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Progressione economica: valutazione titoli e buona fede

Un dipendente pubblico ha contestato l’esito di una selezione interna per una progressione economica, lamentando la mancata valutazione di alcuni titoli. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando che, sebbene il datore di lavoro pubblico debba agire secondo buona fede, il lavoratore ha l’onere di provare in modo specifico le proprie doglianze. La Corte ha inoltre chiarito che un incarico di coordinamento non equivale automaticamente a mansioni di livello superiore.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Progressione economica: Obblighi del datore di lavoro e oneri del dipendente

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla gestione delle selezioni interne nel pubblico impiego. Il caso analizzato riguarda la progressione economica di un dipendente comunale e solleva questioni cruciali sui doveri di correttezza del datore di lavoro e sugli oneri probatori del lavoratore. La decisione sottolinea come, pur agendo con poteri privatistici, la Pubblica Amministrazione sia sempre vincolata al principio di buona fede.

I Fatti del Caso

Un istruttore tecnico di un Comune, in servizio per quasi trent’anni, partecipava a un concorso interno per ottenere la progressione economica dalla posizione C4 alla C5. Non ottenendo un punteggio sufficiente per essere utilmente collocato in graduatoria, decideva di agire in giudizio.

Il dipendente sosteneva che l’amministrazione non avesse correttamente valutato alcuni titoli presenti nel suo fascicolo personale, tra cui un incarico di ‘responsabile di unità organizzativa’ che, a suo dire, comportava lo svolgimento di mansioni superiori. Lamentava inoltre che il Comune gli avesse richiesto di produrre documentazione già in suo possesso.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello respingevano le sue richieste. I giudici di merito ritenevano che l’incarico di responsabile non integrasse mansioni di categoria superiore, ma solo un’attività di coordinamento rientrante nella qualifica di appartenenza. Inoltre, affermavano la legittimità della richiesta di integrazione documentale da parte del Comune.

La Decisione della Corte di Cassazione

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del lavoratore inammissibile. La Suprema Corte ha confermato, nella sostanza, le conclusioni dei giudici di merito, pur precisando importanti principi di diritto applicabili alla gestione dei rapporti di lavoro nel pubblico impiego privatizzato.

Le Motivazioni: la progressione economica tra gestione privata e buona fede

Le motivazioni della Corte si snodano attraverso l’analisi dei tre motivi di ricorso presentati dal dipendente, offrendo una visione chiara del bilanciamento tra poteri del datore di lavoro e tutele del lavoratore.

Gestione del rapporto di lavoro e non atto amministrativo

La Corte ribadisce un principio consolidato: nelle selezioni per le progressioni orizzontali, la Pubblica Amministrazione non agisce come un’autorità che emana provvedimenti amministrativi, ma come un datore di lavoro privato. Di conseguenza, le norme sul procedimento amministrativo (come la Legge 241/1990) non si applicano direttamente. Si tratta di atti paritetici di gestione del rapporto di lavoro.

Il dovere di buona fede e correttezza

Nonostante la natura privatistica degli atti, il datore di lavoro pubblico è comunque tenuto all’osservanza degli obblighi di buona fede e correttezza. Questo principio, fondamentale nei rapporti contrattuali, assume un contenuto specifico nel contesto delle selezioni. La Corte chiarisce che il datore di lavoro non può richiedere al lavoratore la produzione di documenti che sono già in suo possesso. Tuttavia, questo dovere è bilanciato: l’amministrazione deve fornire al dipendente gli elementi utili per reperire tali documenti, specialmente in enti di grandi dimensioni. In questo caso, il motivo di ricorso è stato respinto perché il lavoratore non ha specificato quali documenti, già in possesso dell’ente, gli fossero stati richiesti illegittimamente.

L’onere della prova e l’autosufficienza del ricorso

La decisione evidenzia l’importanza del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione. Il ricorrente non aveva trascritto il contenuto del provvedimento di conferimento dell’incarico di ‘responsabile’, impedendo così alla Corte di valutarne la reale portata. La mancata specificazione dei compiti e delle responsabilità ha reso il motivo di ricorso inammissibile, in quanto non consentiva una verifica concreta della presunta violazione di legge.

Valutazione dell’incarico di responsabile

Infine, la Corte ha esaminato la natura dell’incarico di ‘responsabile di unità organizzativa’. Analizzando la declaratoria contrattuale della categoria C del CCNL Regioni e Autonomie locali, i giudici hanno concluso che l’attività di coordinamento di altri addetti rientra pienamente nelle mansioni previste per quella categoria. L’incarico, pertanto, non implicava automaticamente lo svolgimento di mansioni superiori, soprattutto perché, come accertato dai giudici di merito, il coordinamento era relativo a personale con qualifiche inferiori.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione offre due importanti lezioni. Per i lavoratori del pubblico impiego, emerge la necessità di formulare le proprie istanze, sia in fase di selezione che in un eventuale contenzioso, in modo estremamente preciso e documentato, nel rispetto del principio di autosufficienza. Non è sufficiente lamentare una generica violazione, ma occorre indicare specificamente gli atti, i documenti e le norme che si ritengono lesi. Per le pubbliche amministrazioni, viene ribadito che l’agire come datore di lavoro privato non le esonera dal rispetto dei principi fondamentali di lealtà, correttezza e collaborazione, che impongono di agevolare il dipendente nel reperimento di informazioni e documenti necessari alla valutazione.

In una progressione economica, il datore di lavoro pubblico può chiedere documenti che ha già?
No, in linea di principio il datore di lavoro non può chiedere al lavoratore la produzione di documenti già in suo possesso, in virtù del dovere di buona fede e correttezza. Tuttavia, deve trattarsi di documenti nella disponibilità dell’ufficio competente e il lavoratore che contesta tale richiesta deve specificare quali documenti sono stati richiesti impropriamente.

Un incarico di “responsabile di unità organizzativa” è automaticamente considerato di livello superiore?
No. Secondo la Corte, un tale incarico non integra automaticamente mansioni superiori. È necessario valutare il contenuto specifico dei compiti assegnati. Se l’attività, come nel caso di specie, si limita al coordinamento di altro personale previsto dalla declaratoria della propria categoria contrattuale, non si configura uno svolgimento di mansioni superiori.

Perché il ricorso del dipendente è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per carenza di autosufficienza. Il lavoratore non ha specificato quali documenti gli fossero stati richiesti illegittimamente e non ha trascritto il contenuto del provvedimento di conferimento dell’incarico, impedendo alla Corte di Cassazione di valutare nel merito le sue doglianze.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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