Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6163 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 6163 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/03/2025
Oggetto:
Impiego interno
pubblico – – mancata progressione
concorso attribuzione economica –
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5587/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE , rappresentato e difeso dall ‘ avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni presso l ‘ indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI COGNOME in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO
INT. 30, presso lo studio dell ‘ avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni agli indirizzi pec dei Registri di Giustizia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1129/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 21/11/2019 R.G.N. 542/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME premesso di essere stato dipendente del Comune di Scordia, categoria C, posizione economica C4 (istruttore tecnico) del c.c.n.l. Regioni e Autonomie locali del 31/3/1999, dall ‘ 1/5/1987 al 20/6/2014, data di collocamento in quiescenza e di aver partecipato ad un concorso interno per l ‘ attribuzione della posizione economica C5 non essendo utilmente collocato nella relativa graduatoria, aveva agito dinanzi al Tribunale di Caltagirone chiedendo che, previa disapplicazione o annullamento degli atti attributivi dei punteggi, fosse rideterminata la sua posizione in graduatoria tenendo conto di tutti i titoli contenuti nel suo fascicolo personale con conseguente riconoscimento della posizione economica C5, anche in eventuale soprannumero.
Il Tribunale respingeva il ricorso rilevando, in particolare, che l ‘ incarico di responsabile di unità organizzativa conferito al ricorrente con lettera del Sindaco ai sensi della LR. N. 17/1994 nel mese di luglio 1994 non poteva essere positivamente valutato non trattandosi di incarico in categoria superiore.
In riferimento alla mancata considerazione di altri titoli (patentino per direttore dei cantieri e abilitazione all ‘ esercizio della libera professione) rilevava che il dipendente non aveva ottemperato alla richiesta di integrazione documentale del Comune
La Corte d ‘ appello di Catania confermava tale decisione.
Rilevava preliminarmente che l ‘ intervenuto collocamento in quiescenza del La Magna, rendendo inoperativa la richiesta originaria di disapplicazione della graduatoria, travolgeva ogni questione di integrazione del contraddittorio nei confronti dei dipendenti collocatisi in posizione utile.
Riteneva che nella gestione della progressione per cui è causa il Comune avesse posto in essere non già atti amministrativi bensì atti gestionali dei rapporti di lavoro per cui inconferente era il richiamo di parte appellante all ‘ autocertificazione di cui all ‘ art. 21 della L. n. 241/1990 ed egualmente all ‘ art. 18 della medesima legge.
In conseguenza non poteva considerarsi illegittima la richiesta di integrazione documentale relativa ai titoli dichiarati ma non in possesso dell ‘ Ufficio risorse umane.
Riteneva che correttamente non fosse stato attribuito alcun punteggio per l ‘ incarico attribuito al La Magna ai sensi degli artt. 1 L.R. 17/1994 e 4 L.E. n. 10/1991 non valendo lo stesso ad integrare mansioni superiori ma solo una attività di coordinamento e una responsabilità di procedimento rientrante nella qualifica di appartenenza.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione affidato a tre motivi.
Il Comune di Scordia ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell ‘ art. 112 cod. proc. civ. ed ancora violazione ed errata applicazione degli artt. 1 e 21 della L.R. n. 10/1991, dell ‘ art. 18 della L. n. 241/1990 in relazione all ‘ art. 360, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.; errore sul presupposto e difetto di istruttoria.
Assume che la Corte territoriale, riconsiderando la questione dell ‘ art. 18 della l. n. 241/1990, avrebbe violato il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato visto che già il Tribunale aveva affermato che
detta norma ‘prevede per l’ amministrazione procedente la facoltà di richiedere agli interessati gli elementi necessari per la ricerca dei documenti già in possesso della stessa’.
Inoltre, avrebbe erroneamente ritenuto inapplicabile la disciplina di cui alla suddetta disposizione.
Il motivo, nei vari profili in cui è articolato, è inammissibile.
La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sussiste quando il giudice trascuri di esaminare una domanda od una eccezione o quando sostituisca d ‘ ufficio un ‘ azione ad un ‘ altra, a causa del travisamento dell ‘ effettivo contenuto della domanda, non quando si applica una norma giuridica in luogo di altra diversa da quella invocata ovvero diversamente interpretata dalle parti o dal giudice.
Il principio di cui all’art. 112 cod. proc. civ. non preclude, infatti, al giudice di individuare la norma applicabile al caso concreto, anche se diversa da quella invocata dalle parti, purché la decisione non attribuisca un bene non richiesto o non si fondi su una diversa causa petendi ( ex multis Cass. 11 gennaio 2019, n. 513; Cass. 12 marzo 2024, n. 6533).
