Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23520 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23520 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso R.G. n. 17709/2020
promosso da
Comune di Ruvo di Puglia , in persona del Sindaco pro tempore , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avv. prof. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona del Curatore pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME, in virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrente e ricorrente incidentale
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 95/2020 depositata il 21/01/2020 e notificata il 27/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 07/10/2004 la società RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio il Comune di Ruvo di Puglia per sentire: a) dichiarare la nullità del contratto di appalto in data 31/07/2002, per avere messo a gara un appalto non remunerativo per l’altro contraente e, quindi, privo di causa, disattendendo le norme imperative in tema di calcolo del prezzo da porre a base d’asta; b) condannare il Comune al risarcimento dei danni materiali e immateriali conseguenti alla illecita grave condotta tenuta sia in fase contrattuale che in costanza di rapporto, oltre interessi e maggior danno.
A sostegno della domanda, la società precisava che a seguito dell’espletamento della procedura di gara ad evidenza pubblica, previa pubblicazione di bando del 19/03/2002, il Comune di Ruvo di Puglia promuoveva una gara di appalto, al fine della realizzazione delle seguenti opere di edilizia c.d. sperimentale, suddivise in due lotti: LOTTO I: opere di costruzione di n. 3 fabbricati per un totale di 24 alloggi e locali a piano terra destinati ad attività collettive; costruzione di una scuola materna di n. 6 sezioni; sistemazione delle aree esterne di pertinenza dei fabbricati e della scuola; opere di urbanizzazione primaria a servizio dell’insediamento; LOTTO II: laghetto di fitodepurazione, sistemazioni ambientali e degli arredi nelle aree circostanti ed adiacenti; urbanizzazioni secondarie previste dalla variante di PRG; completamento delle opere di costruzione di una strada; realizzazione del verde pubblico e dei servizi di quartiere.
La stessa società aggiungeva che l’importo posto a base d’asta veniva determinato in comp lessivi € 2.992.076,18 (compresi gli oneri per la sicurezza), che la RAGIONE_SOCIALE veniva dichiarata aggiudicataria e che il contratto di appalto veniva stipulato il 31/07/2002.
La medesima società deduceva che sin dall’inizio del rapporto si erano presentati numerosi inconvenienti, derivanti sia dal contratto che dagli elaborati progettuali, che, nel tempo, avevano determinato il blocco del can-
tiere, ed in particolare: – il cronoprogramma dei lavori predisposto dalla stazione appaltante era risultato essere assolutamente inidoneo, non essendosi tenuto conto della propedeuticità di alcune lavorazioni rispetto ad altre; – i ritardi nel rilascio delle autorizzazioni a cura del Genio Civile presso la Provincia di Bari aveva comportato rallentamenti con maggiori oneri a carico dell’incolpevole società appaltatrice con maggiori oneri a suo carico; l’area di cantiere era risultata sconfinante su suoli di proprietà di terzi, con conseguente necessità di sospendere i lavori per consentire il compimento delle procedure espropriative; – vi erano errori progettuali nella determinazione delle quote delle costruende palazzine, non compatibili con la quota della strada già realizzata, con l’esigenza di variare l’originario progetto, mediante abbassamento dei manufatti di circa 10 cm rispetto alle originarie previsioni; – vi erano imprecisioni progettuali riguardanti le quote di spiccato delle cisterne di accumulo poste a servizio dell’impianto di fitodepurazione.
Di tale situazione veniva informata la Stazione appaltante con plurime note e, dopo aver notificato un atto di diffida, l’impresa avviava il giudizio davanti al Tribunale di Trani, chiedendo l’accertamento della nullità del contratto di appalto e il conseguente obbligo risarcitorio del Comune, per avere -fra l’altro -messo a gara lavori di fatto non eseguibili nei termini e modi previsti dal progetto, nonché violato le norme di rango pubblicistico che impongono alla PA di applicare, in fase di calcolo del compenso da porre a base d’asta, i prezzi risultanti dai listini vigenti al tempo della pubblicazione del bando.
