Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15828 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 15828 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/06/2025
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
Controricorrenti
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’Avvocat o NOME COGNOME.
Ricorrente
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi da NOME COGNOME
ll’Avvocato
e
COGNOME.
Intimato
e
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME
Ricorrente
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi da ll’Avvocato NOME COGNOME
Controricorrenti
e
COGNOME.
Intimato
avverso la sentenza n. 1259/2019 della Corte di appello di Firenze, depositata il 27.5.2029.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23.4.2025 dal consigliere relatore NOME COGNOME
Udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. ssa NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del nono motivo dei ricorsi ed il rigetto degli altri motivi e che, decidendo nel merito, la Corte rigetti la domanda del ricorrente di risarcimento del danno da lucro cessante. dall’Avvocato NOME COGNOME per NOME COGNOME dall’Avvocato NOME COGNOME per NOME COGNOME NOME
Udite le difese svolte NOMECOGNOME e dall’Avvocato NOME COGNOME per i controricorrenti.
Fatti di causa
Con sentenza n. 1259 del 27.5.2019 la Corte di appello di Firenze confermò la decisione di primo grado che aveva rigettato le domande proposte da COGNOME COGNOME NOME e COGNOME COGNOME NOME di risoluzione dei contratti preliminari stipulati il 27.11.2002 ed il 9.12.2002 da ciascuno degli esponenti con COGNOME NOME e COGNOME NOME, aventi ad oggetto la costituzione di un usufrutto della durata di 16 anni su porzioni del fabbricato denominato Castello di Monteridolfi in località di San Casciano Val di Pesa, ed aveva, in accoglimento della domanda riconvenzionale dei convenuti, dichiarato risolti i contratti per colpa dei promittenti, condannandoli al risarcimento del danni. Ritenne per l’effetto assorbita la domanda di manleva proposta nei confronti di
NOME COGNOME dai convenuti, che lo avevano chiamato in causa quale cessionario dei contratti preliminari.
La Corte fiorentina motivò tale conclusione rilevando che il bene compromesso era colpito da una iscrizione ipotecaria che era stata sottaciuta dai promittenti COGNOME COGNOME in sede di preliminare e non era stata dagli stessi cancellata e che, per quanto il credito garantito fosse stato estinto, essa era fonte di pregiudizio per i promissari acquirenti, sia in ordine alla possibilità di poter disporre del diritto da acquistare, che per l’ottenimento dei finanziamenti occorrenti per l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile che essi, in forza del contratto, si erano obbligati a realizzare. Confermò pertanto la sentenza di primo grado, che aveva ravvisato nella condotta dei promittenti venditori un inadempimento che aveva alterato il sinallagma contrattuale, ritenendo fondata la domanda dei convenuti di risoluzione dei contratti.
La Corte precisò, inoltre, che il fatto che il creditore ipotecario avesse dato il consenso alla cancellazione della ipoteca non era un dato rilevante, essendo intervenuto soltanto in data 8.9.2003, dopo che i COGNOME COGNOME avevano inviato una diffida ad adempiere; che il documento prodotto nel giudizio di secondo grado dagli appellanti, da cui si poteva desumere che essi avevano presentato richiesta di cancellazione della formalità ipotecaria a far data dal 13.4.2005, non era utilizzabile, essendo la relativa produzione inammissibile, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., nella versione all’epoca in vigore, a tteso che il documento avrebbe potuto essere prodotto nel grado precedente e non poteva ritenersi indispensabile ai fini della decisione; che i motivi di appello erano in parte inammissibili per genericità, non investendo con puntuali critiche le ragioni della sentenza di primo grado.
Per la cassazione di questa sentenza hanno proposto distinti ricorsi COGNOME COGNOME e COGNOME COGNOME NOMECOGNOME affidati a dieci motivi.
COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno notificato controricorsi.
Il P.M. e le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
Il ricorso proposto da COGNOME COGNOME va qualificato principale, risultando depositato prima del ricorso avanzato da COGNOME COGNOME NOMECOGNOME che di conseguenza va considerato incidentale.
I ricorsi peraltro vanno esaminati congiuntamente, dal momento che formulano motivi identici.
Il primo motivo dei ricorsi denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 345 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto inammissibile il documento prodotto in grado di appello, da cui emergeva che gli odierni ricorrenti avevano presentato richiesta di cancellazione della formalità ipotecaria a far data dal 13.4.2005, reputando tale documento non indispensabile ai fini della decisione con motivazione del tutto incongrua, che non aveva tenuto conto delle deduzioni svolte dagli appellanti.
Il motivo è fondato in relazione alla violazione dell’art. 345 c.p.c..
