Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 14571 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 14571 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 25127-2017 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona al Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
Oggetto
APPALTO OPERE PUBBLICHE
R.G.N. 25127/2017
COGNOME.
Rep.
Ud. 30/01/2024
CC
avverso la sentenza n. 3491/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 26/07/2017.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO Procuratore Generale AVV_NOTAIO COGNOME, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, dichiarando sussistente la giurisdizione del giudice ordinario, accolgano il ricorso limitatamente al secondo motivo.
FATTI DI CAUSA
1. – Il Comune di Monza ricorre per due mezzi, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, contro la sentenza del 26 luglio 2017 con cui la Corte d’appello di Milano, respinta l’impugnazione del medesimo Comune nei confronti della pronuncia di primo grado, che aveva dichiarato risolta di diritto, per inadempimento della parte pubblica, una convenzione stipulata con RAGIONE_SOCIALE in data 22 marzo 2010, nonché di successivi atti integrativo ed aggiuntivo, e la condanna del Comune al pagamento della somma di € 2.266.632,00 a titolo risarcitorio, ha ordinato alla società la restituzione delle aree pubbliche e degli immobili afferenti e ha disposto la cancellazione della trascrizione del diritto di superficie costituito sulle dette aree.
2. – La convenzione era stata stipulata al fine della riqualificazione urbanistica e sociale di un’area del territorio comunale, nota come « area ex macello », a mezzo di un’operazione di project financing , e l’inadempimento era stato dedotto dalla società in relazione alle obbligazioni assunte dal Comune con gli atti integrativo ed aggiuntivo, mediante i quali era stato revisionato, su richiesta della società, il piano
economico -finanziario in conseguenza del riscontro di alcune condizioni ostative alla consegna dell’area ed all’inizio dei lavori.
– La Corte d’appello di Milano, nel confermare la sentenza impugnata, ha per quanto rileva:
-) disatteso l’eccezione di difetto di giurisdizione avanzata dal Comune;
-) respinto la tesi, avanzata dal Comune, dell’invalidità della pattuizione concernente la costituzione di un diritto di superficie in favore della società su di un ulteriore porzione, rispetto alla area individuata nella convenzione, di fondo comunale.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
– Avviato il ricorso alla decisione camerale, la Corte, con ordinanza interlocutoria del 18 luglio 2023, n. 21050, ha osservato che nel primo motivo era articolatamente dedotta la violazione degli artt. 133 c.p.c., sotto vari profili, tutti concernenti il riconoscimento da parte della Corte distrettuale, della giurisdizione del giudice ordinario, oltre che la violazione degli artt. 11 della l. n. 241 del 1990, 1372 c.c. e 386 c.p.c., disponendo la trasmissione degli atti alla Prima Presidente, che ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite.
– Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del primo mezzo e l’accoglimento in parte del secondo.
– Le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
8. – Il primo mezzo denuncia: « Difetto di giurisdizione (art. 360, comma 1. n. 1. c.p.c.]. Violazione degli artt. 133, comma 1, lett. a) punto 2, lett. b), lett. c), lett. e) punto 1 d.lgs. 104/2010; dell’art. 11 1. 241/1990;
dell’art. 1372 c.c.; violazione dell’art. 386 c.p.c. ».
8.1. – Secondo il ricorrente, anzitutto, la Corte d’appello avrebbe accolto « un’interpretazione all’evidenza riduttiva dell’oggetto della vertenza, che non è stato colto ed apprezzato nella sua interezza dal Giudice di secondo grado (come in precedenza dal Giudice di primo grado) », trattandosi, a dire del Comune di Monza, di controversia « che riguarda l’esistenza e la sopravvivenza di una concessione di beni pubblici e di servizi pubblici scaturente da una procedura di project financing quale accordo sostitutivo di un provvedimento amministrativo, oltre che l’interpretazione degli obblighi da essa scaturenti ». È opinione del Comune che non sarebbe « corretto affermare … che la controversia non riguarderebbe ‘il momento genetico del rapporto’ né richiederebbe ‘un’interpretazione della volontà delle parti nella fase di affidamento”, in quanto … non si tratta di dover esaminare solo le ‘fasi successive all’affidamento così da individuare se si sono creati i presupposti per la risoluzione del contratto, in relazione alle obbligazioni previste nel rapporto e rimaste inadempiute, e se si siano verificati i presupposti per i risarcimenti contrattualmente previsti’. Le questioni qui in esame … non possono … essere decise senza effettuare un approfondito esame del rapporto concessorio ed esprimendo un giudizio sullo stesso ».
