a
tale schema definitorio (omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 n. 5 c.p.c.).
4.1. -Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
Inammissibile il motivo è nella parte in cui prospetta un vizio di motivazione ai sensi dell’ art. 360 n. 5 c.p.c., giacché il giudice ha preso in considerazione il fatto storico rilevante dedotto dal ricorrente. La Corte, invero, ha valutato gli elementi acquisiti agli atti, sottoponendo a vaglio critico le risultanze probatorie di prime cure (atti di compravendita, stato dei luoghi, consulenza tecnica di ufficio e dichiarazioni testimoniali). L’esame del compendio probatorio ha condotto la Corte di appello a confermare la riserva di proprietà dell’area controversa in favore dei costruttori, originari proprietari del terreno su cui sorge il condominio, mentre risulta incensurabile in sede di legittimità l’ interpretazione dei titoli d’acquisto in mancanza di una dedotta violazione delle regole ermeneutiche (Cass., Sez. V, 4 aprile 2022, n. 10745).
Il motivo è altresì infondato in merito alla domanda di usucapione.
Colui che agisce per l’accertamento della proprietà su di un bene a titolo originario ha l’onere di dimostrare i requisiti del possesso necessari per l’usucapione, tra i quali anche la durata del possesso medesimo per il periodo prescritto dalla legge, in applicazione della regola generale sull’onere probatorio fissata dall’art. 2697 cod. civ., in base al quale chi intende far valere un diritto in giudizio ha l’onere di provare i fatti costitutivi di esso (Cass., Sez. II, 6 settembre 2002, n. 12984).
Nella specie, la Corte di appello -alla luce delle dichiarazioni raccolte, che hanno evidenziato un uso indistinto e precario di parcheggio da parte dei condomini e dei terzi, e dell’oggettivo stato dei luoghi -ha escluso che sia stata raggiunta la prova richiesta ai fini dell’acquisto a titolo originario del diritto di proprietà
condominiale dell’area, mancando la prova del possesso ad usucapionem da parte del RAGIONE_SOCIALE.
-Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuno dei controricorrenti, in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione