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Promessa di pagamento: onere della prova e limiti

Un debitore, dopo aver firmato una promessa di pagamento per oltre 2 milioni di euro, ha cercato di contestarne la validità sostenendo l’inesistenza del rapporto sottostante. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo che una promessa di pagamento inverte l’onere della prova, costringendo il debitore a dimostrare la non esistenza del debito. La semplice menzione del rapporto da parte del creditore non costituisce una rinuncia a tale beneficio legale.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Promessa di Pagamento: Quando il Debitore Deve Provare l’Inesistenza del Debito

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di obbligazioni: la promessa di pagamento e la ricognizione di debito hanno l’effetto di invertire l’onere della prova. Questo significa che non è il creditore a dover dimostrare l’esistenza del rapporto da cui nasce il debito, ma è il debitore a doverne provare l’eventuale inesistenza o inefficacia. Il caso analizzato offre spunti cruciali su quando questo principio si applica e sui limiti della prova testimoniale per contestare un accordo scritto.

Il Contesto: Una Scrittura Privata da Oltre 2 Milioni di Euro

La vicenda trae origine da una scrittura privata, intitolata “Dichiarazione di debito”, sottoscritta nel 2010 da due soggetti a favore di un terzo. Con tale documento, i debitori riconoscevano una situazione debitoria di oltre 2 milioni di euro, derivante da presunte perdite legate a investimenti finanziari, e concordavano un piano di rientro.

Nel 2014, il creditore, non avendo ricevuto i pagamenti pattuiti, ha avviato un’azione legale per ottenere il riconoscimento del suo credito e la condanna dei debitori al pagamento del saldo. Uno dei due debitori si è difeso attivamente, mentre l’altro è rimasto contumace.

La Controversia Giudiziaria: Dal Tribunale alla Corte d’Appello

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione al creditore. I giudici hanno stabilito che, in base alla scrittura privata, l’onere di dimostrare che il debito non esistesse, o che avesse un’origine diversa, gravava interamente sul debitore. Quest’ultimo, secondo le corti, non era riuscito a fornire prove sufficienti per smentire quanto da lui stesso sottoscritto.

Il debitore ha allora proposto ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente due argomenti:
1. Il creditore, avendo accennato al rapporto di intermediazione finanziaria come causa del debito, avrebbe implicitamente rinunciato al beneficio dell’inversione dell’onere della prova previsto dall’art. 1988 del Codice Civile.
2. I giudici di merito avrebbero erroneamente negato l’ammissione della prova per testimoni, richiesta per dimostrare l’esistenza di accordi verbali successivi che avrebbero modificato o reso inefficace la dichiarazione di debito originaria.

L’Analisi della Cassazione sulla Promessa di Pagamento

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti e fornendo importanti chiarimenti. Il punto centrale della decisione riguarda l’applicazione dell’art. 1988 c.c., che disciplina la promessa di pagamento e la ricognizione di debito.

I giudici hanno spiegato che questo istituto crea una cosiddetta “astrazione processuale”: il creditore è esonerato dal provare la causa del debito. La semplice menzione da parte sua del possibile rapporto sottostante non è sufficiente a integrare una rinuncia a questo vantaggio. Per aversi una rinuncia, sarebbe necessaria una manifestazione di volontà inequivocabile, come ad esempio l’avvio di un’autonoma iniziativa istruttoria volta a dimostrare quel rapporto, cosa che nel caso di specie non era avvenuta.

Limiti alla Prova Testimoniale

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, la Corte ha ritenuto inammissibile la censura. La decisione di ammettere o meno una prova testimoniale è una valutazione di merito che spetta al giudice. In questo specifico caso, la Corte d’Appello aveva motivato in modo plausibile il suo diniego, sottolineando l’inverosimiglianza che un accordo scritto per una somma così ingente (oltre 2 milioni di euro) potesse essere modificato con semplici accordi verbali successivi.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Il principio dell’astrazione processuale legato alla promessa di pagamento è un pilastro del nostro ordinamento, volto a semplificare la posizione del creditore. Derogare a questo principio richiede un comportamento concludente e inequivocabile da parte del creditore stesso, che non può essere desunto da una mera allegazione difensiva. Inoltre, la valutazione sull’ammissibilità e rilevanza delle prove, in particolare quella testimoniale in deroga ai limiti di legge, è una prerogativa del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se sorretta da una motivazione logica e congrua, come avvenuto nel caso in esame.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ribadisce la forza probatoria della promessa di pagamento. Chi sottoscrive un documento di questo tipo si assume la piena responsabilità di dover dimostrare, con prove concrete, l’eventuale inesistenza o invalidità del debito. Non è possibile scaricare questo onere sul creditore semplicemente contestando genericamente il rapporto sottostante. La decisione serve anche da monito sulla difficoltà di provare con testimoni patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento scritto, specialmente quando si tratta di obbligazioni di valore rilevante. La via maestra, in questi casi, rimane sempre la formalizzazione scritta di ogni modifica contrattuale.

Se un creditore, agendo sulla base di una promessa di pagamento, menziona il rapporto sottostante, rinuncia automaticamente al vantaggio dell’inversione dell’onere della prova?
No. Secondo la Corte, la mera indicazione del rapporto sottostante non costituisce una rinuncia implicita al beneficio dell’astrazione processuale (art. 1988 c.c.). La rinuncia richiede una manifestazione di volontà inequivocabile, come l’avvio di un’autonoma iniziativa probatoria per dimostrare tale rapporto.

È sempre ammissibile la prova per testimoni per dimostrare modifiche verbali a un accordo scritto, come una promessa di pagamento?
No. La sua ammissibilità è soggetta alla valutazione discrezionale del giudice di merito. In questo caso, la Corte ha ritenuto plausibile la decisione di negare tale prova, considerata l’inverosimiglianza di modificare verbalmente un impegno scritto per un debito di oltre 2 milioni di euro.

Su chi ricade l’onere di provare l’inesistenza o l’inefficacia del debito in presenza di una promessa di pagamento?
In presenza di una promessa di pagamento, l’onere della prova si inverte. Spetta al debitore (il promittente) dimostrare l’inesistenza, l’invalidità o l’estinzione della causa che ha generato il debito. Il creditore è esonerato dal provare il rapporto fondamentale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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