Va premesso che nel giudizio de quo , come riconosciuto dalla stessa sentenza impugnata, trovava applicazione ratione temporis , essendo stata la sentenza di primo grado pubblicata il 6.2.2012, il testo di detta disposizione anteriore alla sua versione attuale, risultante dalle modifiche introdotte dal decreto legge n. 83 del 2012, convertito con legge n. 134 del 2012. La norma all’epoca in vigore consentiva la produzione di nuovi documenti in appello nei casi in cui la parte non avesse potuto produrli in primo grado ovvero fossero dal giudice ritenuti indispensabili ai fini della decisione.
Ciò precisato, la Corte di appello ha giustificato la sua valutazione di inammissibilità del documento affermando, da un lato, che il documento, risalendo al 2005, avrebbe potuto essere prodotto in primo grado, dall’altro , che esso non poteva ritenersi indispensabile ai fini della decisione, dal momento che era inteso a provare un fatto, cioè l’intervenuta cancellazione dell’ipoteca, mai dedotto in giudizio dagli appellanti.
Questi argomenti non resistono alla critica sollevata dai ricorrenti.
La prima considerazione svolta dalla Corte non è invero decisiva, stante il tenore della disposizione processuale all’epoca in vigore, che consentiva la produzione di documenti nuovi, da intendersi come quelli non prodotti in primo grado, tanto
nel caso in cui la parte non aveva potuto produrli in precedenza, quanto in quello, diverso e alternativo, della loro ritenuta indispensabilità. Il fatto che la mancata produzione nel grado precedente fosse imputabile alla parte, non comportava pertanto di per sé l’inammissibilità del documento, in presenza del presupposto della sua indispensabilità.
Passando al secondo argomento, fondato sulla non indispensabilità della prova, va precisato che, secondo quanto chiarito dalla stessa sentenza, con esso i germani COGNOME COGNOME intendevano provare di avere presentato all’Agenzia del territorio-Servizio di Pubblicità Immobiliare richiesta di cancellazione della formalità ipotecaria a far data dal 13.4.2005. La Corte di appello ha ritenuto inammissibile il documento in quanto teso a dimostrare un fatto mai dedotto prima, non avendo gli attori eccepito l’intervenuta cancellazione dell’ipoteca ovvero di avere presentato la relativa istanza.
Questa conclusione è però contraddetta e trova smentita dalla ricostruzione dei fatti che emerge dalla stessa sentenza e dai ricorsi.
Dalla lettura della decisione risulta che la difesa degli attori, sia in primo che in secondo grado, era incentrata sulla tesi che l’iscrizione ipotecaria ave sse un rilevo solo formale, essendo il debito garantito ormai da tempo estinto ed avendo la stessa banca creditrice dato consenso alla sua cancellazione, con ciò escludendo il rischio della aggressione del bene da parte del creditore. Il fatto della presentazione di una formale richiesta di cancellazione dell’ipoteca, oggetto di prova da parte del documento prodotto in appello, costituiva quindi una circostanza non nuova, potendosi considerare allegata, quanto meno in via implicita, dall’argomento difensivo che l’ipoteca permaneva solo formalmente per un debito ormai estinto, trattandosi di accadimento conseguente alla suddetta estinzione.
In ogni caso, la Corte di merito non ha considerato che, come precisato nei ricorsi, gli attori con la memoria istruttoria depositata davanti al tribunale il 21.6.2006 avevano dedotto di avere ‘ dato incarico al compianto notaio Dott. NOME COGNOME (deceduto il 17.06.2003), di predisporre il relativo atto di affrancazione e conseguenti formalità di cancellazione ‘ , che in buona
fede ritenevano fossero state eseguite. Il fatto della presentazione della istanza di cancellazione risultava pertanto espressamente dedotto in causa.
A tali rilievi merita aggiungere che il giudizio sulla indispensabilità del documento avrebbe dovuto essere condotto dalla Corte di appello tenendo conto del modo in cui giudizio si era sviluppato ed evoluto, di cui pure la stessa sentenza dà atto. Nello specifico, del fatto che i convenuti, nel costituirsi in giudizio, avevano avanzato domanda riconvenzionale di esecuzione specifica dei contratti preliminari e che solo con la memoria istruttoria avevano mutato la loro richiesta, chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento. Tale sviluppo processuale esercitava una indubbia rilevanza sulla questione di cui si discute, dal momento che il documento prodotto era volto a dimostrare che la cancellazione dell’ipoteca o quanto meno la sua istanza era avvenuta in data 13.4.2005, vale a dire prima che i convenuti, con la memoria depositata il 22.6.2016, mutassero la loro domanda, con la richiesta di risoluzione del contratto, reputando l’inadempimento della controparte definitivo. Tale vicenda processuale e la sua tempistica era rilevante ed avrebbe dovuto essere considerata, tenuto conto, da un lato, che la domanda originaria di esecuzione specifica del contratto preliminare attestava la permanenza dell’interesse dei promissari acquirenti all’adempimento , consentendo un adempimento tardivo, e, dall’altro, che l’accoglimento della domanda di risoluzione presuppone che l’altro contraente non abbia, prima della sua proposizione, adempiuto alla sua obbligazione.
4. Il secondo motivo dei ricorsi denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., lamentando che la sentenza impugnata abbia dichiarato inammissibile, per genericità, il primo motivo di appello. Si assume, in contrario, che le ragioni esposte nell’impugnazione erano chiare, specifiche e determinate, in quanto censuravano la sentenza di primo grado per avere ritenuto giustificato il comportamento dei convenuti dalla permanenza della iscrizione ipotecaria nonostante l’avvenuta estinzione del credito garantito, senza considerare che tale formalità non poteva loro recare alcun concreto pregiudizio. Il contratto preliminare, infatti, prevedeva solo la cessione temporanea, per 16 anni, a titolo di usufrutto, del godimento del bene, disponendo altresì che il diritto così
costituito non fosse cedibile a terzi. Il bene restava pertanto sottratto al normale commercio giuridico, né i convenuti, attesa la natura del loro diritto, avrebbero potuto usufruire di finanziamento bancario. La permanenza della formalità ipotecaria non aveva esercitato pertanto alcuna incidenza negativa sul sinallagma contrattuale.
5. Il motivo non merita accoglimento.
Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che la Corte di appello ha sì ritenuto inammissibile il motivo, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., ma poi lo ha sostanzialmente rigettato nel merito, dichiarandolo infondato.
Il giudice di appello, in particolare, si è espresso nel merito della censura laddove ha aderito, dichiarandolo corretto, al ragionamento del tribunale, che aveva ravvisato nella mancata cancellazione della iscrizione a cura dei promittenti un inadempimento contrattuale, per il pregiudizio che essa comportava alla commerciabilità del bene. Rispondendo alla critica degli appellanti, ha altresì precisato che il suddetto pregiudizio, rappresentato dalla giurisprudenza richiamata dal primo giudice con riguardo al contratto di vendita, era configurabile anche con riguardo alla costituzione di usufrutto, attesa la facoltà dell’usufruttuario di cedere il diritto reale di godimento.
L’esistenza di una pronuncia di merito porta a superare la pregressa declaratoria di inammissibilità del motivo e ad escludere, altresì, il vizio denunciato di omessa pronuncia.
6. Il terzo motivo dei ricorsi, che denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 preleggi al codice civile, censura la decisione impugnata per avere applicato in via analogica al contratto preliminare di costituzione di usufrutto la disciplina in materia di vendita, ravvisando per entrambe le fattispecie il medesimo pregiudizio scaturente dalla mancata cancellazione della iscrizione ipotecaria. In particolare, i ricorrenti deducono l’erroneità di questa assimilazione, dal momento che la permanenza formale dell’iscrizione ipotecaria in parola non dava luo go ad alcun intralcio ‘ al normale commercio giuridico del bene ‘, atteso che ‘ il diritto reale promesso non poteva, obiettivamente, essere oggetto di alcun commercio visti la limitata e breve temporaneità della costituzione del diritto ed il divieto di un suo trasferimento a terzi ‘.
7. Il motivo va considerato assorbito in esito dell’accoglimento del primo motivo. La pronuncia di accoglimento imporrà infatti al giudice del rinvio di rivalutare la condotta delle parti alle luce delle risultanze del documento il cui esame è stato omesso, con conseguente possibile irrilevanza del profilo di censura sollevato. 8. Il quarto motivo dei ricorsi denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., per avere la Corte di appello dichiarato inammissibile il motivo che contestava la decisione di primo grado che aveva ravvisato nella mancata cancellazione dell’ipoteca un pregiudizio a carico dei promissari acquirenti. Si sostiene che la Corte di appello ha errato in quanto il motivo conteneva una censura specifica, criticando l’argomento del tribunale che aveva ritento provato il pregiudizio circa la possibilità di disporre del bene dal fatto che il contratto preliminare era stato poi ceduto dai convenuti ad un terzo (NOME COGNOME sotto condizione della avvenuta cancellazione dell’ipoteca. per ragioni identiche a quelle indicate nell’esame del secondo motivo, avendo la Corte comunque pronunciato nel merito della
9. Il motivo è rigettato censura.
Gli stessi ricorrenti, invero, danno atto che la Corte di appello si è espressa nel senso di condividere il ragionamento del tribunale, laddove ha affermato che ‘ l’ipoteca apparente, ovvero non più esistente ma ancora iscritta, era produttiva di un pregiudizievole intralcio al normale commercio giuridico del bene ‘, rilevando altresì che ad essere compromessa era anche la possibilità dei convenuti di chiedere finanziamenti per i lavori sull’immobile che si erano obbligati ad eseguire.