Dopo l’instaurazione del giudizio, il 12/10/2004, il Comune risolveva il contratto in danno dell’impresa ai sensi dell’art. 119 d.P.R. n. 554 del 1999.
Disposta CTU, il Tribunale di Trani rigettava tutte le domande dell’impresa.
Avverso tale decisione, il Fallimento della società appaltatrice, nel frattempo dichiarato, proponeva appello, formulando i seguenti motivi di gra-
vame: 1) nullità del contratto riveniente dalla violazione delle norme imperative che impongono nell’appalto di OO.PP. i criteri di calcolo del prezzo da porre a base d’asta; 2) nullità del contratto di appalto rinveniente dai molteplici errori del progetto e dalla conseguente impossibilità per l’appaltatore di eseguire la propria prestazione da porre a base d’asta.
Si costituiva nel giudizio di appello il Comune di Ruvo di Puglia, chiedendo dichiararsi inammissibile l’impugnazione, ovvero il rigetto nel merito della stessa.
Disposta una integrazione alla CTU, la Corte d’appello di Bari riteneva infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c. e, respinto il primo motivo di doglianza, accoglieva il secondo motivo e, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava la nullità del contratto di appalto, condannando il Comune al risarcimento dei danni nella misura di € 632.003,34, con condanna dell ‘Amministrazione al pagamento delle spese di lite dei due gradi di giudizio.
Con riferimento al primo motivo di appello, la Corte di merito riteneva che l’appellante avesse formulato una domanda di nullità del contratto per violazione del diritto alla giustezza del prezzo del contratto di appalto che in realtà non esisteva, poiché il prezzo si determinava, non in sede contrattuale, ma in esito ad una procedura amministrativa indetta con il bando di gara.
Ad opinione della Corte, la doglianza investiva la corretta determinazione della base di asta, che non determinava alcun effetto di invalidità del negozio, ma riguardava asserite violazioni di legge nel contesto delle materie e delle attività pubblicistiche riservate alla cognizione del Giudice amministrativo. L’eventuale ingiustizia del prezzo di appalto, come espressione del corretto svolgimento della gara e del processo di aggiudicazione, riceveva, dunque, tutela in sede di controllo dell’operato della P.A., e non nella successiva fase negoziale, ove il prezzo viene semplicemente recepito.
Con riferimento al secondo motivo di gravame, la Corte d’appello riteneva che l’obbligo del committente di fornire all’appaltatore di opere pubbliche il progetto esecutivo ha una precisa fonte legale in norme che, rispondendo a finalità pubblicistiche, sono imperative e non derogabili dai contraenti (artt. 16, 17, e 19 l. n. 109 del 1994), se non nei casi e nei modi dalle stesse norme previsti, aggiungendo che, sul piano civilistico, la progettazione ha valore integrativo delle pattuizioni contrattuali.
La medesima Corte rilevava che dalla CTU era emerso che il progetto originario non era adeguato, a causa di errori progettuali di diverso genere (mancanza di propedeuticità di alcuni interventi rispetto ad altri; sconfinamento dell’area di cantiere prevista dal progetto nelle proprietà di terzi; ritardo nel rilascio delle autorizzazioni a cura del Genio civile; errori progettuali relativi alle quote di imposta delle palazzine, incompatibili con quelle della strada già realizzata, ed alle quote di spiccato delle cisterne di accumulo poste a servizio dell’ impianto di fitodepurazione; errori progettuali relativi alla stazione di sollevamento; discordanze tra gli elaborati di progetto), aggiungendo che, sempre dalla risultanze peritali, emergeva la mancanza di un’organica organizzazione di tutta l’opera da realizzarsi, sicché, a fronte delle 20 riserve apposte dall’impresa, ritenute tutte accoglibili, l’Amministrazione avrebbe dovuto quantomeno procedere a redigere delle varianti progettuali e dare un termine più lungo per terminare i lavori.
