Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23702 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23702 Anno 2025
Presidente: RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2615-2023 proposto da:
COGNOME CONCETTA, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 598/2022 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 18/07/2022 R.G.N. 128/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Oggetto
RETRIBUZIONE
PUBBLICO
IMPIEGO
R.G.N.2615/2023
COGNOME
Rep.
Ud 20/06/2025
CC
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Con sentenza del 18 luglio 2022, la Corte d’Appello di Messina, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del Comune di Pace del Mela, avente ad oggetto l’accertamento del diritto dell’istante alle progressioni economiche orizzontali che, nel frattempo riconosciute a tutto il personale dell’Ente datore dall’1.4.1999, le sarebbero analogamente spettate una volta che, a seguito della pregressa sentenza n. 2430/2009 del medesimo Tribunale, le era stato riconosciuto il superiore inquadramento nella settima qualifica funzionale quale ‘segretaria economa’ a fara data dall’1.7.1998 e nella categoria D, posizione economica D2 a decorrere dall’1.4.1999 e così all’attrib uzione della posizione economica D3 dall’1.4.1999, allorché l’Ente datore l’aveva, invece, collocata in D2, della posizione economica D4 dall’1.1.2006 e della posizione economica D5 dall’1.1.2008 ed, in via gradata, l’accertamento del diritto alle differen ze retributive tra il trattamento economico iniziale previsto per l’assunzione nel profilo giudizialmente riconosciuto (D1) e quello iniziale corrispondente al profilo posseduto (C1).
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, diversamente dal primo giudice, non essere state le progressioni economiche riconosciute indiscriminatamente a tutti i dipendenti ma essere state attribuite all’esito di una valutazione complessiva che teneva conto di punteggi assegnati per il periodo di servizio prestato e di altri elementi di tipo meritocratico e comunque valutando le risorse economiche appositamente destinate in sede di contrattazione collettiva, concludendo, qu indi, per l’infondatezza del vantato diritto all’attribuzione delle rivendicate posizioni economiche, da ritenersi peraltro prescritto, avendo la COGNOME rivendicato la
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progressione in D3 a decorrere dall’1.4.1999 soltanto nel giudizio introdotto nel 2015, avendola richiesta nel giudizio del 2008 con decorrenza dall’1.1.2007 come pure infondata valutava la domanda subordinata non valendo a fondare la pretesa al ricalcolo delle differenze retributive maturate in posizione economica D2 senza tener conto degli incrementi stipendiali maturati in categoria C l’invocata disposizione di cui all’art. 8, comma 5, CCNL di comparto intervenuto in epoca di molto successiva e di cui de ve considerarsi dubbia l’operatività al di là della fattispecie espressamente prevista dello svolgimento di mansioni superiori.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la COGNOME affidando l’impugnazione a tre motivi, assistiti da memoria, cui resiste, con controricorso, il Comune di Pace del Mela.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 324, 329, 433, 434, c.p.c. e 2099 c.c., imputa alla Corte territoriale di aver pronunciato sulla domanda principale senza tener conto del giudicato interno formatosi in ordine alla pronunzia del primo giudice circa l’attribuzione indiscriminata a tutto il personale dell’Ente delle progressioni economiche orizzontali non avendo il Comune fatto oggetto di impugnazione tale passaggio motivazionale della sentenza di primo grado.
Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2945 c.c., la ricorrente lamenta a carico della Corte territoriale l’erroneità della statuizione in merito all’intervenuta prescrizione del diritto alle progressioni economiche orizzontali, assumendo aver la Corte medesima disconosciuto l’effetto interruttivo conseguente alla proposizione della domanda giudiziale avanzata con il ricorso
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notificato il 9.6.2008, operante a prescindere dalla decorrenza all’epoca richiesta, e non considerato gli ulteriori atti interruttivi depositati in causa.
