Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28071 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Data pubblicazione: 22/10/2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28071 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE
Sez. I – RG 6425/2024 camera di consiglio 17.9.2025
1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME
Consigliere NOME.
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Oggetto:
BANCA
Ad.17/09/2025
CC
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6425/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi dall ‘avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME;
ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO;
contro
ricorrente
avverso la sentenza n. 469/2023 emessa dalla Corte di appello di Caltanissetta il 15 dicembre 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 settembre 2025 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. ─ NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno impugnato
per cassazione la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta pubblicata il 15 dicembre 2023.
La nominata pronuncia ha respinto il gravame proposto dagli odierni ricorrenti contro la decisione di primo grado e ha ritenuto prescritto il diritto di ripetizione da loro fatto valere con riguardo a un rapporto di conto corrente chiuso il 7 settembre 1993.
Il ricorso per cassazione è articolato in due motivi ed è resistito con controricorso da RAGIONE_SOCIALE.
─ E’ stata formulata, da parte del Consigliere delegato allo spoglio, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c.. A fronte di essa, parte ricorrente ha domandato la decisione della causa; ha pure depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-La proposta ha il tenore che segue. «
l primo motivo denuncia la violazione dell’art. 345 c.p.c.;
«il mezzo, con cui si censura la mancata acquisizione, da parte della Corte di merito, del documento costituito dal verbale dell’udienza del 24 settembre 2002, svoltasi in altro giudizio trattato avanti al Tribunale di Nicosia, è anzitutto inammissibile; i ricorrenti non danno infatti conto del contenuto del documento: ciò a cui avrebbero dovuto attendere riassumendone il contenuto o trascrivendone i passaggi essenziali (Cass. 19 aprile 2022, n. 12481);
«si osserva, inoltre, che il verbale in questione, come rilevato dalla Corte territoriale, è stato prodotto in sede di gravame e che l’ art. 54 d.l. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni nella l. n. 134/2012, ha fatto venir meno l’ammissibilità della produzione, in appello, di nuovi documenti che il collegio reputi indispensabili; l’art. 345, comma 3, c.p.c. prevede tuttora che in appello possano prodursi documenti che la parte dimostri non aver potuto produrre nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile, ma gli odierni istanti nulla hanno dedotto a tale riguardo;
«il secondo mezzo oppone la violazione degli artt. 2943, 2945, 2946, 2937 c.c., 112 e 132 c.p.c.;
«il motivo è inammissibile perché aggredisce una ratio decidendi aggiuntiva rispetto a quella basata sull’inammissibilità della produzione documentale;
«nella prospettazione attorea il verbale di udienza assumeva infatti rilievo in quanto avrebbe documentato la proposizione dell’eccezione di compensazione in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo trattato avanti al Tribunale di Nicosia; la compensazione avrebbe avuto ad oggetto il saldo ricalcolato (attivo per i clienti) del conto corrente in relazione al quale è stata proposta la domanda di ripetizione spiegata nel presente giudizio: la relativa eccezione sarebbe valsa, secondo gli appellanti, ad interrompere la prescrizione del diritto da loro azionato;
«sul punto è da rimarcare che la Corte di appello ha svolto le considerazioni censurate col secondo motivo di ricorso dopo aver dato atto della tardività della produzione documentale di cui si è detto: ha introdotto la trattazione del tema in questione con la seguente locuzione: ‘ Ma, anche a volere prescindere dalla tardività di detto deposito ed esaminare perciò il contenuto del verbale ‘ ; essa ha in sostanza rilevato, dunque, che l’appello non poteva essere accolto stante la tardività della produzione del documento, ma che, ove pure si fosse trascurata la carenza probatoria determinata dall’irritualità dell’acquisizione processuale, la proposizione di una eccezione di compensazione non avrebbe assunto comunque rilievo ai fini dell’interruzione della prescri zione per le ragioni spiegate nel prosieguo della motivazione del provvedimento;
«va conseguentemente fatta applicazione del principio per cui, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, il mancato accoglimento delle censure mosse ad una
Numero registro generale 6425/2024 Numero sezionale 3030/2025 Numero di raccolta generale 28071/2025 Data pubblicazione 22/10/2025
delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 26 febbraio 2024, n. 5102; Cass. 11 maggio 2018, n. 11493; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108);
«nel corpo del motivo i ricorrenti paiono conferire rilievo a ‘ richieste di accertamento del credito ‘ (pag. 12 del ricorso) non meglio specificate: si tratta, però di una deduzione generica, non munita di autosufficienza con riguardo agli atti che documenterebbero l’interruzione della prescrizione e tale da veicolare una questione nuova, implicante accertamenti di fatto, di cui la Corte di appello non si è occupata: a quest’ultimo proposito va ricordato che in sede di legittimità non è consentita la proposizione di nuove questioni di diritto, ancorché rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, quando esse presuppongano o richiedano nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto preclusi alla Corte di cassazione (Cass. 8 febbraio 2016, n. 2443; Cass. 5 maggio 2006, n. 10319) e che, ove con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 1 luglio 2024, n. 18018; Cass. 9 agosto 2018, n. 20694; Cass. 13 giugno 2018, n. 15430)».
2. Il Collegio reputa condivisibili tali argomentazioni, con le quali la memoria depositata non si confronta affatto.
Merita qui osservare che si sottrae a censura il rilievo della Corte
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di appello secondo cui la richiesta di revoca dei provvedimenti monitori, avanzata con gli atti di opposizione, era inidonea ad interrompere la prescrizione del diritto di credito azionato: infatti, anche a ritenere che la mera affermazione del diritto determini l’interruzione della prescrizione, è certo che negare il credito della controparte non equivale ad asserire di vantare, a propria volta, un credito nei confronti del predetto avversario. Sulla base di tale premessa si mostra, poi, del tutto corretto l’argomento con cui la Corte distrettuale ha disatteso l’eccezione di rinuncia alla prescrizione : non si vede, infatti, quale rinuncia possa essere stata formulata dalla banca nel precedente giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo se, come esposto nella decisione della Corte nissena, non venne proposta «alcuna rituale, tempestiva ed ammissibile domanda volta a conseguire la condanna della banca opposta al pagamento della somma» di cui si dibatte.
E’ poi del tutto condivisibile il passaggio della sentenza impugnata in cui si esprime dissenso rispetto all’« assunto degli appellanti secondo cui il dies a quo al quale il giudice di prime cure avrebbe dovuto ancorare la decorrenza del termine prescrizionale sarebbe quella del deposito dell’elaborato peritale da parte del c.t.u. nomina to»: come rilevato dalla Corte di appello, infatti, la prescrizione dell ‘azione di ripetizione delle somme indebitamente corrisposte dal correntista decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto funzione ripristinatoria della provvista, dalla data del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati (Cass. Sez. U. 2 dicembre 2010, n. 24418); le rimesse solutorie, poi, si prescrivono ancora prima, e cioè decorsi dieci anni dal momento della loro annotazione in conto (sent. ult. cit.).
– Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
– Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
Trovano applicazione le statuizioni di cui all’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c., giusta l’art. 380 -bis , comma 3, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, dell’ulteriore somma di euro 4.100,00; condanna la parte ricorrente al pagamento della somma di euro 2.500,0 0 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione Civile, in data 17 settembre 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME