Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13180 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13180 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9466/2020 R.G. proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende insieme all’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
NOMECOGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati o COGNOME e COGNOME che li rappresentano e difendono
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 7341/2019 depositata il 27/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME e COGNOME NOME, proprietari di una unità immobiliare ubicata nell’edificio condominiale in Roma, INDIRIZZO hanno convenuto dinanzi al Tribunale la condomina COGNOME NOME, proprietaria di un diverso appartamento posto
nel medesimo edificio. Essi hanno denunziato che la convenuta aveva opere di trasformazione del ballatoio (loggette) di ingresso al proprio appartamento; in particolare, aveva eretto un muro, il quale aveva determinato una lesione del diritto di veduta esercitato dagli attori dal vano bagno della loro abitazione.
Il Tribunale rigettava la domanda, che la Corte di appello di Roma, invece accoglieva, riformando la sentenza di primo grado.
La Corte d’appello ha riconosciuto la natura condominiale del ballatoio, e ciò in forza della presunzione stabilita dall’art. 1117 c.c. Ha richiamato il principio di diritto secondo il quale la presunzione di condominialità, nella specie non superata da contraria previsione del titolo costitutivo, opera a prescindere dal fatto che il bene sia o possa essere utilizzato da tutti i condomini o solo da taluni di essi.
La corte di merito ha poi riconosciuto che la modifica, realizzata dalla convenuta sulla cosa comune, aveva determinato la riduzione di area e luce per l’appartamento di proprietà degli appellanti, e quindi ha ritenuto fondata la domanda di condanna della controparte al risarcimento del danno. Ha ritenuto inoltre ammissibile, non costituendo domanda nuova, la deduzione, formulata in appello secondo cui la costruzione, realizzata sulla loggetta, aveva finito per inglobare una parte del muro perimetrale comune.
Secondo la Corte di merito, la deduzione costituiva una precisazione della domanda iniziale, «con la quale veniva contestata la costruzione del muro e l’inglobamento della maggiore superficie del ballatoio all’interno dell’unità immobiliare della Buccomino con la riduzione dell’aria e luce per i coniugi NOME COGNOME.
Contro la sentenza, COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi (il quarto diviso in due sub censure), illustrati da memoria.
NOME NOME COGNOME NOME hanno resistito con controricorso, depositando anche la memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.─ In primo luogo, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del controricorso, sollevata dalla ricorrente con la memoria.
L’eccezione è infondata.
L’art. 83, comma 2, d.l. n. 18 del 2020, che ha previsto la sospensione dei termini per il compimento degli atti dei procedimenti civili dal 9 marzo all’11 maggio 2020, a causa della Pandemia da Covid-19, non ha introdotto una speciale sospensione ex lege del processo, ma unicamente la sospensione dei termini processuali, cosicché l’atto processuale compiuto da una parte nel corso di tale periodo non è nullo, ma solo improduttivo dei suoi effetti in relazione alla prosecuzione del giudizio; pertanto, ove il ricorso per cassazione sia stato notificato in pendenza di tale periodo, non si verifica alcuna inammissibilità, ma i termini processuali correlati alla notificazione iniziano a decorrere al termine della sospensione (Cass. n. 2116/2024).
Nel caso di specie, avuto riguardo alla data di notificazione del ricorso (4 marzo 2020), a quella del controricorso, avvenuta il 9 aprile 2020, nel periodo di sospensione il deposito del medesimo controricorso, avvenuto, tramite spedizione a mezzo del servizio postale in data 27.05.2020 (ricezione in data 1.06.2020), è tempestivo.
1.1 Passando adesso all’esame dei motivi di ricorso, i l primo di essi denunzia violazione degli artt. 112, 113, comma 1, c.p.c., 2909 c.c. e 324, 329, 276 c.p.c. e 118 disp. atti c.p.c., in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. La ricorrente deduce di avere eccepito l’inammissibilità della domanda di controparte, correlata alla costruzione della copertura sul muro perimetrale. Secondo la ricorrente, l’eccezione, rimasta senza risposta, avrebbe dovuto essere certamente accolta, in quanto la circostanza non era stata introdotta nel giudizio di primo grado. A dire della ricorrente, costituiva deduzione nuova anche quella con la quale si affermava la proprietà condominiale della loggetta, che il primo giudice aveva invece riconosciuto di proprietà della convenuta. In relazione a tale deduzione, la Corte di merito non solo avrebbe omesso di rilevarne la novità, ma l’aveva persino accolta sulla base di una ragione giuridica diversa. Si sottolinea che mentre gli appellanti avevano fatto leva sull’appalto, ad opera del condominio, dei lavori di ripristino delle loggette, desumendone da ciò una conferma della natura condominiale delle porzioni, la Corte d’appello aveva invece riconosciuto la condominialità in forza della presunzione stabilita dall’art. 1117 c.c. In questo modo la Corte d’appello ha violato il principio iura novit curia , sostituendo la causa petendi , con una differente, basata su fatti diversi da quelli allegati dalle parti.
2- Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 112, 359, e 183 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3. Con riferimento alla questione della natura privata o condominiale della loggetta, la ricorrente sostiene che l’applicabilità dell’art. 1117 cc non faceva parte degli argomenti oggetto del dibattito processuale, giacché gli appellanti avevano sostenuto la proprietà condominiale per una ragione diversa: la Corte d’appello, pertanto, avrebbe dovuto
sottoporre la questione al preventivo contraddittorio fra le parti, ciò che avrebbe consentito all’attuale ricorrente di eccepire il giudicato. Si evidenzia, infatti, che «la natura privatistica del ballatoio, siccome argomentata dal giudice di primo grado, doveva ritenersi coperta dal giudicato; e ciò in quanto «le ragioni assunte dal giudice di prime cure non erano state contraddette, ma erano secondo costoro (gli appellanti n.d.r.) superabili per altra (nuova) via argomentativa, sicche, come ripetutamente insegnato da questa Corte, laddove le rationes decidendi non vengano tutte poste a critica accolta, viene a formarsi la cosa giudicata (sul dedotto o deducibile)».
Il primo e il secondo motivo, da esaminare congiuntamente (per la loro connessione), sono infondati.
Come risulta dalla esposizione in fatto operata dalla sentenza impugnata, gli attori denunciarono l’esecuzione di opere di trasformazione del ballatoio loggetta di ingresso all’appartamento della convenuta, in quanto fatta senza autorizzazione dell’assemblea e con violazione del diritto di veduta dal vano bagno dell’appartamento degli attori. Il giudice di primo grado riconobbe che la loggetta era di proprietà esclusiva e ritenne non necessaria l’autorizzazione dell’assemblea condominiale, in difetto di specifica previsione del regolamento di condominio. Il primo giudice negò inoltre l’esistenza della violazione del diritto di veduta, ritenendo che le finestre degli attori non integrassero la nozione di veduta, trattandosi di luci irregolari. Rigettò infine la domanda di risarcimento del danno che gli attori assumevano di avere subito a causa della riduzione di aria e luce, con conseguente riduzione del valore del loro immobile.
In appello, gli attori censurarono in primo luogo l’affermazione, proposta dal primo giudice, in ordine al fatto che non occorresse l’autorizzazione dell’assemblea. Secondo gli appellanti, il duplice rilievo mosso dal Tribunale, che l’autorizzazione non fosse prevista dal regolamento e che il ballatoio fosse di proprietà esclusiva, non esauriva il problema, in quanto il muro di nuova costruzione era stato poggiato sul muro perimetrale comune. Inoltre, essi censurarono la decisione del primo giudice laddove fu riconosciuta la proprietà esclusiva del ballatoio, per violazione dell’art. 1117 c.c., «in quanto i ballatoi, indicati in catasto come loggette aperte, nell’appalto dei lavori di ripristino estetico e funzionale dell’edificio erano stati posti a carico del condominio». Gli altri motivi riguardavano la violazione della veduta, oltre che il risarcimento del danno derivante dalla denunziata diminuzione di area e luce per il vano bagno degli attori.
Così identificato l’ambito della cognizione demandata al giudice d’appello, si richiamano di seguito i principi di diritto rilevanti nella fattispecie:
a) L’effetto devolutivo preclude al giudice d’appello esclusivamente di estendere le sue statuizioni a punti non ricompresi, neanche implicitamente, nel tema esposto nei motivi d’impugnazione, mentre non impedisce che la decisione si fondi su ragioni che, pur non specificamente fatte valere dall’appellante, siano tuttavia in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte, costituendone necessario antecedente logico e giuridico; in appello, infatti, il giudice può riesaminare l’intera vicenda nel complesso dei suoi aspetti, purché senza coinvolgere punti decisivi della statuizione impugnata suscettibili di giudicato interno in assenza di
contestazione, decidendo anche in base a ragioni diverse da quelle svolte nei motivi di gravame (Cass. n. 30129/2024).
In tema di appello, la mancata impugnazione di una o più affermazioni contenute nella sentenza può dare luogo alla formazione del giudicato interno soltanto se le stesse siano configurabili come capi completamente autonomi, risolutivi di questioni controverse che, dotate di propria individualità ed autonomia, integrino una decisione del tutto indipendente, e non anche quando si tratti di mere argomentazioni, oppure della valutazione di presupposti necessari di fatto che, unitamente agli altri, concorrano a formare un capo unico della decisione (Cass. n. 27246/2024).
Nel procedimento civile sussiste una violazione del principio del contraddittorio allorché la decisione venga calata ex abrupto sulle parti ignare della questione officiosamente rilevata e risolta senza alcun contributo delle parti stesse, e non quando il giudice pronunci sull’eccezione (nella specie, di incompetenza per territorio) sollevata da una delle parti sulla base dei fatti oggettivi dedotti, individuando, nell’ambito del principio iura novit curia , le norme disciplinatrici della fattispecie (Cass. n. 22731/2012).
L’omessa indicazione alle parti di una questione di fatto oppure mista di fatto e di diritto, rilevata d’ufficio, sulla quale si fondi la decisione priva i soggetti processuali del potere di allegazione e di prova sulla questione decisiva, con conseguente nullità della sentenza (cd. “della terza via” o “a sorpresa”) per violazione del diritto di difesa tutte le volte in cui chi se ne dolga prospetti, in concreto, le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio sulla predetta questione fosse stato tempestivamente attivato (Cass. n. 21314/2023).
In rapporto ai principi che vengono in considerazione, la decisione impugnata è esente da tutti gli errores in procedendo denunziati con i motivi in esame. Infatti:
-la considerazione che il muro appoggiava sul muro perimetrale costituiva una mera precisazione di una circostanza di fatto, già compresa nella descrizione del fatto operata con l’iniziale domanda, come correttamente ritenuto dalla Corte d’appello;
-l’art. 1117 c.c. fu richiamato nell’atto di appello al fine di giustificare la censura sull’errore commesso dal primo giudice nell’avere riconosciuto la proprietà individuale del ballatoio, dovendo operare, secondo gli appellanti, la presunzione prevista dalla norma: tale richiamo, da un lato, valeva a mettere in discussione la decisione relativa alla proprietà individuale del ballatoio, dall’altro, esclude va che la Corte d’appello avesse l’obbligo di sollecitare il contraddittorio su questo punto, trattandosi di questione dedotta;
-il pregiudizio, che la ricorrente assume di avere subito a causa di supposta violazione dell’art. 101, comma 2, c.p.c., non è configurabile: il capo di decisione con il quale fu riconosciuta la proprietà individuale del ballatoio era stato specificamente impugnato, e tanto basta, secondo i principi sopra richiamati, ad escludere la formazione del giudicato sul punto, essendo, di conseguenza, palesemente infondata la tesi, sostenuta dalla ricorrente con i motivi ora in esame, secondo cui il ricorrente avrebbe avuto l’onere di impugnare ogni singola argomentazione posta base della decisione.
3Il terzo motivo denunzia violazione dell’art. 1117 c.c. e dell’art. 1362 c.c., in correlazione con l’art. 51 della l. n. 89 del 1913, il tutto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Si sostiene che la Corte di merito ha riconosciuto la proprietà comune del ballatoio senza considerare che la porzione è funzionalmente destinata a servire in via esclusiva la porzione della ricorrente, costituendo l’unica via di accesso alla privata abitazione. Si rappresenta inoltre che nel titolo di acquisto della ricorrente, e in quello del proprio dante causa, la descrizione del bene era stata operata in termini tali da comprendere anche il ballatoio. Si rappresenta ancora che nel rogito notarile successivo, in base al quale la ricorrente aveva acquistato, il pubblico ufficiale aveva operato la descrizione mediante rinvio alla planimetria allegata, approvata e firmata da entrambe le parti e dal pubblico ufficiale. Il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha riconosciuto, sulla base dell’esame della situazione dei luoghi in rapporto alle indicazioni del titolo di acquisto, che il ballatoio era comune agli appartamenti interni 9 e 10. Si legge testualmente nella sentenza impugnata: « dalle piantine prodotte dalla Buccomino e da quelle esibite dal c.t.u. si rileva che dal pianerottolo comune agli interni 9 e 19 si apriva un corridoio, indicato dalle parti come loggetta -ballatoio aperto, con affaccio dalla cucina interno 10 (attuali Siddu e Morittu), che conduceva all’appartamento interno 9; al termine vi era il locale wc dell’unità interno 10. Corridoio comune quindi alla cucina dell’immobile interno 10, per la veduta, aria e luce e punto di accesso per l’immobile interno 9. Osserva il collegio che in edilizia il ballatoio è progettato e costruito come se fosse un corridoio aperto posto all’esterno rispetto alla facciata dell’edificio e la tecnica utilizzata è la stessa per i balconi. Negli edifici più antichi, in fondo al ballatoio vi era come nel caso in esame, un bagno, con accesso diretto dal ballatoio, da ritenersi di uso comune. Il ballatoio, non
essendo stato indicato nel titolo di provenienza di cui sopra come di proprietà esclusiva ed in mancanza di una valida nota di trascrizione, deve ritenersi, quindi, di proprietà condominiale, in quanto comune agli interni 9 e 10 ».