Con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 8, comma 5, del CCNL di comparto del 14.9.2000 e 52, d.lgs. n. 165/2001, la ricorrente lamenta a carico della Corte territoriale l’incongruità di una delle ragi oni invocate a sancire l’inapplicabilità dell’invocata norma contrattuale basata sull’erronea individuazione della data di stipula del relativo contratto (14.9.2020 in luogo della data effettiva 14.9.2000) e l’erroneità della lettura della stessa norma come inapplicabile all’ipotesi in questione della riclassificazione del personale a seguito della modifica del sistema di inquadramento in quanto riferibile esclusivamente alla fattispecie espressamente contemplata dello svolgimento di mansioni superiori.
Il primo motivo si rivela infondato, avendo la Corte territoriale correttamente escluso la ricorrenza dell’eccepito giudicato interno atteso che l’appello del Comune – sebbene non recasse una specifica censura in ordine alla mancata attribuzione delle PEO a tutti i lavoratori era, comunque, inteso a rimettere in discussione l’ an della domanda diretta ad ottenere in ragione del riconoscimento, con la sentenza 2430 del 2009, dell’inquadramento in D2 dal 1° aprile 1999, le progressione economiche orizz ontali che l’Amministrazione aveva riconosciuto al personale e ciò in base al principio consolidato (tra le altre: Cass. n. 12202/2017; Cass. n. 24783/2018; Cass. n. 10760/2019; Cass. n. 30728/2022; Cass. n. 29220/2024), secondo cui il giudicato interno non si determina sul fatto, ma su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza rappresentata da fatto,
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norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia; sicché, l’appello motivato con riguardo ad un profilo della statuizione sulle PEO riapre la cognizione sull’intera questione che essa identifica, cos ì espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene ad essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame.
Per altro verso, si osserva che, atteso l’effetto devolutivo dell’appello, la sentenza di appello non può essere censurata per il tramite della decisione di primo grado, come illustra il ricorrente nell’introdurre la censura.
Di contro, il secondo motivo risulta inammissibile rappresentando la statuizione oggetto della censura con esso mossa una seconda ratio decidendi rispetto a quella tesa ad escludere il diritto della ricorrente alle progressioni economiche orizzontali per essere state queste assegnate, non indiscriminatamente a tutto il personale, ma selettivamente rispetto a requisiti di tipo meritocratico e comunque in relazione alle risorse appositamente destinate, che, non essendo stata adeguatamente censurata, così da risultare idonea a sostenere la decisione resa in sede di gravame, implicherebbe il passaggio in giudicato della decisione medesima e l’inammissib ilità per difetto di interesse della censura rivolta alla seconda ratio decidendi e ciò secondo il principio accolto da questa Corte secondo cui, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza, o inammissibilità, delle censure mosse ad una dell e ‘ rationes decidendi ‘ rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre
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ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. Sez. 5, ord. 11 maggio 2018, n. 11493, Rv. 648023-01; in senso analogo già Cass. Sez. Un., sent. 29 marzo 2013, n. 7931, Rv. 625631-01; Cass. Sez. 3, sent. 14 febbraio 2012, n. 2108, Rv. 621882-01).
Il terzo motivo deve ritenersi infondato quanto alla censura volta a confutare la ritenuta inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 8, comma 5, CCNL 14.9.2000, dovendo ritenersi corretta la lettura che di tale disposizione ha dato la Corte territoriale alla luce della formulazione letterale della norma la cui previsione si inserisce nella disciplina contrattuale (art. 8) che completa la disciplina delle mansioni prevista dall’art.56, commi 2, 3 e 4 del D. lgs. n.29/1993 per la parte demandata alla cont rattazione, tant’è che il comma 7 sancisce che ‘Per quanto non previsto dal presente articolo resta ferma la disciplina dell’art. 56 del D.lgs. n. 29/1993’ , ed inammissibile per quanto sopra detto circa la concorrenza di più ‘rationes decidendi’ con riguardo alla censura relativa all’erronea indicazione della data di stipula del CCNL recante la norma invocata e del periodo di vigenza della medesima.
Il ricorso va, dunque, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Sezione