8.1.1. – La tesi è infondata.
Premesso che, secondo il costante insegnamento della Corte, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo rileva non tanto la
prospettazione compiuta dalle parti, quanto il petitum sostanziale, che va identificato soprattutto in funzione della causa petendi , ossia dell’intrinseca natura giuridica della posizione dedotta in giudizio (Cass., Sez. un., 25 giugno 2010, n. 15323; Cass., Sez. un., 11 ottobre 2011, n. 20902; Cass., Sez. un., 15 settembre 2017, n. 21522, Cass, Sez. un, 26 ottobre 2017, n. 25456; Cas., Sez. un., 31 luglio 2018, n. 20350; Cass, Sez. un, 19 novembre 2019, n. 30009), è agevole osservare che, nel caso di specie, la domanda spiegata da RAGIONE_SOCIALE, come emerge dal ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, era volta a far valere, a fronte di un inadempimento contrattuale della controparte, la sua posizione di diritto soggettivo derivante dalla stipulazione di una convenzione avente ad oggetto la riqualificazione urbanistica e sociale dell’area « ex macello », nel territorio comunale, a mezzo di un accordo di project financing , nonché di successivi atti integrativo ed aggiuntivo.
Ridotta nei suoi termini essenziali, la vicenda oggetto del contendere si risolve difatti in ciò, che il Comune, intendendo procedere alla riqualificazione dell’area, ha in un primo tempo aggiudicato, sulla base di una procedura di evidenza pubblica, la concessione per la realizzazione dell’opera ad una società, cui è in seguito subentrata RAGIONE_SOCIALE, ed in un secondo tempo ha stipulato con quest’ultima una convenzione in forza della quale, attraverso un accordo di project financing, essa società avrebbe dovuto portare a compimento a propria spese l’opera, a fronte della costituzione in suo favore di un diritto di superficie di durata pluriennale su una porzione dell’area da sfruttare economicamente,
principalmente attraverso la sua destinazione parcheggio.
Successivamente alla stipula della convenzione, tuttavia, sono emerse circostanze ostative alla consegna dell’area ed all’avvio dei lavori, quali la mancata liberazione di essa da manufatti e mobili, la realizzazione di altre opere incompatibili con il diritto di superficie riconosciuto alla società, l’esistenza di alcune attività imprenditoriali esercitate da terzi, per di più in regime di concorrenza con RAGIONE_SOCIALE, l’avvenuta realizzazione di un impianto di skate park : di qui la stipulazione degli atti integrativo ed aggiuntivo, volti, secondo quanto risultante da delibera comunale adottata allo scopo, ad « evitare … responsabilità risarcitoria conseguenti alle richiamate condizioni ostative », atti attraverso i quali è stata convenuta l’estensione del menzionato diritto di superficie ad un’area ulteriore in territorio comunale, ed altro, in vista del riequilibrio dell’assetto economico della pattuizione, sbilanciatosi per effetto delle menzionate condizioni ostative, il tutto assistito da una penale e da una clausola risolutiva espressa per il caso che la consegna di un’area ulteriore non avesse avuto luogo entro il 31 gennaio 2012.
Dopodiché, assumendo che il Comune si fosse reso inadempiente, in particolare di quest’ultima obbligazione di consegna, la società ha fatto valere la clausola risolutiva espressa ed ha introdotto il giudizio al fine di conseguire, in esito all’accertamento in ordine al consumato inadempimento, quanto ad essa spettante a titolo di ristoro dell’accaduto.
È dunque evidente che il petitum sostanziale è integralmente collocato « a valle » della pattuizione intercorsa tra le parti, concernente la realizzazione del progetto di riqualificazione mediante l’accordo di project financing , sicché non resta se non ribadire che: « In tema di procedure di finanza a progetto (c.d. project financing ), la controversia relativa alla fase successiva all’aggiudicazione compete alla giurisdizione ordinaria, involgendo questioni relative alla delimitazione del contenuto del rapporto e all’adempimento delle relative obbligazioni, le quali si mantengono nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti e non implicano, pertanto, di regola, l’esercizio di un potere autoritativo pubblico » (Cass., Sez. Un., 30 luglio 2021, n. 21971).
