Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12530 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12530 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22923/2024 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOMEricorrente- contro
COMUNE DI FINALE EMILIA, in persona del sindaco pro tempore, UNIONE DEI COMUNI DELLA BASSA ROMAGNA, in persona del legale rappresentante pro tempore, con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC dell’avvocato COGNOME NOME che li rappresenta e difende
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 442/2024 pubblicata il 12/07/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Bologna, con la sentenza n.442/2024 pubblicata il 12/07/2024, ha accolto il gravame proposto in via principale dal Comune di Finale Emilia e dalla Unione dei comuni della Bassa Romagna nella controversia con NOME COGNOME. In riforma integrale della sentenza appellata ha rigettato le domande proposte in primo grado da NOME COGNOME e l’appello incidentale condizionato da questi proposto.
La controversia ha per oggetto l’accertamento della illegittimità della sanzione disciplinare conservativa (multa pari a 4 ore) irrogata all’COGNOME nella sua qualità di responsabile dell’area lavori, pubblici, manutenzione, ambiente e patrimonio del Comune di Finale Emilia.
Il Tribunale di Modena riteneva la sussistenza della responsabilità disciplinare ma sproporzionata la sanzione inflitta.
La corte territoriale ha ritenuto che la sentenza impugnata fosse passata in giudicato «nella parte in cui ha accertato la responsabilità disciplinare dell’Arch. NOME COGNOME per gli illeciti disciplinari per cui è causa»; e che la sanzione inflitta fosse proporzionata agli illeciti, così come accertati, alla luce delle puntuali considerazioni e all’ apprezzamento dei fatti compiute nella pagine da 6 a 12 della motivazione.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello NOME COGNOME propone ricorso affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria. Il Comune di Finale Emilia e la Unione dei comuni della Bassa Romagna resistono con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt.9, 9bis, 10, 23 e 46 del d.lgs. n.33/2023,
dell’art.124 d.lgs. 124/2000, dell’art.7 legge 124/2015 con riferimento all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ. , perché è stata esclusa la scarsa rilevanza dell’illecito contestato e quindi non si è ritenuta sproporzionata la sanzione sulla base di una erronea valutazione dei fatti.
Secondo il costante orientamento di questa Corte in materia di sanzioni disciplinari, ed in particolare dei limiti del sindacato di legittimità rispetto all’apprezzamento compiuto dal giudice del merito «la valutazione in ordine alla suddetta proporzionalità, implicante inevitabilmente un apprezzamento dei fatti storici che hanno dato origine alla controversia, è ora sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione della sentenza impugnata sul punto manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro inconciliabili, oppure perplessi ovvero manifestamente ed obiettivamente incomprensibili (in termini v. Cass. n. 14811 del 2020); tale pronuncia ribadisce, poi, che in caso di contestazione circa la valutazione sulla proporzionalità della condotta addebitata -che è il frutto di selezione e di valutazione di una pluralità di elementi -la parte ricorrente, per ottenere la cassazione della sentenza impugnata sul punto, non solo non può limitarsi ad invocare una diversa combinazione di detti elementi o un diverso peso specifico di ciascuno di essi, ma con la nuova formulazione del n. 5 dell’art. 360, deve denunciare l’omesso esame di un fatto avente, ai fini del giudizio di proporzionalità, valore decisivo, nel senso che l’elemento trascurato avrebbe condotto ad un diverso esito della controversia con certezza e non con grado di mera probabilità (cfr. Cass. n. 18715 del 2016; Cass. n. 20817 del 2016)» (Cass. 03/01/2024 n.107).
Tale orientamento può essere applicato anche alla materia delle sanzioni disciplinari conservative, perché medesima è la natura del giudizio di proporzionalità compiuto dal giudice del merito.
Nella prima parte del motivo di ricorso (pagg. 8-16) il ricorrente censura l’interpretazione della corte territoriale, ed in particolare le considerazioni svolte con riferimento sia all’obbligo da parte delle pubbliche amministrazioni di pubblicare lo stesso atto sia nella sezione «amministrazione Trasparente» sia sull’Albo Pretorio, richiamando le norme di diritto che disciplinano la materia sia alla infungibilità di tale modalità pubblicazione rispetto a quanto previsto dagli artt.9 e 9 bis del d.lgs. 33/2013, ossia la sostituzione della pubblicazione con un link ipertestuale.
Il motivo lamenta poi che la corte territoriale abbia erroneamente affermato la sussistenza di un danno all’immagine della pubblica amministrazione.
Avuto riguardo al principio di diritto sopra citato, deve ritenersi che il motivo in parte qua sia inammissibile, perché si risolve in una diversa valutazione delle medesime circostanze di fatto già valutate dal giudice del merito, che rientrano nei limiti del suo prudente apprezzamento e sono insindacabili in questa sede laddove non vengono travalicati i limiti sopra richiamati.
Nella seconda parte (pagg.1621) il ricorrente lamenta l’omesso esame di una serie di circostanze di fatto non tenute in considerazione dalla corte territoriale al fine del giudizio di proporzionalità, tutte afferenti al tema delle asserite difficoltà organizzative in cui versava l’ente, imputabili principalmente alla cronica carenza di personale.
In questa parte il motivo è ammissibile, ma infondato. La corte territoriale, all’esito della valutazione delle prove, ha ritenuto che fosse «emerso che il servizio dei LL.PP. fosse sufficientemente coperto, come ammesso dal medesimo ricorrente e confermato anche dalla testimonianza della Dott.ssa COGNOME»; e che anche l’ex sindaco aveva confermato la sufficienza del personale «per effettuare in modo puntuale la redazione e la pubblicazione delle determine». La corte territoriale ha esaminato con attenzione tutti i
fatti e le risultanze istruttorie, ivi compresi quelli oggetto del motivo di ricorso, e li ha valutati secondo il suo prudente apprezzamento, giungendo così alla conclusione della proporzionalità della sanzione irrogata.
Per questi motivi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 2.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro