Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4392 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 4392 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: TRICOMI IRENE
Data pubblicazione: 19/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34383/2018 R.G. proposto da in persona del legale rappresentante pro tempore ,
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
contro
ricorrente –
FATTIZZO NOME
– intimato –
avverso la sentenza n. 692/2018, depositata il 29 maggio 2018 de lla Corte d’Appello di Lecce, RG NUMERO_DOCUMENTO;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20.12.2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L ‘attuale controricorrente , dipendente dell’ RAGIONE_SOCIALE, partecipò alla selezione bandita nel 2008 per la copertura di 85 posti di categoria C3 con previsione della decorrenza degli effetti per i vincitori dal 31.12.2006. In base all’esito della selezione venne approvata la graduatoria con determina del 20.2.2009 ed esso lavoratore era risultato vincitore. A seguito di contenzioso proposto da altri partecipanti alla selezione, con successiva determina P23/543/11 del 7.11.2011, la graduatoria finale venne variata e al lavoratore venne revocato l’inquadramento nella categoria C3 con la decorrenza indicata nel bando, con la conseguente richiesta di restituzione di quanto indebitamente percepito.
Detta posizione C3 veniva poi riassegnata al lavoratore solo a far data dal 31 dicembre 2009.
Il lavoratore si rivolse quindi al Tribunale di Lecce, in funzione di giudice del lavoro, per chiedere l’accertamento del proprio diritto ad essere inquadrato nella categoria C3 a far tempo dal 31.12.2006 e la condanna dell’ RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle somme indebitamente recuperate sulle maggiori retribuzioni nel frattempo versate.
Instaurato il contraddittorio (anche nei confronti del controinteressato al l’accoglimento della domanda) , il Tribunale respinse la domanda di accertamento del diritto all’inquadramento nella categoria superiore, ritenendo legittimo il comportamento ottemperante assunto dall’Amministrazione in ragione delle decisioni del giudice
amministrativo, ma accolse quella di condanna dell’ RAGIONE_SOCIALE alla restituzione delle differenze retributive indebitamente trattenute in concomitanza dell’inquadramento nella categoria C 3, in ragione delle mansioni superiori svolte.
La Corte di Appello di Lecce ha rigettato l’impugnazione dell’RAGIONE_SOCIALE .
Contro la sentenza della C orte d’appello l ‘ RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
Il lavoratore si è difeso con controricorso e ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va premesso che, come peraltro, è pacifico tra le parti (si veda pag. 3 del controricorso del lavoratore, pag. 2 del ricorso e pag. 2 della sentenza di appello), la domanda di inquadramento nella categoria C3 a far data dal 31 dicembre 2006 è stata rigettata dal Tribunale con statuizione su cui il lavoratore non risulta aver fatto appello (pag. 3 del controricorso in cui si dà atto dell’appello proposto solo dall’RAGIONE_SOCIALE, pag.3 della sentenza di appello in cui si dà atto del solo appello dell’RAGIONE_SOCIALE ), venendosi così a formare giudicato interno.
In appello è stato devoluta dall’RAGIONE_SOCIALE la statuizione relativa alla propria condanna alla restituzione delle differenze retributive trattenute in relazione al periodo in cui il lavoratore era stato inquadrato in cat. C3.
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, ovvero in particolare degli artt. 1362 e seguenti, anche in riferimento agli articoli 6, 9, 11, 12, 13 del CCNL Enti pubblici non economici e relativo allegato, nonché degli artt. 52 e 63, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001,
(art. 360, n.3, cod. proc. civ.), in relazione alla violazione dei principi di cui all’articolo 111 Cost., ed in particolare del comma 7, in una lettura integrata con l’articolo 6 della CEDU.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ovvero, in particolare, dell’art. 2697, cod. civ. (art. 360, n. 3, cod. civ.) in relazione in relazione alla violazione dei principi di cui all’articolo 111 Cost., ed in particolare del comma 7, in una lettura integrata con l’articolo 6 della CEDU.
I suddetti motivi di ricorso devono essere esaminati congiuntamente, perché concorrono, nella sostanza, a suffragare la medesima doglianza.
Con gli stessi si censura la statuizione della Corte di appello secondo cui alla progressione economica all’interno dell’area (C3) corrisponde il riconoscimento di un maggior livello di professionalità rispetto a quello iniziale o immediatamente precedente alla posizione 3. Ed a tale livello di maggiore professionalità attestato nella graduatoria iniziale, cui seguì l’attribuzione della posizione C3, doveva necessariamente corrispondere l’affidamento di compiti di adeguato rilievo. In questa ottica, dall’attribuzione formale della posizione C3 non può che derivare la presunzione dell’espletamento d i mansioni di maggiore impegno e rilievo nell’ambito del processo produttivo dell’Area di appartenenza. Pertanto, era onere dell’RAGIONE_SOCIALE dimostrare e allegare che nel periodo in questione. All’appellante fossero state attribuite funzioni operative riconducibili da un livello di professionalità inferiore a quello formalmente assegnato.
L’RAGIONE_SOCIALE prospetta che, si era in presenza di una procedura di selezione per la mera progressione economica C3,
dall’ originaria assegnazione della suddetta progressione C3 (poi annullata) non poteva certamente derivare la ‘ presunzione ‘ dell’espletamento di mansioni di maggior impegno e rilievo nel periodo 31 dicembre 2006-31 dicembre 2009 in contestazione (pag. 7 del ricorso).
La Corte d ‘A ppello nel riconoscere al lavoratore le differenze retributive tra la posizione C2 e la posizione C3 dell’Area C per l’ambito temporale stabilito nella sentenza del Tribunale, sul presupposto del ‘ teorico ‘ svolgimento di mansioni superiori per il periodo dedotto in giudizio:
da un lato non ha considerato che il nuovo sistema di classificazione del personale dell’RAGIONE_SOCIALE introdotto con il CCNL 2006-2009 è strutturato su tre macroaree A, B, C, nel cui ambito le attività e le prerogative e le connesse responsabilità sono omogenee per tutto il personale facente parte d ell’Area ;
d’altra parte, non ha fatto buon governo della normativa di cui al CCNL Enti pubblici non economici 2006 2009, sottoscritto in data 1 ottobre 2007 e applicabile nella specie, anche laddove ha riconosciuto il diritto alle differenze retributive in contestazione sulla base di un periodo di ‘ teorico ‘ di svolgimento delle mansioni superiori (31 dicembre 2006-31 dicembre 2009), senza considerare non solo che tale svolgimento, come regola generale, deve essere sempre effettivo ma soprattutto che, nella specie, lo svolgimento delle mansioni superiori non poteva configurarsi neppure in via ipotetica perché la selezione -bandita nel 2008 con effetto giuridico 31 dicembre 2006–si è conclusa con la determina 21 settembre 2009, di approvazione della graduatoria e la retrodatazione degli effetti non poteva verificarsi prima della pubblicazione della graduatoria.
I motivi sono fondati.
Come rilevato dal ricorrente, il CCNL 2006-2009 Enti pubblici non economici, all’art. 6 sancisce, in particolare: ‘ Il sistema di classificazione del personale, improntato a criteri di flessibilità correlati alle esigenze connesse ai nuovi modelli organizzativi degli enti, è articolato nelle aree A, B e C’ (comma1).
‘Le aree sono individuate mediante le declaratorie che descrivono l’insieme dei requisiti indispensabili per l’inquadramento nell’area medesima. Le stesse corrispondono a livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento d i una vasta e diversificata gamma di attività lavorative, secondo quanto previsto dall’allegato A) del presente CCNL’ ( comma 2) .
‘Ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, ogni dipendente è tenuto a svolgere tutte le mansioni considerate equivalenti all’interno della medesima area, fatte salve quelle per il cui espletamento siano richieste specifiche abilitazioni professionali.4. In definitiva, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata e, ai sensi dell’art. 384, comma 2, c.p.c., la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, rigettando la domanda introduttiva del giudizio ‘ (comma 6) .
In ragione dell’affermata omogeneità delle competenze, conoscenze e capacità richieste per l’inquadramento in ciascuna Area, la declaratoria (declaratorie delle aree) allegata al suddetto CCNL descrive le specifiche e i contenuti professionali per l’accesso alle Aree, superando le precedenti diversificazioni all’interno dell’area stessa, con la conseguenza che nel nuovo sistema le fasce retributive rappresentano mere progressioni economiche riconosciute e, quindi, non implicano una diversità di contenuto delle mansioni assegnate.
Se si raffronta il testo originario dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 con quello risultante all’esito delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150 del 2009, si può rilevare che la tornata contrattuale in esame 2006/2009 ha anticipato la riscrittura della norma di legge, che, nella versione novellata, fa esclusivo riferimento all’area e considera qualifica superiore acquisita dopo l’originario inquadramento solo quella ottenuta a seguito del superamento delle procedure di cui all’art. 35, comma 1, lett. a), non già quella, valorizzata dal testo originario della norma, conseguente allo ‘sviluppo professionale’.
Ed infatti, ai sensi dell’art. 52, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, come modificato: ‘Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito (…)’.
L’art. 52 cit. assegna rilievo solo al criterio dell’equivalenza delle mansioni, con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che il giudice possa sindacarne la natura equivalente, inapplicabile essendo nel pubblico impiego l’art. 2103, cod. civ. ( ex aliis , Cass., n. 11503 del 2022, 29624 del 2019 e giurisprudenza richiamata).
Dunque, erroneamente la Corte d’Appello ha assimilato la progressione nell’Area (da C2 a C3) allo svolgimento di mansioni di maggior livello professionale attribuendo al datore di lavoro un onere della prova che non trova riscontro nella contrattazione collettiva, tanto più che alla stessa contrattazione così come al d.lgs. n. 165 del 2001 è estraneo il concetto di svolgimento ‘teorico’ di mansioni superiori che
oltretutto, nella specie, è stato riconosciuto per un periodo di tempo individuato facendo riferimento alla retrodatazione degli effetti previsti nel bando che però non poteva considerarsi operativa prima della pubblicazione della graduatoria finale.
Deve essere sottolineato che l a Corte d’appello , nel ricostruire la vicenda, non ha considerato che l’RAGIONE_SOCIALE ha dovuto procedere a ll’annullamento della originaria graduatoria per dare esecuzione ad un giudicato del Consiglio di Stato formatosi a seguito di contenzioso proposto da altri partecipanti alla selezione.
Ciò ha fatto in autotutela, ai sensi dell’art. 21novies della legge n. 241 del 1990, esercitata in modo corretto nei tempi e nella forma.
L ‘annullamento in autotutela travolge tutti gli atti conseguenti, sicchè, come affermato anche da questa Corte, se una simile situazione si verifica con riferimento ad un concorso pubblico o ad una selezione (come quella in oggetto) si determina la nullità originaria, rilevabile anche d’ufficio, sebbene accertata successivamente, anche del contratto di lavoro stipulato in esito alla conclusione del concorso o della selezione in oggetto (vedi: Cass. 17/01/2022, n. 1307).
Pertanto, in radice, non si poteva porre alcuna questione di esecuzione di atti nulli, in quanto come è noto quod nullum est nullum producit effectum .
Per le suesposte ragioni, la sentenza impugnata va cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito, disponendosi il rigetto della domanda originaria del lavoratore, per come residua in questa sede, di restituzione delle somme detratte dall’RAGIONE_SOCIALE corrispondenti alla differenza tra quanto percepito a titolo di retribuzione spettante alla categoria C3 e quanto realmente
spettante sulla base della categoria inferiore di provenienza, nel periodo 31 dicembre 2006-31 dicembre 2009.
La soccombenza alterna sulle domande proposte dal lavoratore -in parte accolte e in parte respinte nel corso dei giudizi di merito -e la sostanziale novità delle questioni esaminate giustificano l ‘ integrale compensazione delle spese legali per l’intero processo .
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria del lavoratore, per come residua in questa sede, di restituzione delle somme detratte dall’RAGIONE_SOCIALE corrispondenti alla differenza tra quanto percepito a titolo di retribuzione spettante alla categoria C3 e quanto realmente spettante sulla base della categoria inferiore di provenienza, nel periodo 31 dicembre 2006-31 dicembre 2009.
Compensa tra le parti le spese dell’intero processo . Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20