La cesura tra la fase pubblicistica e quella paritetica, con l’autonomia di quest’ultima, è difatti « evidente proprio nelle procedure di finanza di progetto ( project financing ) … la quale, come rilevato dalla più qualificata dottrina e dalla giurisprudenza amministrativa, prevede una fase pubblicistica volta all’individuazione della scelta del promotore che si conclude con l’affidamento della concessione al soggetto vincitore dell’apposita sequenza di evidenza pubblica; ed una di natura prettamente privatistica per la quale viene sottoscritta una convenzione con la quale si stabiliscono le contrapposte obbligazioni e si individuano le ragioni per contestare inadempimenti, diffidare all’esecuzione di prestazioni e dare corso alla eventuale risoluzione della convenzione qualora gli inadempimenti siano particolarmente gravi » (Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2011, n. 28804, con la successiva giurisprudenza conforme).
Del tutto correttamente, dunque, la Corte d’appello ha ritenuto che la vicenda concessoria a monte fosse estranea e rimanesse sullo sfondo della controversia dinanzi ad essa instaurata.
8.2. – Prosegue il Comune ricorrente sostenendo che « rilevano inoltre nella fattispecie le previsioni di cui all’art. 133, comma 1, lett. b), d.lgs. 104/2010, a mente del quale ‘Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo… b) le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici ».
8.2.1. – La tesi è infondata.
La controversia non ha a che vedere, come si sostiene dal Comune, con « la qualificazione e l’esistenza stessa del rapporto concessorio », giacché concerne, come si è già visto, la domanda della società volta a far valere, « a valle » del rapporto concessorio, che conserva rilievo soltanto sullo sfondo della vicenda, la risoluzione di diritto della convenzione determinata dall’inadempimento del Comune, con conseguente pretesa risarcitoria, come tale in pieno accolta dai giudici di merito.
· 8.3. – Ancora, secondo il ricorrente, « la giurisdizione del Giudice Amministrativo sussiste nella fattispecie alla luce della considerazione che, nella fattispecie, il rapporto concessorio ha ad oggetto anche l’esercizio di un ‘pubblico servizio’, quale la gestione di parcheggi comunali … E l’art. 133, comma 1, lett. e), d.lgs. 104/2010 ribadisce la giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo sulle “controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi” ».
8.3.1. – Ma, occorre ripetere, la controversia non ha ad oggetto il rapporto concessorio, bensì, « a valle » della pattuizione intercorsa tra le parti, la ricorrenza dei presupposti per la risoluzione di diritto del rapporto in ragione dell’inadempimento denunciato dalla società.
· 8.4. – Il radicamento della giurisdizione del giudice amministrativo è sostenuto sulla base dell’ulteriore considerazione che segue: « Ancora, nella fattispecie viene in rilievo una ipotesi di attività contrattuale della P.A. conseguente ad una iniziativa di project financing e alla relativa costituzione di uno speciale rapporto di concessione, ovverosia un generale accordo sostitutivo di un provvedimento amministrativo ai sensi dell’art. 11 l. 241/1990. La giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo in materia viene riconosciuta al riguardo dall’art. 133, comma 1, lett. a), punto 2), d.lgs. 104/2010, a mente del quale ‘Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: a) le controversie in materia di: 2) formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo e degli accordi tra pubbliche amministrazioni’ ».
8.4.1. – Non v’è ragione di dilungarsi su detta tesi la quale non considera che nella specie non vi è alcun provvedimento amministrativo che sia stato integrato/sostituito da un accordo, essendosi chiusa la fase pubblicistica con il provvedimento di aggiudicazione, per cedere poi il passo alla stipulazione paritetica, « a valle » dell’aggiudicazione, della convenzione di stampo strettamente privatistico mediante l’accordo di project financing , il che radica la
giurisdizione del giudice ordinario in applicazione del principio poc’anzi richiamato.
8.5. – Il primo motivo è rigettato ed è dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.
– Col secondo motivo è dedotta la violazione di svariate norme (artt. 3 e 97 cost., 1 e 3 della l. n. 241 del 1990, 1418, 1419 e seg. cod. civ. 42 della l. n. 267 del 2000, 128 del d.lgs. n. 163 del 2006, 58 l. n. 133 del 2008, 143 e seg. d.lgs. n. 163 del 2006, 4 e 5 l. n. 2248 del 1865, all. E, 49 e 56 del TFUE) a proposito del rigetto dei motivi spesi in appello per sostenere l’invalidità del rapporto concessorio.
9.1. – Il motivo non pone questioni di giurisdizione, sicché la sua trattazione può essere rimessa alla prima sezione civile.
PER QUESTI MOTIVI
rigetta il primo motivo, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e rimette le parti per l’ulteriore corso dinanzi alla prima sezione civile, spese al definitivo.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2024.