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Progetto di stato passivo: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8485/2024, chiarisce l’inammissibilità dell’opposizione avverso il mero ‘progetto di stato passivo’ in una procedura di liquidazione coatta amministrativa. La Corte ha stabilito che tale atto, essendo meramente preparatorio e non definitivo, non può essere impugnato. L’impugnazione è consentita solo contro lo stato passivo esecutivo. La decisione sottolinea la necessità di un ‘interesse ad agire’ concreto, che manca nel caso di un atto non ancora vincolante.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Progetto di stato passivo: quando l’impugnazione è inammissibile

Nelle complesse procedure di liquidazione, distinguere gli atti definitivi da quelli preparatori è fondamentale per tutelare efficacemente i propri diritti. L’impugnazione di un atto non ancora definitivo può rivelarsi un errore fatale. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8485 del 28 marzo 2024, offre un chiarimento cruciale sull’inammissibilità dell’opposizione a un mero progetto di stato passivo, delineando i confini dell’interesse ad agire del creditore.

I Fatti del Caso

Un professionista, creditore di un Consorzio Regionale in liquidazione coatta amministrativa per prestazioni legali, si vedeva ammesso il proprio credito solo in parte con privilegio e per il resto in via chirografaria. Il commissario liquidatore, in una prassi non prevista dalla legge, depositava in cancelleria un “progetto” di stato passivo. Ritenendo lesi i propri diritti, il legale proponeva immediatamente opposizione avverso questo documento.

Il Tribunale di merito, pur riconoscendo la natura anomala del deposito di un “progetto”, rigettava nel merito l’opposizione. Il professionista, non soddisfatto, ricorreva per cassazione, lamentando l’errata valutazione del suo diritto di privilegio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ribaltato la prospettiva, dichiarando l’originaria opposizione inammissibile e cassando la decisione del Tribunale senza rinvio. La causa, secondo i giudici di legittimità, non avrebbe mai dovuto essere proposta.

La Corte ha stabilito un principio netto: l’unico atto impugnabile ai sensi dell’art. 209 della Legge Fallimentare (applicabile alla liquidazione coatta) è lo stato passivo reso esecutivo e depositato in cancelleria, non un suo mero progetto preparatorio.

L’impugnazione e il progetto di stato passivo

La legge prevede un percorso chiaro: il commissario forma l’elenco dei crediti ammessi e respinti, lo deposita e solo da quel momento i creditori possono presentare le loro impugnazioni. Il deposito di un progetto di stato passivo è un atto atipico, finalizzato a stimolare un confronto preliminare con i creditori per evitare errori, ma è privo di qualsiasi efficacia decisoria.

Impugnare un tale atto è, secondo la Corte, un’azione priva di fondamento giuridico, poiché si rivolge contro un documento che non produce alcun effetto stabile sulla posizione del creditore.

L’assenza di interesse ad agire

Il fulcro della motivazione risiede nella carenza dell'”interesse ad agire”, un requisito essenziale per qualsiasi azione giudiziaria. L’interesse deve essere concreto e attuale, finalizzato a ottenere un’utilità specifica dalla rimozione dell’atto impugnato. Nel caso di specie, l’accoglimento dell’opposizione contro il progetto di stato passivo non avrebbe portato alcun vantaggio concreto al creditore, poiché la decisione finale sull’ammissione del suo credito sarebbe stata comunque contenuta solo nello stato passivo esecutivo successivo.

Il progetto, in quanto atto preparatorio, non era idoneo a incidere sul diritto del creditore, rendendo la sua impugnazione un’azione astratta e, quindi, inammissibile.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione basandosi su due pilastri fondamentali: la natura dell’atto impugnato e la conseguente mancanza di un interesse processuale. I giudici hanno chiarito che l’ordinamento non prevede un rimedio impugnatorio contro un mero “progetto” di stato passivo, in quanto questo è un atto endoprocedimentale con finalità meramente interlocutorie. Esso è volto a provocare il confronto con i creditori in un’ottica di economia processuale, ma non statuisce in via definitiva sui diritti. L’impugnazione è riservata esclusivamente all’atto finale e vincolante, ovvero lo stato passivo depositato ed esecutivo. Di conseguenza, l’azione del ricorrente era ab origine improponibile, poiché non avrebbe potuto ottenere alcuna utilità concreta dalla rimozione di un atto non lesivo. Tuttavia, la Corte ha riconosciuto che la condotta della procedura, depositando un atto non previsto dalla legge, ha ragionevolmente indotto in errore il creditore, spingendolo a un’azione anticipata. Questa circostanza è stata valutata come una “grave ed eccezionale ragione” per giustificare la compensazione integrale delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rappresenta un monito importante per tutti i creditori coinvolti in procedure concorsuali. È essenziale attendere il deposito dell’atto definitivo e vincolante – lo stato passivo esecutivo – prima di intraprendere azioni legali. Agire d’anticipo contro atti preparatori come il progetto di stato passivo comporta l’inammissibilità dell’azione per carenza di interesse, con il rischio di sprecare tempo e risorse. Sebbene in questo caso specifico la Corte abbia compensato le spese a causa della condotta anomala della procedura, la regola generale rimane ferma: l’impugnazione deve essere mirata e tempestiva, ma solo contro l’atto che incide realmente e definitivamente sui diritti.

È possibile impugnare un “progetto” di stato passivo in una liquidazione coatta?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non è possibile. L’impugnazione è ammessa solo contro lo stato passivo definitivo e depositato, non contro un atto meramente preparatorio.

Perché l’opposizione al progetto di stato passivo è stata considerata inammissibile?
Perché il creditore non aveva un “interesse ad agire” concreto e attuale. Il progetto è un atto interlocutorio che non decide in via definitiva sull’ammissione del credito, quindi la sua impugnazione non produrrebbe alcuna utilità concreta per il ricorrente.

Cosa succede se la condotta del liquidatore induce in errore il creditore?
La Corte, pur dichiarando inammissibile il ricorso, ha riconosciuto che la condotta della procedura (depositare un “progetto” non previsto dalla legge) ha indotto il creditore a tutelarsi in anticipo. Per questa “grave ed eccezionale ragione”, ha compensato integralmente le spese legali tra le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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