La Corte di merito concludeva che il progetto in esame non aveva i requisiti di fattibilità e procedibilità, ma necessitava di modifiche e/o varianti rilevanti e incidenti sull’oggetto del contratto di appalto, aggiungendo che la perdurante mancata redazione, nonostante la diffida dell’impresa, di adeguamenti al progetto esecutivo, rivelatosi gravemente carente, ben poteva determinare l’impossibilità della prestazione per fatto imputabile all’Amministrazione, ma l’inosservanza delle norme imperative in tema di realizzazione delle opere pubbliche determinava la nullità del contratto che, in man-
canza di uno dei requisiti essenziali, ai sensi degli artt. 1325 e 1664 c.c., non poteva ritenersi validamente concluso.
L’accertata nullità del contratto di appalto comportava, per la Corte d’appello, l’insorgenza dell’obbligo risarcitorio che trovava fonte nel riconoscimento di una responsabilità aquiliana a carico del ricorrente ai sensi dell’art. 2043 c.c., come sopra liquidati.
Avverso tale sentenza il Comune ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi di doglianza.
La Curatela si è difesa con controricorso e ha formulato ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi di doglianza.
Con atto depositato il 07/10/2023, il Consigliere delegato della Prima Sezione Civile -Area 4 Pubblica Amministrazione – ha formulato proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
Con atto depositato il 13/11/2023, il ricorrente ha presentato istanza di decisione ai sensi dell’art. 380 bis , comma 2, c.p.c.
È stata fissata adunanza in camera di consiglio per l’esame del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso principale è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per non avere la Corte di appello dichiarato l’inammissibilità dell’appello per la mancata indicazione delle parti del provvedimento appellato.
Con il secondo motivo di ricorso principale è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4·c.p.c., per avere la Corte di appello deciso su una domanda nuova non proposta nel primo grado.
Con il terzo motivo di ricorso principale è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3,
c.p.c., per avere dichiarato la nullità del contratto per violazione di norme imperative, non ricorrendone i presupposti.
Con il quarto motivo di ricorso principale è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere condannato il Comune di Ruvo di Puglia al risarcimento dei danni, nonostante sulla domanda proposta dal Fallimento si fosse formato il giudicato di rigetto.
Con il primo motivo di ricorso incidentale condizionato è censurata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 1 e 3, c.p.c., la decisione della Corte d’appello nella parte in cui ha ritenuto che la violazione delle norme di rango pubblicistico relative al calcolo del prezzo posto a base della gara non dovesse essere oggetto di cognizione del Giudice ordinario, ma del Giudice amministrativo, mentre, invece, avrebbe dovuto tenere conto che la controversia coinvolgeva una prospettata responsabilità precontrattuale della Amministrazione per avere tenuto una condotta materiale lesiva dell’affidamento dell’altro contraente, in violazione degli obblighi di buona fede e correttezza, e causa di responsabilità risarcitoria azionabile davanti al Giudice ordinario.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale è dedotta la violazione della normativa speciale in materia di appalti pubblici, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., non avendo la Corte d’appello tenuto conto che la violazione delle norme sulla determinazione del prezzo di appalto era stata causa di nullità (virtuale) del contratto e aveva comportato una significativa sottostima del prezzo di appalto che aveva inciso sul sinallagma contrattuale, svuotando il contratto della sua causa.
Con la proposta di definizione anticipata, il Consigliere delegato ha rilevato che la sentenza impugnata risultava pubblicata il 21/01/2020 e che entrambe le parti avevano dedotto che il provvedimento impugnato era stato notificato in data 27/02/2020, senza depositare la relativa relazione
di notificazione, come prescritto dalla legge, sicché il ricorso si rilevava improcedibile, non potendo avere risultato utile neppure la cd. prova di resistenza.