A tali considerazioni, immuni da vizi logici e coerenti con i principi applicabili nel caso in cui un bene risulti, per le sue obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato oggettivamente al servizio e/o al godimento, in modo esclusivo, di una parte soltanto dell’edificio in condominio (Cass. n 791/2020; n. 24189/2021), la ricorrente oppone, da un lato, la considerazione che la Corte d’appello non avrebbe considerato che il ballatoio costituiva l’unica via di accesso all’ingresso della provata abitazione, dall’altro, il rilievo che la corretta interpretazione dei titoli, soprattutto in rapporto alla indicazione dei confini dell’appartamento interno 9, imponeva di riconoscere il ballatoio come proprietà esclusiva.
Tale essendo il senso della censura è evidente che, sotto l’egida della violazione di legge e dei canoni di ermeneutica contrattuale, la ricorrente propone una ricostruzione alternativa rispetto a quella proposta dal giudice di merito, palesandosi pertanto l’intento di ripetere un giudizio sul merito, qui non ripetibile.
4 . ─ Il quarto motivo denunzia violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. Si assume che, nel disporre la condanna alla riduzione in pristino in conformità alla consulenza tecnica, la Corte d’appello avrebbe ignorato le deposizioni testimoniali, da cui era emerso che l’odierna ricorrente aveva in realtà solo modificato una preesistente struttura in ferro, vetro e legno, con altra in muratura. In consulente aveva invece supposto che la situazione preesistente fosse quella risultante dalle denunce catastali del 1939, «che indicavano per tutti i piani i
ballatoi aperti (a meno del wc in testata); ciò è confermato dall’attuale situazione dei piano 1° e 5°, i cui ballatoi conservano una situazione corrispondente a quella originaria del fabbricato ».
Il motivo è inammissibile.
Esso denunzia in sostanza la mancata considerazione di una circostanza che risultava dalla deposizione dei testimoni, consistente nella preesistenza, al posto dell’attuale opera muratura, di una struttura in ferro e in vetro. Secondo la ricorrente, la condanna al ripristino, pertanto, doveva commisurarsi su tale situazione, mentre la Corte d’appello ha rinviato, ai fini del ripristino, alle indicazioni del consulente, le quali, naturalmente, si riferivano alla situazione attuale, in rapporto alla situazione originaria del ballatoio, che era invece diversa, come appunto riferito dai testimoni. In altre parole, la situazione preesistente non era quella ipotizzata dal consulente, ma quella descritta di testimoni.
In questo senso, la ricorrente avrebbe dovuto censurare non il travisamento della prova, ma piuttosto l’omesso esame di elementi istruttori da cui emergeva un ‘fatto decisivo’, nel senso precisato da questa Corte (cfr. Cass., S.U., n. 8053/2014).
Inoltre, la avrebbe dovuto precisare anche il ‘come’ ed il ‘quando’ il fatto fu oggetto di discussione processuale tra le parti e la decisività del medesimo (Cass. n. 7472/2017). La ricorrente, invece, sotto il primo profilo, assume che la circostanza aveva formato oggetto di discussione fin dal giudizio di prime cure, mentre l’onere di specificità imponeva che la precisazione fosse stata fatta in relazione al giudizio d’appello. Inoltre, non si comprende la decisività della circostanza in rapporto alla pronunzia
da emettere. Invero, avuto riguardo alla natura della violazione e all’interesse fatto valere dai condomini attori, il giudice non avrebbe potuto fare altro se non ordinare la demolizione dell’opera in muratura. In questi temini, il fatto che tale ordine sia stato impartito senza considerare che la situazione del ballatoio non era quella originaria, assunta dal consulente, è circostanza palesemente priva di decisività. Seppure la C orte d’appello avesse considerato la preesistente opera descritta dai testimoni, la pronunzia non avrebbe potuto avere un contenuto diverso: la supposta esistenza di una struttura con materiale diverso, già sul piano logico, non incideva sul contenuto e la misura della demolizione dell’opera in muratura richiesta dagli attori. Il ripristino dello stato precedente, come lo intendono i convenuti, prelude a una loro iniziativa ulteriore, una volta operata la demolizione. La legittimità di una tale iniziativa futura non costituiva materia sulla quale la Corte d’appello era chiamata a pronunziare.
6. ─ In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con inevitabile addebito di spese a carico della parte soccombente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda