Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 811 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 811 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3967-2023 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona dei legali rappresentanti pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE RAGIONE_SOCIALE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 926/2022 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 12/12/2022 R.G.N. 671/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/12/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
Oggetto
Risarcimento rapporto privato
R.G.N. 3967/2023
COGNOME
Rep.
Ud.05/12/2024
CC
Rilevato che
La Corte d’appello di Messina, giudicando in sede di rinvio dalla Corte di cassazione (sentenza n. 30420 del 2017), ha respinto la domanda di NOME COGNOME di riconoscimento del diritto alla promozione automatica nel grado di capoufficio con decorrenza dal 1° gennaio 1994 e di condanna di Unicredit spa al pagamento delle differenze retributive.
La Corte territoriale ha premesso che con la precedente sentenza d’appello n. 1224 del 2011, poi cassata, era stato riconosciuto al Russo, già in possesso delle note di qualifica di “sufficiente ” per gli anni 1991 e 1992, la stessa nota di qualifica di “sufficiente” per l’anno 1993, anno in cui era stato sospeso dal servizio dal mese di novembre a seguito del procedimento disciplinare aperto a suo carico, poi sfociato nel licenziamento; quest’ultimo, impugnato dal lavoratore, era stato dichiarato illegittimo con conseguente ordine di reintegra. Ha precisato che la sentenza poi cassata si fondava su una applicazione analogica dell’art. 30, comma 3, del Regolamento del personale della Banca in materia di progressioni automatiche di carriera secondo cui “qualora l’impiegato nel corso dell’anno abbia prestato servizio per un periodo inferiore a quattro mesi la compilazione delle note non ha luogo ed è confermato, nei casi in cui occorre, il giudizio attribuito per l’anno immediatamente precedente’. Ha dato a tto della cassazione della sentenza decisa dalla S.C. per erronea applicazione, alle disposizioni del regolamento costituente atto di autonomia negoziale, dell’interpretazione analogica prevista per gli atti normativi anziché dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. Ha quindi proceduto ad una interpretazione del regolamento seguendo il dictum dei giudici di legittimità ed ha ritenuto che la previsione dell’art. 30, comma 3 cit. non potesse trovare
applicazione, data la diversità di ratio, alla fattispecie oggetto di causa. Ha accertato l’assenza di allegazioni, di cui il Russo era onerato, sull’attività svolta nell’anno 1993 e sul relativo rendimento (nonché la genericità del capitolo di prova sul punto), con conseguente inoperatività del principio di non contestazione, dal medesimo lavoratore invocato. Ha ritenuto che l’inadempimento della Banca all’obbligo di redigere le note di qualifica per l’anno 1993 non fosse circostanza sufficiente a fondare il diritto alla progressione automatica, determinando unicamente conseguenze risarcitorie.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Unicredit spa ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4 c.p.c., violazione dell’art. 384 c.p.c. con riferimento agli artt. 1362, 1363, 1364, 1365, 1366, 1368 e 1371 c.c., motivazione apparente e sostanzialmente omessa su un punto decisivo, con conseguente violazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. Il ricorrente assume che la Corte di rinvio si sarebbe sottratta allo sforzo interpretativo demandatole dalla S.C. in termini di ricerca della volontà delle parti e che avrebbe errato nell’escludere la possibilità di una interpretazione estensiva della disposizione di cui all’art. 30, comma 3, del regolamento.
Il motivo è per alcuni versi inammissibile, per altri infondato.
In base ai principi di diritto richiamati dalla sentenza rescindente, nell’interpretazione dei contratti collettivi di lavoro
non può ricorrersi all’analogia, dovendosi in primo luogo ricercare la volontà delle parti secondo i criteri fissati dagli art. 1362-1365 c.c. (e solo quando questa indagine non risulti appagante può ricorrersi ai criteri fissati dagli artt. 1367-1370); se condo il disposto dell’art. 1365 c.c., il giudice può estendere un patto relativo ad un caso ad un altro caso non espressamente contemplato dalle parti ma ragionevolmente assimilabile, compiendo un’interpretazione estensiva del patto (v. Cass. n. 7763 del 1995; n. 18294 del 2002).
