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Progressioni economiche: no all’automatismo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5014/2024, ha stabilito che le progressioni economiche per i dipendenti pubblici non sono automatiche. Un lavoratore aveva richiesto gli scatti di carriera sostenendo che l’amministrazione li avesse concessi a tutti, ma la Corte ha respinto il ricorso. È stato ribadito che, secondo la contrattazione collettiva, l’avanzamento richiede una procedura selettiva basata sul merito e sulla valutazione comparativa, non sulla semplice anzianità o su una prassi di concessione generalizzata.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Progressioni Economiche nel Pubblico Impiego: No agli Automatismi

L’avanzamento di carriera nel settore pubblico è un tema di grande interesse per migliaia di lavoratori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato la questione delle progressioni economiche, chiarendo un punto fondamentale: non possono essere automatiche. Questo principio, basato sulla necessità di una selezione meritocratica, ha importanti implicazioni per i dipendenti e le amministrazioni. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: un Diritto Contestato

Un dipendente di un ente locale, assunto come operatore di mezzi pesanti, aveva ottenuto in primo grado il diritto all’inquadramento in una posizione economica superiore (B3) e ai successivi scatti di carriera fino alla posizione B6. La Corte di Appello, tuttavia, aveva parzialmente riformato la decisione: pur confermando il corretto inquadramento iniziale e le relative differenze retributive per un periodo specifico, aveva escluso il diritto alle successive progressioni economiche.

Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che l’Amministrazione avesse, di fatto, concesso tali avanzamenti in modo generalizzato a tutto il personale della sua categoria, senza alcuna selezione. Secondo il ricorrente, la mancata contestazione di questa circostanza nel primo grado di giudizio avrebbe dovuto renderla un fatto provato. L’Amministrazione, a suo dire, non poteva difendersi in appello invocando la necessità di una selezione che essa stessa non aveva mai effettuato.

La Decisione della Corte: il Valore delle Progressioni Economiche

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Gli Ermellini hanno confermato la linea della Corte di Appello, stabilendo che il sistema delineato dalla contrattazione collettiva di riferimento (CCNL del 31 marzo 1999) non prevede alcun automatismo per gli avanzamenti di carriera.

Al contrario, lo sviluppo professionale è subordinato a procedure selettive e a una valutazione comparativa dei candidati. La semplice anzianità di servizio non è sufficiente. Il diritto del lavoratore non è quello di ottenere automaticamente la progressione, ma di essere sottoposto a una corretta e trasparente procedura di valutazione.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione della Suprema Corte si fonda su una solida interpretazione delle norme contrattuali e dei principi generali del diritto del lavoro pubblico.

Il Ruolo della Contrattazione Collettiva

Il punto centrale della motivazione risiede nell’analisi dell’art. 5 del CCNL. Questa norma stabilisce che le progressioni economiche si realizzano nei limiti delle risorse disponibili e attraverso una selezione basata su criteri precisi. Questi includono i risultati ottenuti, la qualità delle prestazioni, l’impegno, il coinvolgimento nei processi lavorativi, la capacità di adattamento e l’iniziativa personale. La progressione non è un diritto che matura automaticamente, ma il risultato di una valutazione discrezionale, sebbene vincolata a criteri predeterminati, da parte del datore di lavoro.

La Prova in Giudizio e il Principio di Non Contestazione

La Corte ha chiarito che il principio di non contestazione riguarda i fatti storici, non la loro qualificazione giuridica. Anche se l’amministrazione avesse concesso a tutti la progressione, ciò non trasformerebbe un atto che richiede una selezione in un automatismo. La prova testimoniale richiesta dal lavoratore per dimostrare la prassi della concessione “a pioggia” è stata correttamente ritenuta irrilevante, perché non avrebbe potuto dimostrare il possesso dei requisiti di merito previsti dal contratto collettivo.

I Diritti del Lavoratore: Azione di Adempimento e Risarcimento

La Cassazione ha ricordato quali sono gli strumenti di tutela a disposizione del dipendente che si ritiene leso. Egli può agire in giudizio per ottenere la ripetizione della valutazione (azione di esatto adempimento) se la procedura non è stata corretta. Può inoltre chiedere il risarcimento del danno da perdita di chance, se dimostra di aver perso una concreta possibilità di successo a causa dell’illegittimità della procedura. Non può, tuttavia, chiedere al giudice di sostituirsi all’amministrazione nell’attribuire direttamente la progressione, bypassando la valutazione di merito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per il pubblico impiego: la valorizzazione del merito. Le progressioni economiche non sono un’estensione automatica dell’anzianità, ma uno strumento per premiare i dipendenti più meritevoli, sulla base di criteri oggettivi e trasparenti. Per i lavoratori, ciò significa che la rivendicazione di un avanzamento deve fondarsi sulla dimostrazione del possesso dei requisiti previsti e, in caso di contenzioso, sulla contestazione della correttezza della procedura selettiva, piuttosto che sulla semplice esistenza di una prassi amministrativa non conforme alle regole.

Le progressioni economiche nel pubblico impiego sono automatiche?
No, secondo la Corte di Cassazione e la contrattazione collettiva di riferimento, le progressioni economiche non sono automatiche. Sono subordinate all’esperimento di procedure selettive e a una valutazione comparativa degli aspiranti basata su specifici criteri di merito.

Cosa può fare un dipendente se ritiene di essere stato ingiustamente escluso da una progressione economica?
Il dipendente può esercitare l’azione di esatto adempimento per ottenere la ripetizione della valutazione, se dimostra che la procedura selettiva non è stata svolta correttamente. Inoltre, può agire per il risarcimento del danno, anche da perdita di chance, ma non può chiedere al giudice di sostituirsi all’amministrazione nell’attribuire direttamente la progressione.

Il fatto che un’amministrazione abbia concesso a tutti una progressione è sufficiente per ottenerla in giudizio?
No. La Corte ha chiarito che una prassi amministrativa di concessione generalizzata (“a pioggia”) non è sufficiente per fondare il diritto alla progressione. Il diritto soggettivo all’avanzamento deve essere provato dimostrando di possedere i requisiti di merito previsti dalla contrattazione collettiva, poiché la progressione è subordinata a una selezione e non è un automatismo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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