Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25667 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 25667 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 9326-2019 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI UCRIA;
– intimato – avverso la sentenza n. 713/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 19/09/2018 R.G.N. 741/2016;
Oggetto
Mansioni pubblico impiego
R.G.N. 9326/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/09/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE:
1. la Corte di appello di Messina, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accoglieva per quanto di ragione l’appello proposto dal Comune RAGIONE_SOCIALE Ucria avverso la sentenza del Tribunale di Patti e, fermo il riconoscimento per NOME COGNOME della categoria D, posizione economica iniziale D1, condannava il Comune a corrisponderle, con decorrenza 1.1.1999, le differenze retributive tra quanto percepito in ragione dell’inquadramento nella categoria C e quanto dovutole in ragione del suo diritto all’inquadramento nella categoria D, posizione inziale D1;
2. la Corte territoriale affermava che la figura del segretario e del ragioniere economo era -sulla base del dato testuale della contrattazione collettiva applicabile al rapporto di impiego -diversa da quella delineata nella sesta qualifica per il semplice istruttore amministrat ivo e per il semplice ragioniere; infatti, l’allegato ‘A’ al d.P.R. n. 347 del 1983 prevedeva la settima qualifica funzionale (poi divenuta «Categoria D» nel nuovo ordinamento stabilito dalla contrattazione collettiva nazionale) per il «segretario e il ragioniere economo» e la sesta per l’istruttore amministrativo e il ragioniere semplice, sì che il dipendente assunto per svolgere mansioni di segretario economo rientrava nella settima qualifica funzionale e non già nella sesta;
senonché il Tribunale aveva accolto non solo la domanda nei confronti del Comune – del quale la lavoratrice, a seguito del transito
per effetto della soppressione dei patronati scolastici, era dipendente quale ‘segretario economo’ – volta a ottenere l’inquadramento nella categoria D del nuovo sistema di classificazione degli Enti Locali di cui al c.c.n.l. 1998-2001, ma anche, in ciò errando, quella di riconoscimento della progressione di carriera nella posizione economica D3, frutto secondo il giudice d’appello – non di automatismo legato all’anzianità ma di una selezione con criteri meritocratici (art. 5 comma 2 lett. d) del c.c.n.l. per i dipendenti enti locali del 31.3.1999);
avverso questa sentenza la lavoratrice ricorre in cassazione sulla base di quattro censure assistite da memoria, mentre il Comune resta intimato.
CONSIDERATO CHE:
nel primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112, 324, 345 434 cod. proc. civ., 2907 e 2909 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.; si lamenta altresì la nullità della sentenza perché affetta da vizio di extra-petizione per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 360 n. 4 cod. proc. civ.);
il Comune non aveva censurato la pronuncia di primo grado nella parte in cui aveva riconosciuto la progressione economica, ma solo «il punto di partenza iniziale», ossia da D3 a D5, e ciò al fine di conseguire una riduzione del quantum , il che aveva determinato il giudicato (interno) sulla spettanza della progressione economica; in sintesi, la Corte d’appello, spingendosi ultra petita , aveva rigettato l’ulteriore «istanza azionata volta alla progressione di carriera con riconoscimento della posizione D3»;
1.1. il motivo, non esente da profili di inammissibilità – non trascrivendo, se non in un singolo (insufficiente) stralcio, l’atto di appello
di cui si lamenta l’aspecificità per mancata formulazione di una censura sulla spettanza tout court della progressione economica -, è comunque infondato, emergendo dalla stessa ricostruzione della ricorrente che il Comune appellante, accettando il capo sull’inquadramento nella categoria D (v. p. 4 -5 ricorso per cassazione), si doleva, in realtà, che le differenze retributive fossero state riconosciute, come da perizia d’ufficio, non relativamente alla posizione economica iniziale D1, effettivamente spettante, ma in riferimento alla « posizione D3 (cui corrisponde non la VII ma l’VIII q.f.) per progredire fino alla D5»; avanzamento economico che avrebbe richiesto, però, la prova del positivo superamento dei meccanismi di valutazione meritocratica; ecco allora che l’impugnazione del capo di sentenza sulle differenze retributive comportava anche l’implicita , eppure inequivoca, doglianza sull’applicazione della progressione economica, che non teneva conto del corretto inquadramento spettante in D1;
col secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 434 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.; la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’appello che non indicava «in modo specifico gli errori e le omissioni del consulente tecnico di ufficio, determinanti ai fini della decisione»;
2.1 il motivo è infondato, emergendo dalla stessa ricostruzione fattuale del ricorrente che le censure ex adverso formulate erano rivolte (anche) contro l’operato del c.t.u. che muoveva dall’attribuzione di una posizione iniziale D3 non spettante per le ragioni tutte enunciate nell’atto di gravame e già chiarite al precedente punto 1.1;
3. con il terzo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.; il Comune aveva proposto con l’appello, inammissibilmente, «una domanda nuova, per la prima volta invocando la sussistenza dei presupposti per un inquadramento nella posizione economica iniziale D1», spettando la posizione economica D3 solo alla VIII q.f. ex d.P.R. 347/1983, come integrato dal d.P.R. 333/1990;
3.1 il motivo, che nella sua formulazione mostra di erroneamente qualificare come domanda nuova quella che era un’eccezione in senso lato, è infondato;
questa Corte ha affermato che le eccezioni in senso lato sono sottratte al divieto stabilito dall’art. 345, comma 2, c.p.c., ove riguardino fatti principali o secondari emergenti dagli atti, dai documenti o dalle altre prove ritualmente acquisite al processo e anche se non siano state oggetto di espressa e tempestiva attività assertiva (Cass. n. 8525 del 2020); ed ha altresì aggiunto che, anche in appello, in presenza di una eccezione in senso lato, il giudice può esercitare i propri poteri officiosi anche al fine di ammettere le prove indispensabili, cioè quelle idonee ad elidere ogni incertezza nella ricostruzione degli eventi (Cass. n. 25434 del 2019; Cass. n. 35708 del 2023);
invero, il motivo di appello del Comune, incentrato sulla non spettanza delle differenze retributive calcolate dal primo giudice sulla base del riconoscimento di una progressione economica dalla posizione iniziale D3, non dovuta, rimetteva automaticamente in discussione l’operato de l c.t.u. che a quel livello retributivo ancorava lo sviluppo dei suoi calcoli, trattandosi di motivo contenente una mera difesa e non già un’eccezione in senso stretto, la quale ultima soltanto resta soggetta, come noto, ai limit i di deduzione dell’art. 345 cod. proc. civ.;
con il quarto, ed ultimo, motivo si denuncia violazione degli artt. 313 del c.c.n.l. 31.3.1999 cit., in riferimento all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.; dalle disposizioni della disciplina collettiva richiamate si evinceva che, per effetto dell’inquadram ento in D, il trattamento economico tabellare avrebbe dovuto essere, solo ed esclusivamente in relazione ai valori economici della retribuzione, quello della posizione D3, come precisato dall’art. 13 comma 1 c.c.n.l. cit.;
4.1 il motivo è infondato perché il giudice d’appello ha letto sistematicamente, e altresì correttamente interpretato, la disciplina contrattuale che merita qui di essere sinteticamente ripercorsa;
4.1.1 l’art. 3 c.c.n.l. cit. (rubricato ‘Il sistema di classificazione del personale’) recita:
« 1. Il sistema di classificazione è articolato in quattro categorie denominate, rispettivamente, A, B, C e D. Per il personale della categoria D è prevista la istituzione di una area delle posizioni organizzative, secondo la disciplina degli artt. 8 e ss.
Ai sensi dell’art. 56 del d.lgs. n. 29 del 1993, come modificato dal d.lgs. n. 80 del 1998, tutte le mansioni ascrivibili a ciascuna categoria, in quanto professionalmente equivalenti, sono esigibili. L’assegnazione di mansioni equivalenti costituisce a tto di esercizio del potere determinativo dell’oggetto del contratto di lavoro.
L’assegnazione temporanea di mansioni proprie della categoria immediatamente superiore costituisce il solo atto lecito di esercizio del potere modificativo. Essa, fino a diversa disciplina contrattuale, è regolata dai commi 24 dell’art. 56 del D. Lgs. n. 29 del 1993 come modificato dal D. Lgs. n. 80 del 1998.
Le categorie sono individuate mediante le declaratorie riportate nell’allegato A, che descrivono l’insieme dei requisiti professionali
necessari per lo svolgimento delle mansioni pertinenti a ciascuna di esse.
I profili descrivono il contenuto professionale delle attribuzioni proprie della categoria. Nell’allegato A sono riportati, a titolo esemplificativo, alcuni profili relativi a ciascuna categoria.
Gli enti, in relazione al proprio modello organizzativo, identificano i profili professionali non individuati nell’allegato A o aventi contenuti professionali diversi rispetto ad essi e li collocano nelle corrispondenti categorie nel rispetto delle relative declaratorie, utilizzando in via analogica i contenuti delle mansioni dei profili indicati a titolo semplificativo nell’allegato A.