Poi, nello specifico, non c ‘ era alcun giudicato avendo l ‘ appello del La Magna rimesso in discussione tutta la questione oggetto di domanda.
Si aggiunga che, come da questa Corte affermato (Cass. n. 23827 del 2 settembre 2021), in tema di pubblico impiego privatizzato, nelle selezioni per progressioni orizzontali non vengono in evidenza atti amministrativi di ambito concorsuale, ma atti paritetici di gestione dei rapporti di lavoro, adottati con i poteri e le capacità del datore di lavoro privato; pertanto, non trovano applicazione le norme sul procedimento amministrativo, ma il datore di lavoro è pur sempre tenuto all ‘ osservanza degli obblighi di buona fede e correttezza, il cui contenuto, rispetto alla esibizione di documenti necessari per la partecipazione alla selezione, va conformato ai princìpi desumibili dall ‘ art. 18, comma 2, della l. n. 241 del 1990, sicché egli non può
richiedere al lavoratore la produzione di atti già in suo possesso, purché gli siano forniti elementi utili al loro reperimento e alla loro valorizzazione a fini concorsuali, specialmente nel caso di P.A. complesse e di grandi dimensioni.
Non è dunque in sé corretto il richiamo alle norme sul procedimento amministrativo, cui restano estranee le attività che il datore di lavoro pubblico svolge in esercizio di poteri di mero diritto privato; l ‘ osservazione non esaurisce tuttavia il problema, in quanto il datore di lavoro privato è pur sempre soggetto all ‘ osservanza degli obblighi di buona fede e correttezza, il cui contenuto, rispetto alla valutazione di documenti già in suo possesso è da ritenere analogo a quanto stabilito dalla norma evocata dalla ricorrente, i cui fondamenti logici si radicano nel medesimo principio giuridico per cui la parte deve prestarsi ad oneri di collaborazione che siano finalizzati a salvaguardare l ‘ interesse della controparte.
L ‘ art. 18, comma 2, tuttavia, afferma, nella sua prima parte, che « i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l ‘ istruttoria del procedimento, sono acquisiti d ‘ ufficio quando sono in possesso dell ‘ amministrazione procedente », ma aggiunge, dopo un inciso sui documenti in possesso di altra P.A., che « l ‘ amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti »; il che, tradotto in termini privatistici, sta a significare che il datore di lavoro non può chiedere al lavoratore la produzione di documenti che siano già in suo possesso, ma ciò resta subordinato all ‘ indicazione specifica dei documenti (come è nell ‘ art. 18, comma 2, prima parte) e di elementi utili al loro reperimento (come è nell ‘ art. 18, comma 2, ultima parte), con assetto la cui razionalità intrinseca rispetto ad un normale andamento dei rapporti giuridici è indiscutibile e tale dunque da poter essere assunto altrettanto normalmente a base del ragionamento sul rispetto delle regole di buona fede; ciò posto e venendo su tali premesse alla valutazione del caso
concreto, il motivo nulla oppone all ‘ affermazione della Corte territoriale secondo cui si trattava di documenti non in possesso dell ‘ Ufficio risorse umane né illustra quali siano stati i documenti nella disponibilità dell ‘ amministrazione di cui era stato chiesto impropriamente il deposito.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l ‘ errata interpretazione ed applicazione della L.R. n. 17/1994, degli artt. 4 e ss. della L.R. n. 10/1991 nonché della L. n. 241/1990 in relazione all ‘ art. 360, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.
Sostiene che l ‘ incarico ricevuto, in relazione al quale non era stato attribuito alcun punteggio, era di livello superiore comportando compiti di controllo su soggetti di pari mansioni e qualifica.
Precisa che si era trattato di un incarico con cui egli era stato nominato ‘responsabile dell’unità organizzativa’ e non solo ‘responsabile del procedimento’.
Il motivo è inammissibile.
A parte una carenza di autosufficienza (non è trascritto il contenuto del provvedimento attributivo dell ‘ incarico), manca una ricognizione dei compiti di cui al livello C4 che consenta di interpretare l ‘ incarico attribuito come di livello superiore a tali compiti. Non è dedotta la violazione del c.c.n.l. nell ‘ interpretazione dell ‘ incarico conferito.
In ogni caso, anche a voler ammettere che la denuncia di tale violazione si desuma dal complessivo argomentare di cui al motivo, la stessa non coglie nel segno.
Secondo la declaratoria del livello C di cui al c.c.n.l. del 31/3/1999:
CATEGORIA C
« Appartengono a questa categoria i lavoratori che svolgono attività caratterizzate da:
Approfondite conoscenze mono specialistiche (la base teorica di conoscenze è acquisibile con la scuola superiore) e un grado di esperienza pluriennale, con necessità di aggiornamento;
* Contenuto di concetto con responsabilità di risultati relativi a specifici processi produttivi/amministrativi;
Media complessità dei problemi da affrontare basata su modelli esterni predefiniti e significativa ampiezza delle soluzioni possibili;
Relazioni organizzative interne anche di natura negoziale ed anche con posizioni organizzative al di fuori delle unità organizzative di appartenenza, relazioni esterne (con altre istituzioni) anche di tipo diretto. Relazioni con gli utenti di natura diretta, anche complesse, e negoziale.
Esemplificazione dei profili:
lavoratore che, anche coordinando altri addetti , provvede alla gestione dei rapporti con tutte le tipologie di utenza relativamente alla unità di appartenenza.
lavoratore che svolge attività istruttoria nel campo amministrativo, tecnico e contabile, curando, nel rispetto delle procedure e degli adempimenti di legge ed avvalendosi delle conoscenze professionali tipiche del profilo, la raccolta, l ‘ elaborazione e l ‘ analisi dei dati.
Appartengono, ad esempio, alla categoria i seguenti profili: esperto di attività socioculturali, agente di polizia municipale e locale, educatore asili nido e figure assimilate, geometra, ragioniere, maestra di scuola materna, istruttore amministrativo, assistente amministrativo del registro delle imprese ».
L ‘ art. 1 della L.R. n. 17/1994 aveva stabilito, in un contesto di potenziamento delle attività dirette a contrastare l ‘ abusivismo edilizio, l ‘ individuazione di un responsabile dell ‘ unità organizzativa preposta ai procedimenti medesimi (« Art. 1. Provvedimenti a carico di sindaci e dipendenti comunali inadempienti. 1. Entro sessanta giorni dall ‘ entrata in vigore della presente legge, i sindaci dei comuni provvedono agli adempimenti di cui all ‘ articolo 4 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, in riferimento ai procedimenti di repressione dell ‘ abusivismo edilizio,
con la specifica individuazione del responsabile dell ‘ unità organizzativa preposta ai procedimenti medesimi. ».
A sua volta, l ‘ art. 4, comma 1, della L.R. n. 10/1991 aveva previsto:
« Art. 4. Unità organizzative responsabili del procedimento
Ove non sia già direttamente stabilito per legge o per regolamento, le pubbliche amministrazioni sono tenute a determinare per ciascun tipo di procedimento relativo ad atti di loro competenza l ‘ unità organizzativa responsabile della istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell ‘ adozione del provvedimento finale ».
Si trattava di norme intese a consentire, appunto, l ‘ individuazione di un responsabile, non certo ad attribuire un incarico di livello superiore.
Questo sistema era ben realizzabile nell ‘ ambito della medesima categoria C come sopra riportata.
Del resto, è da escludere che il legislatore avesse inteso demandare alla P.A., in via ampiamente discrezionale, l ‘ attribuzione di mansioni superiori al di fuori delle ordinarie regole di selezione.
Inoltre, la Corte d ‘ appello ha affermato (ed è un accertamento in fatto non rivedibile in questa sede) che il coordinamento di cui all ‘ incarico è stato relativo agli addetti a qualifiche inferiori -come da previsione contrattuale -. Rispetto a tale affermazione, inammissibilmente il ricorrente oppone di aver coordinato dipendenti di pari qualifica.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell ‘ art. 91 cod. proc civ. in relazione all ‘ art. 360, n. 3, cod. proc. civ.
Chiede che in caso di accoglimento del ricorso si condanni la controparte al pagamento delle spese processuali.
Il motivo è inammissibile essendo, per così dire, un ‘non motivo’, e limitandosi il ricorrente a postulare un effetto, quello della caducazione della statuizione sulle spese, che sarebbe conseguito comunque ai sensi dell ‘ art. 336, primo comma, cod. proc. civ. nel caso di accoglimento
totale o parziale del ricorso (v. ex multis Cass. 11 maggio 2023, n. 12946; Cass. 27 settembre 2022, n. 33968).
Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., S.U., n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, ad euro 200,00 per esborsi e agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro