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Progressioni per saltum: domanda essenziale per agire

Un gruppo di dipendenti pubblici ha contestato l’esclusione dalle progressioni per saltum. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che per impugnare le regole di una selezione è indispensabile aver prima presentato la relativa domanda di partecipazione, altrimenti manca l’interesse ad agire.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Progressioni per Saltum: Senza Domanda di Partecipazione non si può Agire in Giudizio

L’ordinanza n. 4176/2024 della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, offre un chiarimento cruciale in materia di progressioni per saltum nel pubblico impiego. La Corte ha ribadito un principio procedurale fondamentale: per poter contestare legittimamente le regole di una procedura selettiva, è indispensabile aver prima presentato la domanda di partecipazione. In assenza di tale presupposto, il lavoratore manca dell’interesse ad agire, rendendo infondata qualsiasi pretesa.

I fatti del caso

Un gruppo di dipendenti di un Ministero, inquadrati nelle posizioni economiche B1 o C1, si era visto precludere la possibilità di partecipare a una procedura di riqualificazione per accedere direttamente alle posizioni superiori B3 e C3. Il contratto collettivo integrativo, infatti, escludeva le cosiddette progressioni per saltum, consentendo l’accesso solo ai dipendenti della qualifica immediatamente inferiore.

I lavoratori, ritenendo illegittima tale esclusione, avevano avviato un’azione legale per ottenere l’accertamento del loro diritto a concorrere, l’inserimento in graduatoria e il risarcimento dei danni. Tuttavia, le loro richieste erano state respinte sia in primo grado sia in appello.

La decisione della Corte di Cassazione

I dipendenti hanno quindi proposto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte, pur riconoscendo l’esistenza di una giurisprudenza che ammette, a certe condizioni, la legittimità delle progressioni per saltum, ha rigettato il ricorso per un motivo di natura prettamente procedurale.

Il punto focale della decisione non risiede nella legittimità o meno del divieto di progressione ‘per saltum’, ma in un fatto non contestato: i ricorrenti non avevano mai presentato domanda di partecipazione per le posizioni B3 o C3. Al contrario, avevano partecipato (e superato) la selezione per le posizioni intermedie B2 e C2.

Le Progressioni per saltum e la necessità della domanda

La Corte ha stabilito che l’azione giudiziaria volta a censurare le clausole di un bando di selezione che impediscono la partecipazione presuppone necessariamente che il dipendente abbia manifestato concretamente il proprio interesse, presentando la relativa domanda. Solo a seguito di un eventuale provvedimento di diniego (o di fronte a una clausola che rende impossibile la partecipazione) sorge il diritto soggettivo e, di conseguenza, l’interesse ad agire in giudizio.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale (richiamando, tra le altre, Cass. n. 11892/2020 e n. 31425/2021). Il principio è che non si può contestare ‘in astratto’ una regola selettiva. L’interesse del lavoratore diventa concreto e meritevole di tutela giurisdizionale solo nel momento in cui la sua aspirazione a partecipare alla selezione si scontra con un ostacolo normativo (la clausola del bando) che gli impedisce di concorrere.

La presentazione della domanda è l’atto che concretizza questo interesse. Senza di essa, il lavoratore non subisce alcun pregiudizio attuale e diretto, e la sua azione legale è priva del requisito dell’interesse ad agire, sancito dall’art. 100 del codice di procedura civile. La Corte ha quindi ‘corretto’ la motivazione della sentenza d’appello, che si era concentrata sulla legittimità del divieto, per basare il rigetto su questa assorbente ragione procedurale. La scelta dei lavoratori di partecipare alla selezione per il livello intermedio, anziché tentare di forzare la mano per quello superiore, è stata interpretata come una scelta che ha precluso la possibilità di contestare successivamente le regole della procedura per le posizioni più elevate.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale per chiunque intenda contestare le regole di un concorso o di una selezione pubblica: l’azione precede la reazione. Per poter impugnare un bando, è necessario prima ‘giocare secondo le sue regole’ fino al punto in cui queste creano un effettivo pregiudizio, ovvero presentando una domanda che verrà, presumibilmente, respinta. Contestare una procedura a cui non si è nemmeno tentato di accedere equivale a muovere una critica astratta, che non trova tutela nelle aule di giustizia. La decisione serve da monito: l’interesse a partecipare a una selezione deve essere manifestato formalmente attraverso la presentazione della domanda, atto che costituisce il presupposto indispensabile per qualsiasi successiva azione legale.

È possibile contestare in tribunale le regole di una selezione pubblica a cui non si è partecipato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, per poter impugnare le clausole di un bando che si ritengono illegittime, è un presupposto indispensabile aver presentato la domanda di partecipazione a quella specifica selezione.

Cosa significa progressioni per saltum nel pubblico impiego?
Significa accedere a una posizione economica o a una qualifica superiore saltando uno o più livelli intermedi. La sentenza chiarisce che la legittimità di tali progressioni può essere discussa solo da chi ha tentato di avvalersene.

Qual è il requisito fondamentale per poter impugnare l’esclusione da una procedura selettiva?
Il requisito fondamentale è l’interesse ad agire, che, secondo questa pronuncia, si concretizza solo con la presentazione della domanda di partecipazione. Senza questo atto formale, il lavoratore non ha una posizione giuridica tutelabile per contestare le regole della selezione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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