Nel proporre istanza di decisione, il Comune ha dedotto che, recatosi il proprio difensore in cancelleria, quest’ultimo aveva potuto appurare che, unitamente all’originale della sentenza n. 95/2020 della Corte di Appello di Bari, era allegata la relazione di notificazione effettuata dall’avv. NOME COGNOME anche se, per un mero errore materiale di fotocopiatura, le sette copie della sentenza non recavano la relazione di notificazione, che, comunque, era presente insieme all’originale della sentenza all’interno del fascicolo.
Visionato il fascicolo, riscontrata la presenza della menzionata relazione di notificazione, il ricorso può ritenersi procedibile.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
4.1. Secondo il ricorrente, la Corte d’appello ha violato il disposto dello art. 342 c.p.c. non accogliendo l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione per difetto di specificità.
In particolare, il Comune ha dedotto che la sentenza di primo grado conteneva un capo avente ad oggetto il rigetto della domanda di nullità del contratto e un capo avente ad oggetto il rigetto della domanda diretta ad accertare la responsabilità contrattuale e precontrattuale del Comune, mentre l’atto di appello non indicava le parti della sentenza impugnate, recando due nuove eccezioni di nullità del contratto (una per violazione di norme imperative riguardante i criteri di calcolo del prezzo da porre a base d’asta e una riveniente dai molteplici errori del progetto e dalla conseguente impossibilità per l’appaltatore di eseguire la propria prestazione).
Lo stesso Comune ha gradatamente affermato che, anche a voler ammettere un’interpretazione liberale dell’art. 342 c.p.c., leggendo le nuove eccezioni come motivi di impugnazione, comunque doveva ritenersi che
questi ultimi riguardavano il solo capo della sentenza che aveva rigettato la domanda di nullità del contratto e non anche quello che aveva rigettato la domanda volta a far accertare la responsabilità del Comune.
4.2. Dalla stessa esposizione del motivo di ricorso per cassazione si evince l’infondatezza dello stesso, tenuto conto che risulta evidente come l’atto di appello, contenente la deduzione di due cause di nullità del contratto, abbia attinto la parte della decisione di primo grado che ha escluso la nullità del contratto di appalto.
Tale censura ha riguardato anche la statuizione relativa alla domanda risarcitoria formulata nei confronti del Comune, come si evince chiaramente dalle conclusioni formulate nell’atto di appello, riportate nel ricorso (p. 8 del ricorso per cassazione), ove, a seguito della invocata nullità del contratto, è richiesta «per l’effetto» la condanna al risarcimento del danno.
Il secondo motivo di ricorso è infondato.
5.1. Questa Corte ha più volte precisato che il Giudice davanti al quale è formulata una domanda di nullità contrattuale deve rilevare d’ufficio l’esistenza di una causa di nullità diversa da quella prospettata, che sia desumibile dai fatti dedotti in giudizio ed abbia carattere assorbente, con l’unico limite di dovere instaurare il contraddittorio prima di statuire sul punto. Tale rilievo è doveroso anche in grado di appello, perché si tratta di una questione che attiene ai fatti costitutivi della pretesa azionata ed integra un’eccezione in senso lato che può essere oggetto di rilievo ufficioso ex art. 345 c.p.c. (così Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 26495 del 17/10/2019; v. anche Cass., Sez. 1, Sentenza n. 31930 del 06/12/2019).
5.2. Nel caso di specie, la Corte d’appello, nel descrivere lo svolgimento del processo, ha riportato il contenuto dell’originario atto di citazione nei seguenti termini: « … L’impresa appaltatrice, dopo aver notificato un atto di diffida del 25 giugno 2004, proseguiva con l’azione giudiziaria per cui è causa, chiedendo l’accertamento della nullità del contratto di appalto ed il
conseguente obbligo risarcitorio del Comune di Ruvo di Puglia, per avere il predetto Ente pubblico – fra l’altro – messo a gara lavori, di fatto, non eseguibili nei termini e modi previsti dal progetto, nonché violato le norme di rango pubblicistico che impongono alla P.A. di applicare, in fase di calcolo del compenso da porre a base d’asta, i prezzi risultanti dai listini vigenti al tempo di pubblicazione del bando».
