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Progressione economica supplenti: sì alla parità

Con la sentenza n. 7658/2019, la Cass. Civ., Sez. Lavoro, ha dichiarato inammissibile il ricorso del Ministero dell’Istruzione. Il caso riguardava il diritto alla progressione economica supplenti, negata a un’assistente amministrativa con contratti a termine. La Corte ha preso atto della rinuncia del Ministero, basata sull’ormai consolidato orientamento che vieta la discriminazione retributiva tra personale di ruolo e precario, in linea con la direttiva UE 1999/70/CE.

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La progressione economica supplenti è un diritto? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7658 del 19 marzo 2019, torna su un tema cruciale per il personale precario della scuola, consolidando un principio di parità di trattamento ormai inderogabile. La pronuncia, sebbene di natura processuale, ribadisce un orientamento fondamentale: nessuna discriminazione retributiva può essere giustificata dalla sola natura temporanea del contratto di lavoro.

Il caso: la richiesta di parità retributiva

Una lavoratrice, assunta come assistente amministrativa presso istituti scolastici con una serie di contratti a tempo determinato, si era vista negare il diritto alla progressione economica legata all’anzianità di servizio, un beneficio riconosciuto invece al personale di ruolo. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano accolto la sua domanda, condannando il Ministero dell’Istruzione a riconoscerle l’anzianità maturata e a corrisponderle le relative differenze retributive.

Secondo i giudici di merito, tale disparità di trattamento violava il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro europeo sul lavoro a tempo determinato (recepito dalla Direttiva 1999/70/CE). Il Ministero, non accettando la decisione, aveva proposto ricorso per cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La vicenda processuale davanti alla Suprema Corte ha avuto un esito peculiare. Durante l’udienza, l’Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Ministero, ha dichiarato di voler rinunciare all’impugnazione. Questa mossa processuale è stata motivata dal fatto che la giurisprudenza della Cassazione si era ormai consolidata in senso contrario alle tesi del Ministero.

Di conseguenza, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse. Pur essendo una decisione processuale, essa ha un forte valore sostanziale, poiché si fonda sul riconoscimento, da parte dello stesso Ministero, della fondatezza della tesi opposta.

Le motivazioni: perché la progressione economica supplenti è un diritto

Il nucleo della questione risiede nel principio di non discriminazione. La Corte, richiamando la giurisprudenza costante sia nazionale che europea, ha stabilito che l’anzianità di servizio è una condizione di impiego. Pertanto, negare ai lavoratori a termine la progressione economica riconosciuta ai lavoratori a tempo indeterminato, a parità di mansioni, costituisce una discriminazione vietata.

Le ragioni avanzate dal Ministero, legate alla specificità del reclutamento scolastico e alla necessità di superare un concorso pubblico per l’immissione in ruolo, non sono state ritenute sufficienti a giustificare la disparità retributiva. Sebbene queste ragioni possano legittimare l’uso di contratti a termine per garantire la continuità didattica, non possono mai giustificare un trattamento economico deteriore per chi svolge il medesimo lavoro.

La rinuncia stessa del Ministero al ricorso è la prova più evidente che la battaglia per la progressione economica supplenti è vinta: l’Amministrazione ha preso atto che insistere su una tesi contraria sarebbe stato inutile e dispendioso.

Conclusioni: cosa cambia per i supplenti

Questa sentenza, insieme alle altre conformi, consolida un diritto fondamentale per tutto il personale precario della scuola, docente e ATA. I lavoratori con contratti a termine hanno diritto al riconoscimento, ai fini economici, di tutta l’anzianità di servizio maturata. Ciò significa che possono agire in giudizio per ottenere non solo il corretto inquadramento stipendiale per il futuro, ma anche le differenze retributive non percepite in passato, nei limiti della prescrizione quinquennale. La parità di trattamento non è più un’aspirazione, ma un diritto pienamente esigibile.

Un dipendente scolastico precario ha diritto agli scatti di anzianità?
Sì. La Corte di Cassazione ha affermato in modo consolidato che negare la progressione economica legata all’anzianità di servizio ai lavoratori a tempo determinato, a parità di mansioni, costituisce una discriminazione vietata dal diritto dell’Unione Europea.

Perché il ricorso del Ministero è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per “sopravvenuta carenza di interesse”, poiché l’Avvocatura dello Stato, per conto del Ministero, ha rinunciato all’impugnazione in udienza. Ha di fatto ammesso che la giurisprudenza era ormai consolidata a favore dei lavoratori.

Le speciali modalità di reclutamento nella scuola giustificano una paga diversa per i supplenti?
No. Secondo i giudici, le esigenze del settore scolastico possono giustificare l’uso di contratti a termine, ma non una disparità di trattamento retributivo. Se le mansioni svolte sono le stesse del personale di ruolo, anche la retribuzione, inclusa la progressione per anzianità, deve essere la stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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