Nell’allegato A sono altresì indicati, per le categorie B e D, i criteri per la individuazione e collocazione, nelle posizioni economiche interne delle stesse categorie, del trattamento tabellare iniziale di particolari profili professionali ai fini di cui all’art. 13»;
4.1.2 l’All. A ora richiamato, nell’art. 3 comma 7 c.c.n.l. cit., stabilisce:
« Ai sensi dell’art. 3, comma 7, per i profili professionali che, secondo la disciplina del d.P.R. 347/83 come integrato dal d.P.R. 333/90, potevano essere ascritti alla VIII qualifica funzionale, il trattamento tabellare iniziale è fissato nella posizione economica D3».
4.1.3 l’art. 5 c.c.n.l. cit., recante ‘Progressione economica all’interno della categoria’ a sua volta prevede:
« 1. All’interno di ciascuna categoria è prevista una progressione economica che si realizza mediante la previsione, dopo il trattamento tabellare iniziale, di successivi incrementi economici secondo la disciplina dell’art. 13.
La progressione economica di cui al comma 1 si realizza nel limite delle risorse disponibili nel fondo previsto dall’art. 14, comma 3, e nel rispetto dei seguenti criteri: a) per i passaggi nell’ambito della categoria
A, sono utilizzati gli elementi di valutazione di cui alle lettere b) e c) adeguatamente semplificati in relazione al diverso livello di professionalità dei profili interessati; b) per i passaggi alla prima posizione economica successiva ai trattamenti tabellari iniziali delle categorie B e C, gli elementi di cui alla lettera c) sono integrati valutando anche l’esperienza acquisita; c) per i passaggi alla seconda posizione economica, successiva ai trattamenti tabellari iniziali delle categorie B e C, previa selezione in base ai risultati ottenuti, alle prestazioni rese con più elevato arricchimento professionale, anche conseguenti ad interventi formativi e di aggiornamento collegati alle attività lavorative ed ai processi di riorganizzazione, all’impegno e a lla qualità della prestazione individuale; d) per i passaggi all’ultima posizione economica delle categorie B e C nonché per la progressione all’interno della categoria D, secondo la disciplina dell’art. 12, comma 3, previa selezione basata sugli elementi di cui al precedente punto c), utilizzati anche disgiuntamente, che tengano conto del: · diverso impegno e qualità delle prestazioni svolte , con particolare riferimento ai rapporti con l’utenza; · grado di coinvolgimento nei processi lavorativi dell’ente, capacità di adattamento ai cambiamenti organizzativi, partecipazione effettiva alle esigenze di flessibilità; · iniziativa personale e capacità di proporre soluzioni innovative o migliorative dell’organizzazione del lavoro ».
4.1.4 infine, l’art. 13 c.c.n.l. cit. ( la cui rubrica reca ‘Trattamento economico’) prevede, al comma 1, che:
« 1. Il trattamento tabellare iniziale del personale inserito nelle categorie A, B, C e D è indicato nella tabella allegato B. Esso corrisponde alla posizione economica iniziale di ogni categoria, salvo che per i profili delle categorie B e D di cui all’art. 3, comma 7, per i
quali il trattamento tabellare iniziale corrisponde, rispettivamente, ai valori economici complessivi indicati nelle posizioni B3 e D3. E, al successivo comma 2, che «La progressione economica all’interno della categoria secondo la disciplina dell’art. 5 s i sviluppa, partendo dal trattamento tabellare iniziale individuato nel comma 1, con l’acquisizione in sequenza degli incrementi corrispondenti alle posizioni successive risultanti dalla tabella B »;
orbene, dalla piana e coordinata lettura delle disposizioni contrattuali richiamate si evince che solo per i profili professionali che, secondo la disciplina del d.P.R. n. 347/83, come integrato dal d.P.R. n. 333/90, potevano essere ascritti alla VIII^ qualifica funzionale, il trattamento tabellare iniziale è fissato nella posizione economica D3, non anche per chi rientrava, come la ricorrente, nella VII qualifica funzionale, dovendo quest’ultima partecipare alla procedura selettiva per poter utilmente avanzare mediante le progressioni economiche a partire dal livello D1 in poi;
alla stregua delle considerazioni prima esposte, il ricors o dev’essere respinto e la pronuncia impugnata, esente da censure, confermata; essendo il Comune rimasto intimato, non v’è luogo a provvedere sul le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione