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Proposta di concordato: il limite invalicabile

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 12 marzo 2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia fallimentare. Una proposta di concordato è inammissibile se offre ai creditori privilegiati un pagamento inferiore a quanto otterrebbero dalla liquidazione dei beni. La Corte ha chiarito che la stima del ricavato dalla liquidazione, effettuata da un perito, costituisce un parametro vincolante e non meramente indicativo per garantire la tutela minima dei creditori.

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Proposta di Concordato: la Soglia Minima di Soddisfazione per i Creditori

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un paletto cruciale nelle procedure di crisi d’impresa: l’inammissibilità di una proposta di concordato che non garantisca ai creditori privilegiati un trattamento economico almeno pari a quello che riceverebbero in caso di liquidazione giudiziale. Questa decisione chiarisce la natura vincolante della perizia di stima e l’interesse ad agire anche dei proponenti concorrenti.

I Fatti del Caso: Una Gara tra Proposte di Concordato

La vicenda trae origine dal fallimento di una società agricola operante nel settore fotovoltaico. Nel corso della procedura, vengono presentate tre distinte proposte di concordato fallimentare. Dopo il deposito di una perizia tecnica per la valutazione dei beni, la proposta di una società, che chiameremo “Società SE2”, viene approvata dai creditori e omologata dal Tribunale.

Tuttavia, un’altra società proponente, la “Società VRD”, la cui offerta non era passata, si oppone e presenta reclamo alla Corte d’Appello. Il motivo del contendere è chiaro: la Società VRD sostiene che la proposta omologata violi la legge, offrendo ai creditori con privilegio generale una percentuale di soddisfazione (il 91,28%) inferiore a quella che avrebbero potuto ottenere dalla liquidazione dei beni, stimata dalla perizia al 94,22%.

La Corte d’Appello accoglie il reclamo, dichiara inammissibile la proposta di concordato della Società SE2, revoca l’omologazione e rimette gli atti al Tribunale per una nuova votazione sulle altre proposte. A questo punto, è la Società SE2 a ricorrere in Cassazione.

La questione della valutazione nella proposta di concordato

Il cuore della controversia legale si concentra sull’interpretazione dell’articolo 124 della Legge Fallimentare. La norma stabilisce che, qualora la proposta preveda un pagamento non integrale dei creditori privilegiati, la soddisfazione offerta non può essere inferiore a quella realizzabile dalla liquidazione dei beni su cui insiste il privilegio.

La società ricorrente sosteneva che la stima del “ricavato in caso di liquidazione” fosse un dato soggettivo e non un valore assoluto, e che quindi un lieve scostamento dovesse essere tollerato. Inoltre, contestava l’interesse della società concorrente a impugnare la decisione e l’operato della Corte d’Appello, accusata di aver deciso oltre le richieste (vizio di ultrapetizione).

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello con motivazioni chiare e nette.

In primo luogo, ha riconosciuto pienamente l’interesse ad agire della società concorrente. L’accertamento dell’inammissibilità della proposta vincente ha l’effetto di “resettare” la competizione, consentendo alla proposta della Società VRD di essere nuovamente valutata dai creditori. L’utilità giuridica è quindi evidente.

In secondo luogo, e questo è il punto centrale, la Corte ha ribadito la natura vincolante del limite minimo di soddisfazione. La relazione giurata del professionista, che stima il ricavato in caso di liquidazione, non è un valore meramente indicativo. Al contrario, costituisce un parametro oggettivo e invalicabile a pena di inammissibilità della proposta. La legge impone una tutela minima e inderogabile per i creditori privilegiati, che non possono ricevere dal concordato meno di quanto otterrebbero dalla vendita forzata dei beni. La Corte ha specificato che il “ricavato in caso di liquidazione” è un concetto diverso dal “valore di mercato”, in quanto si calcola partendo da quest’ultimo e sottraendo i costi della procedura, ma resta comunque il benchmark di riferimento.

Infine, non è stato riscontrato alcun vizio di ultrapetizione. Annullata l’omologazione per inammissibilità della proposta, è una conseguenza logica e conforme al principio di economia processuale rimettere gli atti al Tribunale per la prosecuzione della procedura e la votazione sulle altre proposte idonee. La Corte d’Appello non ha fatto altro che trarre le dovute conseguenze dalla sua decisione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di garanzia fondamentale nel diritto fallimentare. La proposta di concordato, pur essendo uno strumento flessibile per la risoluzione della crisi, non può sacrificare i diritti minimi dei creditori privilegiati. La stima del valore di liquidazione assume il ruolo di una vera e propria “linea rossa” che non può essere superata. Per gli operatori del settore, ciò significa che la preparazione di una proposta di concordato richiede un’analisi rigorosa e prudente, fondata su perizie accurate, per evitare che l’intero piano venga dichiarato inammissibile, con conseguente spreco di tempo e risorse.

Una proposta di concordato può offrire ai creditori privilegiati meno di quanto ricaverebbero dalla liquidazione dei beni?
No, la Corte ha stabilito che il trattamento economico offerto ai creditori privilegiati non può essere inferiore alla misura realizzabile, in ragione della loro collocazione preferenziale, sul ricavato ottenibile in caso di liquidazione dei beni. Questo limite è inderogabile e la sua violazione rende la proposta inammissibile.

Una società la cui proposta di concordato è stata respinta dai creditori ha interesse a opporsi all’omologazione di una proposta concorrente?
Sì, la Corte ha riconosciuto che la società proponente la cui offerta è stata scartata ha un interesse concreto ad opporsi. Se riesce a dimostrare che la proposta vincente è inammissibile, il procedimento regredisce e si riapre la competizione, consentendole di rimettere in gioco la propria proposta per una nuova valutazione.

La stima del “valore di mercato” contenuta nella perizia coincide con il “ricavato in caso di liquidazione”?
No, i due concetti sono differenti. La Corte chiarisce che il “valore di mercato” è un termine di riferimento per determinare il “ricavato in caso di liquidazione”. Quest’ultimo è una misura generalmente inferiore, che si ottiene calcolando il valore di mercato al netto del presumibile ammontare delle spese di procedura e altri oneri.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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