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Progressione economica: la Cassazione chiarisce i criteri

Una dipendente pubblica ha richiesto la riclassificazione e la progressione economica a un livello retributivo superiore. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che la posizione economica iniziale dipende dal livello funzionale precedente e che ogni successivo avanzamento non è automatico, ma richiede una selezione basata sul merito. La Corte ha confermato la posizione iniziale D1, e non D3 come richiesto dalla lavoratrice.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Progressione Economica: No all’Automatismo, la Cassazione Fissa i Criteri

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 25667/2024, torna a fare luce su un tema cruciale nel pubblico impiego: la progressione economica del personale. La Suprema Corte ha stabilito che l’avanzamento di carriera non è un automatismo legato al cambio di categoria, ma segue regole precise dettate dalla contrattazione collettiva, che spesso prevedono percorsi selettivi basati sul merito. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una dipendente di un Comune, inquadrata come “segretario economo”, che aveva ottenuto in primo grado il riconoscimento del diritto all’inquadramento nella categoria D del nuovo sistema di classificazione degli Enti Locali. Il Tribunale le aveva riconosciuto non solo il passaggio di categoria, ma anche una progressione economica a partire dalla posizione D3, con successivi avanzamenti fino alla D5.

Il Comune ha presentato appello, non contestando il passaggio alla categoria D, ma opponendosi al punto di partenza (D3) e alla conseguente progressione. Secondo l’ente, la posizione iniziale corretta avrebbe dovuto essere la D1. La Corte d’Appello ha dato ragione al Comune, riformando parzialmente la sentenza: ha confermato la categoria D, ma ha stabilito che la posizione economica iniziale fosse la D1, condannando l’ente a pagare le differenze retributive calcolate su questa base.

La lavoratrice, insoddisfatta, ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Questione della Progressione Economica e i Motivi di Ricorso

La dipendente ha basato il suo ricorso su quattro motivi principali:
1. Vizio di ultra petita: Sosteneva che l’appello del Comune fosse limitato al quantum delle somme da D3 a D5, senza contestare il diritto a partire dalla posizione D3. Pertanto, la Corte d’Appello, negando la posizione D3, sarebbe andata “oltre il richiesto”.
2. Inammissibilità dell’appello: Lamentava la genericità dell’atto d’appello, in particolare riguardo alle critiche mosse all’operato del consulente tecnico d’ufficio (CTU).
3. Domanda nuova in appello: Affermava che la richiesta del Comune di un inquadramento in D1 costituisse una domanda nuova, vietata in appello.
4. Violazione del contratto collettivo: Riteneva che, per effetto del suo inquadramento in categoria D, il trattamento economico corretto fosse quello della posizione D3, come previsto dal CCNL.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. Le motivazioni sono un compendio di diritto del lavoro pubblico e di procedura civile.

In primo luogo, la Corte ha escluso il vizio di ultra petita. Contestare l’importo delle differenze retributive calcolate partendo da una posizione D3 significa, implicitamente ma in modo inequivocabile, contestare la correttezza di quella stessa posizione di partenza. Non si trattava di una questione ormai coperta da “giudicato interno”, ma del nucleo centrale della controversia.

In secondo luogo, ha ritenuto l’appello del Comune sufficientemente specifico, poiché le censure erano rivolte proprio al presupposto errato su cui si basavano i calcoli del CTU, ovvero la non spettanza della posizione D3.

Sul terzo punto, la Cassazione ha chiarito che la difesa del Comune non era una “domanda nuova”, ma una mera difesa o, al più, un'”eccezione in senso lato”. Questo tipo di difesa, basata su fatti già acquisiti al processo, può essere sollevata anche in appello.

Infine, e questo è il cuore della decisione, la Corte ha analizzato nel dettaglio la disciplina del CCNL Enti Locali del 31.3.1999. Ha spiegato che la progressione economica e l’inquadramento iniziale seguono percorsi distinti. Il contratto collettivo prevedeva l’accesso diretto alla posizione economica D3 solo per i profili professionali che, nel precedente ordinamento (d.P.R. 347/83), erano inquadrati nella VIII qualifica funzionale. La figura del “segretario economo”, invece, rientrava nella VII qualifica funzionale. Tale qualifica, nel nuovo sistema, corrispondeva sì alla categoria D, ma con un trattamento tabellare iniziale fissato nella posizione economica D1. Qualsiasi avanzamento successivo (a D2, D3, ecc.) non poteva essere automatico, ma doveva avvenire tramite la partecipazione a procedure selettive basate su criteri di merito, come previsto dall’art. 5 del CCNL.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale del pubblico impiego contrattualizzato: la progressione economica all’interno di una categoria non è un diritto automatico, ma è legata a percorsi di valutazione e selezione. La Corte di Cassazione ha sottolineato che l’interpretazione letterale e sistematica delle norme contrattuali è dirimente per stabilire il corretto inquadramento iniziale. Nel caso specifico, la distinzione tra la VII e la VIII qualifica funzionale del vecchio ordinamento è risultata decisiva per determinare se la posizione di partenza fosse D1 o D3. Questa decisione serve da monito per i dipendenti pubblici e le amministrazioni, evidenziando l’importanza di una corretta applicazione delle clausole contrattuali in materia di carriera e retribuzione, distinguendo chiaramente tra il passaggio di categoria e gli scatti economici interni ad essa.

La progressione economica nel pubblico impiego è automatica con il cambio di categoria?
No. La sentenza chiarisce che l’inquadramento iniziale in una categoria e la successiva progressione economica all’interno della stessa sono due cose distinte. L’avanzamento a posizioni economiche superiori (es. da D1 a D3) non è automatico ma richiede la partecipazione a procedure selettive basate sul merito, secondo le regole del contratto collettivo.

Impugnare il calcolo delle differenze retributive significa contestare anche il diritto alla posizione economica di partenza?
Sì. Secondo la Corte, contestare l’ammontare delle differenze retributive calcolate sulla base di una determinata posizione economica (nel caso, D3) comporta un’implicita ma inequivocabile contestazione del diritto a quella stessa posizione di partenza. Non si tratta di un vizio di ultra petita se il giudice d’appello si pronuncia su tale presupposto.

Qual è la differenza tra la VII e la VIII qualifica funzionale ai fini dell’inquadramento nella categoria D?
Ai sensi del CCNL applicabile, solo i dipendenti provenienti dalla VIII qualifica funzionale del precedente ordinamento avevano diritto all’inquadramento diretto nella posizione economica D3. I dipendenti provenienti dalla VII qualifica funzionale, come la ricorrente, pur avendo diritto alla categoria D, partivano dalla posizione economica iniziale D1.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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