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Progressione per saltum: domanda essenziale per agire

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4179/2024, ha stabilito che un dipendente pubblico non può contestare l’illegittimità di un bando di concorso che esclude la progressione per saltum se non ha prima presentato la relativa domanda di partecipazione. Secondo la Corte, la mancata presentazione dell’istanza impedisce il sorgere di un interesse ad agire concreto e attuale, rendendo inammissibile il ricorso. La presentazione della domanda è un presupposto indispensabile per poter poi impugnare l’eventuale provvedimento di diniego.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Progressione per saltum: perché presentare domanda è cruciale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4179 del 15 febbraio 2024, ha ribadito un principio fondamentale nel diritto del lavoro pubblico: per poter impugnare le regole di un concorso, inclusa quella che vieta la progressione per saltum, è indispensabile aver prima presentato la domanda di partecipazione. Questa decisione chiarisce che, senza questo passo formale, il lavoratore non possiede l’interesse ad agire necessario per avviare una causa legale.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Progressione di Carriera

Un gruppo di dipendenti di un Ministero, inquadrati nei livelli economici B1 e C1, aspirava a partecipare a una procedura di riqualificazione per accedere direttamente ai livelli superiori B3 e C3, realizzando così una cosiddetta “progressione per saltum”. Tuttavia, il bando di selezione escludeva esplicitamente questa possibilità, permettendo la partecipazione solo ai dipendenti del livello immediatamente inferiore a quello messo a concorso.

Ritenendo la clausola illegittima ma anche la presentazione della domanda un atto inutile, i lavoratori non hanno inoltrato l’istanza per le posizioni B3 e C3. Hanno invece agito in giudizio per far dichiarare l’illegittimità della clausola e ottenere il diritto a partecipare alla selezione o, in subordine, un risarcimento del danno.

La Decisione della Corte: La Necessità della Domanda di Partecipazione

Sia il tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le richieste dei lavoratori. La motivazione centrale è stata la stessa: la mancata presentazione della domanda di partecipazione per i livelli B3 e C3. I giudici hanno sostenuto che l’interesse a contestare le regole di un concorso sorge solo nel momento in cui un candidato, dopo aver presentato domanda, viene escluso. Senza una domanda, non c’è un atto concreto (il rigetto) che leda il diritto soggettivo del lavoratore.

La Corte di Cassazione ha confermato questa linea, rigettando il ricorso dei dipendenti e consolidando il proprio orientamento giurisprudenziale.

L’importanza della progressione per saltum nel contesto del pubblico impiego

Nel pubblico impiego, la progressione per saltum è un tema delicato. Se da un lato può rappresentare un’opportunità di valorizzazione per dipendenti meritevoli, dall’altro deve bilanciarsi con i principi di trasparenza e parità di accesso che regolano le selezioni pubbliche. La giurisprudenza tende a essere rigorosa nel richiedere il rispetto delle procedure formali, proprio per garantire questi principi. L’atto di presentare la domanda, anche di fronte a una clausola apparentemente ostativa, diventa quindi il primo e fondamentale passo per affermare i propri diritti.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha spiegato che il diritto soggettivo di un lavoratore a partecipare a una selezione e a contestarne le regole non è astratto. Esso diventa concreto solo con la presentazione della relativa domanda. In assenza di questo atto, non esiste una posizione giuridica da tutelare. La clausola del bando, per quanto potenzialmente illegittima, rimane una regola generale che non lede direttamente il singolo lavoratore fino a quando non viene applicata a suo danno attraverso un provvedimento di diniego.

Secondo la Corte, i principi sono chiari:

1. Presupposto dell’azione: La partecipazione a una procedura selettiva presuppone la presentazione della domanda. Senza di essa, non sorge il diritto a partecipare e, di conseguenza, a impugnare le clausole del bando.
2. Interesse ad agire: L’interesse ad agire (art. 100 c.p.c.) richiede che vi sia una lesione concreta di un diritto. Tale lesione si materializza solo con un provvedimento di esclusione o diniego, non con la mera esistenza di una regola nel bando.
3. Onere del lavoratore: È onere del lavoratore che si ritiene leso presentare comunque la domanda per la posizione desiderata e, solo in seguito al rigetto, impugnare tale provvedimento e la clausola che lo ha determinato.

La Corte ha anche precisato che questo caso è diverso da quelli in cui si discute di risarcimento per perdita di chance, dove magari un lavoratore è stato ingiustamente privato del titolo necessario per partecipare. Qui, il problema era puramente procedurale: la mancata attivazione del meccanismo di partecipazione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Dipendenti Pubblici

La sentenza offre una lezione pratica molto chiara per tutti i dipendenti, pubblici e privati, che intendono partecipare a selezioni interne. Se si ritiene che una clausola del bando sia illegittima o discriminatoria, non bisogna desistere dal presentare la domanda. Anzi, la presentazione dell’istanza è il passo fondamentale e non eludibile per poter poi, in caso di esclusione, adire le vie legali con successo. Agire preventivamente, senza aver formalizzato la propria volontà di partecipare, equivale a non avere una base giuridica solida su cui fondare le proprie pretese. In sintesi, per contestare le regole del gioco, è prima necessario dichiarare formalmente di voler giocare.

È possibile impugnare un bando di concorso che vieta la progressione per saltum senza aver prima presentato la domanda di partecipazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la presentazione della domanda è un presupposto essenziale. Senza di essa, il lavoratore non ha un interesse concreto e attuale da far valere in giudizio, rendendo l’azione legale inammissibile.

Perché la Corte ha ritenuto irrilevante il fatto che il bando escludesse a priori la possibilità di progressione per saltum?
La Corte ha spiegato che il diritto soggettivo del lavoratore a partecipare alla selezione sorge solo con la presentazione della domanda. Solo un successivo provvedimento di diniego può ledere tale diritto, legittimando un’azione legale. L’esclusione nel bando è una regola generale che deve essere contestata attraverso un atto specifico, ovvero l’impugnazione del rigetto della propria domanda.

Cosa deve fare un dipendente se ritiene illegittima una clausola di un bando di selezione?
Secondo questa ordinanza, il dipendente deve comunque presentare la domanda di partecipazione per la posizione desiderata. Se la sua istanza viene respinta a causa della clausola ritenuta illegittima, a quel punto potrà impugnare sia il provvedimento di diniego sia la clausola stessa del bando.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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