I giudici di appello hanno ricostruito la ratio decidendi della disposizione esaminata (art. 30 comma 3), che consente di confermare il giudizio attribuito al dipendente nell’anno precedente nell’ipotesi in cui il limitato arco temporale (inferiore a quattro mesi) di attività lavorativa svolta nel periodo di riferimento impedisca di esprimere una valutazione consapevole e basata su dati sufficienti. Hanno sottolineato come tale ratio fosse del tutto estranea al caso in esame, in cui il dipendente era sta to in servizio per undici mesi nell’anno 1993 e in cui era configurabile in capo alla società datoriale non una difficoltà di esprimere una completa valutazione bensì un ingiustificato inadempimento del citato obbligo. Hanno evidenziato l’impossibilità di assimilare le due fattispecie, quella prevista dal citato art. 30, comma 3, e quella oggetto di causa, ed hanno ragionevolmente escluso che le parti sociali potessero avere inteso includere nello spettro dell’art. 30, comma 3, situazioni caratterizzate da problematiche diverse da quella espressamente contemplata.
Così ricostruito il percorso motivazionale seguito dai giudici di rinvio, le censure oggetto del motivo in esame si rivelano inammissibili nella parte in cui si limitano a contrapporre la concreta praticabilità di una interpretazione estensiva. Il motivo
è infondato nella parte in cui denuncia il vizio motivazionale atteso che la decisione di rinvio non presenta alcuna delle anomalie atte ad integrare la violazione dell’art. 132 c.p.c., come delineate dalle S.U. di questa Corte con le sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014.
10. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 1175, 1375, 1218, 1223 e 2697 c.c. nonché degli artt. 115 e 416, comma 3, c.p.c. Si afferma che la Corte di rinvio, una volta riconosciuta l’inadempienza datoriale correlata alla mancata redazione delle note di qualifica del 1993, non ha fatto buon governo delle norme che presidiano il riparto degli oneri di prova in tema di valutazione del rendimento dei lavoratori. Era onere della società dimostrare una eventuale inadeguatezza della prestazione del Russo nel periodo successivo alla reintegra in servizio, mentre addossare al dipendente l’onere di provare la idoneità e la sufficienza del proprio rendimento, in mancanza di una qualificazione di inadeguatezza da parte datoriale, equivale ad attribuire al giudice il potere di sostituirsi al datore di lavoro nella valutazione della prestazione. Su questa scia, il ricorrente osserva, chiamando in causa il principio di non cont estazione, come l’Istituto di credito non abbia mai opposto, in nessun atto difensivo, l’insufficienza della prestazione lavorativa nell’anno 1993, essendosi limitato a negare il diritto alla progressione automatica a causa della mancata valutazione. alla domanda risarcitoria avanzata dal lavoratore,
11. Il motivo è infondato. La Corte di rinvio, proprio in relazione ha correttamente addossato al medesimo l’onere di prova del positivo rendimento per l’anno 1993, giudicando non esaustivo a tal fine il dato (di per sé equivoco) della mancata redazione delle note di qualifica, ciò in accordo con i principi generali
secondo cui grava su chi esercita un diritto l’onere di comprovarne i fatti costitutivi. Rispetto alla domanda risarcitoria, erano fatti costitutivi la mancata redazione delle note di qualifica e il positivo raggiungimento del livello di rendimento idoneo a legittimare la promozione automatica. Il motivo è inammissibile nella parte in cui invoca il principio di non contestazione senza confrontarsi con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha sottolineato la genericità delle allegazioni (e delle p rove) del lavoratore sull’attività svolta nel 1993 e sul relativo rendimento. Come precisato da questa Corte, intanto la mancata contestazione da parte del convenuto può avere l’effetto di rendere pacifici i fatti costitutivi allegati dall’attore, in quant o i dati fattuali, interessanti sotto diversi profili la domanda attrice, siano tutti esplicitati in modo esaustivo in ricorso (v. Cass. S.U. n. 11353 del 2004; Cass. n. 1878 del 2012), requisiti nella specie assenti.
12.Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della controricorrente che liquida in euro 4.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 5 dicembre 20 24