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Progressione stipendiale ATA: parificazione confermata

Un collaboratore scolastico, dopo anni di contratti a termine e successiva stabilizzazione, ha agito in giudizio per il riconoscimento della progressione stipendiale personale ATA. La Corte di Cassazione ha cassato con rinvio la decisione di merito per omessa pronuncia, non avendo la Corte d’Appello valutato la domanda di parificazione stipendiale basata sul principio di non discriminazione UE, ma solo quella relativa a vecchi scatti biennali. La Suprema Corte ha ribadito che la richiesta di piena progressione economica è autonoma e fondata sulla direttiva 99/70/CE, imponendo il riconoscimento dell’intera anzianità maturata anche al personale a tempo determinato.

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Progressione Stipendiale Personale ATA: La Cassazione Interviene sull’Omessa Pronuncia

La parità di trattamento economico tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato nel settore scolastico torna al centro di una importante ordinanza della Corte di Cassazione. Con una decisione che farà da guida in molte controversie simili, la Suprema Corte ha affrontato il tema della progressione stipendiale personale ATA, chiarendo che la domanda di parificazione basata sul diritto europeo è autonoma e non può essere ignorata dai giudici di merito. Vediamo nel dettaglio la vicenda.

I Fatti di Causa

Un collaboratore scolastico, assunto con una serie di contratti a tempo determinato per un decennio (dal 2000 al 2010) e successivamente stabilizzato, si rivolgeva al Tribunale per ottenere il riconoscimento dei propri diritti. Le sue richieste erano molteplici: l’accertamento dell’illegittimità dei termini apposti ai contratti, la conversione del rapporto di lavoro, il risarcimento del danno e, soprattutto, il diritto a percepire gli scatti di anzianità.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello in secondo grado rigettavano le sue domande. In particolare, la Corte territoriale riteneva che l’abuso dei contratti a termine fosse stato sanato dalla successiva stabilizzazione e che la domanda di riconoscimento dell’anzianità non potesse essere accolta. Secondo i giudici d’appello, le norme contrattuali collettive avevano limitato il riconoscimento degli scatti di anzianità ai soli docenti di religione cattolica, escludendo quindi il resto del personale a tempo determinato.

Il Ricorso in Cassazione e la questione della progressione stipendiale personale ATA

Il lavoratore non si è arreso e ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di “omessa pronuncia”. In sostanza, ha sostenuto che la Corte d’Appello avesse commesso un grave errore: si era concentrata esclusivamente sulla domanda relativa agli “scatti biennali” previsti da una vecchia legge (L. n. 312/1980), senza però decidere sulla domanda, ben più ampia e diversa, di ottenere la stessa progressione stipendiale personale ATA garantita ai colleghi assunti a tempo indeterminato.

Questa seconda domanda non si basava sulla vecchia normativa nazionale, ma sul principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 della direttiva europea 99/70/CE. Il ricorrente ha evidenziato come la sua richiesta fosse volta a ottenere la piena parificazione economica, un diritto che la stessa Corte di Cassazione aveva già riconosciuto in casi analoghi.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo di ricorso fondato. Gli Ermellini hanno chiarito un punto di diritto fondamentale: la domanda per ottenere gli scatti biennali ex art. 53 della L. n. 312/1980 e quella per ottenere la piena progressione stipendiale prevista dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) sono due domande completamente diverse e autonome.

Esse hanno un diverso petitum (ciò che si chiede) e una diversa causa petendi (i fatti e le norme su cui si basa la richiesta). La prima si fonda su una specifica legge ormai superata per il personale del comparto scuola, mentre la seconda si basa sul principio europeo di non discriminazione, che impone di trattare i lavoratori a termine non meno favorevolmente di quelli a tempo indeterminato per quanto riguarda le condizioni di impiego.

La Corte d’Appello, decidendo solo sulla prima domanda e ignorando completamente la seconda, ha violato l’art. 112 del codice di procedura civile, che impone al giudice di pronunciarsi su tutta la domanda e non solo su una parte di essa. Questo errore procedurale, noto come “omessa pronuncia”, ha reso la sentenza nulla.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di Appello, in diversa composizione, affinché si pronunci finalmente sulla domanda di parificazione stipendiale. La Corte di rinvio dovrà quindi valutare se, sulla base del principio di non discriminazione, al lavoratore spetti il diritto al riconoscimento di tutta l’anzianità di servizio maturata durante i contratti a termine ai fini della progressione stipendiale personale ATA.

Questa ordinanza rappresenta un’importante vittoria per tutto il personale precario della scuola, ribadendo con forza che il servizio prestato con contratti a termine deve essere pienamente valutato ai fini economici, garantendo la stessa progressione di carriera dei colleghi di ruolo.

Qual è stato l’errore principale della Corte d’Appello secondo la Cassazione?
L’errore principale è stata l'”omessa pronuncia”. La Corte d’Appello ha deciso solo sulla richiesta di scatti biennali basata su una vecchia legge, ignorando completamente la domanda, ben più importante e autonoma, di ottenere la stessa progressione stipendiale dei dipendenti a tempo indeterminato, basata sul principio di non discriminazione dell’Unione Europea.

Un lavoratore della scuola a tempo determinato ha diritto alla stessa progressione stipendiale di un collega a tempo indeterminato?
Sì. Secondo i principi richiamati dalla Corte di Cassazione, la clausola 4 della direttiva 99/70/CE impone di riconoscere l’anzianità di servizio maturata con contratti a termine ai fini dell’attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti di ruolo, disapplicando le norme nazionali o contrattuali che discriminano i lavoratori precari.

La richiesta di “scatti biennali” e quella di “progressione stipendiale” sono la stessa cosa?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che si tratta di due domande giuridicamente distinte e autonome. La prima si basa su una specifica e datata norma di legge (L. 312/1980), mentre la seconda si fonda su un principio generale di non discriminazione derivante dal diritto europeo e mira a ottenere la piena parità di trattamento economico prevista dai contratti collettivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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