Anche in questo caso, l’esistenza di una pronuncia di merito porta a superare la pregressa declaratoria di inammissibilità del motivo e ad escludere il vizio denunciato di omessa pronuncia.
10. Il quinto motivo dei ricorsi, che denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 324, 329, 342 e 346 c.p.c., investe lo stesso capo della decisione del motivo precedente, formulando censure sostanzialmente analoghe sotto l’ulteriore profilo che la Corte di appello avrebbe errato nel qualificare come autonoma ratio decidendi l’affermazione del tribunale che aveva ravvisato nella
permanenza dell’iscrizione ipotecaria un pregiudizio per i convenuti in ordine alla commerciabilità del bene.
Anche questo motivo va respinto, per le medesime ragioni esposte nell’esaminare il motivo precedente.
Il sesto motivo di ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1453, comma 2, c.c. e degli artt. 183, comma 5, e 345 c.p.c., nonché vizio di omesso esame di fatto decisivo o di omessa motivazione, censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto ammissibile il mutamento della domanda riconvenzionale dei convenuti, che, dopo avere chiesto l’esecuzione specifica dei contratti preliminari, ai sensi dell’art. 2932 c.c., ne avevano domandato la risoluzione, allegando nuovi e diversi fatti costitutivi dell’inadempimento.
13. Il motivo è infondato.
La possibilità per la parte di mutare la domanda di adempimento in quella di risoluzione del contratto è prevista espressamente dall’art. 1453, comma 2, c.c. e pertanto non incontra alcun profilo di inammissibilità.
Né il ricorso merita accoglimento laddove deduce che l’inammissibilità della domanda nuova troverebbe causa nel fatto che a sostegno di essa i convenuti, con la memoria che l’aveva proposta, av evano allegato nuovi e diversi inadempimenti delle controparti. La Corte di appello ha infatti dato atto che già il tribunale aveva ‘ dichiarato inammissibile la domanda di risoluzione fondata sui fatti nuovi allegati dai convenuti con la memoria ex art.183 co V c.p.c. ‘ e il relativo capo della decisione, non essendo stato impugnato in via incidentale, è passato in giudicato. Né il ricorso deduce che la Corte di appello abbia preso in considerazione, nella sua decisione, queste nuove allegazioni. In ogni caso tale eventualità risulta smentita dalla lettura della sentenza.
14. Il settimo motivo di ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 346 c.p.c., lamentando che la Corte territoriale non si sia pronunciato sulle domande degli attori di risoluzione del contratto per inadempimento dei convenuti e di risarcimento dei danni conseguenti.
15. Il mezzo è manifestamente infondato.
La Corte di appello ha accolto la domanda di risoluzione del contratto avanzata in via riconvenzionale dai convenuti COGNOME e COGNOME ed anche la loro richiesta di condanna degli attori al risarcimento dei danni conseguenti. Tale dispositivo contiene, per logica interna, il rigetto delle domande degli attori, non potendo giuridicamente configurarsi la possibilità, che sarebbe una contraddizione in termini, di un accoglimento simultaneo di contrapposte domande di risoluzione del contratto per inadempimento.
L’ottavo motivo di ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione degli art. 1453 e 1455 c.c., lamentando che la Corte di appello, nel decidere sulla domande di risoluzione dei contratti, abbia omesso di valutare comparativamente i singoli inadempimenti che le parti si erano reciprocamente addebitati e di compiere una specifica valutazione della loro gravità per le conseguenze prodotte sul sinallagma contrattuale.
Il motivo va dichiarato assorbito in ragione dell’accertamento che, a seguito dell’accoglimento del primo motivo, è demandato al giudice di rinvio.
Il nono motivo dei ricorsi, che investe il capo della decisione che ha condannato i ricorrenti al risarcimento dei danni, ed il decimo, che censura il capo sulla regolamentazione delle spese di giudizio, si dichiarano assorbiti.
In conclusione è accolto il primo motivo di ricorso, rigettati il secondo, il quarto, il quinto, il sesto ed il settimo motivo, dichiarati assorbiti gli altri.
La sentenza va quindi cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di entrambi i ricorsi, rigetta il secondo, il quarto, il quinto, il sesto ed il settimo motivo, dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 aprile 2025.
L’
estensore La Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME