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Progressione economica: no a mansioni superiori

Una dipendente di un ente pubblico, inizialmente vincitrice di una selezione per una progressione economica, si è vista revocare la promozione a seguito di un contenzioso. La lavoratrice ha quindi agito in giudizio per ottenere il riconoscimento del superiore inquadramento e la restituzione delle somme trattenute. La Corte di Cassazione, ribaltando le decisioni precedenti, ha stabilito che la progressione economica all’interno della stessa area professionale non comporta automaticamente lo svolgimento di mansioni superiori. L’annullamento della graduatoria iniziale ha reso nullo l’inquadramento superiore fin dall’origine, escludendo il diritto alla retribuzione corrispondente.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Progressione Economica: Non Implica Automaticamente Mansioni Superiori

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale nel diritto del lavoro pubblico: la progressione economica all’interno della stessa area professionale non equivale a un inquadramento superiore né presuppone lo svolgimento di mansioni di maggior livello. Questa decisione ribalta l’esito dei precedenti gradi di giudizio, offrendo importanti spunti sull’onere della prova e sugli effetti dell’annullamento degli atti amministrativi.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una dipendente di un importante ente pubblico previdenziale che aveva partecipato a una selezione interna per la progressione dalla categoria C2 alla C3. Inizialmente risultata vincitrice, con decorrenza economica retroattiva, la lavoratrice si è vista successivamente revocare la promozione. A seguito di un contenzioso avviato da altri partecipanti, l’ente ha dovuto modificare la graduatoria in autotutela, negando alla dipendente la qualifica superiore e richiedendo la restituzione delle maggiori somme percepite.

La lavoratrice ha quindi adito il Tribunale del Lavoro, chiedendo di accertare il suo diritto all’inquadramento nella categoria C3 fin dalla data originariamente prevista e la restituzione di quanto l’ente aveva recuperato. Il Tribunale accoglieva solo la seconda domanda, mentre la Corte d’Appello confermava la decisione, ritenendo che all’attribuzione formale della posizione C3 dovesse corrispondere una presunzione di svolgimento di mansioni di maggior rilievo.

La Decisione della Corte di Cassazione

Contro la sentenza di secondo grado, l’ente pubblico ha proposto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha rigettato integralmente le domande della lavoratrice. Il principio affermato è netto: la progressione di carriera all’interno della stessa area non può essere assimilata allo svolgimento di mansioni superiori.

Le Motivazioni della Decisione e la progressione economica

La Corte ha basato la sua decisione su una rigorosa interpretazione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) degli Enti Pubblici non Economici e del D.Lgs. 165/2001 (Testo Unico sul Pubblico Impiego).

Il ragionamento della Cassazione si articola su tre punti cardine:

1. Omogeneità delle Mansioni nell’Area: Il CCNL di settore struttura il personale in macroaree (A, B, C) all’interno delle quali le attività e le responsabilità sono considerate omogenee. Le fasce economiche (come C2 e C3) rappresentano mere progressioni retributive e non implicano una diversità nel contenuto professionale delle mansioni. Ogni dipendente è tenuto a svolgere tutte le mansioni equivalenti all’interno della propria area di inquadramento.

2. Onere della Prova: La Corte d’Appello aveva erroneamente creato una “presunzione” di svolgimento di mansioni superiori basandosi sulla sola attribuzione formale (e poi annullata) della posizione C3. La Cassazione ha chiarito che nel pubblico impiego, in base all’art. 52 del D.Lgs. 165/2001, vige il principio di equivalenza delle mansioni all’interno dell’area. Pertanto, la progressione da una fascia all’altra è un fatto distinto dall’assegnazione a mansioni superiori. Era onere della lavoratrice dimostrare di aver effettivamente e concretamente svolto compiti di livello superiore, prova che non è stata fornita. Non si può riconoscere una retribuzione superiore per uno svolgimento “teorico” di mansioni mai avvenuto.

3. Effetti dell’Annullamento: L’atto con cui l’ente pubblico ha annullato la graduatoria originaria (in autotutela, per dare esecuzione a un giudicato del Consiglio di Stato) ha travolto tutti gli atti conseguenti. L’annullamento determina una nullità originaria, come se l’inquadramento superiore non fosse mai esistito (quod nullum est nullum producit effectum). Di conseguenza, non poteva sorgere alcun diritto alla retribuzione corrispondente a una posizione giuridica rivelatasi inesistente fin dall’inizio.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cruciale per il pubblico impiego: la classificazione del personale è rigidamente definita dalla contrattazione collettiva e dalla legge. La progressione economica è uno strumento di sviluppo salariale che non va confuso con la promozione a una categoria superiore, la quale richiede il superamento di specifiche procedure concorsuali e l’effettivo svolgimento di mansioni di maggior complessità. La decisione sottolinea inoltre l’importanza dell’effettività della prestazione lavorativa come presupposto del diritto alla retribuzione e chiarisce che gli atti amministrativi annullati perdono ogni efficacia fin dalla loro origine, impedendo il consolidarsi di qualsiasi diritto da essi derivante.

Una progressione economica all’interno della stessa area professionale dà automaticamente diritto a mansioni superiori o alla relativa retribuzione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la progressione economica (es. da C2 a C3) all’interno della medesima area professionale rappresenta un mero avanzamento retributivo e non implica di per sé lo svolgimento di mansioni di contenuto professionale diverso o superiore.

Su chi grava l’onere di provare lo svolgimento di mansioni superiori nel pubblico impiego?
L’onere della prova grava sul lavoratore. Non esiste una presunzione per cui all’attribuzione formale di una posizione economica superiore corrisponda lo svolgimento di mansioni superiori. Il dipendente deve dimostrare di aver effettivamente svolto compiti di maggior rilievo per poter rivendicare la relativa retribuzione.

Quali sono le conseguenze dell’annullamento in autotutela di una graduatoria di selezione?
L’annullamento in autotutela di una graduatoria travolge tutti gli atti successivi, determinando una nullità originaria. Ciò significa che qualsiasi inquadramento o contratto di lavoro stipulato sulla base di quella graduatoria è considerato nullo fin dall’inizio, e non può produrre alcun effetto giuridico o economico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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