Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27731 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 27731  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16067-2023 proposto da:
COGNOME  NOME , rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE  in  persona  del  legale  rappresentante  pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME DI CELSO;
– controricorrente –
avverso  la  sentenza  n.  372/2023  della  CORTE  D’APPELLO  di FIRENZE, depositata il 19/05/2023 R.G.N. 17/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/09/2025 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
Licenziamento
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 09/09/2025
CC
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Firenze, con la sentenza impugnata, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto le domande proposte  da  NOME  COGNOME,  guardia  particolare  giurata,  nei confronti  di  RAGIONE_SOCIALE,  ritenendo  legittimo  il  licenziamento intimato dalla società il 19 aprile 2021 per giusta causa.
In estrema sintesi, la Corte territoriale ha ritenuto che i fatti addebitati e accertati fossero di gravità tale da giustificare il licenziamento disciplinare, ‘sia da un punto di vista oggettivo, delineando una condotta in violazione di disposizioni regolamentari sulla dotazione di armi nella disponibilità della guardia giurata (disposizioni indicate nella contestazione); sia dal punto di vista soggettivo, avendo il COGNOME ritardato nel chiamare le Forze dell’ordine davanti ad una situazione che doveva e ssere valutata dall’inizio come necessitante un intervento altrui, tenuto conto anche del suo ruolo di coordinatore del servizio notturno’.
Per  la  cassazione  di  tale  sentenza,  ha  proposto  ricorso  il soccombente con un unico motivo; ha resistito l’intimata società con controricorso.
La Consigliera delegata ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art.  380 -bis c.p.c., rilevandone  la  manifesta infondatezza.
Il  difensore  di  parte  ricorrente  ha  depositato  nei  termini istanza per chiedere la decisione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; è stato, quindi, instaurato il procedimento in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.
Entrambe le parti hanno comunicato memorie.
All’esito  della  camera  di  consiglio,  il  Collegio  si  è  riservato  il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘violazione e falsa applicazione del principio di proporzionalità tra fatto contestato e provvedimento di licenziamento, con riguardo alle circostanze concrete  e  alle modalità  soggettive  della condotta  ed  ai parametri  di  valutazione  desumibili  dal  CCNL  di  settore  (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)’.
Si eccepisce che il contratto collettivo sanzionerebbe ‘con la sospensione dal servizio condotte oggettivamente più gravi ed idonee a pregiudicare il regolare svolgimento del servizio ed a mettere a rischio la sicurezza dei terzi, come, ad esempio, il pres entarsi in servizio in stato di manifesta ubriachezza’; viceversa, il licenziamento per giusta causa sarebbe riservato a comportamenti, ad avviso del ricorrente, ‘ben più gravi e rilevanti’, come l’assunzione in servizio di sostanze stupefacenti, l’abbandono del posto, l’insubordinazione verso i superiori.
2. Il ricorso non può trovare accoglimento.
Ancora di recente (Cass. n. 23565, n. 22554 e n. 15327 del 2025; Cass n. 107 e 8642 del 2024) è stato ribadito il risalente e costante insegnamento secondo cui il giudizio di proporzionalità tra licenziamento disciplinare e addebito contestato è devoluto al giudice di merito ( ex pluribus : Cass. n. 8293 del 2012; Cass. n. 7948 del 2011; Cass. n. 24349 del 2006; Cass. n. 3944 del 2005; Cass. n. 444 del 2003). La valutazione in ordine alla suddetta proporzionalità, implicante inevitabilmente un apprezzamento dei fatti storici che hanno dato origine alla controversia, è ora sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione della sentenza
impugnata sul punto manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro inconciliabili, oppure perplessi ovvero manifestamente ed obiettivamente incomprensibili (in termini v. Cass. n. 14811 del 2020); tale pronuncia ribadisce, poi, che in caso di contestazione circa la valutazione sulla proporzionalità della condotta addebitata – che è il frutto di selezione e di valutazione di una pluralità di elementi -la parte ricorrente, per ottenere la cassazione della sentenza impugnata, non solo non può limitarsi ad invocare una diversa combinazione di detti elementi o un diverso peso specifico di ciascuno di essi, ma con la nuova formulazione del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. deve denunciare l’omesso esame di un fatto avente, ai fini del giudizio di proporzionalità, valore decisivo, nel senso che l’elemento trascurato avrebbe condotto ad un diverso esito della controversia con certezza e non con grado di mera probabilità (cfr. Cass. n. 18715 del 2016; Cass. n. 20817 del 2016).
Nel caso all’attenzione del Collegio, nonostante la formale invocazione della violazione del n. 3 dell’art. 360 c.p.c., non si individua l’errore di diritto compiuto dalla Corte territoriale ma la sostanza della censura mira a contestare il giudizio di pro porzionalità nonché a criticare l’apprezzamento della gravità della condotta tenuta in concreto dal lavoratore, senza neanche prospettare che la medesima potesse essere punita con una sanzione conservativa, atteso che le previsioni del contratto collettivo individuano fattispecie alle quali non sono riconducibili i comportamenti addebitati.
In  definitiva  viene  sollecitato  un  sindacato  che  esonda  dai confini del giudizio di legittimità perché spettano inevitabilmente al giudice di merito le connotazioni valutative dei fatti accertati nella loro materialità, nella misura necessaria
ai fini della loro riconducibilità -in termini positivi o negativi -all’ipotesi normativa (sui limiti del sindacato di legittimità nelle ipotesi  di  giusta  causa  e  di  giustificato  motivo  soggettivo  di licenziamento si rinvia, ai sensi dell’art. 118, comma 1,  disp. att. c.p.c., a Cass. n. 13064 del 2022 ed alla giurisprudenza ivi citata; conf. v. Cass. n. 20780 del 2022).
Pertanto,  il  ricorso  deve  essere  respinto,  con  spese  che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.
Considerato che la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi dell’art.  380-bis  c.p.c.  a  seguito  di  proposta  di  definizione accelerata  e  che  il  giudizio  viene  definito  in  conformità  alla proposta, occorre applicare l’art. 96, commi 3 e 4, c.p.c., come previsto dal comma terzo del citato art. 380-bis c.p.c. (cfr. Cass. SS.UU. n. 10955 del 2024), non ravvisando, il Collegio, ragioni per discostarsi nella specie dalla suddetta previsione legale (cfr. Cass. SS.UU. n. 36069 del 2023).
Ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1 -quater,  del  d.P.R.  n.  115  del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228  del  2012,  occorre  altresì  dare  atto  della  sussistenza  dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La  Corte  rigetta  il  ricorso  e  condanna  il  soccombente  al pagamento delle spese liquidate in euro 4.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese forfettario nella misura  del  15%;  condanna  altresì parte ricorrente ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. al pagamento
della somma di euro 2.000,00 in favore di parte controricorrente e, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., al pagamento della somma di euro 2.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 9 settembre
2025.
La Presidente AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME