Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7658 Anno 2019
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Civile Sent. Sez. L Num. 7658 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2019
SENTENZA
sul ricorso 29362-2014 proposto da: da
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla INDIRIZZO; DELLA DELLO ex 12 ;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO16, GLYPH studio NOME COGNOME presso GLYPH n. GLYPH lo GLYPH in ROMA ,
dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME difesa
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 214/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 31/07/2014 R.G.N. 58/2013; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/02/2019 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME; APPELLO 58/2013 ; pubblica NOME
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; concluso
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Venezia ha respinto l’appello del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto la domanda proposta da NOME COGNOME assunta in forza di numerosi contratti a termine successivi con qualifica di assistente amministrativo, ed aveva condannato il Minister a riconoscere alla stessa, ai fini della progressione economica, l’anzianità maturata durante rapporti a tempo determinato ed a corrispondere le conseguenti differenze retributive, ne limiti dell’eccepita prescrizione quinquennale.
2. La Corte territoriale ha premesso che gli assunti a tempo determinato del comparto scuola non beneficiano della progressione stipendiale, legata all’anzianità di servizi riconosciuta al personale di ruolo, ed ha ritenuto la disparità di trattamento non giustificato quanto non conforme al principio di non discriminazione, sancito dalla clausola 4 dell’Accord quadro trasfuso nella Direttiva 1999/70/CE del 28 giugno 1999 e recepito nel nostro ordinamento dall’art. 6 del d.lgs n. 368 del 2001. Ha evidenziato al riguardo che il legislatore nel modificare con l’art. 9, comma 18, del d.l. n. 70/2011 l’art. 10 del d.lgs. n. 368/200 quale era stato inserito il comma 4 bis, aveva solo inteso derogare alle norme dello stesso decreto legislativo che introducono limiti formali e sostanziali all’apposizione del term stabiliscono le conseguenze della loro violazione, non già sottrarre i contratti a termine scuola all’intera disciplina dettata per il rapporto a tempo determinato.
3. Il giudice d’appello ha richiamato la giurisprudenza della Corte di Giustizia sottolineare che l’ anzianità di servizio, ove destinata ad incidere sul trattamento retributivo rientra fra le condizioni di impiego, in relazione alle quali non è consentita la discrimina rispetto al lavoratore a tempo indeterminato comparabile, ove la diversità di trattamento n sia giustificata da ragioni oggettive attinenti alle modalità di espletamento delle mansion eventualmente, al perseguimento di una legittima finalità di politica sociale.
4. Ha rilevato, infine, che la specialità del sistema di reclutamento nel settore scolastico nel quale occorre garantire la continuità delle attività didattiche, può, eventualmente giustificare l’utilizzo, anche ampio e prolungato, del lavoro a termine ma non legittima disparità di trattamento fra categorie di lavoratori che si differenziano solo sulla base natura del contratto stipulato, in quanto svolgono identiche mansioni e garantiscono l’espletamento del medesimo servizio.
5. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca sulla base di un unico motivo, articolato in più censure, al q ha opposto difese con tempestivo controricorso NOME COGNOME
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso denuncia, con l’unico motivo formulato ai sensi dell’art. 360 n. 3 c. “violazione e falsa applicazione dell’art.6 del d.lgs. 6 settembre 2001 n. 368, dell’art. 9 c 18 del d.l. 13 maggio 2011 n. 70, come convertito con legge 12 luglio 2011 n. 106, dell’art. della legge 3 maggio 1999 n. 124, dell’art. 526 d.lgs. 16 aprile 1994 n. 297, dell’art. 53 312/1980, delle clausole 4 e 5 dell’Accordo Quadro CES, UNICE e CEE stipulato il 18 marzo 1999 e recepito con direttiva 1999/70/CE”. Sostiene, in sintesi, il Ministero ricorrente che supplenze, stipulate per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo, no applica la disciplina generale dettata dal d.lgs. n. 368 del 2001, bensì la normativa di sett ed in particolare l’art. 4 della legge n. 124 del 1999. Aggiunge che al fine di verificare l’attribuzione del trattamento retributivo ai supplenti della scuola sia sorretta da ade ragioni oggettive occorre analizzare non solo la clausola 4 dell’Accordo Quadro, ma anche la successiva clausola 5 che, al fine della repressione degli abusi, consente agli Stati membri dell’Unione di tener conto delle esigenze di settori o di categorie specifici di lavoratori. al riguardo che la ricorrenza di ragioni oggettive, che legittimano nel settore scolasti diverso regime, è già stata valorizzata dalla giurisprudenza di questa Corte per affermare legittimità della reiterazione dei contratti a termine e del sistema di reclutamento discipplinato dalla legge n. 124/1999. Rileva, inoltre, che gli incarichi di supplenza non si configuralo c rapporto di lavoro sostanzialmente unico in quanto le pattuizioni contrattuali, anche se annua non si legano tra loro in modo continuativo, e quindi, ogni anno, si instaura un dist rapporto che non può essere “inanellato” ai precedenti per configurare una vera e propria anzianità di servizio. Infine evidenzia il Ministero che nell’impiego pubblico l’immissione in presuppone il superamento di procedure concorsuali il che rende non comparabile la posizione del supplente con quella del dipendente a tempo indeterminato che ha superato la selezione pubblica. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, poiché l’Avvocatura Generale dello Stato in udienza ha dichiarato di volere rinunciar all’impugnazione, in ragione dell’orientamento ormai consolidato di questa Corte contrario all argomentazioni giuridiche poste a base del ricorso stesso.
La rinuncia al ricorso per cassazione è atto unilaterale non accettazione, nel senso, cioè, non esige, per la sua operatività, l’accettazione della controparte. L’art. 390 cod. proc. peraltro, richiede che l’atto scritto sia notificato alle parti costituite o comunicate avvocati che vi appongono il visto, sicché, ove la rinuncia venga effettuata senza il rispetto tali formalità, non può essere dichiarata l’estinzione del processo ex art. 391 cod. proc. Tuttavia la rinuncia, seppure irrituale, è pur sempre significativa del venir meno dell’interesse
RG 29362/2014
al ricorso, del quale determina l’inammissibilità ( Cass. 28524/2018; Cass. 27868/2018; Cass. n. 26840/2018; Cass. S.U. n. 3876/2010).
Le spese del giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate, in considerazione del comportamento processuale del Ministero ricorrente nonché dell’oggettiva incertezza interpretativa, ancora sussistente al momento della notifica del ricorso.
Non sussistono le condizioni di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002 perch norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazione dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo ( Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017). Si aggiunga che la disposizione non è applicabile «in caso di rinuncia al ricorso per cassazione quanto tale misura si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o de declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, sensu” sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto interpretazione estensiva o analogica.» ( Cass. n. 23175/2015; Cass. n. 19071/2018).
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e compensa le spese del giudizio legittimità.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 13 febbraio 2019