Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7993 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7993 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20188/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE CATANIA, , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’ avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 2681/2018 depositata il 13/12/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. L’ Arch. NOME COGNOME agì in giudizio nei confronti del Consorzio di Bonifica 9 di Catania per ottenerne la condanna al pagamento del compenso professionale , pari ad € 169.101,66, per l’attività svolta in esecuzione del disciplinare di incarico del 25.10.2007, avente ad oggetto il recupero del credito vantato dal Consorzio nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
1.1.Nel contradditorio con il Consorzio, all’esito dei gradi di merito, la Corte d’appello di Catania, con sentenza del 13.12.2018, confermò la sentenza del Tribunale di Catania, che aveva accolto la domanda di pagamento.
Per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte territoriale ritenne che non fosse viziata da nullità la sentenza di primo grado, per avere il Tribunale, dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni, rimesso la causa sul ruolo per la comparizione delle parti per un tentativo di bonario componimento, formulando una proposta transattiva, che però non era stata accettata dal Consorzio.
Secondo la Corte d’appello, la proposta transattiva poteva essere formulata, senza alcuna preclusione, in ogni stato e grado del processo, senza che il giudice avesse l’obbligo di astenersi da giudizio.
Nel merito, la Corte distrettuale accertò che l’architetto COGNOME aveva fornito la prova dell’espletamento dell’incarico, partecipando ad incontri presso il Ministero per sollecitare il pagamento del Consorzio, a nulla rilevando che il Ministero si fosse determinato al pagamento delle somme dovute al Consorzio solo in seguito alla notifica del decreto ingiuntivo.
2.Il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello sulla base sei motivi contrastati dal professionista con controricorso
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt.51, 52, 185, 185 bis, 117 , 152 e 345 c.p.c. , in relazione all’art.360, comma 1, n.4 c.p.c.; a dire del ricorrente, la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che non fosse affetta da nullità la sentenza di primo grado dal momento che il Tribunale aveva formulato una proposta conciliativa dopo aver trattenuto la causa in decisione, rimettendo la causa sul ruolo per la comparizione delle parti. Secondo il ricorrente, il tentativo di bonario componimento e la proposta transattiva, previsti dall’art.185 c.p.c. e 185 bis c.p.c., possono svolgersi nella fase istruttoria e non dopo la precisazione delle conclusioni. Il ricorrente evidenzia, inoltre, che sempre nella fase istruttorie, è possibile svolgere il libero interrogatorio delle parti e non già quando la causa è già stata trattenuta per la decisione. Nell’ambito dello stesso motivo, si denuncia la violazione degli artt. 51 c.p.c. e 52 c.p.c. perché l’individuazione di una proposta conciliativa da parte del giudice determinerebbe l’obbligo di astensione dal giudizio.
Il motivo è infondato.
Nessuna disposizione del codice di rito preclude al giudice di rimettere la causa sul ruolo, anche dopo averla trattenuta in decisione, per l’interrogatorio libero delle parti, finalizzato ad esperire un tentativo di conciliazione o per formulare una proposta transattiva.
Considerato il favore del legislatore per le soluzioni alternative delle controversie, attraverso gli istituti della mediazione e della
negoziazione assistita, anche su iniziativa del giudice, sarebbe irrazionale interpretare l’ordito normativo costituito dagli artt.185 c.p.c., 185 bis c.p.c e 117 c.p.c. in senso restrittivo, impedendo che l’attività conciliativa sia svolta dal giudice, il quale ha una visione complessiva del giudizio, soprattutto dopo che l’istruttoria è terminata.
L’intervento conciliativo del giudice, ove riuscito, ha l’effetto di deflazionare il contenzioso giudiziario nei successivi gradi di giudizio, raggiungendo il risultato auspicato dal legislatore.
Va evidenziato che l’art.185 c.p.c richiama l’art.117 c.p.c., che prevede la facoltà del giudice di ordinare la comparizione delle parti in ogni stato e grado del processo per interrogarle liberamente sui fatti di causa.