Il ricorrente ha dedotto che, intervenuto il fallimento della società, la procedura, nel proporre appello, ha formulato domande (qualificate come “eccezioni”) nuove, in quanto riferite alla violazione delle norme che impongono, nell’appalto di OO.RAGIONE_SOCIALE., i criteri di calcolo del prezzo da porre a base d’asta (respinta dalla Corte d’appello) e alla nullità del contratto di appalto conseguente ai molteplici errori del progetto e dalla conseguente impossibilità per l’appaltatore di eseguire la propria prestazione (accolta dalla Corte d’appello).
È pertanto evidente che le nullità veicolate dall’atto di appello si fondano su circostanze che avevano già fatto parte della materia del contendere in primo grado.
Il terzo motivo di ricorso è fondato.
6.1. Come già evidenziato, la Corte d’appello ha ritenuto che l’obbligo del committente di fornire all’appaltatore di opere pubbliche il progetto esecutivo ha una precisa fonte legale in norme che, rispondendo a finalità pubblicistiche, sono imperative e non derogabili dai contraenti (artt. 16, 17, e 19 l. n. 109 del 1994), se non nei casi e nei modi dalle stesse norme consentiti.
La stessa Corte ha aggiunto che, sul piano civilistico, la progettazione ha valore integrativo delle pattuizioni contrattuali e che le eventuali mancanze possono essere risolte dall’appaltatore, ma si deve trattare di attività marginali di adattamento, precisazione e integrazione di elementi di dettaglio, mentre, nel caso di specie, il CTU aveva rilevato che il contratto di
appalto non aveva i requisiti di fattibilità e procedibilità, ma necessitava di modifiche e/o varianti rilevanti e incidenti sull’oggetto del contratto stesso.
La Corte ha, quindi, concluso che la perdurante mancanza di redazione, nonostante la diffida dell’impresa, di adeguamenti al progetto originario, rivelatosi gravemente carente sotto il profilo progettuale, ben poteva determinare l’impossibilità della prestazione per fatto imputabile all’Amministrazione, ma l’inosservanza delle norme imperative in tema di realizzazione delle opere pubbliche determinava comunque la nullità del contratto che, in mancanza di uno dei requisiti essenziali, ai sensi degli artt. 1325 e 1664 c.c., non poteva ritenersi validamente concluso.
6.2. Alla fattispecie sono applicabili gli artt. 16, 17 е 19 l. n. 109 del 1994, nel testo vigente alla data di stipula del contratto di appalto (31/07/ 2002).
Il comma 1 dell’art. 16 l. cit. stabilisce che «La progettazione si articola, nel rispetto dei vincoli esistenti, preventivamente accertati, e dei limiti di spesa prestabiliti, secondo tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, in preliminare, definitiva ed esecutiva, in modo da assicurare: a) la qualità dell’opera e la rispondenza alle finalità relative; b) la conformità alle norme ambientali e urbanistiche; c) il soddisfacimento dei requisiti essenziali, definiti dal quadro normativo nazionale е comunitario ».
Il successivo comma 5 dello stesso articolo prevede che «Il progetto esecutivo, redatto in conformità al progetto definitivo, determina in ogni dettaglio i lavori da realizzare ed il relativo costo previsto e deve essere sviluppato ad un livello di definizione tale da consentire che ogni elemento sia identificabile in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo. In particolare il progetto è costituito dall’insieme delle relazioni, dei calcoli esecutivi delle strutture e degli impianti e degli elaborati grafici nelle scale adeguate, compresi gli eventuali particolari costruttivi, dal capitolato speciale di appalto, prestazionale descrittivo, dal computo metrico estimativo e dall’e-
lenco dei prezzi unitari. Esso è redatto sulla base degli studi e delle indagini compiuti nelle fasi precedenti e degli eventuali ulteriori studi ed indagini, di dettaglio o di verifica delle ipotesi progettuali, che risultino necessari e sulla base di rilievi planoaltimetrici, di misurazioni e picchettazioni, di rilievi della rete dei servizi del sottosuolo …» .
Il successivo art. 17 l. cit. individua i soggetti chiamati a svolgere l’attività di progettazione, potendo l’Amministrazione solo eccezionalmente fare ricorso a soggetti esterni.
Infine, l’art. 19, comma 1, l. cit. – dopo aver precisato che «I contratti d’appalto di lavori pubblici di cui alla presente legge sono contratti a titolo oneroso … aventi per oggetto: a) la sola esecuzione dei lavori pubblici …» – prevede la possibilità che tali contratti abbiano ad oggetto anche la progettazione esecutiva, ma soltanto qualora in essi sia prevalente la componente impiantistica o tecnologica, ovvero riguardino lavori di manutenzione, restauro o scavi archeologici.
6.3. Questa Corte ha più volte affermato che, in tema di appalto di opere pubbliche, ai sensi degli artt. 16, 17 e 19 l. n. 109 del 1994 (nel testo modificato dalla legge n. 415 del 1998 applicabile ratione temporis ), l’Amministrazione committente, al di fuori dei casi e dei modi specificamente previsti, ha l’obbligo pubblicistico, integrativo delle pattuizioni contrattuali e intrasferibile all’appaltatore, di predisporre un progetto esecutivo immediatamente “cantierabile”, non bisognoso cioè di ulteriori specificazioni, in quanto già contenente la puntuale e dettagliata rappresentazione dell’opera, precisando che, sul piano civilistico, le menzionate norme hanno valore integrativo delle pattuizioni contrattuali e individuano obblighi primari di prestazione propri del committente ai sensi dell’art. 1374 c.c. (Cass, Sez. 1, Sentenza n. 8779 del 31/05/2012; Cass, Sez. 1, Ordinanza n. 28799 del 09/11/2018).
In una pronuncia menzionata anche nella sentenza impugnata, questa Corte ha espressamente affermato che le disposizioni disciplinanti l’attività di progettazione nell’ambito del contratto di appalto di opere pubbliche, in quanto rispondenti a finalità pubblicistiche, costituiscono norme imperative ex art. 1418, comma 1, c.c. e non possono essere derogate dai contraenti, se non nei casi e nei modi previsti dalle norme medesime, aggiungendo, in particolare, che è norma imperativa quella che attribuisce all’Amministrazione e all’Ente aggiudicatore dell’appalto la predisposizione del progetto esecutivo dell’opera, sulla cui base soltanto si può procedere all’affidamento dei lavori (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 18644 del 12/08/2010).
Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, tuttavia, tale pronuncia non può essere utilmente invocata per affermare il principio secondo il quale la redazione di un progetto esecutivo gravemente carente o viziato determina la nullità del contratto per inadempimento da parte della Amministrazione di un obbligo derivante da norma inderogabile.
La menzionata decisione ha, infatti, riguardato una fattispecie in cui le parti contraenti avevano previsto, nel contratto di appalto di opera pubblica, la redazione del progetto esecutivo delle opere a cura dell’appaltatore. Questa Corte ha, in quell’occasione, confermato la decisione di merito che aveva individuato nell’Amministrazione committente la parte responsabile della risoluzione del contratto di appalto, per non avere adempiuto all’obbligo di mettere a disposizione dell’appaltatore il progetto esecutivo, previa sostituzione automatica, ai sensi dell’art. 1339 c.c., della menzionata previsione pattizia, dichiarata nulla, con la norma imperativa.
In sintesi, questa Corte ha affermato che, la Stazione appaltante, salvo eccezioni previste dalla legge, ha l’obbligo di redigere il progetto esecutivo, contenente la puntuale e dettagliata rappresentazione dell’opera da realizzare, aggiungendo che, ove l’accordo delle parti escluda tale obbligo, la
pattuizione deve ritenersi nulla e va sostituita automaticamente con la norma di legge ritenuta inderogabile.
Diversa è, dunque, la valutazione dei vizi del progetto esecutivo, i quali, anche se estremamente gravi e tali da rendere il progetto non ‘cantierabile’, attengono alla fase ese cutiva degli obblighi imposti dalla legge con norme imperative che vanno ad integrare il contenuto del contratto e che possono sostituire automaticamente convenzioni delle parti contrarie.
Anche di recente questa Corte ha ribadito l’orientamento appena illustrato, dal quale il Collegio non ha ragione di discostarsi, evidenziando che, ai sensi degli artt. 16, 17 e 19 l. n. 109 del 1994 (nel testo modificato dalla legge n. 415 del 1998 applicabile ratione temporis ), l’Amministrazione committente ha l’obbligo pubblicistico, integrativo delle pattuizioni contrattuali e intrasferibile all’appaltatore, di predisporre un progetto esecutivo immediatamente ‘ cantierabile ‘ (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 10299 del 18/04/ 2023).
Questa stessa Corte ha anche precisato che è, in particolare, norma imperativa quella che attribuisce all’Amministrazione e all’ente aggiudicatore dell’appalto la predisposizione del progetto esecutivo dell’opera sulla cui base soltanto si può procedere all’affidamento dei lavori, aggiungendo che le eventuali mancanze del progetto esecutivo possono essere risolte dall’appaltatore, ma deve trattarsi di attività marginali di adattamento, precisazione e integrazione di elementi di dettaglio che si rendono necessari, in corso d’opera, nella concreta realizzazione dell’opera, previa deliberazione del direttore dei lavori, poiché l’appaltatore non può impegnarsi in una redazione progettuale ulteriore rispetto a quella esecutiva che è a carico del committente (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 10299 del 18/04/2023).
6.4. Il motivo di doglianza va dunque accolto, poiché, in tema di appalto di opere pubbliche, la redazione di un progetto esecutivo immediatamente ‘cantierabile’ costituisce un obbligo che, salve le eccezioni previste dalla
legge, grava sull’Amministrazione e deriva da norme imperative (gli artt. 16, 17 e 19 l. n. 109 del 1994 nel testo modificato dalla legge n. 415 del 1998, applicabile ratione temporis ), le quali che vanno ad integrare il contenuto del contratto ai sensi dell’art. 1374 c.c., con la conseguenza che la realizzazione di un progetto esecutivo gravemente viziato non determina la nullità dell’accordo negoziale, ma impone di valutare la condotta dell’Amministrazione in termini di adempimento agli obblighi derivanti dal contratto.
7. Il quarto motivo di ricorso principale è infondato.
Come già evidenziato nell’esame del secondo motivo di ricorso, l’impugnazione risulta avere investito anche il capo della decisione di primo grado che ha respinto la domanda risarcitoria, come si evince chiaramente dalle conclusioni riportate nell’atto introduttivo del giudizio di gravame, ove, per effetto dell’accertamento della nullità del contratto, è richiesto il risarcimento dei danni conseguenti (p. 2 della sentenza impugnata).
Il primo motivo di ricorso incidentale è inammissibile.
Com’è noto, in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 18018 del 01/07/2024; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 20694 del 09/08/2018).
