Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4172 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 4172 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 7780-2018 proposto da:
Provincia di RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall ‘AVV_NOTAIO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2933/2017 della Corte d ‘ appello di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 13/12/2017 R.G.N. 210/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Ritenuto che:
l a Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE , pronunciando sul gravame proposto da NOME COGNOME, dipendente dell’amministrazione RAGIONE_SOCIALE, ha riformato la sentenza di primo grado ed accolto la domanda subordinata intesa al riconoscimento del danno da perdita di chance derivante dalla penalizzazione subita dalla lavoratrice per effetto del
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/01/2024
CC
criterio di ripartizione delle risorse adottato ai fini del riconoscimento della progressione economica;
2. per quel che qui rileva, l a Corte territoriale, nell’esaminare l’art. 4 del contratto decentrato integrativo in tema di progressione economica orizzontale, ha osservato preliminarmente che i criteri di ripartizione delle somme destinate all’implementazione del fondo per le progressioni aziendali erano frutto di accordo fra le parti interessate, accordo sviluppato in più fasi (incontro preliminare del 13 dicembre 2010, e poi verbale del 28 dicembre 2010) e tradottosi in un atto di volontà pattizia stipulato fra le parti interessate, che conservava la sua validità, risultando in astratto legittimo. Nondimeno, la sua concreta applicazione, con riferimento alla posizione della COGNOME, unica appartenente alla posizione economica D2, presentava profili di di scriminazione, posto che l’art. 4 del contratto decentrato integrativo assicurava a tutti i dipendenti che presentassero determinati requisiti il diritto, almeno in astratto, a poter concorrere ai fini della progressione, mentre, in concreto, con l’accorpa mento delle categorie A e B, si era consentito all’unico appartenente alla categoria A di godere del 100% di progressione economica, e, viceversa, nessuna possibilità alla COGNOME ;
avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione la Provincia di RAGIONE_SOCIALE per tre motivi, cui resiste la COGNOME con controricorso ;
la parte ricorrente ha depositato memoria.
Ritenuto che:
con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la v iolazione e falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ. in relazione all’art. 4 C .C.D.I. del 20 gennaio 2009, per essersi la Corte di merito limitata all ‘ interpretazione letterale senza considerare l’intenzione delle parti;
con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione del principio di coerenza con l’ordinamento statale in relazione all’art. 4 del C .C.D.I. del 20 gennaio 2009;
3. con il terzo motivo si censura ancora la sentenza impugnata per v iolazione e falsa applicazione dell’art. 1363 cod. civ. in relazione all’art. 4 del C.C.D.I. del 20 gennaio 2009, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la Corte di merito considerato il senso complessivo dell’atto ;
4. i motivi, da considerare unitariamente, perché convergenti nel censurare l ‘interpretazione dell’art. 4 del contratto decentrato integrativo adottata dalla Corte territoriale, sono inammissibili, perché, in disparte il rilievo circa l’inammissibilità della doglianza sviluppata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. in riferimento ad una contrattazione collettiva di livello non nazionale (in tal senso, Cass. Sez. L, 14/01/2021, n. 551, che ha espresso il principio secondo cui «la denuncia ai sensi dell ‘art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., come modificato dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, della violazione o falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro è ammissibile limitatamente ai contratti nazionali, con esclusione dunque dei contratti provinciali, anche delle province autonome, senza che tale limitazione possa dar luogo a un dubbio di costituzionalità, atteso che il rilievo nazionale della disciplina, che giustifica l’intervento nomof ilattico e la parificazione di disposizioni negoziali a norme di diritto, rappresenta altresì l’elemento differenziale tra le fattispecie sufficiente a giustificare l’esercizio della discrezionalità del legislatore statale nel disciplinare i rimedi giurisdizionali»), non vengono in realtà prospettate effettive violazione dei canoni ermeneutici bensì si mira inammissibilmente a fornire una interpretazione alternativa a quella fornita dalla Corte territoriale (fra molte, Cass. Sez. 3, 28/11/2017, n. 28319, secondo cui «La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., avendo invece l’o nere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpre tazione del ricorrente e quella accolta
nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l ‘ interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l ‘ altra»), senza, peraltro, cogliere la specifica ratio decidendi addotta, concernente la rilevata discriminazion e in danno della posizione della COGNOME , profilo ritenuto di rilievo assorbente;
alla soccombenza segue la condanna della parte ricorrente alla refusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per compensi professionali, oltre accessori di legge;
6. occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12/01/2024