In nessun caso, l’art.185 c.p.c. e 185 bis c.p.c. introducono preclusioni alla possibilità del giudice di rimettere la causa in istruttoria per sentire liberamente le parti e sottoporre una proposta transattiva.
Del resto, come riportato dallo stesso ricorso (v. pag.5), la proposta venne formulata dal giudice nel corso dell’udienza e, quindi, prima dell’esaurimento dell’istruzione, che il giudice istruttore aveva riaperto, come era in suo potere.
A ciò si aggiunga -ed il rilievo è tutt’altro che secondario – che la parte interessata non mosse alcun rilievo nel corso dell’udienza di comparizione personale delle parti.
Infine, è infondata la denuncia della violazione degli artt. 51 c.p.c. e 52 c.p.c., in quanto la formulazione della proposta di conciliazione non può costituire motivo di ricusazione o di astensione del giudice che l’aveva formulata (e del resto nessuna istanza di ricusazione venne proposta, come ha rilevato la Corte di merito).
2.Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. e 115 c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c. perché la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto che il pagamento venne effettuato in seguito al decreto ingiuntivo ottenuto dal Consorzio.
3.Con il terzo motivo di ricorso, si denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c. e la nullità della sentenza per violazione dell’art.112 c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 e 4 c.p.c., con riferimento all’omessa pronuncia sulle eccezioni proposte dal Consorzio.
4.Con il quarto motivo di ricorso, si denuncia la nullità della sentenza, ai sensi dell’art.132 c.p.c. e 111 Cost., per omessa motivazione, non avendo la Corte d’appello correttamente valutato i documenti versati in atti, con particolare riferimento alla riconducibilità di un documento ad un funzionario del Ministero, alla valutazione delle dichiarazioni rese dal teste Avv. COGNOME
5. Con il quinto motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt.115 c.p.c. e 116 c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.4 c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente valutato il contenuto del documento con cui sarebbe stata concessa una proroga al professionista per lo svolgimento dell’attività oggetto dell’incarico.
6.Con il sesto motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata per violazione degli artt.112 c.p.c., 115 c.p.c. e 116 c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.4 c.p.c. , per omesso ed errato esame della domanda subordinata, con cui era stato contestato il conteggio dei compensi riconosciuti al professionista.
Questi motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono inammissibili.
Il ricorrente, dopo aver riportato in rubrica, solo formalmente, i vizi da cui sarebbe affetta la sentenza impugnata, si limita in realtà ad esporre le sue doglianze di merito.
Viene riproposto, in tutte le censure, il vizio di motivazione della sentenza, che, invece, si pronuncia puntualmente su tutti i motivi d’appello, con argomentazioni che danno conto del decisum e dell’iter logico seguito dal giudicante (Cass. Sezioni Unite, N. 8053/2014).
La Corte d’appello ha accertato che l’incarico conferito al professionista era quello di recuperare l’importo del credito con attività extragiudiziaria, che risultava essere stata svolta sulla base delle prove orali e documentali. (pag.4 della sentenza)
Il ricorso, attraverso una confusa sovrapposizione del vizio di omesso esame di un fatto decisivo (art.360, comma 1, n.5 c.p.c.) e di omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.) contrappone la propria valutazione delle risultanze istruttorie a quella della Corte d’appello sollecitando un ennesimo grado di giudizio di merito.
Peraltro, il vizio di omesso esame di fatto decisivo -dedotto in relazione agli eventi del pagamento ed all’attività svolta dal professionista (pag.16 del ricorso) -è inammissibile ai sensi dell’art. 348-ter, ultimo comma, c.p.c., che in caso di doppia conforme preclude la censura del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360, comma 1, c.p.c. (Cass. n. 7724/2022).
Il ricorso deve, pertanto, essere respinto con inevitabile aggravio di spese per la parte soccombente.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 5 .000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 28 novembre 2024.