Come sopra evidenziato, la Corte d’appello ha respinto la domanda volta all’accertamento della nullità del contratto per violazione delle norme sulla
determinazione del prezzo a base della gara, escludendo l’esistenza di un diritto soggettivo al giusto prezzo del contratto di appalto ed evidenziando che la domanda di nullità si fondava sulla prospettazione di violazioni di legge che riguardavano la fase della gara, le quali non determinavano la nullità del contratto, ma semmai potevano essere oggetto di impugnazione degli atti della procedura di scelta del contraente davanti al giudice amministrativo.
Nel motivo di ricorso il ricorrente ha dedotto che la Corte d’appello avrebbe dovuto considerare che sussiste la giurisdizione del Giudice ordinario nelle ipotesi in cui è prospettata la responsabilità precontrattuale della Amministrazione per avere tenuto una condotta materiale lesiva dell’affidamento dell’altro contraente, in violazione degli obblighi comportamentali di buona fede e correttezza, causa di responsabilità risarcitoria ai sensi dello art. 2043 c.c.
Si tratta di deduzioni riferite ad una domanda del tutto diversa rispetto a quella di nullità del contratto, su cui ha invece statuito la Corte d’appello, essendo rappresentato un comportamento contrario a buona fede dell’Amministrazione, lesivo di un affidamento non meglio specificato del contraente, quale titolo di una responsabilità precontrattuale, che dalla lettura della sentenza non risulta essere stata oggetto di specifica valutazione da parte della Corte d’appello e che la parte non ha dimostrato, come avrebbe dovuto, di avere rappresentato al Giudice del gravame, riportando il tenore degli atti ad esso riferiti.
Anche il secondo motivo di ricorso incidentale è inammissibile per più ordini di ragioni.
In primo luogo, deve rilevarsi che, pur avendo enunciato la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., il ricorrente incidentale non ha prospettato alcun fatto storico decisivo che non sia stato esaminato, avendo sem-
plicemente mostrato di non condividere il giudizio operato dal Giudice di appello.
Con riferimento alla doglianza formulata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., il ricorrente incidentale ha, poi, ha dedotto la violazione di norme relative alla determinazione del prezzo di appalto senza neppure indicare le specifiche disposizioni che ha ritenuto violate, il contenuto delle stesse e le ragioni per le quali ha ritenuto che si trattasse di norme imperative di validità del contratto (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 15099 del 31/05/2021 e Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 26487 del 10/10/2024).
La parte ha, infine, semplicemente contrapposto agli argomenti della Corte d’appello le proprie valutazioni, così proponendo un “non motivo”, come tale inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 22478 del 24/09/2018).
Il motivo di impugnazione è, infatti, costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo, sanzionata con l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 366, n. 4, c.p.c. (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 1341 del 12/01/2024; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 15517 del 21/07/2020; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17330 del 31/08/2015).
In conclusione, deve essere accolto il terzo motivo di ricorso principale, in applicazione del seguente principio di diritto:
«In tema di appalto di opere pubbliche, ai sensi degli artt. 16, 17 e 19 l. n. 109 del 1994 (nel testo modificato dalla legge n. 415 del 1998, applicabile ratione temporis ) la redazione di un progetto esecutivo immediatamente ‘cantierabile’ costituisce un obbligo che, salve le eccezioni previste dalla legge, grava sull’Amministrazione e deriva da norme imperative, le
quali che vanno ad integrare il contenuto del contratto ai sensi dell’art. 1374 c.c., con la conseguenza che la realizzazione di un progetto esecutivo gravemente viziato non determina la nullità dell’accordo negoziale, ma impone di valutare la condotta dell’Amministrazione in termini di adempimento degli obblighi derivanti dal contratto.»
Devono essere dichiarati infondati gli altri motivi di ricorso principale e inammissibili quelli di ricorso incidentale.
La sentenza impugnata va cassata nei limiti del motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il terzo motivo di ricorso principale e, respinti gli altri motivi di ricorso principale, dichiarati inammissibili i motivi di ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del presente giudizio di legittimità;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14/05/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME